Il temino di Matteo Renzi, titolo “Il mio PD”

Matteo Renzi si avvia a rispolverare la manifestazione della Leopolda con idee molto chiare. Le ha elencate in un temino, sì esatto, un temino il cui titolo potrebbe essere “Il mio PD”. Ora, sia chiaro, il PD non è suo. Abbiamo scritto pagine e pagine sprecando il ‘nostro’ tempo dicendo che il PD è ‘nostro’ e poi arriva il sognante Renzi a parlarci di qualcosa che non è più nostro ma suo.

Il testo del temino lo potete leggere su Il Post: Il PD che sogno.

Prima di Renzi e della riedizione della Leopolda, sabato e domenica scorsi si è svolto ‘Il nostro tempo’, la manifestazione di Prossima Italia, il gruppo di Pippo Civati. Rileggete il discorso finale di Civati e confrontatelo con quello di Renzi e capirete l’abisso che si è aperto fra i due. Vedrete le immense differenze che dividono i rottamatori dai costruttori del PD.

Provo ad elencarle:

  1. Renzi: [il mio PD] Vuole che tutti abbiano una casa ma non delega l’urbanistica alle cooperative dei costruttori o ai professionisti del mattone; Civati: Politica del paesaggio, affinché il paese non più umiliato;
  2. Renzi: [il mio PD] Si organizza dentro ai circoli ma cerca di vivere soprattutto fuori, a contatto con le persone vere; Civati: il circolo deve diventare il fulcro attraverso cui realizzare la partecipazione dell’elettore cittadino;
  3. Renzi: [il mio PD] Scende in piazza una volta ogni tanto; Civati: il PD vero è quello “che si confronta con la società civile, anzi, civilissima“, “un PD che non perde tempo, che scende dal piedistallo, che partecipa senza indugio ai movimenti
  4. Renzi: [il mio PD] Manda in pensione i cittadini due anni dopo; Civati: Prendere distanze dai luoghi comuni – per esempio sulle pensioni, quando si dice che non si devono toccare le pensioni senza ricordare che esse sono già state toccate;
  5. Renzi: qualunque sia la legge elettorale, in Parlamento ci deve andare chi prende voti, non chi prende ordini; Civati: Al di là della forma della prossima legge elettorale, il PD dovrebbe scegliere i propri candidati di lista con le primarie.
  6. Renzi: questo è “il mio PD”; Civati: questo è “il nostro tempo“.
Diversi i contenuti, diverso il metodo: Renzi ha scelto una via personalistica, Civati quella collegiale pur connotata dalla sua forte e riconoscibilissima impronta. Renzi parte da un canovaccio minimo fatto dalle sue enunciazioni, Civati ha un vero e proprio programma, articolato in cinque proposte che sono in realtà delle ‘risposte’, ovvero

1 – Prima gli elettori: primarie libere per la scelta dei parlamentari, in tutti i collegi e con qualsiasi legge elettorale, contro lo scilipotismo e a favore della partecipazione democratica, quella della primavera arancione, per far scegliere ai cittadini chi li rappresenta a Roma, proprio come si scelgono i sindaci.

2 – Con disciplina e onore: una legge feroce contro la corruzione, che cancelli tutti i lodi ad personam di questi anni, la lotta ai conflitti d’interessi ad ogni livello, e nuove forme di trasparente e accessibile rendiconto finanziario degli incarichi politici o comunque determinati dalla politica.

3 – Terra! Suolo bene comune: rivedere i criteri sugli oneri di urbanizzazione, coinvolgendo i cittadini e regolando le nuove costruzioni in base alle effettive richieste del mercato, bloccando le realizzazioni a fine speculativo; vietare l’uso degli oneri per la parte di spesa corrente dei bilanci degli enti locali, e fermare le compensazioni monetarie, anche attraverso nuovi sistemi di controllo. Censire il patrimonio utilizzato, sia quello produttivo che quello residenziale, e incentivarne l’utilizzo.

4 – Il fisco, dai mobili agli immobili: nel Paese primatista della pressione fiscale su chi lavora e produce, nel Paese in cui il mattone è la speculazione più redditizia e meno tassata, bisogna invertire la tendenza: abbassare le tasse sul lavoro con un rimborso contante annuo andando a prenderlo da chi ricava rendita dagli immobili. Inoltre, a proposito del fisco: riduzione delle scritture contabili e semplificazione dei calcoli delle imposte; ampliamento della gamma degli oneri deducibili; emissione e ricezione elettronica di fatture e corrispettivi, e tracciabilità del pagamento di costi deducibili; inversione del rapporto tra Fisco/controllore e contribuente/controllato, con l’assegnazione al Fisco della compilazione di tutte le dichiarazioni dei redditi, dipendenti e autonome.

5 – Per tutte e tutti: superare la condizione di precarietà di questi anni estendendo l’indennità di disoccupazione a tutti i lavoratori, inclusi i titolari di contratti atipici: si può fare, e va fatto parificando i contributi sociali. Ogni tipo di contratto, subordinato o para-subordinato, dovrà prevedere il versamento dei relativi contributi: si tratta di somme assolutamente contenute e sostenibili per l’impresa (fonte Prossima Italia).

Prendete per esempio il punto 5: Civati dice espressamente che il problema del paese è la disoccupazione e la divisione del mercato del lavoro. Sostiene che una delle misure da prendere assolutamente sia quella dell’estensione dell’indennità di disoccupazione a tutti, compresi i precari. Sullo stesso tema, e con una formula ben più ambigua, Renzi scrive:

[il mio PD] vuole che lo Stato sia compagno di viaggio non ostile burocrate per chi fa impresa e per chi vi lavora. Non si preoccupa solo di chi è già tutelato, ma anche e soprattutto di chi ha trenta anni e non trova lavoro. O di chi ne ha cinquanta e l’ha appena perso. Crede nella formazione permanente ma non nei burocrati della formazione. E riduce le cattedre universitarie, ma aumenta la qualità dell’insegnamento.

Notate innanzitutto la distinzione fra impresa e lavoro e l’ordinamento che Renzi dà alle due parole nella frase. Notate come sia quasi stigmatizzata la figura del lavoratore che ‘è già tutelato’. Renzi, poi, non indica alcuna ricetta per la maggior tutela dei precari, se non la formazione permanente.

In coda al pezzo, Renzi spiega che la sua visione circa la rottamazione della vecchia classe dirigente del PD:

[il mio PD] Ringrazia chi ha servito per tanti anni le Istituzioni. Ringrazia davvero, senza ironie. Ma non crede offensivo chiedere il ricambio per chi da qualche lustro occupa gli scranni del Parlamento: si può far politica anche senza una poltrona, anche rimettendosi in gioco. Chi ha causato il problema in questi anni non può proporsi come la soluzione

Renzi sembra qui voler metter l’accento sulla vecchia generazione che è di troppo e se ne deve andare. Una generazione responsabile di un fallimento politico, la mancata spallata a B. Quindi, si intuisce, il modo per metterla da parte è stabilire un limite di età, o di legislature. Ma è sbagliato ridurre la questione generazionale in un mero conteggio di mandati elettivi o di anni di carriera: la questione generazionale è implicita alla mancata circolazione delle élite di questo paese. I meccanismi di selezione sono bloccati, o ingolfati da criteri quali la fedeltà o i clientelismo. Il risultato è una generazione di donne e uomini messi ai confini della sfera pubblica. La vera sfida, dice Civati, è portare questa generazione al governo del paese, non rottamare quella vecchia. E’ una prospettiva leggermente diversa da quella di Renzi, ma è decisiva.