#NoTav, il conflitto eterno fra centro e periferia

Se c’è un errore più grave degli altri nella questione del TAV in Val Susa, a parte la violenza, è il metodo. Intendo quel metodo per cui si schiacciano i destini e le storie altrui per ‘far passare’ il progresso industriale. Sappiate che nel resto del mondo questo accade continuamente. In Cina, per esempio, si abbattono intere città e quartieri per costruire una rotaia o una diga. Il ‘progresso’ non sente ragioni: esso trasforma, plasma, piega, riduce i fatti umani a mere cose ‘da spostare’ e accantonare altrove, in angoli dove non disturbano nessuno.

La resistenza della Val Susa a una decisione presa da altri e per interessi non pienamente noti, è insieme la riaffermazione di un potere locale e localistico, il ritorno dell’idea di autonomia e il segno della crisi del potere centrale che non trova più alcuna legittimazione e che si perpetua attraverso la mera esecuzione di regole solo in apparenza democratiche e che invece nascondono meccanismi perversi di esclusione politica e sociale.

Come scrive E. P. Thompson in “Whigs e cacciatori. Potenti e ribelli nell’Inghilterra del XVIII secolo” (Firenze, Ponte alle Grazie, 1989):

If the law is evidently partial and unjust, then it will mask nothing, legitimise nothing, contribute nothing to any class’s hegemony. The essential precondition for the effectiveness of law, in its function as ideology, is that it shall display an independence from gross manipulation and shall seem to be just.

(Se la legge è evidentemente parziale e ingiusta, quindi essa non maschererà nulla, non legittimerà nulla, e non contribuirà all’egemonia di nessuna classe. La pre-condizione essenziale per la efficacia della legge, nella sua funzione ideologica, è che essa mostri indipendenza dalla manipolazione e sembri giusta).

La legge del TAV è una legge ingiusta poiché appare come una imposizione, perché sembra non funzionale all’interesse generale, bensì solo all’interesse particolare di quelle società di costruzione che sono un tutt’uno con l’ambiente politico. In Val Susa la legge si fa violenza e chiama violenza solo perché non è condivisa. La legge manipolata smette di essere tale e diventa sopruso agli occhi di chi la subisce. Ecco perché lo Stato ha fallito a Chiomonte. Esso non è più Stato ma potere privato. Se è tale è ingiusto e l’ingiustizia deve essere combattuta.