L’illusione

Il ribaltone no. Non ci credo. Non credo che questa miserrima campagna elettorale e le elezioni di domenica possano costituire un ribaltamento dello status quo, “quello che non sono riusciti fare i nostri padri nel 1945”. Chi ha detto una cosa simile infama i morti per la Resistenza. Non sarebbero riusciti a che? Nel 1945? Ecco, di queste fesserie penso non ci sia bisogno. Quelle persone, “i nostri padri”, nel 1945, hanno combattuto e sconfitto il fascismo e l’occupazione nazista. Molti di loro non l’hanno nemmeno visto, il ’45, perché sono morti prima, sulle montagne, in una dolorosa guerra civile di cui portiamo ancora i segni.

Il paragone con l’odierno è senza senso. Votare M5S potrebbe in qualche maniera equivalere alla Resistenza? Potrebbe in qualche maniera essere anche solo accostato? Signori, qui si tratta di mercato politico, di voto in cambio di (una vaga promessa di) politiche. Puntiamo su un simbolo come con le fiche alla roulette. Né più né meno. Qualcuno di noi si è candidato, verrà eletto, o nominato – se non è passato per le primarie. Ha fatto la sua battaglia, ma a parole, come è giusto che sia in un paese in tempo di pace. Ed è ovvio che si siano essi stessi prestati, che abbiano prestato il proprio volto, il proprio corpo, per una organizzazione molto spesso destrutturata – come lo sono i partiti liquidi – di cui non controlla assolutamente nulla, e da cui domani potrebbe essere cacciato se la sua opinione dovesse minimamente divergere dal parere del Comico principale.

Ecco, quando vedo famosi attori e premi Nobel di Sinistra, famosi cantanti di (forse) Sinistra, rinvigoriti dall’idea di tornare a quel 1945 e di poter ribaltare su noi tutti questa idea vecchissima della redenzione da una condizione di minorità attraverso un atto rivoluzionario e di popolo, allora mi rendo perfettamente conto di quanto ancora siamo schiavi del passato, di quanto ancora il passato ci leghi mani e piedi, di come ancora una volta siamo del tutto incapaci di prefigurare una nostra idea di comunità nel futuro. “La ricostruzione dell’Italia su basi sociali, eque, di comunità, di solidarietà” che dovrebbe avvenire tramite un “ribaltone” semplicemente non avverrà. La ragione è una sola: scalzare il meccanismo della rappresentanza è troppo costoso. La rappresentanza semplifica. Quando le sue istituzioni funzionano, permette di prendere decisioni che abbiano valore erga omnes. Il modello proposto della iper democrazia tecnologica sostituisce la norma con l’algoritmo, che è una lingua tecnica parlata da pochi. Se la norma è pubblica, è opentanto spesso l’algoritmo è di proprietà privata di chi lo ha studiato ed elaborato. Possiamo quindi sostituire le regole della discussione pubblica – la campagna elettorale, il voto nelle urne, le dinamiche parlamentari, la procedura di legislazione, il governo – contenute nella Costituzione con formule e sintassi codificate da qualcuno e celate dentro un pacchetto software?

M5S, Federica Salsi e il risveglio dall’utopia

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L’utopia, sia chiaro, è la democrazia diretta. Che non lo è da ieri – di certo non da quando Grillo ha epurato Salsi o Pirini – considerata tale, ma ben da un centinaio di anni. Salsi ha scoperto oggi che nel M5S qualcosa non va: “Me ne sono resa conto solo quando le conseguenze della mia presenza a Ballarò mi sono cadute addosso. I cambi di statuto, dei regolamenti e delle procedure che intendevano colpire questa o quella persona si sono allargati a macchia d’olio diventando la somma di qualcosa che adesso ha un’altra natura rispetto a quando eravamo partiti”. Anche nella democrazia diretta, scrivevano gli elitisti – parlo di Gaetano Mosca (1858-1941) – esiste una minoranza numerica che esplicherà le funzioni di governo. Tanto più in un sistema è privo di regole chiare e condivise, tanto più il vertice autoproclamatosi tale tenderà ad esercitare un potere escludente verso chi esprime il dissenso. Il Movimento 5 Stelle non si può sottrarre a questa regola generale a cui qualsiasi gruppo numeroso, che sia interpretabile come organizzazione, è soggetto.

Al di là delle teorie politiche, Salsi forse non se ne è accorta, ma della scarsa o nulla democraticità del Movimento se ne parla dal 2010, da quando Giovanni Favia e Roberto Fico furono scelti dal vertice e non dalla base, da quando Favia orientò le ‘doparie’ permettendo la nomina a secondo consigliere del M5S il pur bravo Defranceschi anziché Sandra Poppi, la quale prese molte più preferenze di lui e che era “colpevole” unicamente di una passata militanza nei Verdi. Solo più tardi Favia si è reso conto di quanto la mancanza di regole e di struttura sia un deficit per il Movimento. Lui stesso, e Defranceschi, ha visto liquidare da Grillo il rito della verifica semestrale – un timido tentativo di regolamentare quell’idea campata per aria che i rappresentanti eletti siano revocabili – come un banale “applausometro”.

Tavolazzi è venuto più tardi. E’ stato intraprendente al punto da organizzare un meeting a Rimini in barba al vertice, allo Staff e alle bieche figure che si nascondono dietro. Tavolazzi ha forzato la mano, ha intuito che vi era del margine per mettere in crisi i teoremi di Grillo, quelle fesserie sul non-Statuto, che è tutt’altro che aria fritta, visto che sulla base di quel documento si nega l’identità giuridica del 5 Stelle come associazione e pertanto lo si sottrae alle regole del codice civile e se ne può detenere la proprietà del marchio, potendone così sfruttare i diritti economici.

Ma per Salsi, “fino a che il Movimento è stato locale questi aspetti non esistevano”. Eppure è la medesima Salsi a citare l’articolo 4 del non-Statuto:

ARTICOLO 4 del Non-statuto: “Il MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi.”

Questa negazione della necessità di struttura, quindi di regole condivise, è l’elemento su cui poggia la guida carismatica. La regola non può che promanare dalla volontà del Capo, su cui fonda la propria legittimità, ed è regola ciò che piace al Capo. Grillo ha da sempre impiegato l’indignazione come elemento attrattivo. Non può indicare vie d’uscita dall’abisso sociale e politico in cui siamo finiti. E’ contro il suo interesse, che è poi quello di continuare a fomentare l’interesse verso il suo blog e la sua merce. Quando nel 2009 cercò di candidarsi a segretario del PD, molti sul suo blog gli suggerivano di sostenere la candidatura di Ignazio Marino. Era forse quella della Terza Mozione una occasione unica per occupare il partito, per farne un attributo collettivo e non elitario, ma egli disse che Marino era già compromesso con il sistema. Nessuno obiettò. Nessuno si pose la questione che Grillo non aveva interesse alcuno a cambiare il gruppo dirigente del PD; aveva solo interesse a suscitare l’indignazione verso di esso. Per accrescere il volume di contatti verso il suo blog, accumulare capitale in termini di reputazione, con lo scopo un giorno di catalizzarlo su un suo movimento politico. Il PD-menoelle.

