Imu-Chiesa, che figuraccia per i Prof

Il parere preliminare del Consiglio di Stato sullo schema di Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, contenente il regolamento che doveva estendere l’Imu ai beni immobili adibiti a svolgimento di attività in parte commerciale e in parte no, come possono esserlo gli immobili della Chiesa, è al pari di un quattro in pagella in Diritto pubblico, solo che il votaccio questa volta se lo sono presi il professor Monti e il suo prode scudiero, ora titolare del MEF, Vittorio Grilli. Una défaillance talmente clamorosa da indurre i soliti cospirazionisti a suggerire alla stampa che il decreto sia stato volutamente sbagliato per salvare la Chiesa e le sue molteplici attività commerciali svolte in immobili adibiti anche ad attività non commerciali (quindi sinora esenti dall’ICI e dall’Imu) dal pagamento dell’imposta comunale.

Delle due l’una: o il ministro Grilli, e prima di lui lo stesso professor Monti, non sanno fare il loro lavoro visto che in otto mesi non sono riusciti a scrivere una norma essenziale per i conti pubblici oppure il Consiglio di Stato riceve suggerimenti dal Vaticano e li accoglie. Per la verita’ – continua il leader socialista – c’e’ una terza possibilita’, ovvero che la norma sia stata scritta tardi e male a bella posta contando proprio sulla bocciatura (Nencini, PSI, Asca).

Incompetenza o malafede? In entrambi i casi il Governo dei tecnici ha fatto un altro pasticcio con il decreto per applicare l’Imu sugli enti non commerciali, e quindi anche sulla Chiesa. La bocciatura da parte del Consiglio di Stato e’ una prova ulteriore di inadeguatezza: l’Esecutivo e’ sempre molto attento quando si tratta di colpire i piu’ deboli, ma e’ invece timido e impacciato quando deve applicare misure di equita’ anche ai poteri che contano”. Lo dichiara, in una nota, il Capogruppo dell’Italia dei Valori in Senato, Felice Belisario (Asca).

Intanto, occorre dirlo, c’è – ed è stato evidenziato dal consiglio di Stato – un limite a livello normativo stabilito proprio nell’art. 91-bis, comma 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Leggiamolo, prima di commentare:

Art. 91-bis. Norme sull’esenzione dell’imposta comunale sugli immobili degli enti non commerciali

1. Al comma 1, lettera i), dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dopo le parole: «allo svolgimento» sono inserite le seguenti: «con modalità non commerciali».

2. Qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dei commi 41, 42 e 44 dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Le rendite catastali dichiarate o attribuite in base al periodo precedente producono effetto fiscale a partire dal 1° gennaio 2013.

3. Nel caso in cui non sia possibile procedere ai sensi del precedente comma 2, a partire dal 1° gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione. Con successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le procedure relative alla predetta dichiarazione e gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale.

4. È abrogato il comma 2-bis dell’articolo 7 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

Quindi il decreto, al comma 3, assegnava potestà regolamentare in materia al medesimo governo. Specifica il Consiglio di Stato: “L’oggetto dello schema di regolamento in esame è limitato a tale ultima ipotesi e, in particolare, alla definizione delle modalità e delle procedure relative alla predetta dichiarazione e degli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale. Trattandosi di un decreto ministeriale da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400, il potere regolamentare deve essere espressamente conferito dalla legge e, di conseguenza, il contenuto del regolamento deve essere limitato a quanto demandato a tale fonte dal comma 3 dell’art. 91-bis del d.l. n. 1/2012” (Consiglio di Stato, parere n. 07658/2012). Il problema è che il decreto di Grilli-Monti è diretto a definire i requisiti che distinguono le diverse attività come svolte con modalità non commerciali. Ma il suddetto comma 3 dell’articolo 91 assegna potestà regolamentare solo relativamente alla definizione degli elementi rilevanti utili all’individuazione del rapporto proporzionale in caso di utilizzazione dell’immobile mista commerciale/non-commerciale dell’immobile; invece il testo del decreto eccede da quanto previsto dalla legge 27/2012 e agli articolo 3 e 4 riporta inutilmente i requisiti, “generali e di settore, per lo svolgimento con modalità non commerciali delle varie attività”.

Con quest’ultima disposizione l’amministrazione ha compiuto alcune scelte applicative, che non solo esulano dall’oggetto del potere regolamentare attribuito, ma che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazione normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività (Consiglio di Stato, parere n. 07658/2012).

Insomma, un caso di scuola. Il decreto eccede la potestà regolamentare disposta dall’ex decreto 1/2012, quindi il governo ha agito il proprio potere amministrativo in maniera eccessiva, fuori della legge. Non a caso il decreto è fermo allo stadio di “schema”, non è pertanto ancora stato presentato al Presidente della Repubblica né al Parlamento, proprio perché si è preferito consultare prima il giudice amministrativo. Il ricorso al Consiglio di Stato è appunto stato condotto in via preventiva proprio da parte del Ministero dell’Economia. Il parere del Consiglio di Stato sarebbe stato favorevole se il Ministero dell’Economia non si fosse soffermato a scrivere norme compilative e meramente definitorie, inutili a stabilire il criterio di riparto proporzionale degli immobili ad uso misto, come quelle contenute negli articoli 3 e 4 del suddetto schema di decreto. Il sospetto che si tratti di un errore voluto è quindi legittimo. Il direttore del quotidiano cattolico Marco Tarquinio ha così detto ai microfoni di Repubblica.tv: “La Chiesa paga già l’Imu, non ci sarà nessuna condanna dall’Europa per gli aiuti di Stato”. Excusatio non petita…

Attenzione poi, perché proprio Repubblica, in homepage, scrive che “la bocciatura del Consiglio di Stato […] contesta l’applicazione dell’imposta affidata al ministero”. Ciò non è corretto, poiché il decreto riguarda solo la definizione del criterio di proporzionalità per l’applicazione dell’Imu alla sola parte ad uso commerciale dell’immobile (vedi comma 2). Il Consiglio di Stato non tocca in alcun modo l’articolo 91 della legge 27/2012 che elimina l’esenzione agli immobili misti.

In merito all’imposta sugli immobili della Chiesa “l’obiettivo non cambia: troveremo la soluzione tecnica appropriata per assoggettare all’Imu” chi deve pagare, ha commentato il ministro [Grilli]. La sentenza del Consiglio di Stato blocca il decreto del Tesoro per l’applicazione dell’Imu agli enti non commerciali, quindi alla Chiesa (La Repubblica).

Grilli, stasera, passa per essere la Giovanna d’Arco dell’Imu, ma è lui il ministro che ha firmato lo schema di decreto. E con una piroetta argomentativa di Repubblica, sembra che il Consiglio di Stato abbia bocciato l’applicazione dell’Imu alla Chiesa, cosa non vera. L’errore, il ministro Grilli, lo potrebbe correggere subito domattina, cancellando dallo schema di decreto gli articoli 3 e 4. Tempo necessario: cinque minuti? Forse meno.

3 Comments

  1. Nessuna figuraccia, ma bensì altro escamotage politico/religioso per non pagare.
    In questo modo si continua a rimandare!
    Non hanno pagato nel 2012, mentre i comuni cittadini hanno dovuto pagare,
    Stanno vedendo di non pagare anche per il futuro.
    Se poi saranno costretti faranno loro pagare le bricioline.

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