La crisi de L’Unità divide Il Mov 5 Stelle e Grillo

Sono bastati un articolo su L’Unità e un paio di post su alcuni blog per far emergere altre fratture nel Movimento 5 Stelle. Al punto da paventare una nuova e inaspettata scomunica da parte di Beppe Grillo.

Da una parte si trova la redazione bolognese de l’Unità, sempre in procinto di esser chiusa e da almeno due anni in bilico in attesa della decisione dell’editore Soru, il quale però versa in altri, e alquanto pessimi, guai (evasione fiscale); dall’altra l’interesse – legittimo – dei grillini bolognesi per la sorte dei lavoratori della redazione locale del giornale. Si dà il caso che i grillini e Grillo hanno da sempre sostenuto la necessità di abolire il finanziamento pubblico dei giornali che, detto per inciso, mantiene in vita l’Unità, giornale che ha visto dimezzare le copie vendute in poco più di due anni, almeno dalla dipartita di Travaglio e Padellaro.

Andrea De Franceschi, noto per esser divenuto consigliere regionale grazie alle contestatissime ‘secondarie’ (vedi 1, 2), ha avuto l’ardire di fare una interpellanza al consiglio regionale dell’Emilia-Romagna chiedendo a Errani di aprire un tavolo di trattative con l’editore: “Il quotidiano l’Unità rischia davvero di sparire questa volta e, se dovesse essere così, non sarebbe una buona notizia per nessuno. Per i lavoratori e per la pluralità d’informazione, prima di tutto” (l’Unità).

Intento onorevole, quello di De Franceschi, che però ha subito incontrato la minaccia di una Fatwa da parte di Grillo: il nuovo anno, scrive quest’ultimo, vedrà la fine del finanziamento pubblico dei giornali, fatto che viene presentato come una benedizione divina. Grillo non fa mai su questo argomento alcuna menzione sul difetto di sistema insito nell’informazione nostrana, che prende il nome di monopolio del mercato pubblicitario nelle mani di uno solo (sì, ancora Berlusconi). Non mi dilungo sugli effetti perversi dell’aiuto di Stato per l’editoria – quasi sempre – di partito, né sulla necessità di un dispositivo correttivo della concentrazione monopolistica nel settore pubblicitario. Mi soffermo invece su queste frasi di Grillo: “Tra le testate che attaccò (sì ha usato il verbo al singolare…) l’iniziativa [del Vday 2008], prima, dopo e durante, spiccò l’Unità”, “Ora è in crisi, si metta sul mercato, si faccia pagare dai lettori come il Fatto Quotidiano e, se non vende, chiuda i battenti”, “Se qualche esponente del MoVimento 5 Stelle la pensa diversamente non è un problema. Il Pdmenoelle lo accoglierà subito tra le sue braccia. Beppe Grillo“. Quindi, se ne deduce:

  1. l’Unità ha la ‘colpa’ di aver criticato l’iniziativa di Grillo del 2008;
  2. la giusta punizione per quella colpa è la chiusura;
  3. chi la pensa diversamente (De Franceschi) si faccia da parte.

Giglioli, su Piovono Rane, ha così titolato un suo post: “Kim Jong-Grill”. Grillo diventa una sorta di deposta che censura e epura tutti quelli che non si allineano alle sue direttive. Vittorio Bertola, uno dei ‘Magnifici 4’ del M5S s’affretta a organizzare, nei commenti al post di Giglioli, una difesa d’ufficio in cui l’argomento principale è “Grillo non sta imponendo a Defranceschi una sua posizione politica personale su un argomento mai discusso prima, gli sta imponendo di rispettare il contratto che ha firmato con gli elettori quando ha chiesto i voti!”. Bertola affibia a Grillo la patente di controllore dell’operato degli eletti. E’ la questione annosa del mandato imperativo che i grillini dicono di voler applicare per poter licenziare quegli eletti che non rispettano il programma presentato in campagna elettorale. Un potere che dovrebbe risiedere in capo agli stessi elettori e che invece loro mettono, di volta in volta, nelle mani o di una assemblea degli iscritti o addirittura – questa la versione di Bertola – nelle mani dello stesso Grillo, “uno che in teoria (come mi ripetete sempre voi) non conta più degli altri, non comanda, non impone” (A. Giglioli, cit.).

