Il mistero del rogo alla Polizia Scientifica e i reperti dell’attentato di Brindisi

Sarà un mistero oppure no, ma lo scorso lunedì alle quattro di notte il laboratorio della Polizia Scientifica a Roma, sulla Tuscolana, è andato a fuoco, pare per cause accidentali, distruggendo alcuni reperti facenti parte di casi di cronaca “nera importanti”, come scrive il Corriere. Quasi certamente è andato distrutto un reperto della bomba di Brindisi. Forse anche dell’attentato al manager dell’Ansaldo.

La notizia è rimasta praticamente nascosta fino a ieri, quando il Corriere ne ha pubblicato un resoconto che ha dell’incredibile. Innanzitutto, secondo Massimo Sideri, autore dell’articolo, non si sarebbe trattato di un semplice incendio ma di un incendio conseguente ad una esplosione. Causata dal caldo. Da Caronte. Sapete, in quei giorni vi era il picco dell’afa e “il ponentino non si era ancora alzato come negli ultimi giorni” (testuale).

Esplosione – causa il caldo: http://www.corriere.it/cronache/12_luglio_08/esplosione-centro-polizia-scientifica_0e8c5b4c-c911-11e1-8dc6-cad9d275979d.shtml

Oggi il bestiario giornalistico si è arricchito di altri campioni. Su Fanpage ci tranquillizzano: il reperto andato distrutto è già stato analizzato e protocollato e la sua distruzione non determinerà intralci alle indagini. Ora resta da chiarire di che tipo di reperto si tratti. Se è l’innesco della bomba o una parte di essa, come per esempio un frammento delle bombole, in sede processuale non potranno più essere oggetto di perizia.

Incendio, cause accidentali: http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/fuoco_nel_laboratorio_polizia_scientifica_distrutto_un_reperto_di_brindisi/notizie/207144.shtml

Il Messaggero sembra raccontare un altro episodio. Si tratterebbe non di una esplosione ma soltanto di un incendio. E la causa? Un corto circuito.

Incendio, causa corto circuito: http://www.fanpage.it/brucia-il-laboratorio-della-polizia-scientifica-distrutti-reperti-di-brindisi/

A nessuno è sorto il sospetto di cause dolose. Anzi, i giornalisti tendono acriticamente ad escluderle.