A gridare sempre al colpo di Stato che si guadagna? Forse un picco di popolarità sul web. Ne ho parlato ripetutamente su questo blog dell’eccesso di allarmismo sulla riforma dell’articolo 138 (che è una riforma pro tempore). Una opposizione tutta condotta sulla isteria del colpo di Stato è fuori luogo se non addirittura controproducente perché impedisce – come al solito – all’elettore di capire il merito della critica ad un provvedimento politicamente sbagliato. Provo a spiegare questo ragionamento:
- il Comitato dei 40 – istituito dal progetto di legge costituzionale di cui all’atto Camera C.1359 – non è fuori del Parlamento ma è formato da deputati e senatori facenti già parte delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato e scelti in modo da rappresentare tutti i gruppi parlamentari esistenti (quindi ci sarà anche almeno un eletto dei 5 Stelle); assume cioè di fatto le sembianze di una commissione Bicamerale come se ne sono viste tante nella storia di questa Repubblica (questa ha la scadenza, 18 mesi…);
- la modifica dell’articolo 138 determina la sola abbreviazione del termine temporale (da tre mesi a quarantacinque giorni) della approvazione delle riforme costituzionali fra le due Camere;
- la modifica dell’articolo 138 è temporanea; rimarrà in essere per i soli provvedimenti presentati da e attraverso il Comitato dei 40; cesserà di esistere quando il Comitato dei 40 avrà concluso i lavori, ovvero entro i 18 mesi dalla sua costituzione;
- i provvedimenti presi dal Comitato saranno comunque sottoposti al vaglio delle due Camere; la doppia deliberazione rimane intatta;
- anche se i provvedimenti del Comitato dei 40 passeranno in aula con la maggioranza qualificata dei 2/3, potranno essere sottoposti a referendum “quando ne facciano domanda, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”.
Detto ciò, è evidente che questo Parlamento non può essere investito dell’incarico di rivedere la Parte Seconda della Costituzione per il semplice fatto che (sono parole del Senatore PD Walter Tocci):
- il quadro partitico rappresenta oggi a malapena la metà del corpo elettorale;
- porre un vincolo di maggioranza come inizio e come fine della riforma è una forzatura politico-costituzionale senza precedenti in Italia e in Europa;
- soprattutto, la causa politica dell’ingovernabilità non risiede in capo alle istituzioni bensì al sistema partitico.
Il nodo cruciale è proprio questo: il Politico non è in grado e non ha la statura morale per fare ciò che è necessario pertanto scarica sulle istituzioni la sua inefficienza. Non ci serve un’altra formula di governo, ci serve un’altra formula di Partito. Da qui dovrebbe cominciare il Legislatore. Dando attuazione alla Costituzione attuale secondo cui, all’articolo 49, i partiti concorrono “in modo democratico a determinare la politica nazionale”, eliminando quell’ambiguità di fondo per la quale i partiti, nel nostro ordinamento, non sono persone giuridiche e pertanto non sono sottoposti ai controlli statali che il codice civile prevede per tali enti. Ordinandoli secondo tre principi, trasparenza, pubblicità e democraticità della selezione degli organismi interni e estendendoli, come afferma Fabrizio Barca, dalla sfera degli iscritti a quella dei partecipanti.
Altri post sull’articolo 138:
La verità sull’attacco all’articolo 138 della Costituzione
Deroga articolo 138 della Costituzione: gli sviluppi in Commissione
Il discorso di Walter Tocci sulla Riforma dell’articolo 138 della Costituzione
Sono d’accordo. Completamente.
Piccolo fuoritema:
Vittorio, cosa ne pensi del Gap, gruppo degli espulsi che verrà fondato dalla Gambaro?