Leaderismo di burro

Cosa conta un leader se, dinanzi alla vicenda di un ministro della Giustizia molto operoso per salvaguardare gli amici in difficoltà, bofonchia dichiarazioni ipotetiche e prive di prospettiva, specie se nel brevissimo il suo medesimo partito, il partito che si candida a guidare, deve decidere se votare o no una mozione di sfiducia individuale?

Due dei tre candidati alle primarie, come ho scritto ieri, preferirebbero che Cancellieri si dimettesse domani o dopo. Certamente tale fatto toglierebbe i due dall’imbarazzo di effettuare una scelta. Altrimenti, insieme a loro, tutto il partito potrebbe affondare con entrambi i piedi in un paludoso cerchiobottismo, anche ora che dovrebbe esser chiaro dove stare.

Il dato politico è inequivocabile: se non arrivano dimissioni e scuse, la Ministra Cancellieri deve essere o rimossa dal suo Presidente del Consiglio, o sfiduciata dal Parlamento. In queste ore, nel Pd, sono state inaugurate formule alchemiche inedite tali per cui il parlamentari democratici non potrebbero né chiedere le dimissioni (né votare la mozione dei 5S?) ‘perché ci sono le primarie’ (Boschi, quota Renzi; cito testuale da Il Fatto Q: “Se questa vicenda fosse arrivata dopo l’8 dicembre, data delle primarie, conclude Boschi, “il Pd avrebbe già chiesto le dimissioni”).

In queste ore si stanno concludendo in tutta Italia le convenzioni di circolo, primo passo del congresso del Pd. Durante questi brevi dibattimenti, buona parte degli iscritti ha compiuto una certa scelta, sicuri di trovare in tal candidato (Renzi) un leader che parla la voce della chiarezza, che può dire ciò che pensa e che non ha mezze misure, specie verso il suo stesso partito e i soloni presenti in tutte le correnti. Ecco, ormai è tardi per avvisarli, ma sappiano che possono correggersi l’8 Dicembre. Sempre che Renzi medesimo non scelga per tornare sui propri passi e dichiarare pubblicamente il voto favorevole alla mozione di sfiducia che Civati presenterà martedì mattina nella riunione del gruppo parlamentare del Pd