Ricorderete tutti questa immagine. Era il 30 Novembre 2007, circa due anni fa. Solo due anni fa.
Allora Berlusconi non era ancora al governo. Forse anche grazie a quella stagione veltroniana della “distensione” lo divenne facilmente a inizio 2008. Così scrivevano all’epoca dell’incontro fra l’allora sindaco di Roma e Mr b:
Veltroni: «Mai come oggi è di fronte a noi la possibilità di dare a questo Paese, nei prossimi dodici mesi, riforme certe e nuove». Berlusconi: «Ci può essere accordo sulla legge elettorale proporzionale con sbarramento». […] al di là delle differenze sui tempi, il dialogo si è messo in moto, e con una evidente sintonia tra i due interlocutori che fa dire a Veltroni: «E’ finita la stagione dell’ odio e della contrapposizione ideologica. Ci possono essere contrasti anche duri, ma nel rispetto reciproco» (fonte Intesa Veltroni-Berlusconi La riforma è possibile – Repubblica.it » Ricerca).
All’epoca, le “riforme” tanto auspicate riguardavano, secondo Veltroni, legge elettorale, forma di governo, assetto parlamentare; secondo Berlusconi, la sola legge elettorale. Insomma, c’era un interesse comune, convergente, sulle regole della disputa fra il segretario del partito Democratico, e il leader principale dell’opposizione. L’inciucio, nell’ottica di Veltorni, era un mezzo allo scopo per vincere le elezioni. Oggi, invece, “se ne vedono di tutti i colori”. Il Signor Ondivago non saprebbe far di meglio. Quell’incontro, insieme alla fine della politica dell’odio, della politica del “nemico Berlusconi” al fine del superamento di quindici anni di immobilismo, sono diventati i principali capi d’accusa contro Veltroni pochi mesi dopo aver perso le elezioni. Franceschini volse poi la rotta verso toni più duri, verso una politica tenace, sebbene poco fruttuosa. E’ stato Bersani, durante il dibattito precedente alle primarie a tagliare corto dicendo “no all’antiberlusconismo sciocco”. Ovvero no all’IDV. Rinuncia a una vera opposizione contro “il Tiranno” in favore della politica dell’appeasement. Non c’è da sorprendersi, oggi. L’avevano detto, più o meno apertamente, durante le primarie. E usano ora le stesse parole di Veltorni 2007 version: no alla politica dell’odio.
Certo, l’odio. Questo carburante nobile. Senza “odio”, l’inciucio si fa utile:
Massimo D’Alema, nel pieno della polemica seguita alle sue dichiarazioni sulla utilità degli “inciuci”, torna a chiedere l’apertura di un dialogo con la maggioranza sul tema delle riforme. Lo fa rispondendo, dai microfoni del Tg2, all’offerta del ministro Tremonti dalle colonne del Corriere della Sera di avviare una fase costituente per fare riforme insieme: “Con la bicamerale o in altro modo – dice il ministro – ma il dialogo va aperto” (fonte: Riforme, D’Alema apre a Tremonti “L’opposizione si metta in gioco” – Politica – Repubblica.it).
E credete davvero che sia una prova di forza all’interno del PD (Si scrive “inciucio”, si legge “cedimento”. « ilNichilista)? Credete che ci sia in gioco davvero la Grosse Koalition con l’UDC? Stasera anche Niki Vendola, la cui ricandidatura in Puglia è in forte bilico, si è pronunciato in favore di una coalizione delle forze democratiche e antiberlusconiane (Tg1, ore 20). Tentativo maldestro di restare in sella. L’UDC non ha nulla di antiberlusconiano: un suo deputato (Vietti) ha preparato il testo ponte che garantisce – se approvato – al (finto) premier di scansare i processi, almeno sino al futuro Lodo Alfano 2.0, “constitutional version”. L’alleanza con l’UDC, la Santa Alleanza, non è affatto in discussione. E’ già una realtà. In discussione c’è solo l’estensione di questa nuova coalizione ulivista: metter dentro Sinistra e Libertà, Socialisti Verdi Radicali e IDV, oppure fare da soli. Tutto dipende dalla scelta di Mr b: elezioni subito oppure no.
