Fate bene a pensare che allo squallore della politica di questi giorni non ci sia fine. Perché è vero. E lo squallore prima o poi porterà questo paese a situazioni estreme che ora quasi tutti deprechiamo. La rivoluzione dei Gelsomini dal Maghreb si sta facendo sentire fino in Cina. Dovunque, nel mondo, i popoli scontenti dei propri governi scendono in piazza, disposti a tutto affiché le cose cambino. C’è una domanda di democrazia e partecipazione repressa che torna come un rigurgito di violenza. Giovani, nelle strade, vanno incontro alla morte lasciandosi sparare da agenti di polizia e gendarmi fedeli ai regimi. Di fronte al dispotismo è giusto resistere. E’ la rivoluzione, e la rivoluzione spara. Cosa succederebbe in Egitto se El Baradei scaricasse sui manifestanti tutti le colpe degli inevitabili gesti violenti della piazza? Cosa acccadrebbe all’opposizione iraniana se Karroubi o Mussavi si dissociassero dalla piazza come l’opposizione italiana ha fatto il giorno dopo il 14 dicembre 2010?
Il Financial Times, in un articolo dello scorso 13 febbraio, ha accostato l’Italia ai paesi del Maghreb. Un’equazione molto semplice cheè stata evocata da più parti: Silvio come Mubarak, Silvio come Ben alì; come Gheddafi. I rapporti di interesse che legano Berlusconi ai tre matusalemme del Mediterraneo sono soltanto un aspetto di questa similitudine. In Italia, scrive il Ft, le elezioni promettono sempre di cambiare la politica, poi lasciano tutto così com’è. Esiste, in misura del tutto analoga all’Egitto, alla Libia, alla Tunisia e all’Algeria, una mancanza di rinnovamento della classe dirigente. La classe politica si è trasformata in casta. E’ stato detto ripetutamente, in questi anni.
There is a European country that has many characteristics of the Arab world: a sclerotic economy, a culture worn down by corruption and organised crime, and a growing clash of generations. It is controlled by a gerontocratic ruling class entrenched in politics and business to the exclusion of its youth. Its best and brightest young people roam Europe as economic migrants.
That country is Italy. It is a democracy, so the ageing consistory that runs the country should be replaceable. Yet it never is: the more elections Italy has, the less seems to change. No wonder even the Borghese are taking to the streets. A million women marched last Sunday to protest the antics of Silvio Berlusconi, the increasingly ridiculous prime minister. He was indicted this week on charges of paying for sex with an underage girl and abuse of office. He denies wrongdoing (Financial Times).
I recenti scandali sessuali sembrano aver messo a dura prova la resistenza di B. Eppure il tempo gioca a suo favore. E la strategia di B. non è mai stata così chiara. La soluzione finale si articola in tre mosse:
- la riforma della giustizia: Alfano ha il compito di riprendere in mano il destino della legge sulle intercettazioni nonché il Processo Breve; le eventuali altre riforme di natura costituzionale saranno affrontate successivamente; ciò che serve ora è una clava da agitare contro i magistrati, magari anche presenziando a qualche udienza;
- il fronte mediatico: è di oggi l’affondo dei giornali e dei telegiornali di marca berlusconiana contro la Procura di Milano, rea di non aver aperto fascicoli contro Cristiano Ronaldo, uno dei presunti clienti di Ruby, ergo di essersi accanita contro Berlusconi non essendo egli il solo utilizzatore finale della minorenne; inoltre, fedeli al motto che “scandalo scaccia scandalo”, Libero e Il Giornale si sono fiondati sul caso affittopoli del Pio Albergo Trivulzio, la Baggina, enfatizzando non poco il caso Pisapia, la cui compagna vive in una casa del Pat dal 1989, ben prima di conoscere lo stesso Pisapia; Libero e Il Giornale hanno mostrato una ferocia senza eguali nella pressante richiesta della lista coi nomi degli affittuari privilegiati del Pat, per poi sbattere in prima pagina persone rispettabilissime come Carla Fracci;
- il regolamento di conti con Fini: qualora la maggioranza decidesse sul caso Ruby per il conflitto di attribuzione da sollevarsi dinanzi alla Corte Costituzionale, è prassi che l’ufficio di presidenza della Camera possa esprimersi sulla decisione medesima con un voto. Non c’è nessuna norma del regolamento della Camera che lo preveda, ma così sempre si è fatto. L’obiettivo di B. è lasciare Fini senza truppe nel Parlamento. Una volta solo, avrà meno forza per poter votare contro l’aula. In questo senso è da intendersi l’attacco sferrato dagli ex An contro Il Secolo d’Italia. Martedì il cda del giornale, oramai conquistato dai berluscones, potrebbe decidere la sorte di Claudia Perina, o piuttosto di ridurre il budget mettendo a pregiudizio la stessa realizzazione del quotidiano. E’ chiaro che il principale ostacolo alle leggi ad personam richieste da B. ad Alfano in settimana, ovvero FLI, naviga in brutte acque. Proprio i finiani sono stati l’argine contro la Legge Bavaglio e il Processo Breve; tolti di mezzo una volta per tutte i vari Bocchino e Granata, Briguglio e Bongiorno, B. avrà carta bianca: una maggioranza genuflessa, di pavidi . Anche il più intransigente degli esuli (Guzzanti) è tornato alla casa del Padre: e quota 325 è sempre più vicina.
Dinanzi a questo quadro desolante, in cui le opposizioni sono messe all’angolo, in cui emerge sempre più chiara una stategia che da difensiva si è fatta eversiva, il “rischio Egitto” paventato dal Financial Times si fa concreto. Se nei prossimi mesi Berlusconi riuscirà ancora a sottrarsi al giudizio, se il suo progetto di annichilimento del potere giudiziario andrà in porto, quale piazza manifesterà ancora pacificamente?