In una riunione a Varsavia, lo scorso lunedì, undici ministri degli esteri di paesi appartenenti all’Unione hanno firmato un accordo per riformare il governo dell’Europa passando attraverso la riduzione del numero dei commissari, la elezione diretta del presidente della Commissione e attribuendo maggiori poteri al Parlamento.
Al meeting erano presenti i ministri degli Esteri di Germania, Francia, Italia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, ovvero i sei paesi fondatori, più Spagna, Portogallo, Polonia e Danimarca (le ultime due non fanno parte dell’area Euro). Del gruppo non fanno parte né la Gran Bretagna, nè la Grecia. A questa lista di proposte vanno aggiunte quelle formulate dal (vacuo) presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, il quale ha annunciato giovedì scorso la volontà di proporre al vertice di ottobre la possibilità di creare un bilancio unico per la zona euro e la gestione condivisa di un debito “limitato” al fine di rafforzare l’unione economica e monetaria.
Sia chiaro, si tratta di proposte pienamente auspicabili per il futuro dell’Unione, ma il fatto che vengano formulate in un ambito relazionale di stampo confederativo – il consesso dei ministri degli Esteri degli Stati Nazionali Europei – e non nel Parlamento Europeo o nei parlamenti nazionali, è il chiaro sintomo di una integrazione guidata dall’alto e non motivata davanti all’opinione pubblica europea, che così non ha nemmeno l’opportunità di manifestarsi nel mondo. Il cosiddetto “gruppo di riflessione” che si è riunito a Varsavia, altri non è se non il club di Berlino, una sorta di gruppo di volenterosi, impegnato a costruire i meccanismi della futura Europa Federale, un ou topos a lungo teorizzato e immaginato dai filosofi e politologi impegnati a trovare soluzioni tecniche e organizzative per fermare le guerre dei Cento e dei Trenta Anni e quindi le guerre mondiali.
Il gruppo di riflessione trasmetterà la sua relazione finale a Van Rompuy, al presidente della Commissione, José Manuel Barroso, e ai parlamenti nazionali dell’UE. Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikroski liquidò pochi mesi fa tutti gli allarmi su Berlino con una frase sibillina: “Temo la potenza tedesca meno di quanto cominci a temerne la passività”. Ieri ha detto che chiederà al Club Berlino una maggiore integrazione politica. “Abbiamo bisogno di portare più trasparenza e democrazia per le nostre istituzioni in risposta alla mancanza di fiducia che si può vedere oggi in Europa”. Fonti del ministero degli Esteri spagnolo ha sottolineato che la proposta prevede anche il miglioramento meccanismi decisionali dei Ventisette: maggioranza qualificata anziché unanimità. Con una sola eccezione: i successivi allargamenti dell’Unione.
(Articolo in parte tratto da @el_pais).
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