La confusione regna sovrana. De Franceschi ha dovuto pubblicare un post in cui parla della vicenda senza mai citare Grillo, l’autore dell’unica critica:

Qualcuno non è d’accordo nella tutela dei diritti dei lavoratori? Cosa c’entrano i finanziamenti pubblici all’editoria con le famiglie e le persone che rischiano? Forse dovremmo chiedere di togliere i rimborsi fiscali sulle accise della benzina e del gasolio per le imprese di autotrasporto, così poi vedremmo finire sul lastrico gli autotrasportatori che il camion lo guidano solo? (Sulla pluralità dell’informazione – Movimento Cinque Stelle Emilia-Romagna).

De Franceschi articola la sua risposta a Grillo affermando che “l’informazione “libera” su internet che molto spesso troviamo copiata e riadattata su migliaia di blog altro non è che il rimpasto del lavoro fatto a monte da un qualche giornalista, da qualche parte nel mondo, PAGATO da una qualche testata che gli ha anche messo a disposizione i mezzi per la diffusione”. De Franceschi è realista: “l’idea che su internet si faccia informazione a costo zero è molto romantica ma non veritiera“. Forse non è proprio vero che tutto quanto si scrive in rete è una ‘ribattuta’ dei lanci di agenzia o degli articoli della carta stampata. Ma bisogna dare adito a De Franceschi di aver centrato il problema: il giornalismo classico non è in crisi per la compresenza delle fonti di informazione su internet, né internet può essere la salvezza per i giornali in crisi; il giornalismo e l’editoria sono in crisi a causa del problema storico della concentrazione di potere nel mercato della pubblicità.

Mettere il bavaglio a De Franceschi con l’accusa di non rispettare il mandato elettorale è assurdo. Secondo Bertola, Grillo “non sta agendo da capo, ma da garante verso gli elettori, che quando hanno votato si sono fidati di lui (Defranceschi manco sapevano che faccia avesse)”. Questa frase è come un sasso lanciato dal cavalcavia: De Franceschi prese meno voti di Sandra Poppi del collegio modenese (poco più di trecento contro i settecento voti della Poppi), ma quella maledetta assemblea delle secondarie votò il binomio Favia-De Franceschi. Dire oggi che gli elettori “manco conoscevano la faccia di De Franceschi” vuol dire delegittimare tutto il processo di formazione del M5S. Di fatto, significa farne a pezzi la storia.

Aggiornamento del 05/01/12: De Franceschi annuncia la pausa di riflessione e i giornali si accorgono del pasticcio …

20 Comments

  1. Andrea DeFranceschi è stato “l’utile idiota” per impedire a Sandra Poppi di continuare a usare la sua testa per difendere l’ambiente senza condizionamenti da nessuno, Grillo compreso e per impedire di fare ombra a Favia che avrebbe dimostrato al confronto di Poppi che le sue opinioni erano fatte solo di copia e incolla.
    Grillo è un despota che ha il marchio di proprietá e che mi ha buttato fuori senza motivo. Nessuna violazione del programma o del mandato degli elettori ma solo perchè ho dichiarato sui giornali che lui e Favia avevano orchestrato la porcata delle “secondarie”. Un vero voto di scambio.
    Con queste premesse qualsiasi programma anche a favore dell’ambiente, del cambio dell’economia, della trasparenza etc…è falso anzi sarebbe ora che Grillo non si appropriasse di questi sacrosanti principi.
    Disponibile a un confronto con lui dovunque ma, come i despoti e i Berlusconi, non accetta il confronto.

  2. …c’è ancora del rancore vero Vittorio?
    …ed usare questa storia come strumento, oltre a non farti onore, lascia alquanto a desiderare in merito alla sincerità delle tue parole.

    Dato che sono parole da chi era deluso e rilegge l’accaduto con gli occhiali di chi non vuol vedere.