No, la risposta è un’altra. La risposta possibile è che all’improvviso, ma non troppo, si sono trovati per strada “interessi comuni”. Inderogabili. Per questo parlano di “pace”. Potrebbero avere a che fare con le inchieste di Palermo, Caltanissetta, Firenze? Potrebbero. E’ una chiave di lettura. Di difficile praticabilità. Nel baillame di dichiarazioni e indiscrezioni ricorse in questi mesi a partire da Luglio, quando Ciancimino jr. ha iniziato a fornire documentazione relativa agli affari del padre ai magistrati, ricorrono alcuni nomi. Fra di essi, nomi di esponenti attuali del PD, solo in parte defilati dalle posizioni di comando. Che all’epoca dei fatti – 1992 – avevano invece responsabilità di governo e di opposizione. Uno era Ministro dell’Interno; l’altro era presidente della Commissione Antimafia. Uno era Nicola Mancino, oggi vicepresidente del CSM; l’altro è Luciano Violante, ancor’oggi politico attivo del PD, sostenitore di Bersani alle primarie. Se venisse alla luce uno scenario di generale benedizione della trattativa Stato-Mafia, sia da parte del Viminale che da parte dell’Antimafia del 1992, allora buona parte della storia di quegli anni andrebbe riscritta. Violante, “lo scorso 23 luglio 2009, sentito dai magistrati di Palermo, ha confermato le dichiarazioni di Massimo Ciancimino circa la proposta di incontrare “in modo riservato, a quattr’occhi” Vito Ciancimino, avanzata da Mario Mori nel settembre del 1992 quando Violante era ancora Presidente della Commissione parlamentare Antimafia. L’incontro avrebbe dovuto inserirsi nell’ambito della “garanzie politiche” richieste da Ciancimino per portare avanti la trattativa fra Cosa Nostra e pezzi delle istituzioni durante la stagione delle stragi del 1992. In passato Violante non aveva mai fatto cenno a tale richiesta” (fonte Wikipedia). Insomma, su parte del PD, sulla parte attualmente maggioritaria all’interno del partito, potrebbe pendere questa spada di Damocle. E quindi l’inciucio utile in questo caso sarebbe volto alla riforma castiga-magistratura. Blindare per sempre quella verità per lasciarla ai posteri, quando oramai sarà troppo tardi anche solo per chiedere giustizia. Non saprei dire se questa ricostruzione corrisponda al vero, però è una delle possibili opzioni, dei possibili intrecci che si celano dietro la scena. Sentite Violante parlare alla Camera, qualche anno fa:
Non è questo il PD che vogliamo. Ma non per questa ragione è giusto stracciare delle tessere. La lotta per il cambiamento del PD non può essere fatta abbandonandolo alla corrente degli “inciucisti”. Per cambiare il PD, bisogna occupare il PD. Proprio come un’aula di scuola che vogliamo autogestire; proprio come una fabbrica che vogliamo salvare. Occupare il PD, svuotarlo da dentro. C’è persino un popolo viola già pronto. Un popolo viola molto numeroso. Perchè desistere?
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Un partito delle idee, non degli inciuci | Ignazio Marino
“Non sono d’accordo, non siamo d’accordo.
Non si può accettare il principio del male minore, nè avallare la teoria dell’inciucio positivo. Non ci sono inciuci positivi e non siamo disponibili ad accettare alcuna deroga. Non siamo disponibili ad accettare di sminuire il valore di uno dei capisaldi della nostra democrazia: la legge è uguale per tutti.
Ribadiamo il nostro NO a qualunque legge ad personam, senza alcun compromesso: chiunque è accusato di un reato ha il dovere di presentarsi davanti al giudice e di difendersi nel processo, mai dal processo.
C’è poi un altro nodo da affrontare con chiarezza e tempestività e riguarda le alleanze in vista delle elezioni regionali. Ho già detto che non ho nulla di personale contro l’UDC, ma sono convinto che non potremo vincere se ci presenteremo deboli e confusi, alleati ad un partito che non condivide i nostri valori e le nostre proposte, dal nucleare alle unioni civili al testamento biologico. Anche Casini, d’altra parte, chiede che il PD faccia chiarezza su questi temi scottanti. Quale è la posizione del PD? Vogliamo ricominciare con le ambiguità rispetto al principio dei diritti uguali per tutti?
La mia posizione è netta:
- no ad alleanze basate sul tatticismo
- si ad alleanze sulla base di principi e programmi condivisi per il governo delle regioni
- no alla conferma di gruppi dirigenti regionali che non abbiano raggiunto risultati positivi
- si al rinnovamento in regioni come la Campania e la Calabria
- si alle primarie nelle regioni, come la Puglia, dove ci sono state esperienze di governo positive.
Questi sono alcuni dei principi che voglio ribadire con chiarezza e che ripeterò con voce forte e chiara in Parlamento e in ogni altra occasione di discussione e di confronto. Per evitare che tanti si allontanino dal PD, come già qualcuno purtroppo ha fatto.
Facciamoci sentire, facciamo contare le nostre idee, rendiamo forte il PD.”
IRM
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