Responsabilità giudici, la gravità dell’emendamento Pini

La gravità dell’emendamento Pini (Lega Nord), approvato a maggioranza in aula alla Camera, contro il parere del governo, è contenuta nel primo comma dell’articolo 26 dell’Atto Camera N. 1864 nella formulazione votata oggi. Occorre dire infatti che il testo di legge, definito Legge Comunitaria 2013, provvedimento omnibus che è volto a introdurre nel nostro ordinamento norme e pronunce del diritto europeo che il nostro paese non ha recepito e il cui ritardo è fonte di procedure di infrazione, conteneva già un articolo, il numero 23, con disposizioni in “materia di risarcimento dei danni cagionati dallo Stato nell’esercizio delle funzioni giudiziarie”. La nuova norma si era resa obbligatoria in virtù della “sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 24 novembre 2011, nella causa C-379/10, pronunziata nel contesto della procedura di infrazione n. 2009/2230, avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, giunta allo stadio di messa in mora ai sensi dell’articolo 260 del TFUE” (dal preambolo dell’Atto Camera N. 1864).

La norma introduce l’ipotesi di responsabilità dello Stato per violazione manifesta del diritto europeo da parte di organi giurisdizionali di ultimo grado, quando:   

a) sussista, con carattere manifesto, il requisito della gravità della violazione, così traducendosi, nel lessico proprio dell’ordinamento italiano, il connotato della «sufficiente caratterizzazione» indicato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea;

b) sussista il rapporto eziologico tra violazione e pregiudizio delle situazioni giuridiche soggettive (non solo, naturalmente, di quelle che nella normativa tipicamente italiana sono di diritto soggettivo, ma anche, ad esempio, quelle di interesse legittimo) – (Camera.it cit.).

Il testo coglieva lo spirito della sentenza della Corte di Giustizia europea, la quale aveva già espresso riserve sulla compatibilità del diritto italiano, nella fattispecie la legge 177/1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, fin dal 2006, con la sentenza sui Traghetti del Mediterraneo (13 giugno 2006, causa C-173/03). Finora lo Stato era responsabile per i soli casi di dolo o colpa grave del giudice e non per la manifesta violazione del diritto dell’Unione. Va da sè che, nel testo originario, tale responsabilità è dovuta per violazione grave e manifesta del diritto dell’Unione europea da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado.

Questo invece il testo Pini, che introduce alcuni fattori potenzialmente devastanti per il nostro sistema giuridico e in una forma che eccede quanto indicato nelle sentenze della Corte di Giustizia:

Chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato e contro il soggetto riconosciuto colpevole per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale. Costituisce dolo il carattere intenzionale della violazione del diritto (Camera.it).

Il primo elemento distorsivo, il danno causato da un “comportamento”, formula che potrebbe includere, ad esempio, le interviste ai giornali, discorsi pubblici, pubblicazioni se queste hanno una relazione con l’esercizio delle proprie funzioni; il secondo elemento è legato al fatto che il soggetto che ha subito il danno, può rivalersi contro lo Stato e contro il giudice. E’ la persona fisica ad essere chiamata a rispondere in giudizio e non l’organismo.

Di fronte ad una norma del genere, l’atteggiamento superficiale dei 5 Stelle – astenutisi per “far emergere la spaccatura” nella maggioranza – è inaccettabile. Giachetti (PD), dichiaratosi favorevole all’emendamento in questione, ha affermato in aula che occorre “stabilire un principio nei confronti di chi ha delle responsabilità che incidono sulla vita delle persone”. Fatto che è indubbio, fonte di procedure di infrazione di condanne da parte dell’UE, ma che potrebbe essere introdotto senza che il peso della responsabilità gravi direttamente in capo al magistrato, che altrimenti vedrebbe ridursi la propria autonomia costituzionalmente prevista.

Ora la norma passerà al Senato, dove dovrà essere giocoforza rimaneggiata.