    Perchè esse, a mio avviso, non sono sincere, ma dettate dal rancore covato per mesi. E dunque valgono proprio come tale rancore.

    Tengo a precisare la MIA personale interpretazione delle parole di beppe…che non vedo perchè possa valere meno della tua.

    1) L’unità è un quotidiano. Che riceve GIÀ 6 milioni di euro di fondi pubblici come decine di altri.

    2) Giornali di questo tipo non hanno ragione d’essere. Esistono ESEMPI di quotidiani che non ricevono soldi pubblici (della gente) che sopravvivono benissimo. Fanno utili e funzionano.
    Abbiamo invece esempi di giornali che ricevono soldi pubblici che sono ANTIECONOMICI, NON INFORMANO, E SONO SUCCUBI DEL SISTEMA….e pertanto non informeranno mai in merito a variazioni del sistema.

    3) L’eliminazione dei contributi ai giornali è un pilastro del movimento che viene dal Vday2. E’ un caposaldo condiviso. E su questo non deve esserci confusione.

    Ora capisci perchè, secondo me, la tua interpretazione dell’accaduto è letta sulla base della TUA PERSONALE delusione. E pertanto lascia il tempo che trova. In quanto non sincera ma strumentale.

    …non dico quindi che tu non debba provare rancore. Ma che questo rancore fa sì che tu non veda le cose per ciò che sono.

    1. Davide, il tuo contributo è interessante perché condivide con l’analisi di Grillo la medesima sottovalutazione della complessità del sistema editoriale italiano, dipendente da quello della pubblicità grazie alla quale può finanziare e pubblicare giornali e libri. Ora, se tu facessi lo sforzo di comprendere che il mercato pubblicitario è governato da Publitalia, quindi è totalmente al servizio di Mediaset e Mondadori, capiresti che è necessario un dispositivo di legge che regoli questa disparità di mercato. Naturalmente la legge sul finanziamento fu una soluzione timida da parte di legislatori non in grado di poter incidere sul trust di Mediaset.E poi è stata distorta dai partiti per poter drenare soldi per le proprie casse (caso de Il Campanile, il giornale dell’Udeur di Mastella). A mio avviso, stabilire l’abolizione del finanziamento senza prendere in esame la complessità del ‘problema’ del trust, significa mettere fuori dal mercato giornali storici di sinistra come l’Unità e Il Manifesto, quindi determinare uno sbilanciamento informativo a favore dei giornali di proprietà di Berlusconi. E’ vero, il caso de L’Unità è più complesso – a partire dal disinteressamento del suo editore Soru – ma per una volta posso dire che l’iniziativa di De Franceschi non è sbagliata. Lui ha specificato bene sul sito del M5S dell’Emilia-Romagna i criteri che hanno ispirato l’iniziativa e ha specificato bene l’interesse non per il mantenimento delle sovvenzioni statali ma per la sopravvivenza dei posti di lavoro di giornalisti e tipografi e quant’altro. Un intento onorevole, ho scritto nel post. E lo confermo.

