Il caso Ungheria e l’irriducibile questione della sovranità nazionale

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Da un lato abbiamo gli ‘gnomi’ della BCE, la Trojka, la dittatura dello spread. Sulla base di teoremi e della fede nella tecnica finanziaria, a Francoforte o a Bruxelles si decidono politiche all’olio di ricino per le disastrate economie dei paesi del sud Europa.

Questo capoverso è forse solo una delle possibili narrazioni della realtà. Una narrazione che collide con quanto dell’Unione Europea s’è detto negli anni. La Comunità Economica come motore della sempre maggiore integrazione dei popoli. L’Unione Europea nobel per la Pace. La Pace che, nonostante tutto, ci ha regalato dal 1957 a oggi. No, oggi l’Unione è quel mostro burocratico che ci condanna alla crisi economica, che ci costringe a tassazioni esagerate, che fa crescere la disoccupazione con la sua austerità e ricette di riduzione del debito pubblico che ucciderebbero una tigre asiatica (si fa per dire).

Ma poi, a disturbare questo quadretto, arriva il premier ungherese Viktor Orban, noto per la sua scarsa dimestichezza con le regole della democrazia rappresentativa e soprattutto poco tollerante dello stato di diritto e della suddivisione del poteri. L’Ungheria è dal 2004 parte dell’Unione Europea; dal 2007 di Schengen. La scorsa settimana Orban, con un decreto, ha nominato Gyorgy Matolcsy, il discusso ministro dell’Economia autore di una serie di politiche “non ortodosse”, successore dell’inviso Andras Simor alla carica di governatore della Banca nazionale d’Ungheria. Cosa succederà d’ora in poi? Qualcosa che a Francoforte non possono tollerare e che il Consiglio molto probabilmente impiegherà per avviare una procedura per violazione dei trattati, anche se Budapest non fa parte dell’area Euro. La Banca Nazionale Ungherese comprerà i Titoli di Stato. Ovvero, non ci sarà più separazione fra il Tesoro e la Banca Centrale, elemento considerato imprescindibile nella cultura finanziaria dell’Unione Europea. In sostanza, Orban mette mano sulla politica monetaria del suo paese, da un lato. Dall’altro, ha avviato una riforma della Costituzione che esautora la Corte Costituzionale. Ha messo fuorilegge il vecchio Partito Comunista, aprendo la strada per i processi politici. Verso l’esterno, rivendica la preminenza della sovranità nazionale rispetto alle Relazioni Internazionali come derivanti dai Trattati; all’interno, restringe le libertà civili (il governo potrà sospendere la libertà di espressione), cancella la separazione dei poteri annientando di fatto lo stato di diritto. E’ sempre lui, il Leviatano, il potentissimo Uomo composto di tanti uomini, il mostro politico che sussume in sé tutto lo scibile e non ammette eccezioni. La sovranità nazionale che pretende di essere assoluta doveva essere scomparsa, sepolta sotto le macerie della Seconda Guerra Mondiale. L’Unione Europea era la soluzione funzionalista che provvedeva, tramite un sistema di multigovernance, alla sorveglianza incrociata fra i paesi membri. Ma oggi, al minimo della sua credibilità, potranno le sue debolissime istituzioni fermare il ritorno della rivendicazione nazionalistica?