Mali, i francesi stanno per prendere Timbuctu

Lo scrive The Guardian dopo che ieri sera tardi i militari francesi hanno annunciato di aver raggiunto e liberato la città di Gao, sede di un importante aeroporto internazionale. Sarebbero appena 600 i militari francesi alla testa di una truppa composta da maliani, ciadiani e nigeriani. Timbuctu, insieme a Gao e Kidal, è una delle città più importanti del Sahel cadute sotto il controllo degli jihadisti. Questi ultimi non sembrano poter opporre una grande resistenza e sembrano sul punto di trattare la liberazione di un ostaggio francese, Gilberto Rodriguez Leal, rapito lo scorso Novembre nell’ovest del Mali.

Soldati francesi in Mali (www.saharamedias.net)

Soldati francesi in Mali (www.saharamedias.net)

Ripercorri la storia della guerra nel Mali del Nord, dalla insurrezione di MNLA al caos di Bamako, alla distruzione dei monumenti di Timbuctu, alle bombe francesi.

In Mali mentre muore il capo di Al Qaeda si attende l’attacco ECOWAS

Negli ultimi mesi la situazione in Mali non è mutata. Le tre organizzazioni jihadiste, AQMI, Ansar Dine e Mujao si sono divise le principali città del nord del paese, controllando i traffici di droga e imponendo la sharia. AQMI si è localizzata in Kidal, Ansar Dine in Timbuctu, Mujao in Gao. Il controllo del traffico di droga è esercitato mediante l’imposizione di tasse sui trasporti e chi si rifiuta di pagare viene brutalmente mutilato. Secondo fonti locali, a Gao, il gruppo Mujao avrebbe disposto lunedì mattina la pena della mutilazione di mani e gambe a cinque persone accusate di banditismo e di transazioni commerciali vietate. Non è chiaro, dalle cronache locali, se si trattasse di trafficanti di droga, ma l’impressione è che venga passato per le lame chiunque trasgredisca la legge islamica, sia o non sia un traffico illecito.

Le cinque persone sono state arrestate e portate nella città di Gao, dove sono state incriminate di banditismo e rapina e di effettuare transazioni commerciali vietate. Il processo si sarebbe svolto in pubblico al fine di terrorizzare gli abitanti.

Intanto il capo di Al Qaeda del Maghreb Islamico, Nabil Makhloufi, noto con il nome di battaglia di ”Emiro del Sahara’, è morto in un incidente stradale avvenuto nei pressi della città di Gao. Non è chiaro come questo fatto possa incidere sulla sorte dei quattro cittadini francesi rapiti il 16 settembre 2010 da AQMI presso il sito delle miniere di uranio di Arlit, nel nord del Niger. In un video divulgato da Saharamedias.net verso la fine di Agosto, i rapiti si rivolgono al presidente francese Hollande affinché siano riprese la trattative per la liberazione.

In ogni caso la morte di Makhloufi arriva proprio nel momento in cui i gruppi islamici si starebbero armando per fronteggiare l’imminente intervento militare di ECOWAS, la Comunità Economica Africana. Ma paradossalmente il traffico di armi che investe la zona non è soltanto ordinato dagli islamisti bensì anche dall’ex presidente del Mali, Amadou Toumani Touré, noto con l’acronimo di ATT. Quale sia la destinazione di queste armi è un mistero. Il carico di armi pesanti era comunque diretto in Mali ed è stato bloccato in Guinea. Il fatto è stato rivelato da un funzionario diplomatico della Guinea medesima, poi confermato dal Vice ministro della Difesa, Camara. Il carico comprendeva 20 vettori blindati giunti nel paese con una nave proveniente dalla Bulgaria. Un altro sequestro è stato eseguito nel porto di Dakar, in Senegal. Questa volta si tratta di circa mille armi leggere. ECOWAS sta considerando se sbloccare o meno il sequestro, ma le intenzioni di ATT non sono affatto chiare. Il presidente Touré fu infatti deposto da un golpe militare lo scorso Aprile. Ancor oggi il paese è retto da una giunta militare in coabitazione con un governo civile. Il comando militare di ECOWAS ha detto che questa settimana verrà discusso l’intervento diretto in Mali per riprendere il controllo del deserto del Nord, come richiesto dal governo di Bamako. ECOWAS intende prima stabilire nella capitale del Mali un governo civile forte, prima di ottemperare agli impegni presi e a dare il via libera al riarmo del paese.