      1. cubicamente, d’accordo con te che il sistema editoriale italiano è anomalo (per il monopolio sulla pubblicità) così come lo è il fatto che molti giornalisti si autocensurano per non infastidire il proprio editore che in Italia non è (quasi) mai “puro” nel senso che non fa solo l’editore ma è qualcuno che ricopre altri interessi (il solito Berlusconi piuttosto che confindustria piuttosto che palazzinari e altri). capisco il disagio dei giornalisti dell’Unità e mi dispiace, sinceramente, ma non credo che l’assistenza statale con i soldi dei contribuenti sia la soluzione ed è su questo che Grillo preme e francamente lo trovo giusto (mentre qui viene fatto passare come il despota. penso vada analizzato meglio il caso, come di solito ho sempre constatato che fai). Soru li lascia in balia del vento e lo stato deve correre ai ripari. C’è il buon esempio del Fatto Quotidiano che vive esclusivamente tramite l’apporto di chi lo legge e quindi lo compra (il FQ ha poca pubblicità) e questo ne fa un giornale che può anche sbagliare ma non perchè manovrato da qualche editore o partito ed è in grado di fare informazioni ad altissimi livelli. Franceschi ha detto la sua opinione e la sta portando avanti ma credo sia evidente che contrasta con l’impegno che si è preso. quando è entrato nel M5S sapeva quali fossero i propositi e, spero, che li abbia condivisi fin dall’inizio altrimenti è libero di seguire un’altra strada. e non è una minaccia, come invece intendo dal tuo post, da parte di Grillo. Penso invece sia semplice onestà. Tu hai preso un impegno e ora cambi idea. Le tue (di Franceschi) motivazioni saranno anche di elevata moralità ma resta il fatto che non sei coerente con le tue scelte. Secondo te, e secondo i tuoi lettori, dovremmo correre in aiuto di ogni società che chiude con i soldi pubblici? che faremo quando sarà Libero a dover chiudere i battenti per lo stesso motivo, o il Giornale? ci offriremo di sovvenzionare dei Giornali che scrivono bufale (per poi scusarsi quando fa più comodo) perchè sul piatto della bilancia mettono i licenziamenti dei giornalisti? la mia non è una provocazione. voglio semplicemente ragionare non solo sul caso specifico ma sul precedente che si viene a creare. Se non si sentisse il bisogno di una buona informazione, un quotidiano come FQ non sarebbe mai potuto esistere e invece c’è. Padellaro & Co. non sono mica dei geni. Forse, rispetto ad altri giornalisti, hanno solo più coraggio.

      2. Siamo d’accordo che l’aiuto di Stato è una porcheria. Ma limitarsi a dire che deve essere cancellato non è sufficiente. E spiace dovermi ripetere, ma è indubbio che la fine de L’Unità non faccia bene a nessuno, sebbene abbia la ‘colpa’ di aver criticato il V2Day. E’ certamente vero che giornali come Il Manifesto e l’Unità vendono molto poco, hanno perciò un problema di mercato. Questo è un problema che non può essere risolto con le sovvenzioni statali. E detto ciò, potrei concordare con te, Alessandro, su quanto dici de Il Fatto Quotidiano, un buon esempio di giornalismo libero, quasi senza pubblicità, autoprodotto e sostenuto dagli abbonamenti dei lettori. Diciamo anche che il taglio editoriale aiuta: il FQ si muove nell’alveo della retorica anticasta, operazione che alle altre testate riuscirebbe molto difficile (l’Unità è un giornale di partito; Il Manifesto non ha bisogno di spiegazioni).
        De Franceschi ha agito nel contesto fin qui illustrato, non già – come affermato da Grillo – sostenendo che il finanziamento pubblico dei giornali debba essere mantenuto, ma cercando di sollevare l’attenzione sul problema annoso della condizione dei lavoratori della redazione bolognese de L’Unità. E’ ben diverso, non so se mi spiego. De Franceschi ha argomentato bene sul suo blog. E per me vale quello che ha scritto nella interpellanza. Il problema sorge invece quando volete a tutti i costi applicare il mandato imperativo, quindi legando le mani ai Vostri eletti, ma il sistema di regole interno del M5S appare quanto meno confuso. Per intenderci, mandato imperativo significa che se un eletto non rispetta il programma, gli elettori lo licenziano. Stamane sul Corsera è stato pubblicato un articolo di Michele Ainis in cui il costituzionalista propone il vincolo dei due mandati insieme a regole più rigide (appunto il mandato imperativo) che lui chiama recall, ‘la revoca anticipata dell’eletto immeritevole’ (funziona molto bene, dice, in Canada) – qui l’articolo: http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=18VTZL
        Mi sembra che Grillo abbia già da tempo avanzato queste stesse ipotesi, e che il M5S cerchi di applicarle. Ma se poi guardiamo ai fatti, il recall nel M5S chi lo esercita? L’assemblea degli iscritti che è chiamata periodicamente a valutare l’operato degli eletti? O piuttosto Grillo stesso, come è accaduto con De Franceschi? Il recall, poi, non significa espulsione dal partito, ma semplicemente destituzione dalle cariche elettive. E soltanto gli elettori possono esercitare questo diritto. Non il capo del partito, né tantomeno un collegio di iscritti. Il recall dovrebbe avere lo scopo di valutare l’operato degli eletti, in un certo qual modo applicando i criteri di una customer satisfaction, come avviene nelle aziende private. Però i consiglieri regionali del M5S non sono stati valutati dai “clienti” del M5S, ovvero gli elettori, bensì dagli iscritti, che clienti non sono ma semmai sono soci. Su questo fatto possiamo essere d’accordo, Alessandro? Che è necessario darsi delle regole ed evitare di mettere alla porta chi non è della stessa idea? E soprattutto lasciare agli elettori il diritto di giudicare gli eletti?

