e-Mozione Collettiva

Conversando stamane con alcuni Democratici circa il botta e risposta fra Scanzi e Civati, mi sono apparsi chiari alcuni aspetti che a mio avviso dovrebbero caratterizzare la mozione Prossima Italia (se così si chiamerà). I professori dell’anticasta proseguiranno ad affermare che il tentativo di Pippo è destinato ad infrangersi dinanzi alla potenza mediatica di Matteo Renzi: d’altronde, un cambiamento del partito in senso democratico (letteralmente, in cui la linea di autorità promana dal basso) rischia di vanificare l’ideale irraggiungibile della democrazia digitale, che peraltro i 5 Stelle fanno parecchio fatica ad applicare (e parecchio è un eufemismo).

Costruendo una identità in antitesi con quanto prodotto in questi mesi dal Movimento di Grillo, allora la Mozione Civati dovrà giocoforza essere una mozione collettiva. Loro sono ridotti all’archetipo del partito personale, carismatico, e l’idea di democrazia digitale è degradata in un autoritarismo plebiscitario costituito dalla comunità degli iscritti coinvolti in una videocrazia 2.0 in cui l’unica variazione è il cambio del medium (dalla televisione al computer-collegato-alla-Rete). Gli homini videns (Sartori, 2000) passano così dalla condizione di passività completa a quella di passività controllata (il voto perpetuo tramite i ‘Like’ si tramuta in un colossale elenco di preferenze che alimenta i software di profiling).

L’e-Mozione collettiva di Civati (mi permetto di definirla tale, e non è solo un gioco di parole) è sì una mozione che si sostanzia dell’attivismo degli iscritti e dei simpatizzanti, attivismo che passa sempre più spesso ‘sulla Rete’, ma non può permettersi di ridursi a mero click-activism. L’e-Mozione collettiva impone di andare al di là dei monitor, dei video, chiede di incontrarsi, dal vivo, faccia a faccia: di parlare a persone e di persone, in luoghi pubblici e senza necessità di leader. Il leader è collettivo poiché è comune l’emozione che ci anima: riprenderci la politica è il senso di tutto ciò. Riportare il PD alle ‘cose terrene’, espropriarlo dalle correnti, renderlo un luogo pubblico della discussione, un luogo aperto al dissenso e alla critica, alla condivisione e alla comprensione.

[Questo è un ragionamento incompleto ma aperto a chi volesse concluderlo. Cercate solo di essere pertinenti.]