Hanno scritto proprio questo: il PD ha “trovato la formula”. Perché forse non era abbastanza chiaro che, per approvare la norma sul reato di autoriciclaggio, bastava un emendamento. Eppure è dal 2012 che i vari governi, con varie spiegazioni, rimandano l’introduzione della nuova fattispecie di reato. A fine Maggio era lo stesso capogruppo alla Camera, Zanda, a riferire che il governo avrebbe presentato un proprio testo, senza peraltro ricordarsi delle diverse proposte provenienti da Pietro Grasso e da Civati-Ricchiuti, entro il 10 di questo mese.
Dopo gli scandali Expo e Mose, l’intervento emendativo – che evocavamo da queste pagine – presentato come modifica al Ddl Anticorruzione (Atto Senato nn. 19, 657, 711, 846, 847, 851, 868), verrà presto approvato. Lo ha annunciato il ministro della Giustizia Orlando, poche ore fa. Dice Orlando che “la nostra legislazione è tra le più avanzate nella lotta all’economia criminale”, ma deve “acquisire una dimensione europea” (ANSA). Già, la dimensione europea delle già ricordate “Direttive Europee, n. 2005/60/CE e n. 2006/70/CE (l’Europa non è solo burocrazia)“, o piuttosto quella internazionale della “raccomandazione del Fondo Monetario Internazionale del 2006“, delle “linee guida sulla trasparenza nei pagamenti dell’OECD“, o quella italianissima delle “pronunce della Banca d’Italia e della Procura Nazionale Antimafia“, nonché la “Convenzione penale sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (che l’Italia ha ratificato solo nel 2012)” – (civati.it). Un quadro giuridico decisamente chiaro che punisce l’autoriciclaggio e che il nostro paese ha sinora rifiutato.
Ad Aprile era stato presentato un Disegno di Legge, l’Atto Camera N. 2254, a firma di Civati, Mattiello, Zampa, Decaro, Pastorino e altri, il quale ripropone lo schema della Voluntary Disclosure (per il rientro volontario di capitali detenuti all’estero), altre norme per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale ed anche la modifica agli articoli 648-bis e 648-ter del Codice Penale in materia di autoriciclaggio. La novella legislativa intende “estendere la punibilità per riciclaggio all’autore, anche in concorso, del reato da cui provengono il denaro, i beni o le utilità che ne costituiscono oggetto (reato presupposto)” – (vedi preambolo Atto Camera N. 2254).
[…] la clausola di riserva riduce sensibilmente l’operatività in concreto della fattispecie. Per effetto della stessa, infatti, è esclusa la punibilità per riciclaggio non solo dell’autore del reato presupposto che provveda direttamente a sostituire o trasferire i proventi o comunque a ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa; ma anche e soprattutto dell’autore in via principale della condotta di riciclaggio il quale, per il fatto di avere anche in minima parte contribuito alla commissione del reato presupposto, concorre solo in quest’ultimo reato, andando così immune dal riciclaggio. Sul piano criminologico, quest’ultima condotta appare sempre più diffusa in connessione con reati di appropriazione indebita, evasione fiscale e corruzione. Non è, infatti, infrequente che esponenti o titolari di aziende si accordino con terzi «riciclatori» nel senso di utilizzare mezzi di questi ultimi, come società di comodo che emettono fatture per prestazioni inesistenti, allo scopo e con l’effetto di sottrarre all’azienda e a tassazione, e in seguito riciclare, denaro o beni sociali da destinare a proprio uso personale, per finalità corruttive o altro.
Il governo ha voluto far propria la materia quando questo Ddl era fermo alla Camera, mentre al Senato il testo Grasso-D’Ascola era ingolfato da 100 emendamenti. Mentre il testo proposto da Civati e altri è molto semplice e produce la soppressione della clausola di salvaguardia contenuta nei sopracitati articoli del Codice Penale (“Fuori dei casi di concorso nel reato”, ovvero la prima proposizione dell’articolo 648-bis), il testo del governo mantiene la clausola per aggiungere l’autoriciclaggio al comma 2 e prevedere quindi la possibilità di stabilire pene diverse per lo stesso reato: se volete, l’aspetto principale che rende preferibile la formulazione Civati. Se il riciclatore opera per sé medesimo, rischia da tre a otto anni; se opera per il vantaggio altrui, da quattro a dodici. E’ previsto l’aggravio di pena se il reato è commesso nell’ambito di attività bancaria o finanziaria. Giustamente, invece, verrà ripristinata l’estensione della norma di cui al 648-ter, in cui la provenienza illecita era stata sostituita dal Senato, in senso troppo restrittivo, con la sola “provenienza da riciclaggio”, escludendo dalla punibilità tutti gli altri reati presupposto della norma (non tipizzati e riassunti sotto la formula “denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto”).
L’attesa è quindi per il 10 Giugno, quando inizierà la discussione in Commissione Giustizia al Senato.