  3. siamo d’accordo su moltissime cose. vorrei però spiegarti una cosa, dato che ci sto dentro (l’hai capito, no?!). essere del M5S non è facile per niente. non vorrei mai che fosse facile, intendiamoci. se lo fosse l’Italia non sarebbe il Paese che invece, purtroppo, è.
    Che il M5S abbia bisogno di organizzarsi meglio, secondo me, è fuor di dubbio. che la mancanza di organizzazione sia dovuta ad incapacità o per la voglia di Grillo di tenere sotto il suo personale controllo la sua “creatura” non ci penso nemmeno per un momento. Questa struttura e i contenuti chiari e semplici servono a difendersi da chi cerca appigli per attaccarti in tutti i modi. Far decidere agli elettori sarebbe bellissimo e giusto. coi pochi mezzi che abbiamo e con l’organizzazione che hanno i partiti (nel cercare di affossare ogni cosa che possa creare problemi) è difficile. se facciamo bene non si parla di noi. se capita una testa calda o qualcuno che fa una pisciatina appena fuori dal vaso ci danno addosso da ogni parte. penso che chiunque faccia parte del M5S sa che cosa lo aspetta. io l’ho imparato negli ultimi anni in cui ne ho viste parecchie, da poterci scrivere un romanzo tipo “Codice da Vinci”. io ho la speranza, e spero sia ben riposta, che i problemi che abbiamo si risolvano, ma credimi, dato che ti giudico molto avanti nell’analisi delle cose, che dai partiti nemici a quelli che si dicono amici, fanno ogni porcheria per farci fuori. Nel M5S non ci sono politici di professione. Almeno questa è la mia realtà. E quando togli tempo libero alla famiglia (non è che abbandoni moglie e figli, non voglio esagerare, ma potresti benissimo farti i cavoli tuoi e invece passi il tempo a capire dove puoi migliorare la tua città e dove stanno cercando di fregarti) e a te stesso per sentirti dire “Grillino”, “idiota che segue il guru” e via discorrendo pensando che sei veramente un idiota che si beve qualunque cosa, ebbene, dà fastidio. di fronte ad un caso come questo c’è gente che si dimentica di tangenti e corruzione perchè finalmente, e sottolineo finalmente, hanno trovato una micro-falla nei duri e puri del M5S. Wow! siamo persone e talvolta soggetti ad errori. Proprio perchè non ci è mai permesso sbagliare abbiamo un timore nel arlo che non riesci ad immaginare. ciò che è permesso a qualunque politico italiano a noi non è permesso (non è certo questa l’anomalia, ci mancherebbe) e a Grillo ancora di meno.Va bene se un politico fa ridere ma non va bene che un comico faccia il politico. spero di non essere andato troppo OT. scrivo di getto. semmai indirizzami meglio tu. grazie per lo spazio. come al solito.