Intanto il MNLA, Movimento per la liberazione dello stato dell’Azawad, ha chiesto ad alcune tribù tuareg di dissentire nei confronti dei gruppi islamisti e di congiungersi al MNLA per liberare l’Azawad dal giogo jihadista. Le sorti del MNLA appaiono però sempre più compromesse.

Mali, l’Azawad e l’escalation jihadista

Questo post rimanda a un eccellente articolo di Anna Mahjar-Barducci pubblicato su Agenzia Radicale, semplicemente molto illuminante sulla situazione attuale nel Mali, dopo l’aggravarsi del predominio di Iyad Ag Ghali, del suo Ansar Dine e degli jihadisti salafiti di AQMI.

AQIM vuole disperdere MNLA e prendere il controllo dell’area. AQIM non ha interesse a negoziare con il Mali, vuole che Azawad diventi un paese senza abitanti, un’area strategica in Africa, in cui poter espandere le proprie attività. Il 27 giugno il quartier generale del consiglio di transizione dello stato di Azawad (CTEA, stabilito il 7 giugno e guidato dal MNLA), è stato attaccato a Gao da AQIM, MUJAO (che è un gruppo con base a Gao) e Boko Aram. In seguito a questa battaglia, il MNLA ha forzato la ritirata dai principali centri in Azawad e sta rivedendo i propri piani politici e militari. Durante la battahlia, però, il MNLA ha dato un doloroso colpo ad AQIM uccidendo il suo presunto capo, Moktar Belmoktar. Il giorno della battaglia, il MNLA ha compreso che Ansar Dine non ha il controllo della situazione, ma piuttosto AQIM e che non si sarebbe raggiunto nessun accordo con Iyadh, che ora è vicino ad AQIM.

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Mali: Timbuctu, distrutta la porta della resurrezione di Sidi Yahia

Per Timbuctu sono giorni di confusione e distruzione. Gli islamisti di Ansar Dine si stanno distinguendo nel governo della città applicando alla lettera la legge della Sharia. Perciò sono così pervasi dalla furia iconoclasta in una città che è piena zeppa di idoli, di santi, di icone, di tombe oggetto di venerazione. Non è solo patrimonio dell’umanità, ma è pure patrimonio del mondo islamico. La tomba che è stata profanata ieri è quella di Sidi Mahmoud Ben Amar,un riverito studioso musulmano. E’ uno dei 333 santi sufi sepolti nella città di Timbuctu. Ma la furia salafita sta cancellando ogni traccia storica del Sufismo, una corrente dell’Islamismo con connotazione prettamente esoterica e profondamente mistica. Salafiti e Sufi sono fratelli, sono entrambe correnti musulmane cresciuti nella pancia dei Sunniti, ma se i Sufi sono scarsamente orientati al reale, all’immanente, i salafiti vogliono trasformare il mondo in cui vivono, vogliono piegarlo alle Scritture, vogliono spargere il sangue in nome della Jihad. La loro intenzione è quella di smascherare l’inganno della superstizione che risiede nei santuari dei santi sufi.

Abu Turab, membro di Ansar Dine, ai cronisti di Sahara Media ha detto che quello che è accaduto è frutto della campagna volta alla “eliminazione della superstizione e dell’eresia”. Così hanno distrutto la cosiddetta “porta della resurrezione”, la porta sacra di Sidi Yahia, una delle tre grandi moschee nella zona sud della città. Secondo la leggenda, la sua apertura doveva avvenire solo all’ultimo dei giorni, altrimenti avrebbe provocato distruzione e morte. Attraverso essa gli uomini retti sarebbero stati condotti verso il Regno dei Cieli. Era una grande porta di legno massiccio: è stata presa a picconate. L’edificio è “stato migliorato e aperto alla gente”, hanno poi sentenziato gli sgherri di Ansar Dine. La loro intenzione è quella di cancellare i miti e le leggende di cui si nutre la povera gente per non farla più vivere nell’ignoranza.