Salsi: “Grillo e Casaleggio stanno anche facendo un uso di internet contrario all’etica della rete. Capisco solo adesso perché gli hacker di Anonymous hanno attaccato il suo blog. In rete le persone cooperano per trovare una soluzione migliore ai problemi e si preferisce essere in tanti perché i tanti possono meglio pensare che una o due persone.
Ora Grillo e Casaleggio stanno usando la rete per creare consenso elettorale, facendo leva sul malcontento che c’è in Italia. Aggregano tifosi utili a mettere una croce sulla scheda elettorale ma che difficilmente si metterebbero a scrivere un progetto di legge o a risolvere un problema. Finite le elezioni il tuo pensiero, che vale già poco adesso varrà ancora meno, perché se la pensi diversamente da lui “vai fuori dalle balle”.

Di fatto, l’uso della rete che hanno sinora perseguito, non è dissimile da quanto farebbe un troll. Non è dissimile da quel che ha fatto e fa tuttora Berlusconi con i media “mainstream” (parlo non della proprietà privata ma di quelle tecniche comunicative che funzionano sulla base di dichiarazioni iperboliche che generalmente dividono la platea degli ascoltatori in pro e contro; dividere è un modo efficace per portare gli ascoltatori dalla propria parte) . Non c’è intenzione di costruire una proposta politica. L’idea è quella di occupare degli scranni in parlamento. Far vedere che è possibile solo ed esclusivamente attraverso “la Rete” condizionare una opinione pubblica. E’ un grande test collettivo, portato avanti con lo scopo di vendere strategie di marketing politico. Il programma non serve: domani, appena Grillo si sveglia, vi detterà, tramite un post, l’agenda politica quotidiana.

Per chiudere, ancora Salsi: “Il Movimento, che adesso per me è una grande delusione, lo sarà anche per i cittadini italiani. Nonostante la buonafede di tanti Grillo è finzione.
Ringrazio tutti per la solidarietà e per offerte di candidatura fattemi in lungo e in largo. Ho deciso che al consiglio comunale di Bologna darò vita a un gruppo consiliare. Ma ho bisogno di un ufficio grande per accogliere per un thè tutti coloro che una volta eletti in Parlamento faranno la mia stessa fine, stipendio di 13mila euro permettendo. Scherzi a parte, il mio impegno sarà quello di lavorare, come ho sempre fatto, dalla parte dei cittadini”.

M5S, Favia e Salsi sono fuori

Con queste due righe, Giovanni Favia e Federica Salsi vengono sbattuti fuori dal Movimento 5 Stelle. Si è passati, nel corso di una nottata, dal “chi non è d’accordo se ne vada”, al “chi non è d’accordo lo caccio”. Differenze sostanziali e incomprensibili.

A Federica Salsi e Giovanni Favia è ritirato l’utilizzo del logo del Movimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri (via Repubblica.it).

Primarie M5S, voci dietro al muro di gomma

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Le primarie del Movimento 5 Stelle sono iniziate oggi. Con il crash del sito http://www.beppegrillo.it/movimento/elezioni-politiche-2013.html ma soprattutto con qualche altra sottaciuta polemica che emerge a stento da dietro il muro di gomma che lo staff ha creato intorno alla competizione. Prendete per esempio la testimonianza, postata sulla pagina Facebook di Valentino Tavolazzi, di Davide Gionco, candidato per la circoscrizione estero:

Davide Gionco (di LOSANNA – candidato per M5S per il collegio internazionale!!!!) scrive TESTUALE!!!!
In ogni caso oggi ho deciso di ritirare la mia candidatura, anche se naturalmente dal punto di vista informatico la cosa è impossibile (non l’hanno previsto…). Ho preso questa decisione sia perché negli ultimi giorni mi è stato posta come condizione il riconoscere il capo politico, che io invece non riconosco come capo. E poi perché mi trovo a dovere scegliere fra decine di candidati che non conosco (collegio Internazionale: non ci conosciamo), avendo solo poche ore per leggere il loro CV, e solo durante le ore di votazione (che coincidono con le ore di lavoro, o quasi). Infatti i CV non risultano accessibili al di fuori delle ore di votazione. Mi chiedo che senso abbia votare per persone che non si conoscono senza avere neppure a disposizione il tempo per conoscerle. (link fonte).

AdnKronos riporta questo commento ripreso dal blog di Grillo: “C’e’ anche chi segue M5S da 5 anni, virtualmente e “fisicamente”, come scrive Antonino di Roma, eppure resta fuori dalla corsa. “Caro Grillo e’ frustrante! E non e’ neanche bello vedere che i votanti abilitati sono poco di piu’ dei candidati”, lamenta il grillino”. Da che se ne deduce una verità: i votanti sono poco più che i candidati, ergo si voteranno fra di loro. Un disguido, certamente.

Poi ci sono i problemi tecnici, molti a quanto pare. Sul blog, Grillo ha scritto in testa ad un articolo in cui si parla di tutt’altro (L’era della scarsità – Lester Brown) che alcuni indirizzi di posta @gmail non hanno ricevuto la e-mail di accettazione, pertanto questi iscritti hanno dovuto accedere al proprio account e modificare la e-mail di riferimento. Qualcuno tenta di dare una spiegazione:

  • Se sono solo ALCUNI indirizzi di gmail a non ricevere, probabilmente i messaggi sono finiti nella casella dello spam. Soluzione: aggiungere l’indirizzo da cui proviene l’email alla lista contatti di gmail.
  • Se sono TUTTI gli indirizzi gmail a non ricevere allora l’indirizzo da cui proviene la mail e’ stato messo in una black list. Soluzione: l’amministratore del blog deve contattare google e chiederne il perché e quindi la rimozione.

il problema è tanto comune che è un diluvio di commenti del genere, diluito dal solito commentare fuori tema degli animatori del blog. Brois V. scrive di essere iscritto al portale da tanto tempo e di essere pure certificato. Ma anche lui non ha ricevuto alcuna email e nel profilo non trova alcun riferimento alla pagina di modifica.