  4. per rispondere su Franceschi. Non avendo ancora letto le sue motivazione lascio il beneficio del dubbio e mi riservo di capire meglio. Credo che se fa le cose con coscenza e trasparenza abbia ben poco da temere e spero si risolva tutto rapidamente e con chiarezza. Salvare i posti di lavoro è importante, non c’è dubbio. il fatto è che quando fai una mossa devi proprio stare attento ad ogni possibile scenario che si verrà a creare. è come una partita a scacchi. se non sei 3 mosse avanti il tuo avversario hai già perso. per noi è così. qualche volta penso che se anche riuscissimo a risolvere la fame nel mondo, per certi seguaci di PD-PDL-IDV e compagnia cantando non andrebbe bene perchè tutti mangiano ma non tutti hanno l’astice a tavola. uffa! che stress

  5. ho letto. da questo articolo ne vien fuori che finanziare le idee e il pluralismo con soldi pubblici è un bene, se non un dovere. giusto ma generico, inconsistente. Quali idee dobbiamo difendere? perchè, quando si scrivono queste cose bisogna anche ricordarsi che siamo in Italia che è un Paese in un punto infimo della classifica sulla libertà di informazione nel mondo. Questo problema non inizia e finisce con Berlusconi. è molto più esteso. è la mancanza di editori puri, che non usano l’informazione per i propri interessi, ma le rendono giustizia così da rendere giusto usare denaro pubblica per la pluralità e l’idea. spero di essermi spiegato bene.
    Sul discorso di De Franceschi voglio dividere la forma dalla sostanza.
    Forma: Grillo ha usato parole molto forti. poteva e doveva essere più morbido nel trattare De Franceschi che, al di là delle polemiche sulla sua elezione, mi risulta si sia sempre comportato bene? Secondo me si, doveva e poteva. Mi chiedo quali leve abbiano fatto sì che scrivesse, in un post così breve, una frase lapidaria come “Se qualche esponente del MoVimento 5 Stelle la pensa diversamente non è un problema. Il Pdmenoelle lo accoglierà subito tra le sue braccia”. Saraanno arrivate e-mail dagli iscritti o simpatizzanti delusi e scandalizzati dall’accaduto? saranno stati molti di più dei pro-De Franceschi? non lo so, però la mia curiosità la voglio spostare su un altro punto. Perchè ci si accorge che l’Unità ha i bilanci così messi male solo quando i contributi statali vengono ridotti o eliminati? che cosa ha fatto negli anni l’Unità per migliorare il suo modo di fare informazione? per rendere più efficacie la sua idea? per essere una voce non ambigua e coerente nella pluralità di informazione che in Italia è difficilmente garantita? a me viene da rispondere con poco o niente. il giornale di partito, secondo me, dovrebbe dare risalto ai valori di quel partito, alle idee, alle proposte e fare informazione corretta. io l’intendo così. Secondo me un giornale di partito non dovrebbe autocensurarsi o nascondere la testa sotto terra quando il proprio partito è toccato da situazioni che non gli fanno onore. di questo posso farne volentieri a meno soprattutto se si finanzia con i miei soldi. I giornalisti dell’Unità hanno un esempio di come si può fare un ottimo giornalismo (tu lo definisci anti-casta e questa è la fortuna e la leva per vendere del FQ, io invece vedo un giornale che fa le pulci a tutti, ma penso sia una questione di punti di vista che rispetto) solo che bisogna investire i propri soldi e le proprie risorse. in una parola “rischiare”. perdonami, ma penso sia troppo facile fare impresa coi soldi degli altri. fino a quando i contributi c’erano non si è alzata nemmeno una voce e si sapeva da tempo che facendo i conti in tasca molti quotidiani, senza i contributi, erano sotto di parecchio. non parlo di pochi euro, tanto per non far sparire una voce, ma di milioni di perdita. forse che l’aiuto statale fa venire meno la voglia di far quadrare i conti? tanto c’è chi ci pensa? è arrivato il momento di dire basta. Forse la forma poteva essere migliore, sicuramente doveva, secondo me. ma la sostanza è che chi vuole fare impresa deve metterci del suo. lamentarsi quando pantalone non paga più non va più bene. spero di non sembrare troppo lapidario ma siamo qui per discuterne, no?

