Lei, Cecilia Malmstrom, è la commissaria europea agli Affari Interni. Ha inviato una lettera a Maroni, venerdì scorso, il cui contenuto è emerso solo in serata. La Malmstrom ha avvisato che Schengen non scatta in maniera automatica con il decreto legge del governo italiano sul permesso temporaneo. La normativa europea parla chiaro:
Direttiva 2001/55/CE: (14) L’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dovrebbe essere accertata con decisione del Consiglio, obbligatoria in tutti gli Stati membri nei confronti degli sfollati cui si riferisce. È altresì opportuno stabilire i casi e modi in cui cessano gli effetti della decisione stessa.
Regolamento CE 56/2006 (Schengen): punto 4.c – i cittadini di paesi terzi che non soddisfano una o più delle condizioni di cui al paragrafo 1 possono essere autorizzati da uno Stato membro ad entrare nel suo territorio per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali.
Quindi: 1. è dirimente la decisione del Consiglio, il quale attesta la presenza di questo “massiccio” flusso migratorio; 2. l’autorizzazione “ad entrare” vale per lo Stato che la emette e non per gli altri (cito testuale “entrare nel suo territorio” che è diverso dal dire “entrare nel territorio dell’Unione Europea”).
Bastano questi due commi per spiegare che il nostro paese da solo non può decidere, assegnando il permesso temporaneo, di attribuire i privilegi di Schenghen ai migranti. In primis deve ottemperare ai doveri umanitari di ospitalità. Poi dovrà sollevare la questione all’interno delle istituzioni europee, ovvero nel Consiglio, in cui si accerta la presenza di una crisi umanitaria, di una “massiccio” numero di sfollati. La Germania, infatti, ci contesta proprio questo: il numero dei migranti non è tale da prevedere un intervento normativo ‘speciale’. Non c’è l’emergenza, che semmai è causata dalla impreparazione italiana (il CIE di Lampedusa era chiuso ed ha comuque un numero di posti insufficiente a contenere il principale afflusso di migranti in Italia). Insomma, è una questione di numeri. I migranti sono troppo pochi. Non per i media italiani, secondo cui il canale di Sicilia è invece un crocevia di barconi e zattere. Questione di realtà percepita: in Germania evidentemente possono contare su fonti – diciamo così – autentiche.
Il clima generatosi con le dichiarazioni di Berlusconi di ieri – l’Europa? Meglio dividersi se non c’è solidarietà – nonché la furbata maroniana del permesso temporaneo, rischiano di far saltare lo spazio europeo – infatti i lander tedeschi, dinanzi al lassismo italiano nel concedere diritti di circolazione poco giustificabili secondo le norme, già minacciano la sospensione di Schengen. La Merkel lamenta il fatto che l’Italia è abbastanza restia a concedere asilo politico. Alla base del guasto odierno c’è, ancora una volta, la scarsa armonizzazione delle politiche dell’immigrazione e delle procedure di concessione dell’asilo. Esiste un piano della Commissione diretto a modificare sostanzialmente la disciplina in merito al fine di armonizzare le politiche di asilo:
- modifica della direttiva sulle condizioni di accoglienza (ES) (DE) (EN) (FR), occupandosi dell’elevato livello di discrezionalità degli Stati membri. La direttiva modificata dovrebbe permettere di ottenere una maggiore armonizzazione e migliori norme sull’accoglienza, tra cui quelle sulle garanzie procedurali per la detenzione;
- modifica della direttiva sulle procedure d’asilo (ES) (DE) (EN) (FR), al fine di eliminare regimi procedurali eccessivamente disparati negli Stati membri. L’armonizzazione di queste garanzie permetterà di assicurare parità di condizioni di accesso alla protezione nell’Unione europea (UE);
- modifica della direttiva sulla qualifica di rifugiato, per risolvere il problema delle diverse interpretazioni della direttiva da parte degli Stati membri causato dalla formulazione di alcune disposizioni. La modifica della direttiva permetterebbe inoltre di promuovere l’introduzione di status uniformi (Commissione UE).
Non è vero che l’Europa non è solidale in materia di immigrazione: la Commissione lavora per questo. Sono invece i governi nazionali, e in special modo il nostro, a essere reticenti in fatto di armonizzazione delle normative in merito. La ragione è politica: così come Sarkozy deve fronteggiare Le Pen sul piano del fenomeno migratorio, così Berlusconi deve pagare pegno ai leghisti ben sapendo che l’istigazione alla paura del diverso è un’arma molto redditizia in periodo elettorale (ricordate le elezioni del 2008?).
Invece di adottare un nuovo strumento globale per promuovere la solidarietà tra gli Stati membri, la Commissione intende stabilire una serie di meccanismi di solidarietà. A tal fine, la Commissione proporrà di:
- lanciare uno studio per valutare le possibilità di trattamento congiunto a livello UE delle domande di asilo;
- creare gli strumenti per sospendere temporaneamente l’applicazione delle norme di Dublino per il trasferimento dei richiedenti asilo;
- creare un gruppo di esperti sull’asilo nell’ambito dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, per assistere gli Stati membri nel trattamento delle richieste;
- elargire finanziamenti per il reinserimento all’interno dell’UE di eventuali beneficiari di protezione internazionale (Commissione UE).
Una più stretta cooperazione europea si fa all’interno delle istituzioni europee, non minacciando fuoriuscite clamorose e dannose per il paese. A Berlusconi, domani a Bruxelles, non basteranno le barzellette per cavarsi d’impiccio. L’Italia è già ai margini della politica europea, ora rischia persino di causare una crisi delle istituzioni dell’Unione, già prima non proprio in buona salute.