Caro Boris, sono nella tua stessa identica situazione.
Ho provato e riprovato, alla fine sono riuscita a fare il login e a trovare le votazioni quando appare la scritta che dice che LE VOTAZIONI SONO AL MOMENTO SOSPESE E RIPRENDERANNO TRA 15 ORE E 50 min.
Forse le connessioni sono troppe, ma da stamattina non sono riuscita a fare nulla… non è possibile!!!

alessandra c., roma 03.12.12 18:46

Vorrei porre lo stesso quesito perché non riesco a votare e perché non mi è arrivata la mail punto primo punto secondo sono settimane che chiedo mi venga gentilmente reso possibile scrivere con il mio nome su questo blog visto e considerato che sono anche inscritto al movimento a 5 stelle con documento il mio nome è Davide Franchin cari dello staff almeno un e mail che mi chiarisca il motivo perché non scrivo più con il mio nome.

francesco f., Treviso  03.12.12 19:23

SCUSATEMI, MA ANCHE VOI AVETE AVUTO DIFFICOLTA’ A VOTARE? MI PARE UN INFERNO STA VOTAZIONE

INCAZZATOO NERO, Mazara del Vallo  03.12.12 19:08|

e da mo’ che provo,non parte nemmeno la mia richiesta di istruzioni per votare. Grazie a chi mi aiutera’.

franco f., gradara  03.12.12 18:55|

Sarebbe interessante sapere quale è stata “l’affluenza” virtuale, essendo questo il primo esperimento in Italia di consultazione elettorale online. Sarebbe stato bello che si fosse potuto leggere tutti, anche i non appartenenti al movimento, in maniera trasparente e in tempo utile, i curricula dei candidati. Le cose stanno andando diversamente e l’esito finale verrà spacciato per un grande esempio di democrazia dal basso. Nulla di tutto ciò sta avvenendo. Il tentativo è più pasticciato che altro. Quello che segue è un altro commento che spiega bene il livello mediocre delle presentazioni, i curricula raffazzonati, incompleti, quasi in stile lavorativo:

Oggi mi sono riservato l’analisi delle auto-presentazioni dei candidati della Circoscrizione 1 della Lombardia per poter votare domani con calma.
Devo dire che alcune candidature, mi hanno deluso.
A parte quelli che non hanno messo neache la faccia (cioè non c’è neanche la loro foto…), alcuni hanno saltato la propria presentazione (niente CV, niente carta d’intenti).
Ma sopratutto non mi sono piaciuti coloro che si sono auto-presentati con un CV di tipo “lavorativo”.
Come se la candidatura fosse un colloquio di lavoro.

No, non è lavoro. Anche se i candidati diventeranno “dipendenti”, come vuole la retorica di Grillo, anche se ci si mette a posto, almeno per una legislatura. E si guadagna pure di più di quelli che ora fanno i consiglieri regionali.

Parlamentarie M5S, questi sono i candidati

Fabio Chiusi ha avuto l’idea scandagliare youtube alla ricerca dei video di presentazione dei candidati alle Parlamentarie del Movimento 5 Stelle. Consultazioni che avranno luogo domani in una sorta di limbo mediatico che neanche in Russia.

Fabio ha aperto un blog su Tumblr dedicato alla questione. Si chiama: candidaticinquestelle.tumblr.com

Qui potete trovare invece una breve playlist che ho aperto pochi minuti fa per collezionare i video (dura un’ora e venti minuti!): http://www.youtube.com/playlist?list=PLdyTJ3aRtZH30Ye3QIwVRwhojGXloQf7I

Naturalmente è incompleta, ma potete contribuire voi stessi segnalando a Fabio o a me, tramite questo blog, i video che troverete in circolazione. Considerato che domani già avverranno le prima consultazioni, non c’è molto tempo per fare osservazioni circa i contenuti di queste presentazioni. Non sappiamo nemmeno se verranno in qualche maniera divulgati i risultati. Nessuno, eccetto gli iscritti al Movimento entro il 30/09 potrà accedervi.

Mentre Renzi spacca tutto, Bersani apre alla e-democracy

Mentre Renzi scaglia i suoi alla guerra delle regole giocata con strumenti elettronici, dalle mail-bombing ai siti cloni come votodomenica.it e domenicavoto.it, capita che Bersani faccia pervenire al sito di Prossima Italia la propria risposta sull’iniziativa dei ReferendumPD. I tipi di Prossima Italia avevano inviato la scorsa settimana le stesse domande a tutti e cinque i candidati ma solo il segretario ha risposto. Pur non entrando nel merito degli argomenti dei referendum, che riguardano la riforma fiscale, il reddito minimo, l’incandidabilità, i matrimoni gay, il consumo di suolo e le alleanze, il testo della lettera di Bersani contiene una informazione sinora rimasta inedita e riguarda il vero obiettivo di queste Primarie di coalizione e di questa campagna di registrazioni:

Tra le ragioni che mi hanno indotto a volere fermamente le primarie c’è la costituzione di un Album degli elettori dei democratici e dei progressisti. Proprio in questi giorni stiamo lavorando con tutte le nostre energie e con il contributo di migliaia di volontari alla realizzazione di questo obiettivo e spero di poter contare anche sul vostro aiuto. Nelle mie intenzioni questo Album potrà costituire la base, messa a disposizione di tutti gli iscritti al Partito democratico, per favorire iniziative di democrazia partecipativa simili a quella promossa dal Comitato ReferendumPd che potranno avere nella piattaforma web il luogo privilegiato di attuazione. (Prossima Italia|La risposta di Bersani).

Se ci pensate, questo aspetto aiuta a comprendere un’altra differenza fra Bersani e Renzi. Renzi è quello che usa il web come strumento di marketing politico, Bersani – che è pur sempre quello che chiamava internet “quell’ambaradan lì” – pensa di far emergere, attraverso la registrazione all’albo degli elettori, una platea di cittadini partecipativi da coinvolgere nelle scelte del partito. Qualcuno potrà obiettare che Renzi ha accolto le proposte del web nel proprio programma. Chi si ricorda di #wikiPD? Era una iniziativa lanciata dal Big Bang di Renzi. Fare una wiki del PD significava allora come oggi cominciare da uno spazio vuoto, dalla pagina bianca ed essere aperti alla collaborazione e alla condivisione. Renzi che fece? Era il tempo della Leopolda 2011 e il sindaco di Firenze pubblicò sul sito di Big Bang un documento programmatico che poteva soltanto essere discusso.Non c’era proprio nessuna wiki. Questo atteggiamento, già nell’Ottobre dello scorso anno, era risultato essere un segnale, una indicazione di una propensione a usare il web più come proscenio che come luogo di confronto. Oggi, con l’iniziativa dell’associazione Big Bang (che poi vuol dire Renzi medesimo) e l’apertura di ben due siti web con l’obiettivo di raccogliere nominativi di partecipanti esclusi da usare – questo lo scopo finale – domenica sera al fine ultimo di contestare il voto, Renzi ha confermato questa impressione.

Fuorionda M5S: da Grillo+Casaleggio accuse a Telese, e il complotto è servito

Eh sì, l’autore di tanti post neocomplottardi è sempre lì. Firma con i riccioli grigi ma porta anche gli occhiali alla John Lennon. Una mente fervida, fantasiosa, ma anche oscura poiché riesce a trasformare in dietrologia anche le vicende più trasparenti di questo mondo. E’ stata fatta una intervista, poi il giornalista ha pescato il fuori onda, stop. Qualcuno aveva delle cose da dire e le ha dette. Cose sacrosante, fra l’altro. Mi chiedo perché non si risponde nel merito alle critiche (non volute) di Giovanni Favia.