Intanto però Ansar Dine ha razionato la produzione di energia elettrica. E’ stato bloccato il funzionamento di tre dei quattro generatori di corrente elettrica che alimentano la città. Muhammad al-Amin al-Ansar, direttore della centrale, ha detto che “la stazione aveva consumato 10 mila litri di carburante al giorno e il piano adottato dai sostenitori della religione ha permesso di ridurre tale importo a soli 6 mila litri, risparmiando così 4 mila litri di carburante”, ha detto (Saharamedia.net). L’unico generatore viene fatto funzionare dalle cinque della sera fino alle tre del mattino, poi viene assicuratala fornitura solo all’ospedale. Il governo dei sostenitori della religione si attendeva almeno 120 mila litri di carburante dalla Croce Rossa Internazionale, che però non sono stati forniti. MNLA è intervenuto facendo sapere di poter fornire alla città almeno 35 mila litri. L’ospedale ha la fornitura di corrente elettrica per ora garantita da un generatore apposito, ma sta attraversando una fase di scarsità di medicinali. I medici e gli infermieri lavorano armati, timorosi di finire presto nel mirino degli jihadisti. Mancano i farmaci ma anche gli specialisti. Molti di essi, dall’inizio dell’insurrezione armata, sono fuggiti. Quelli rimasti lo fanno per la Nazione, anche se non si azzardano a specificare se si tratti dell’Azawad o del Mali.

Le informazioni contenute in questo post sono tratte da Saharamedia.net

Il Mali cede sotto i colpi dei Tuareg

Dopo Kidali è caduta Gao, oggi Timbuctu. L’esercito maliano è in disfatta. Secondo Sahara Media il colonnello Elhadj Ag Gamou si è unito ai combattenti Tuareg. Due giorni fa il capo della autoproclamatasi Giunta Militare del Mali, Amadou Sanogo, ha lanciato un appello per un aiuto militare straniero. Viene scritto, anche sui giornali italiani – come La Repubblica – che i ribelli Tuareg si sono alleati con la cellula di Al Qaeda nel Sahel, AQMI. In realtà si tratterebbe di un gruppo minore, islamista, chiamato Ansar Edine, una formazione politico militare che vorrebbe applicare la Sharia nel nuovo stato dell’Azawad. Ma l’Azawad è la terra dei Tuareg e i Tuareg sono nomadi, seppur islamizzati, e mantengono una identità culturale ben definita.

Dire che i Tuareg si sono alleati con Al Qaeda non è completamente corretto. Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (MNLA) si è formato all’inizio dell’Ottobre 2011. L’impulso per questa nuova guerra dei Tuareg (l’ultima è terminata nel 2009) è venuto alla fine del regime di Gheddafi in Libia. Tuareg di diverse tribù hanno combattuto sia per il Raìs che contro. Il comandante militare dell’MNLA, Mohammed Ag Najm è stato certamente un ufficiale libico di origini maliane ed ha servito durante il regime di Gheddafi ma si è espressamente dichiarato in disaccordo con il regime fin dall’inizio dell’insurrezione di Bengasi. Ma non si tratta di mercenari. Essi sono ex ufficiali libici di etnia Tuareg. Combattono ora per il loro vero paese.

Ansar Edine è un gruppo salafista Tuareg. Certo è difficile distinguere. La presa della città di Kidal è un punto di non ritorno. Dopo sono cadute Gao – in seguito a una sanguinosa battaglia in cui l’esercito maliano ha dispiegato persino degli elicotteri, senza evidentemente ottenere l’effetto di fermare l’avanzata dei ribelli berberi – e Timbuctu. Il nord del Mali è fuori del controllo del governo di Bamako e potrebbe suggerire alla cellula di Al Qaeda in Algeria, AQMI, responsabile dei rapimenti di Rossella Urru e dei due cooperanti spagnoli, di iniziare attività terroristiche o di guerriglia in territorio algerino. Aveva ragione Giulio Sapelli sul Corriere: la caduta di Gheddafi ha spezzato l’equilibrio dell’area, importantissima per la produzione di petrolio ma anche per il traffico della droga e degli immigrati verso l’Europa. L’Azawad potrebbe nascere come narcostato, come Stato Canaglia, un nuovo Afghanistan, palestra del terrore qaedista. O forse no. Forse ci stiamo ingannando. forse siamo vittime della propaganda del governo diBamako, che già otteneva i soldi e le armi dalla Comunità Internazionale per combattere il Terrore di AQMI, soldi che invece hanno ingrassato le tasche dell’ex presidente ATT, Amadou Toumani Touré, deposto dai militari.

Cosa succederà se la guerra coinvolgerà l’Algeria? Cosa farà la Francia, da sempre dominus dell’area? Le elezioni presidenziali in Francia saranno discrimine per un intervento militare straniero, come è successo per la Libia, questa volta però in chiave conservativa, anti-ribelli? Oppure anche Francoise Hollande vede nell’Azawad una minaccia agli interessi francesi?