A che scopo questa manovra “in zona Cesarini”, dopo che il discutibilissimo provvedimento sul fine-vita, opera della ormai ex maggioranza PdL-Lega, è giunto alla discussione finale in Senato? Bersani stoppa il provvedimento con la spiegazione che la ex maggioranza potrebbe impiegarlo come “tornaconto politico”.
Voglio credere in un soprassalto di saggezza che induca a fermare la macchina di una legge […] che fatta così è meglio non farla. Voglio credere che il centrodestra non si prenda la responsabilità di una spaccatura micidiale nel paese, oltre che in parlamento. Perché sarebbe aberrante su un tema del genere farne oggetto di chissà quale tornaconto politico.
Detto ciò, il capogruppo alla Camera Franceschini riesce improvvisamente in quello che in quattro anni di discussione di questa sbagliatissima legge non gli è mai riuscito: ovvero a imporre in conferenza dei Capigruppo il rinvio della discussione sul D.a.t. (Legge Dichiarazione anticipata di trattamento) a data da destinarsi. In altri tempi i democrats avrebbero sventolato ai quattro venti la loro impotenza (causa predominanza numerica della maggioranza) a contrastare le leggi abominevoli di PdL e Lega. Oggi basta che Bersani si alzi la mattina e dica “non voglio il Dat” che miracolosamente Franceschini riesce a sistemare tutto. Si tratta di una legge che è al termine del suo iter di approvazione. E’ alla terza lettura. E’ già stata approvata dal Senato una prima volta, e quindi dalla Camera, con modifiche. Sul provvedimento sono stati espressi almeno 203 voti, l’ultimo dei quali si è svolto in forma segreta nel Luglio 2011. I voti favorevoli furono 278, numero che testimoniava la non compattezza tanto della maggioranza che dell’opposizione. E’ probabile quindi che il deficit di leadership nel PdL abbia influito e non poco sulla neutralizzazione del disegno di legge. A destra – è chiaro – sono tutti impegnati a smobilitare (il party è finito).
Bersani ha parlato di “strumentalizzazioni politiche”. Ma le elezioni politiche sono ancora lontane. La sua premura riguarda quindi il “campo dei progressisti”. Bersani da un lato non ha intenzione di collaborare al varo definitivo della legge Dat per non vedersi attaccato da Renzi sul tema del fine-vita durante la campagna per la leadership del centrosinistra. Dall’altro il segretario vuole tenere occupate le posizioni più libertarie di Nichi Vendola. In definitiva la strumentalizzazione la sta operando anche lui. Anche perché il tempo in cui ci si indignava per le norme illiberali del Dat pare essere lontano anni luce. Questo Parlamento non è in grado di discutere mozioni sulla violenza contro le donne, figurarsi se può affrontare temi etici come il fine-vita.
Bersani ritiene che sia la ex maggioranza a giocare sporco sulla legge. Emanuela Baio (Api), non è della stessa opinione e racconta che “ad aver chiesto di riprendere e approvare il ddl sulle dichiarazioni anticipate di trattamento sono Api-Fli, Udc e Coesione Nazionale”. Raffaele Calabrò (Pdl) si è inalberato e ha quindi detto “Bersani ricorderà, a proposito della vecchia maggioranza, che col voto segreto oltre trenta parlamentari del Pd votarono a favore”. Eh sì, trenta come quei trenta che si oppongono a Vendola candidato alle primarie. Il gruppo di Fioroni. Chissà cosa pensano i cosiddetti teodem sullo sgambetto di Bersani al PdL. Sono ancora decisi a sostenere il segretario come loro candidato alle primarie?
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