Sul blog di Grillo compare l’articolo di un giornalista freelance, tale Maurizio Ottomano, che però è un affiliato al movimento pertanto la sua penna non è propriamente libera ma è una penna che tende a compiacere il capo. Nel lungo articolo, Ottomano rivela quella che è solo una sua impressione e che tale rimane, nonostante egli tenti in un certo qual modo di fornirci la prova provata di quel che dice: e cioè che Luca Telese e Formigli erano d’accordo, che Telese è un nemico del M5S perché si è venduto ai partiti e persino a Montezemolo. La verifica dei fatti, il nostro Ottomano, l’avrà certamente fatta ma non ce ne lascia alcuna evidenza:

Il sito è registrato a nome di Tommaso Tessarolo,definito come da suo blog, “il più giovane dirigente della storia del gruppo Fininvest” ed ex-consulente strategico per la TV Digitale Mediaset, nonchè direttore di Current TV Gruppo Sky [primo errore, Current tv non è del gurppo Sky ma è la tv di Al Gore]. Nella Pubblico Edizioni srl troviamo poi l’avvocato Feverati, che lavora per l’agente di Telese: i tre hanno insieme il 51% delle azioni della società. Il rimanente 49% è diviso tra Lorenzo Mieli, produttore televisivo (X-Factor) e cinematografico, figlio di Paolo Mieli nonchè fidanzato di Clementina Montezemolo, figlia di Luca Cordero. Con Lorenzo Mieli anche Marco Berlinguer (ex-Liberazione), figlio di Enrico e fratello della compagna di Telese, Laura Berlinguer. All’interno della società anche Mario Adinolfi*, giornalista saltato da Radio Vaticana al TG1, all’attivismo prima nella DC e poi nel PPI, per essere ora deputato in carica nel PD di Bersani con l’appoggio di Franceschini. In più, varie firme del giornalismo italiano tra cui lo stesso Corrado Formigli e Francesca Fornario ex “L’Unità”, che accusò duramente Daniele Luttazzi di plagio nel 2010 decretando praticamente la fine della carriera televisiva. Alla fine, di potenziale distanza dalla logica della partitocrazia, non se ne vede poi molta.

Telese, su Pubblico, si è fatto lunghe risate. Ed ha abbattuto il siluro di Grillo-Casaleggio-Ottomano con queste fantastiche parole:

il 5% di pubblico appartiene a una societá di produzione mediale di cui è amministratore Lorenzo Mieli. Ovvio che per Grillo sia l’emanazione del padre, Paolo, e – addirittura – l’anello di congiunzione con ben due temibili poteri forti contro di lui: l’Rcs e Montezemolo. Qui mi sono messo le mani nei capelli: perchè il giorno in cui lasciai il Fatto, Cinzia Monteverdi, amministratrice di quel giornale, urlava per i corridoi: “Ho parlato con Paolo Mieli… Mi ha detto che se suo figlio mettte un solo centesimo in quel giornale lo prende a calci in culo” (Pubblico.it).

Ottomano scrive che Telese sapeva dell’imminente scoop e ciò sarebbe dimostrato dal fatto che Pubblico scriveva del caso Favia già alle 22.23 quando il pezzo sarebbe andato in onda alle 22.27. Un dato inoppugnabile, si direbbe. Eppure mi viene da ridere lo stesso. Poiché è facilmente dimostrabile il contrario. Ma la parte migliore viene quanto Ottomano scrive di Favia e del corso audiovisivo che avrebbe frequentato anni addietro (nel senso: non poteva non sapere). Ecco spiegato l’arcano. Perché fin da oggi pomeriggio, almeno, qualcuno cercava sul web notizie del “curriculum Favia”. Dico questo perché queste parole risultano essere state impiegate sul web per fare ricerche sul consigliere regionale. Su Yes, political! si è parlato spesso di Favia ed ecco che una delle pagine che ho scritto è stata indicizzata da un motore di ricerca. La parola chiave risulta fra quelle che hanno portato traffico su questo sito. Strano, vero?

Fra le parole chiave che hanno portato traffico a questo sito, oggi, le parole “curriculum giovanni favia” e “notizie giovanni favia”, segnale forse che qualcuno sta cercando scheletri negli armadi.

Ed infatti, nel pezzo di Ottomano si specifica proprio la parola curriculum:

Favia non è lo sprovveduto che pensiamo in balia del giornalista cattivo e di una tecnologia sconosciuta. Non è un’anziana signora ottantenne, ignara di qualsiasi marchingegno elettronico, con il panico da telecamera e la voglia di salutare a casa. Il nostro Favia è abituatissimo alle interviste, dato che il suo presenzialismo in TV ormai è noto a tutti ma, soprattutto, conosce benissimo le dinamiche audiovisive! Infatti il suo curriculum recita tra l’altro:
– nel 2003 frequenta il corso professionale di tecnico di produzione audiovisive
– direttore della fotografia, titolare ditta individuale per la produzione di materiali audio-visivi e cinema indipendente.
Niente di meno! E’ questa sarebbe la persona che pensava di parlare ad un microfono spento?

Un’altra prova provata della colpevolezza di Favia è proprio la sua collateralità con Valentino Tavolazzi, l’espulso eccellente, il sovversivo che durante l’incontro di Rimini “discusse di opzioni come togliere il nome “beppegrillo” dal logo, aumentare le legislature possibili a più di due, accettare anche ex-appartenenti a partiti politici”. Fatti gravissimi, senz’altro. Naturalmente il movente di questa storia “così ben congegnata” è da ricercarsi nella fine di mandato, che per Favia è imminente, essendo egli alla seconda legislatura – ma questi da quando cominciano a contare? Favia è alla prima legislatura in Regione, in Comune a Bologna ne avrà fatta mezza – e pertanto sotto sotto deve esserci senz’altro la promessa di un “do ut des”, una dare avere – tu mi sputtani il Grilloleggio e io ti candido alle prossime elezioni. Il partito coinvolto, manco a dirlo, il Partito Democratico.

Formigli ha smentito qualsiasi coinvolgimento di Telese. Nessuno conosceva il contenuto del servizio di Pecoraro.

Ma naturalmente fra i grilloleggi il complotto è una malapianta che attecchisce subito. E’ proprio ciò che vogliono sentirsi dire. Il cibo che desiderano ingoiare:

Se credete come @GabirPepi alle fesserie Ottomane, non leggete più questo blog, grazie.

M5S e fuorionda: un’analisi della versione di Favia

Fare una sorta di analisi dello schema argomentativo (e difensivo) impiegato da Giovanni Favia per non soccombere sotto la fatwa di Grillo-Casaleggio è indispensabile per non cadere nella trappola della imprecazione, al grido di “complotto! complotto!”, un grido tanto facile alle pletore dei fan del comico (e indirettamente del ventriloquo).

