Sembra che fra i due milioni di abitanti della Slovenia non siano molto chiare le conseguenze dell’incontro fra il neo Primo Ministro Alenka Bratusek e José Manuel Barroso, avvenuto ieri a Bruxelles. Bratušek è divenuta Premier il 20 marzo 2013, dopo il voto di sfiducia parlamentare al governo di Janez Janša. È la prima donna a svolgere l’incarico di Primo ministro in Slovenia. Le condizioni economiche del paese sono abbastanza gravi tanto da far prospettare il ricorso agli strumenti di difesa della Zona Euro. Ma le due principali testate giornalistiche online, Vecer e Primorske Novice, non aprono le home page con titoloni della famigerata serie ‘Fate presto’ e simili. La politica ha il suo spazio, fra le altre notizie, nelle slide riassuntive degli eventi di giornata, ma nessun allarme rosso. Eppure il paese è prossimo candidato al commissariamento della Troika, poche settimane dopo Cipro. L’edizione cartacea di Primorske Novice apre con un titolo molto rassicurante: “Europa ritiene che non sarà necessario l’aiuto della Slovenia”. Ma noi tutti conosciamo cosa è il “ballo della Troika”[1].
L’incontro con Barroso è stato seguito da una serie di commenti che purtroppo siamo molto abituati ad ascoltare: la Slovenia “non ha chiesto aiuti”, “non ha bisogno di aiuti” ma “siamo molto preoccupati della sua stabilità” e “il nuovo governo non solo dovrebbe attuare riforme, ma deve costruire un consenso nazionale per attuare queste riforme” (sono le parole esatte di Barroso, ndr.). Di cosa si tratta? Ma naturalmente di privatizzazioni, di compressione salariale ottenuta con una maggiore tassazione, di una riforma del sistema bancario, di riforma pensionistica, di riforma costituzionale con l’inserimento della norma sul pareggio di bilancio. Ricetta nota.
I sindacati, scrivono su Primorske Novice, non consentiranno queste riforme ma, aggiungono, i soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici potrebbero non essere sufficienti a coprire l’intero anno. Vecer riporta – a metà home page – le parole di Olli Rehn secondo il quale la situazione slovena è “grave”. Rehn afferma, tuttavia, che “non si tratta di un passo verso un programma di aiuti ma è necessario intendere il messaggio di oggi come una chiamata necessaria per la Slovenia e gli altri Stati con gravi squilibri di suscitare azioni decisive per invertire la tendenza negativa”. Ma l’Institute of International Finance (IIF), sollecita la zona euro a garantire alla Slovenia un prestito di precauzione, in modo da evitare qualsiasi successivo ampliamento dell’assistenza finanziaria.
La storia slovena degli ultimi mesi ricorda molto i fatti italiani del 2011. Un primo ministro accusato di corruzione (Janša), una veloce crisi parlamentare e un nuovo governo che nasce con una agenda politica scritta a Bruxelles:
Dopo le elezioni del 2011 Janša fu eletto nuovamente Primo Ministro con l’appoggio di 5 partiti, nonostante il parere contrario del Presidente della RepubblicaDanilo Türk dovuto al processo per corruzione in corso contro di lui. Nel gennaio 2013 Janša fu accusato di corruzione da parte della Commissione per la Prevenzione della Corruzione. Gli alleati di governo della Lista Civica chiesero le sue dimissioni da Primo Ministro; dopo il rifiuto di Janša, tre partiti lasciarono la coalizione di governo e il 27 febbraio2013 il governo è stato sfiduciato dall’Assemblea Nazionale. In seguito alla formazione del governo Bratušek il 20 marzo 2013 Janša è tornato membro dell’opposizione (Wikipedia).
La situazione economica e finanziaria è però differente da quella italiana. Lo squilibrio delle finanze pubbliche è stato causato non dal debito pregresso ma dai salvataggi delle banche. Attualmente il debito/pil è al 52%, ma le scelte di oggi lo spingeranno ben oltre il 100% già nel 2020:
[è previsto] un incremento della disoccupazione che dal valore medio del 5,8% del periodo 2003-2008 è prevista arrivi al 9,8% nel 2014. E il bilancio pubblico segue. Il deficit/Pil a seguito della correzione approvata, dovrebbe arrivare al fatidico 3% l’anno prossimo, a fronte però di un aumento del debito pubblico che arriverà lo stesso anno al 61% del Pil (formiche.net).
[1] Il ballo della Troika è lo stillicidio di dichiarazioni, spesso in contraddizione fra di loro, sull’esigenza o meno di aiutare finanziariamente un paese della Zona Euro.