    1. Alessandro, visto che tu fai parte del M5S e conosci lo stato dei lavori e le incertezze organizzative, allora puoi ben comprendere che il nocciolo del problema – che è poi quello che più mi sta a cuore – non è già la salvezza de L’Unità, per la quale tu e io possiamo poco se non nulla, bensì la coerenza delle regole democratiche interne di un partito. Poiché il dilemma italiano è sempre lo stesso, ovvero come garantire la partecipazione del cittadino in un sistema che è fortemente irrigimentato e controllato dai partiti – quindi da logiche di gerarchia e subordinazione – l’esperimento del M5S come movimento aperto e guidato dal basso potrebbe essere una soluzione innovativa che migliora quel timido e maldestro tentativo – unico in Italia – delle primarie del PD. Non so se hai letto la mia intervista al senatore Belisario (IDV) – la trovi sulla home page: ho chiesto al senatore come l’IDV intenda superare i casi dei tradimenti di Scilipoti e Razzi, e lui mi ha spiegato che si tratta di errori del periodo pre-congressuale del partito. Non so se intendi: ha risposto con una metrica propria del dirigente di partito: il partito pensa, il partito fa. Nessuna idea su come democratizzare IDV, ovvero come garantire la partecipazione alla selezione e alla formazione della classe dirigente del partito. Ora, in M5S ci troviamo nella situazione in cui uno, o pochi, possono mandar via chi non è fedele alla linea. Questa non è democrazia diretta, né democrazia dal basso. E’ qualcosa di diverso e di indefinibile, comunque lontano dalla forma ideale.
      Scusa se sposto di nuovo l’attenzione alla forma-partito rispetto al problema dell’editoria sovvenzionata dallo stato. Trovo condivisibile quanto tu dici in materia e sono in dubbio se sia giusto a prescindere il finanziamento come descritto nell’articolo che ti ho postato prima.
      Per concludere non posso far altro che dirti che la discussione qui è la benvenuta e – anzi – se ritieni di dover avere ulteriore spazio, posso proporti di scrivere un intero post sulla questione.

  6. mha vedo che ancorsa ogni uno di noi tenta di curare il proprio orticello, non abbiamo capito un tubo, io concordo con la regolamentazione dl finanziamento delle etstate giornalistiche il problema purtroppo che in italia con la classe politica chye ci ritroviamo questa regolamentazione non deve essere affidata a loro, non ci rasppresentano più sono degli inetti e troppi lobby li tengono saldati alla poltrona.
    Purtroppo stiamo pagando la crisi solo i lavoratorio e la povera gente, invece un direttore di giornale si permette il lusso di mantenersi oltre che un ottimo stipendio, tutti quei privilegi che neanche la casta ha.
    Ebbene visto che i gironali sono finiti in mano ai politici deviando il senso giusto della legge io concordo con grillo di abolire tale privilegio, io non leggo giornali da almeno 10 anni tanto sappiamo che sono als ervizio dei poteri forti, e sfruttano i poveri gironalisti pagati quando c’è con contratti da precari, ebbene se questi poveri lavoratori rompessero con le grosse testate giornalistiche al servizio dei poltici, potrebbero scegliere di scrivere articoli, per giornali come il fatto quotidiano, pur non essendo finanziato vende, e riesce a non avere perdite e non credo che nei direttori ne i giornalististi credo muoiano di fame?

  7. Nella polemica sul finanziamento ai giornali ho colto un certo favore nei confronti del principio generale “abolizione di tutti gli aiuti di Stato”. Bene, siamo nel solco del liberismo più sfrenato ed estremo (quelli della scuola di Chicago al confronto sono dei socialisti). Cosa propugnate la abolizione di ogni forma di sovvenzione o facilitazione statale dalle detrazioni, alla cassa integrazione …… e lasciamo che faccia il mercato e il profitto.
    Ho l’impressione che nella furia ideologica non ci renda conto della enormità di quanto si afferma.
    Sulla coerenza sto cercando qualcuno che mi spieghi il mistero del “vitalizio di Favia”. Perchè Favia and co (Assemblea Regionale E-R) hanno abolito il vitalizio degli altri che verranno la prossima legislatura e non il loro?. Gli altri (la casta Pd, SEL, PdL, IdV etc) non hanno voluto si facesse da subito? No problem, basta andare da un notaio o fare una dichiarazione di atto notorio in cui scrivere poche parole: “dichiaro che nel 2015 rinuncio al vitalizio”. Qualcuno del M5S mi risponda: perché Favia non rinuncia da subito al vitalizio? Perchè Favia non va dal notaio? Mica è obbligatorio prendere il vitalizio!
    Quanto al duo modenese Ballestrazzi/Poppi: siamo al IV-V partito movimento a testa (Verdi, WWF, Comitati, IdV, M5S, Lega etc). Credibilità? Fate voi. Se questo è il personale politico di M5S.

