Il racconto del terremoto a Ferrara nel 1570

GLI EVENTI ALLA FINE DEL 1570.
Alle 7.00 p.m. del 17 Novembre 1570 si verificò il culmine di un periodo sismico preceduto da altre grosse scosse e che terminò solo alla fine del 1574, il cui principale epicentro fu la città di Ferrara. La scossa del Novembre 1570 fu la più intensa e raggiunse il nono grado della scala Mercalli. La storia di tale periodo ed in particolare della scossa principale fu ben documentata negli archivi estensi ed ebbe grande risonanza nelle altre corti europee ed italiane per il ruolo di primo piano politico e culturale dell’allora Ducato Estense. Nonostante ciò la Segreteria Ducale minimizzò l’ evento per il timore di una perdita di prestigio politico (vedi comportamento dei paesi dell’est), mentre certi rivali ne esagerarono l’entità. La popolazione inoltre interpretò il terremoto Come un fenomeno di origine sovrannaturale il che portò all’esodo di oltre 1000 persone dalla città per oltre un anno. In tale contesto si inserirono testimonianze di cittadini privati e personaggi di corte, come Pirro Ligorio, architetto e antiquario di corte, Ippolito de Robertis, procuratore, Buonaiuto dei Rossi, fisico e umanista ed altri ancora. Vennero compilati tre diari con dati precisi sulle scosse, due dei quali coprirono un periodo di quattro anni. Vi furono inoltre sull’argomento frequenti corrispondenze tra l’ ambasciatore Bernardo Canigiani per il Granduca di Toscana e Livio Passeri per il Duca di Urbino, nonché tra la corte di Ferrara ed i suoi ambasciatori a Venezia, Torino e Roma. Gli Autori di tale ricerca (FERRARI, GUIDOBONI, POSTPISCHL) hanno così potuto effettuare considerazioni critiche sull’entità dei danni dovuti alle varie scosse, soprattutto nella città di Ferrara, poichè nelle aree limitrofe i dati sono inferiori; l’ aspetto del territorio era molto diverso da ora: due terzi del ducato erano coperti da paludi, i villaggi erano ubicati sugli allora argini naturali del Po e la maggior parte delle abitazioni di agricoltori e pescatori era fatta di legno e fango. Tre anni dopo inviati pontifici sopraggiunsero a Ferrara e zone limitrofe per valutare i danni alle opere ecclesiastiche. Dai dati disponibili gli Autori hanno potuto effettuare le seguenti considerazioni. All’inizio del novembre 1570 furono uditi rumori intensi come di acque scroscianti e “rombanti” verso Ravenna, nell’antico corso del Po di Primaro. Alla mattina del 16 novembre piccole scosse furono avvertite tra le 3,15 p.m. e le 5,15 p.m. Il terremoto causò collassi dei camini, apri fessure nelle case e provocò grande panico nella popolazione. Il 17 novembre alle 1,45 a.m. un’ulteriore scossa causò il crollo di 5-600 piccole terrazze, causando ulteriori danni alle strutture e seguirono numerose altre piccole scosse. Alle 11,45 a.m. una successiva scossa causò altri danni. Altre piccole scosse avvennero fino alle 4,15 p.m., quando una forte scossa seguita un’ ora dopo da un’ altra causò il crollo di ulteriori manufatti. Alle 6,15 p.m. venne avvertito un ulteriore movimento,che tuttavia risultò essere meno intenso dei precedenti. Alle 7,00 p.m. il “Big One”,di più lunga durata ed effetti devastanti. Fu prima avvertito come un’ oscillazione in direzione est-ovest, poi nord-sud. Fu seguito da scosse circa ogni quarto d’ ora, per tutta la notte. Venne redatta una carta dei danni alle chiese ed ai palazzi: quelli più danneggiati e rasi al suolo erano ubicati alla fine delle strade o isolati. La parte medievale della città, la più abitata, era seriamente danneggiata. Furono rinforzati quindi colonnati ed edifici in genere con la costruzione di muri di contenimento, proseguita fino alla fine del secolo. Durante la scossa principale l’ acqua del castello tracimò e il Po vicino a Stellata subì una brusca variazione di livello: furono notati fenomeni di luminescenza dell’aria (“aria rubiconda”) e liquefazione dei terreni. Si aprirono fessurazioni nelle mura della città anche di un chilometro di lunghezza in direzione N-W. Si notò anche l’ affiorare improvviso di terreni neri maleodoranti. Le carte redatte dagli Autori sopracitati riguardanti l’ intensità MCS del fenomeno mostrano un preciso allineamento degli eventi con la Dorsale Ferrarese. Con la formula di Blake, l’ipocentro del terremoto risulta a 7 Km di profondità. Venne avvertito anche a Venezia, Mantova, Bologna, Modena e Pesaro. Applicazioni della formula di Galanopoulos danno una magnitudo di 5,6. Citiamo in fine che l’ evento catastrofico del 1570 non é comunque stato l’ unico nelle vicinanze di Ferrara: ad esso é infatti seguito il terremoto di Argenta nel 1624, ed è stato preceduto da un altro evento sismico sempre a Ferrara nel 1561: il primo, secondo le ricostruzioni (POSTPISCHL, 1983) fu del settimo grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, mentre il secondo arrivò addirittura al nono. Risulta quindi fuori di dubbio che storicamente Ferrara è stata teatro di importanti eventi sismici, anche se risalgono a secoli fa; è quantomeno improbabile che le “forze” che hanno causato tali eventi si siano esaurite, ed infatti sono noti ai sismologi terremoti con lunghissimi “tempi di ritorno” , considerati molto pericolosi perché l’energia accumulata in un lungo periodo di tempo e mai rilasciata può liberarsi in uno o pochi eventi sismici di grande magnitudo, quindi altamente pericolosi. E emblematico che gli abitanti di San Francisco, abituati a convivere con i terremoti causati dalla Faglia di San Andreas, si preoccupino se non avvertono le solite deboli scossette settimanali, segno di una graduale liberazione dell’energia elastica in continuo accumulo. Non si possono comunque fare paragoni con Ferrara poiché è possibile che qui i tempi di accumulo di energia siano estremamente lenti, a differenza delle sopracitate zone molto attive. Bisogna quindi senza creare falsi e sciocchi allarmismi accettare l’idea che Ferrara è tutt’altro che una zona priva di rischio, come si può desumere sia dai suoi trascorsi storici sia dagli studi attualmente in corso.
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