Favia scrive: “Nel mio sfogo del fuori onda, parlando di assenza di democrazia, non attaccavo il Movimento, ma un problema che oggi abbiamo e che presto dovrà risolversi. Ovvero la mancanza di un network nazionale dove poter costruire collettivamente scelte e decisioni, comprese le inibizioni e le attribuzioni del logo. Questa falla concentra tutto in poche mani, seppur buone e fidate, generando una contraddizione che spesso sul territorio ci viene rinfacciata. Non è un problema di sfiducia, è un problema d’efficienza, d’organizzazione e di principio”. Favia in questa frase mette in evidenza il punto cruciale del M5S: l’assenza di regole. Il non-statuto non specifica alcuna modalità operativa. Nulla. E’ stato detto e ridetto. Un movimento ha necessità di organizzazione per poter funzionare e prendere decisioni motivate da una discussione che sia quanto più estesa possibile. Ma il duo comico-più-ventriloquo vede le regole come fumo negli occhi. Senza regole hanno potuto drenare attraverso il web un potere gigantesco in termini di consenso. Un consenso che ora devono capitalizzare affinché sia pienamente remunerativo per la propria impresa di marketing comunicativo. L'”esperimento” del Movimento 5 Stelle è un caso da laboratorio e presto farà scuola. E’ la dimostrazione che il web può essere messo al servizio di ideologie e di anti ideologie, al fine di coinvolgere e sussumere l’individuo all’interno di categorie predefinite, quindi da renderne il comportamento assolutamente parametrizzato e pertanto prevedibile e prevenibile.

Favia bis: ” Il Movimento è un grande sogno, non è Favia, non è Casaleggio. L’ultima occasione per questo paese, per riscattarsi. Mesi fa incontrai un giornalista, mi intervistò in merito alla democrazia interna nel livello nazionale. Tavolazzi era stato un grande compagno di battaglie, come me, sin dagli inizi. Lo vidi piangere, dopo l’inibizione al logo. Ero arrabbiatissimo. In pubblico non ho mai voluto manifestare il mio disagio per non danneggiare la nostra battaglia. Da ormai 5 anni sto dando la mia vita per il movimento 5 stelle, contribuendo alla sua nascita. Ora ci sono dei problemi, li chiariremo tutti insieme”. Ecco, il caso Tavolazzi è stato ben più che la rimozione di un ostacolo. E’ stato, per così dire, un tradimento di quella regola tacita che però nel movimento è evidentemente condivisa. Una regola meritocratica, secondo la quale un signore come Tavolazzi, con spirito ed idee adeguate, non può esser mandato via perché non ha obbedito alla volontà del capo (nascosto). In una logica di orizzontalità, di “uno vale uno”, il licenziamento di Tavolazzi è uno sfregio. E’ di fatto la negazione stessa di questa tanto evocata orizzontalità. Rappresenta il fallimento del progetto. Poiché dinanzi al dilemma del numero, anche il Movimento 5 Stelle non ha potuto sottrarsi alla ferrea legge dell’oligarchia (cfr. Roberto Michels). Una organizzazione reagisce alla difformità della moltitudine individuando gerarchie fondate sul potere, nelle quali il potere medesimo è delegato dall’alto verso il basso secondo linee relazionali dipendenti dal grado di fedeltà al vertice. Potere in cambio di disponibilità e di asservimento è il mezzo migliore per tenere insieme una organizzazione così poco burocratizzata. Ed ecco che riemerge la figura carismatica, la guida simbolica, che non ha bisogno di regole poiché ogni regola è desunta dalla sua propria personale interpretazione di ciò che è bene per gli altri. La sua, solo la sua, ha validità poiché Egli ha capacità straordinarie di conoscere lo spirito del tempo. Qualcosa che la Storia ci ha insegnato più di una volta.

Intanto, il blog di Grillo, a parte uno scarno comunicato del vetriloquo Casaleggio, rimane in silenzio come una qualsiasi Pravda.

#Piazzapulita nel #M5S

Pubblicato su Storify: http://storify.com/yes_political/piazzapulita-nel-m5s

Nel movimento di Grillo non c’è democrazia. Queste le parole di Favia. Dovremmo sorprenderci o indignarci? Non è un fatto nuovo. Lo stesso Favia è stato indicato dal duo Grillo-Casaleggio per le regionali 2010. Poi il vertice del M5S gli ha preferito Bugani, consigliere comunale bolognese, come referente/informatore. Il Movimento, secondo il comico e il ventriloquo, deve essere comandato. Non c’è struttura né gerarchia né regole scritte. Le regole le scrivono loro. A loro piacimento. Che dire: questi sono fatti noti da tempo. Non serve un fuori onda per denunciarli. Sono due anni e forse più che se ne parla sul web. Anche Favia è stato spesso coinvolto in queste discussioni. Se oggi afferma che nel M5S non c’è democrazia, allora evidentemente se ne è accorto pure lui.

Che poi questa storia dell’intervista ad orologeria non regge. Formigli ne parla sul suo blog, specificando che l’inchiesta è stata svolta a fine Maggio e che l’ultima puntata di Piazzapulita della scorsa stagione televisiva è datata 7 giugno, troppo poco per finire di montare i servizi. Ma Favia sentiva odore di bruciato (intorno a sé). Se ricordate bene, già Santoro si lanciò in una durissima reprimenda sul duo Grillo-Casaleggio. Era il segnale che qualcosa stava cambiando. Il segnale di una rottura fra ambienti di sinistra e il comico-ventriloquo.

Il cleavage è evidente: da una parte i tipi de Il Fatto Quotidiano; dall’altra il gionalismo in quota sinistra-centro-sinistra (una galassia che da Il Manifesto passa per Telese, per La Repubblica e si chiude con quelli di Europa). La stessa frattura emersa con il caso Napolitano-Mancino. Non è un caso.

Ed attenzione, perché il ventriloquo lascia per un momento il suo pupazzo con i ricci grigi e pretende di parlare con la propria voce e persino di essere creduto. Surreale, no? La maschera è caduta e ancora una volta rimaniamo straniti: “pensavo che Oz avesse una grande testa” (Dorothy ne Il Mago di Oz, Frank Baum).

Mai inviato infiltrati. In pieno una smentita in stile berlusconiano. Mai avuto carie in vita mia.

L’Emilia Paranoica di Grillo e del Movimento 5 Stelle

Dieci giorni fa circa ricevetti da Vittorio Ballestrazzi, ex grillino defenestrato per il caso delle doparie dei 5 Stelle delle Regionali 2010 (quelle che portarono Defranceschi in Consiglio Regionale), un link ad una pagina web di un giornale modenese. Lui, il Ballestrazzi riottoso, quello polemico, quello da allontanare, aveva ceduto il proprio scranno nel consiglio comunale di Modena alla prima dei non eletti, Sandra Poppi, che fu vittima dell’ostracismo dei 5 Stelle (non vorrei ripetermi, ne ho parlato in abbondanza, potete riferirvi al caso Poppi vs. Defranceschi cliccando qui – si tratta in fondo del peccato originale dei 5 Stelle ed ha molto a che fare con la mancanza di una struttura e di regole certe nella deliberazione democratica interna).

