La dietrologia e il ticket Grillo-Di Pietro

Secondo alcuni, almeno i più distratti, Report avrebbe fatto a pezzi l’IDV. Anzi, è lo stesso Di Pietro a dire che l’IDV è finita a Report. Ma i pasticci del partito personale dell’ex pm di Mani Pulite sono noti da tempo. Almeno dal 2010. Anche la stampa berlusconiana si era servita di queste “incongruenze” fra i valori dell’Italia dei Valori e quanto effettivamente fatto in termini di candidature e di trasparenza nella gestione del partito (tag #Di Pietro). In una parola: scheletri nell’armadio, e persino impolverati. Perché questa operazione? Perché Report ha parlato proprio ora – e soltanto ora – dei mali dell’IDV? Il partito è uscito a pezzi dalle elezioni siciliane di domenica scorsa. Non è stato in grado di ripetere l’exploit delle amministrative di Palermo, ma quel successo era legato strettamente alla discussa figura di Leoluca Orlando e al noto caos delle primarie che il PD palermitano non era riuscito a domare.

Era fin troppo chiaro che, dopo la caduta di Berlusconi, IDV necessitasse una revisione profonda poiché, al di là del deficit democratico che un partito personale porta in dote, l’opposizione al berlusconismo era il suo solo asse portante. Troppa confusione sulla collocazione del partito, troppa confusione soprattutto a livello locale. Spesso i consiglieri comunali o provinciali o regionali dell’IDV sono dei fuoriusciti dal centrodestra; spesso questa ambiguità è stata portata sino in Parlamento. Anche Di Pietro è stato spesso ondivago (nel 2011 addirittura annunciò la svolta verso il centro). Di Pietro aveva già sofferto l’arrembaggio di Sel; aveva scartato a sinistra quando nessuno si filava la FIOM, aveva scarto a destra quando Bersani scelse Vendola. Poi Sel ha perso lo slancio, a causa dei guasti giudiziari del governatore pugliese. La foto di Vasto aveva permesso a Di Pietro stesso di autorappresentarsi come parte di un complemento del Partito Democratico. Poi la vicenda del Quirinale ha spezzato il felice quadretto. Di Pietro ha scelto di stare dalla parte dei pm di Palermo, dalla parte di Ingroia e delle intercettazioni; il PD ha difeso il capo dello Stato. Dopo la rottura, IDV è rimasta nel limbo. Una costruzione sul nulla. Bisognava darle “uno spintone”, anche a costo di sacrificare il fondatore storico.

Adesso capisco meglio. Fin dove potesse arrivare l’antipatia di Antonio Padellaro per Napolitano. Perché la furia ideologica di Travaglio si scatenasse contro il capo dello stato. Come sia stato possibile, per colpire il Quirinale, fidarsi ciecamente delle “rivelazioni” di Ciancimino. Quale sfondo avesse il network tra qualche pm di procura e l’ex pm in politica (Stefano Menichini, Il Post).

Menichini sostiene che la strategia dei tipi de il Fatto Q era quella di attaccare il capo dello Stato per dividere IDV dal PD e preparare la fusione con il Movimento 5 Stelle. Pur rispettando Menichini, che è una penna sempre molto lucida, credo che questo ragionamento puzzi troppo di dietrologia. Non credo che ciò sia vero. Ma gli indizi dell’esistenza di un progetto di partito nuovo ci sono, e non giungono solo dalla intuizione di Menichini. L’idea diabolica di Paolo Flores D’Arcais di votare Renzi per distruggere il PD (e quindi creare, con la costola sinistra, il partito di Giustizia e Libertà) potrebbe essere rivalutata in quest’ottica. Qualcuno lavora per condensare in una sola entità, i giustizialisti di IDV, l’eventuale sinistra esule del PD e il Movimento 5 Stelle. Insomma, un patchwork.

La denuncia di Donadi credo sia giunta fuori tempo massimo. Il partito de Il Fatto Q sposerà la causa di Di Pietro capolista del M5S alle politiche 2013. Con buona pace di Grillo, che così vedrà risolto il problema (se dovesse restare il Porcellum) dell’indicazione del candidato premier. Certo, Grillo pretenderà lacci e lacciuoli per tenere il pm a bada. In questo senso, la chiusura delle liste del M5S ai soli iscritti che fossero già stati inseriti in qualche lista elettorale, è il viatico naturale per portare a termine l’esperimento. Un vero trapianto d’organi. Fondere un movimento senza testa e uno tutta testa.

Ma chissà, forse è tutta fantapolitica.

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