    1. Tenderei però a dividere l’esperienza della Poppi da quella di Ballestrazzi. La migrazione di Ballestrazzi verso la Lega si commenta da sola ed è un peccato che una persona che ha da sempre rotto le uova nel paniere si sia rifugiato in un partito in cui conta solo la voce del capo. In ogni modo, questa è la sua scelta, e basta. Non c’è altro da dire.
      Per quanto concerne la questione dell’abolizione del finanziamento pubblico dell’editoria, non puoi non osservare che ci siano delle distorsioni importanti da correggere. Ma noto ancora l’assenza, nelle vostre discussioni, del problema metodologico interno al M5S. Parlo della questione del mandato imperativo – o del recall, come lo chiama Ainis. Se potete, commentate su questo aspetto, che è più interessante e coinvolge tutto il M5S, la sua origine e la sua modalità di selezione e verifica degli eletti.

      1. Alla fine De Franceschi ha accettato di ritirare la mozione e di riscriverla in buona parte, in collaborazione con la ‘Rete’ (così si dice): http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/emiliaromagna/2012/01/02/risoluzioneeditoria.pdf
        Vedo che ancora sul problema del metodo non è arrivata alcuna risposta. Allora, se qualcuno del M5S volesse replicare alla questione del mandato imperativo, lo faccia per favore rispondendo alle obiezioni poste nell’articolo. Chi esercita il diritto del recall nel M5S? Gli elettori? Gli iscritti? O solo Grillo?

      2. come avevo scritto sopra l’atteggiamento di grillo nel post non mi è piaciuto. poi bisogna vedere se la “minaccia” di uscita dal M5S verrà mandata avanti oppure no perchè in questo caso c’è la sostanza del caso. quello che voglio anche chiedermi è se quanto scritto da grillo sia un qualcosa in più a ciò che il buon senso porterebbe già a pensare e cioè “se sei contrario ad un pilastro del programma del M5S per quale motivo ne rimani all’interno?”. non è la mia opinione, perchè per me hanno entrambi (grillo e de franceschi) parlato senza pensarci troppo. andava fatta un’analisi migliore da ambo le parti. però il caso non è da poco, perchè è un precedente grave sia quanto scritto da grillo ma anche quanto detto e fatto da de franceschi. non ne esce un vincitore e penso che grillo abbia sancito col suo post un cardine importante del M5S e cioè non importa chi sei ma il programma e l’impegno con gli elettori va rispettato. del resto de franceschi è un portavoce degli elettori. in questo caso la voce di chi ha portato? ritengo grillo abbia sbagliato nella forma, non nella sostanza e non rilevo un problema di, diciamo, dittatura di grillo ma semmai un’organizzazione ancora non matura all’interno del M5S. questa verrà con l’esperienza. spero solo non troppo tardi.

    2. forse mi sbaglio, ma mi sembra che favia e de franceschi abbiano rinunciato al vitalizio. allo stipendio invece no, perchè non era possibile e infatti la parte eccedente i 2700 euro viene accantonata per le spese legali e iniziative. facilmente verificabile in rete, credo

  8. i giornalisti possono rimanere a casa come qualsiasi altro lavoratore in tempi di crisi con la differenza che loro svolgono un lavoro nel quale possono cambiare editore se capaci e meritevoli e noi dovremmo essere i primi a sostenere la MERITOCRAZIA

    1. A parte il problema dell’editoria, continuate ad essere evasivi – a parte alericci che la risposta l’ha già data – sul problema dell’organizzazione interna del M5S e di come volete far funzionare la regola del recall, o del mandato imperativo. Rispondete prima a questo.

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