Sandra è una ex Verde, terribile colpa nel mondo dei 5 Stelle. Poco importa se Sandra sia una donna impegnata per i diritti della cittadinanza. Nel mondo dei 5 Stelle non conta chi sei ma solo se sei fedele alla linea. Tutte le divisioni, tutte le fratture che si sono innescate finora, si sono originate da piccole diatribe locali a loro volta dovute alla mancanza di regole e di struttura. Ci pensa il vertice a prendere la parte e a dettare la scomunica. Generalmente si muovono dopo relazione da parte di qualcuno nel Movimento. E’ come se ci fosse una rete nella rete: ci sono i semplici iscritti, quelli che corrono alle elezioni, i leader locali ma soprattutto i verificatori, gente che relaziona, prepara dossier per il vertice, mantiene sotto controllo il Movimento e ne previene la “deriva autonomista”. Tutto ciò è normale. Se il Movimento 5 Stelle fosse organizzato con una struttura, ci sarebbero dei segretari generali e locali che assolverebbero alla funzione del controllo in maniera evidente, dichiarata; in mancanza della struttura – volutamente non costruita – il vertice ha bisogno di delatori, servi, sguatteri, personale tenuto alla catena della fedeltà al capo carismatico per assolvere alla bruta manovalanza del dossieraggio. Poi arriva la sentenza di ostracismo, che come nell’antica democratica Atene, è scritta dal medesimo (anonimo) pugno: “P.S. Sandra Poppi non ha titolo a rappresentare il MoVimento 5 Stelle nè all’uso del logo ed è diffidata dal farlo” (Blog Beppe Grillo).

Capita poi di trovare, questa volta in home page, nella rubrica “Il Commento”, un esempio classico di come il pregiudizio sia lasciato crescere in misura abnorme solo e soltanto al fine di suscitare l’indignazione contro lo status quo dell’amministrazione regionale dell’Emilia-Romagna. E’ l’altro elemento che caratterizza il 5 Stelle: continuare a catalizzare l’attenzione dei lettori del blog suscitando sentimenti quali ira e indignazione. Capita in tutti i movimenti/partiti populisti. Fanno appello ai sentimenti e non alla razionalità. E prima o poi se la prendono con i Rom, “un popolo che non si è mai voluto integrare”. Il diverso è sempre impiegato come canale di sfogo della rabbia sociale. Quando qualche mese fa una quindicenne di Torino inscenò una finta violenza sessuale per nascondere il fatto di aver mentito ai propri genitori, indicò i colpevoli in un paio di giovani rom del vicino campo nomadi. Immediatamente scattò una assurda rappresaglia squadrista da parte di un gruppo di tifosi ultras, e il ghetto torinese dei Rom fu dato alle fiamme. Nella fattispecie, i selezionatori di commenti per il blog di Grillo devono far intendere ai lettori che l’amministrazione regionale ha dirottato “un milione e novanta mila euro per migliorare le condizioni dei campi nomadi” anziché destinarli ai terremotati. Naturalmente ciò non è vero e non è nemmeno pienamente affermato dall’autore del commento, ma è solo suggerito dall’accostamento fra il caso della elargizione e l’immagine di una casa crollata a causa del terremoto.

Usare queste tecniche comunicative – che non hanno nulla a che fare con il werb, né tantomeno con la e-democracy – è in aperto contrasto con chi nel movimento invece pensa e opera con la propria testa. La critica verso la spesa di un milione di euro da parte della Regione Emilia-Romagna non è certamente condivisa da parte di tutti i militanti del movimento. Nemmeno è stata discussa una linea politica che includa nel programma a 5 Stelle l’intenzione di eliminare qualsiasi politica sociale di integrazione e solidarietà. Non serve. C’è qualcuno che stabilisce di volta in volta l’ordine del giorno dell’agenda del movimento. Oggi serve demonizzare le politiche sociali, domani sarà la volta dei figli di immigrati nelle scuole. Prendete un qualsivoglia luogo comune che abbia a che fare con i “diversi”, potrebbe diventare la sesta stella.

Giovanni Favia e Andrea De Franceschi, M5S Emilia-Romagna

Movimento 5 Stelle, che fare?

Giovanni Favia e Andrea De Franceschi, M5S Emilia-Romagna

Ho per giorni dubitato di doverne parlare. Poiché sulla natura dei problemi del Movimento Cinque Stelle mi sono già espresso in diversi post e per più tempo nel corso degli ultimi due anni. Per cui le ultime ‘novità’ relative allo scisma del Cinque Stelle del ferrarese e del riminese per via della scomunica nei confronti di Tavolazzi, non mi hanno entusiasmato in quanto a mio avviso si è verificata una inutile e pericolosa deriva dalla discussione sul metodo alla fedeltà alle regole, o alla linea del capo, o al non-statuto che dir si voglia. Dire questo è affrontare metà del problema: cosa servono gli appelli in favore di Tavolazzi o a sostegno di Grillo se non si capisce che la questione principale è darsi una organizzazione credibile e plausibile nel senso di una democrazia diffusa, orizzontale, meritocratica e fondamentalmente orientata a dipanarsi nelle nuove tecnologie connettive?

L’incontro dei (vecchi?) meet-up a Rimini del 3 e 4 Marzo scorsi, aveva l’indubbio merito di porre sul tavolo la questione della ‘modalità operativa’ della e-democracy. Nel documento-manifesto dell’incontro, veniva chiaramente sviscerato il tema della non completa sostituibilità della discussione viso a viso, delle assemblee fatte di persone in carne e ossa organizzate in ordini del giorno e relatori e pubblico che ascolta. Niente di diverso, si obietterà, da quanto succede in una normale Direzione Nazionale di Partito. E’ vero, è maledettamente vero, così come è sbagliato perseverare nella criminalizzazione della forma partito: non sono i partiti il male della politica nostrana, bensì i gruppi di interesse privati che li controllano. Proprio per evitare questo vizio capitale, il Movimento 5 Stelle dovrebbe garantire la partecipazione della base elettorale sia nella selezione dei candidati che dei programmi. La partecipazione diffusa non può fare a meno di una auctoritas altrettanto diffusa, una auctoritas non personificata ma – alla maniera di Habermas – ‘scolpita nelle regole’ (che è diverso da una fedeltà cieca al non-statuto, pateticamente propagandata dal Lidér Maximo tramite il blog).

