I 5 Stelle hanno selezionato dieci nomi per il Quirinale. A prescindere dai difetti del mezzo (la prima votazione è stata annullata per irregolarità), la notizia è che le preferenze degli iscritti non sono tanto diverse, per esempio, da quelle dei lettori de Il Corriere.it. Anche nella rosa a 5 Stelle c’è il nome di Emma Bonino, quello di Stefano Rodotà, quello di Gustavo Zagrebelsky, di Gino Strada e così via. L’idea che mi sono fatto è che, in fondo, le due platee di votanti si somiglino molto fra di loro, o per meglio dire le due votazioni chiamino a sé il medesimo ‘sentimento’, che è un sentimento di dignità. La domanda che emergerebbe da queste consultazioni più o meno affidabili sarebbe una domanda di dignità. La gente, sia essa parte della platea ristretta del Movimento 5 Stelle, sia invece quella più volatile dei frequentatori di un giornale online, si aspetta dalle operazioni di voto del Parlamento un nome di una personalità politica presentabile.
Sono arciconvinto che se anche il PD mettesse in opera un meccanismo del genere, il risultato sarebbe quanto di più simile a quelli presentati dai 5 Stelle o dal Corriere.
Romano Prodi si è chiamato fuori dalla competizione. E’ chiaro che la sua dichiarazione sia più che altro un rifiuto della candidatura pentastellata. Ma la sua presenza nel listino è propedeutica alla strategia dei 5 Stelle. Che sarà quella di arrivare in aula e sostenere un candidato non eleggibile almeno sino alla quarta votazione, quando sarà sufficiente la maggioranza assoluta delle Camere (505 voti). Sarà in quel preciso momento che uscirà il nome del Professore. Non è uno scenario tanto remoto. Ciò è dimostrato dai toni feroci che Berlusconi ha riservato oggi, dal palco allestito in piazza a Bari, all’ex Presidente della Commissione Europea. Lui attacca Prodi avendolo disarcionato nel 2008 con una compravendita indecente, la cosiddetta Spallata, che si tradusse con l’acquisto di De Gregorio e altri peones. Da un lato, le parole di Berlusconi, volte a minacciare il voto, apparire vincente in una piazza stracolma. Ha voluto spaventare la destra del PD, i popolari di Fioroni, la corrente di Franceschini, più propense al governissimo. Parafrasando: attenti, se non vi accordate con me, voteremo a Giugno e io sarò candidato premier. Dall’altro lato, Bersani, chiuso all’interno di un circolo PD, senza pubblico, con una mimica lamentosa, perso nell’autoreferenzialità e incapace di concludere una sola frase. Sarà un caso, ma l’assistenza a 5 Stelle potrebbe arrivare quando le chance del segretario sono oramai ridotte al minimo.