La retorica dell’uno vale uno si scontra con il limite invalicabile dell’insindacabile giudizio di Grillo. Grillo ha la proprietà del marchio. Il M5S è un ‘prodotto ‘ di Grillo. Essere un prodotto si scontra con la libera discussione. Per ‘realizzare un prodotto’ serve gerarchia e certezza di comando, null’altro. Se il M5S vuole sottrarsi al destino di un prodotto (essere venduto?) deve rifondarsi dandosi finalmente la struttura organizzativa che garantisce la partecipazione diffusa: istituendo un anagrafe degli elettori, decidendo le proprie candidature e le proprie liste con primarie aperte, avviando sul web il progetto di una agorà virtuale in cui realizzare la discussione ragionata, la decisione e la deliberazione costante – non plebiscitaria – relativamente alle proposte politiche. Tutto ciò è ancora lungi dal venire e certamente il dibattito asfittico dei pro o dei contro Grillo non serve alla causa.

Nuova scomunica di Beppe Grillo. E-democracy e carisma del capo

English: Beppe Grillo in Piazza Castello in Tu...

Image via Wikipedia

In un crescendo rossiniano, si è nuovamente giunti al parossistico annuncio a mezzo blog che chi si occupa del Movimento 5 Stelle ma non è fedele alla linea dell’ispiratore del Movimento 5 Stelle, allora deve essere sbattuto fuori. Valentino Tavolazzi ha avuto l’ardire di convocare una assemblea di movimentisti, più o meno ascrivibili all’area del M5S, a Rimini, ieri e ieri l’altro. Tavolazzi ha voluto mettere in discussione, insieme ad altri, la forma organizzativa del M5S e provare a risolvere i dubbi amletici che affliggono il non-partito fin dalla nascita. Per esemplificare, vi sottopongo questa ottima infografica pubblicata da Linkiesta:

Il gruppo riunitosi a Rimini lo scorso week-end ha cercato di rispondere a questi dilemmi con un metodo pratico che loro chiamano “open space technology”. Certo, per un movimento politico il metodo non può e non deve essere il fine, bensì il mezzo per realizzare la partecipazione dal basso tanto evocata da Grillo. Il gruppo di Tavolazzi ha evidenziato il fatto che la semplice interazione on-line non è sufficiente e che il rapporto umano e politico non si può risolvere in un attivismo da tastiera sempre votato all’indignazione. E’ necessario far compiere al M5S un salto di qualità, e questo si può ottenere solo con l’incontro faccia a faccia e la formulazione di proposte vere e “organiche”. Né più né meno di quello che fanno a Prossima Italia, che in questo senso dimostra di essere avanti anni luce rispetto al M5S.

La risposta di Grillo è stata una nuova scomunica. Della serie: se non sei come me, sei contro di me. Questa frase niente altro è che la riedizione ennesima della coppia dicotomica Amico-Nemico tanto cara a Carl Schmidt. Una logica che sottende sempre all’esclusione dell’altro, se l’altro non la pensa come me. A considerarlo una anomalia e a combatterlo. Ma la politica non è ‘guerra’. La politica è discussione delle regole del viver civile. E’ strano che il movimento politico ispirato dal sostenitore della ‘democrazia dal basso’ sia invece caratterizzato da dinamiche proprie di un partito carismatico. E’ il capo che giudica. E’ il capo che decide le regole (secondo il detto latino quod principi placiut habet legis vigorem) e che le cambia a proprio piacimento. La sua leadership è fondata sull’autorevolezza del proprio nome. Sulle sue gesta. E’ una caratterizzazione simbolica che trascende dalla realtà. Grillo su questo piano non è diverso da Umberto Bossi. Entrambi godono dell’aurea del Capo condottiero. E possono cacciarti, se vogliono. O premiarti con un feudo. A seconda del tuo grado di fedeltà. Valentino Tavolazzi ha tradito il M5S. Ma questa non doveva essere e-Democracy?

Valentino Tavolazzi è consigliere a Ferrara per la lista civica “Progetto per Ferrara” appoggiata a suo tempo da me. Si candidò prima della nascita del M5S (*). Non ha purtroppo capito lo spirito del M5S che è quello di svolgere esclusivamente il proprio mandato amministrativo e di rispondere del proprio operato e del programma ai cittadini. Non certamente quello di organizzare o sostenere fantomatici incontri nazionali in cui si discute dell’organizzazione del M5S, della presenza del mio nome nel simbolo, del candidato leader del M5S o se il massimo di due mandati vale se uno dei due è interrotto. Sarà sicuramente in buona fede, ma Tavolazzi sta facendo più danni al M5S dei partiti o dei giornali messi insieme. A mio avviso ha frainteso lo spirito del M5S, ha violato il “Non Statuto” e messo in seria difficoltà l’operato sul campo di migliaia di persone in tutta Italia. Per questo, anche di fronte ai suoi commenti in cui ribadisce la bontà di iniziative che nulla hanno a che fare con il M5S, è per me da oggi fuori dal M5S con la sua lista “Progetto per Ferrara”. Chi vuole lo segua. Beppe Grillo.
(*) Dopo la costituzione del M5S non è più permesso associarsi ad altre liste

#100monti e l’Agenda Digitale

Nel documento riassuntivo dell’operato del governo Monti pubblicato sul sito del governo si narra di qualcosa che ancora non c’è: l’Agenda Digitale. Non più di un enunciato, non più di una bozza, non più di una manciata di idee. Ma ricordiamoci ancora una volta che dovevamo ripartire da Gogol…

AGENDA DIGITALE PER L’ITALIA DI DOMANI

Sulla base della strategia definita nel 2010 dalla Commissione europea “Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, è stata predisposta l’Agenda digitale italiana che mira a rendere liberamente disponibili i dati delle pubbliche amministrazioni, incentivando la trasparenza, la responsabilità e l’efficienza del settore pubblico; puntando ad alimentare l’innovazione e stimolare la crescita economica.
Il termine ultimo per la realizzazione è il 2020. Entro questa data dovranno essere portati a compimento tanti, e diversi, obiettivi. Tra questi, l’uso sociale della tecnologia, la realizzazione delle reti di nuova generazione e, più in generale, l’alfabetizzazione digitale. Da oggi, per tradurre in pratica questi obiettivi è stata istituita una cabina di regia. A questa spetterà il compito di coordinare l’azione delle amministrazioni centrali e territoriali: i Ministeri, le Regioni, gli Enti locali e le Autorità indipendenti. La cabina di regia opererà su cinque fronti:

Banda larga e ultra-larga. Per “banda larga” si intende il sistema di connessione che permette di inviare informazioni a una velocità che varia dai 2 ai 20 Mbps (megabit per secondo). La “banda ultra-larga”, invece, viaggia a velocità superiore: tra i 30 ai 100 Mbps. Nonostante gli sforzi compiuti finora l’Italia è ancora indietro rispetto ai partner occidentali. I dati parlano chiaro: quasi 5,6 milioni di italiani si trovano in condizione di divario digitale, difettano cioè delle nozioni di base per poter usufruire dei benefici del web. Mentre sono almeno 3000 le località nel Paese che soffondo di un ‘deficit infrastrutturale’ – sono cioè prive delle infrastrutture necessarie per godere dei benefici della banda larga e ultra-larga – soprattutto nel Mezzogiorno, nelle aree rurali e in quelle lontane dai grandi centri urbani.

Smart Communities/Cities. Le città “smart” sono spazi urbani entro i quali le comunità residenti (la community) possono incontrarsi, scambiare opinioni, discutere di problemi comuni, avvalendosi di tecnologie all’avanguardia. La community funziona anche da stimolo per realizzare ricerche e progetti utili alle pubbliche amministrazioni. L’Agenda digitale italiana stanzia nuovi finanziamenti per realizzare le piattaforme tecnologiche necessarie a consentire alle città di adottare la filosofia smart.

Open data. L’open data – letteralmente “dati aperti” – è un nuovo approccio alla gestione dei dati e delle informazioni in possesso delle istituzioni pubbliche, interamente gestito attraverso le tecnologie telematiche. Il governo inglese e quello statunitense sono stati i primi a sperimentare questo sistema. Ma il numero di governi che adotta questo approccio è in continua crescita. Con l’open data tutte le informazioni delle istituzioni pubbliche vengono “liberati” e diventano accessibili e interscambiabili online. L’adozione del formato open è un’opportunità importante anzitutto per le amministrazioni, che superano così gli schemi rigidi e burocratici di accesso ai dati e di gestione delle risorse informative. Si pensi che, nella sola Europa, il “valore” dell’informazione pubblica ammonta a circa 140 miliardi di euro l’anno. Ma il formato open è un’opportunità anche per i cittadini. L’immensa mole di dati resi pubblici permette di avvicinarli alle istituzioni, rendendoli più partecipi al loro operato.

Cloud Computing. La “nuvola di dati” è una delle novità più importanti dell’evoluzione tecnologica. Nel caso delle pubbliche amministrazioni, con cloud si intende la possibilità di unire e condividere informazioni provenienti da istituzioni diverse. Questo processo permette la maggiore interoperabilità dei dati, con vantaggi evidenti per la rapidità e la completezza dei processi amministrativi.

E-government. Ultimo, ma non per questo meno importante, è il principio del governo digitale, o e-government. Con l’Agenda digitale si creano nuovi incentivi per l’utilizzo delle tecnologie digitali nei processi amministrativi per fornire servizi ai cittadini. Ne beneficiano l’efficienza, la trasparenza e l’efficacia. Un esempio concreto è quello degli appalti pubblici, con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici. Le imprese, dal 1 gennaio 2013, presenteranno alla Banca tutta la documentazione contenente i requisiti di carattere generale, tecnico ed economico

Dietro ACTA la strategia ultra repressiva della Commissione Barroso

[tradotto da cubicamente] Articolo originale su LQDN
La Commissione europea sta inesorabilmente difendendo ACTA, l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement, tanto che deve affrontare l’opposizione diffusa in Europa e fuori. Raffigurando falsamente ACTA come un accordo accettabile, la Commissione sta preparando la strada per la sua agenda ultra-repressiva in fatto di rafforzamento del copyright, come rivelato nei documenti appena pubblicati. I cittadini e i loro rappresentanti eletti in tutta Europa devono denunciare questa pericolosa deriva del processo di decisione politica, che è destinato a minare le libertà online e la stessa architettura di Internet, che invece richiedono una profonda riforma del diritto d’autore.
La scorsa settimana, Neelie Kroes (Commissario UE per l’Agenda digitale) e Viviane Reding (commissario europeo per la Giustizia, Cittadinanza e diritti fondamentali) hanno entrambi espresso il loro sostegno ad ACTA, aiutando così Karel De Gucht, commissario per il Commercio Internazionale, nella ‘vendita’ di questo infame accordo al Parlamento Europeo. Il commissario De Gucht ha passato un sacco di tempo la scorsa settimana facendo lobbying presso il Parlamento Europeo, incontrandosi con i vari gruppi politici per convincerli che l’opposizione ad ACTA si basa sulla disinformazionee che i membri del Parlamento Europeo (MEP) dovrebbe accettarlo.E’ estremamente preoccupante vedere sia Neelie Kroes che Viviane Reding indifferenti alle numerose critiche contro ACTA. La Quadrature du Net, come sottolinea in un documento (1), sostiene che gli argomenti addotti dai commissari UE a favore di ACTA non resistono ad una verifica dei fatti.
Ancor più preoccupante è che, senza nemmeno aspettare la decisione del Parlamento europeo di accettare o rifiutare ACTA, il commissario Michel Barnier, responsabile del mercato interno, sta già spingendo per la nuova applicazione di misure repressive in materia di copyright analoghe a quelle dei disegni di legge Sopa / PIPA negli Stati Uniti. Una ‘roadmap’ pubblicata di recente sulla revisione dell'”Intellectual Property Rights Enforcement direttiva” (IPRED – 2), conferma che la Commissione intende specificamente affrontare casi di violazione on-line, utilizzando ACTA per implementare meccanismi di censura privati ​​nell’ordinamento normativo europea (3).
Il documento suggerisce che un rapido, extra-giudiziale oscuramento dei contenuti online, blocchi nelle forme di finanziamento dei siti web che si presume siano in violazione e anche misure di filtraggio del traffico Internet potrebbe essere considerati (4) con il pretesto della cooperazione tra gli operatori di Internet e le industrie del copyright (5). Inoltre, vi è una chiara volontà di estendere la portata delle sanzioni attraverso una definizione di “scala commerciale”, che dovrebbe includere qualsiasi attività che possa provocare perdite di ricavi per le major del cinema e della musica (6).
“La Commissione europea sta cercando di aggirare la democrazia per imporre misure repressive che saranno rese inevitabili da ACTA. Mentre Michel Barnier sta già lavorando per implementare le misure repressive di ACTA nel diritto comunitario nella revisione di IPRED, i commissari De Gucht, Kroes e Reding chiedono al Parlamento di accettare ACTA, come se si trattasse di un accordo commerciale innocuo. La verità è che la Commissione sta cercando di imporre l’agenda scritta dalle Industrie del settore per far rispettare le politiche obsolete sul copyright, sui brevetti e sui marchi attraverso dure sanzioni penali e misure extra-giudiziarie” ha dichiarato Jérémie Zimmermann, portavoce del gruppo di difesa dei cittadini La Quadrature du Net.
“Ciò che è necessario non è una maggiore repressione, ma un aperto dibattito per la positiva riforma di un regime del copyright che è sempre più in contrasto con i diritti fondamentali e l’innovazione. Se ratificato, ACTA creerebbe nuovi significativi ostacoli alla riforma. I cittadini dell’UE devono continuare ad invitare i loro rappresentanti eletti a respingere ACTA. E’ l’unico modo per bloccare questa corsa agli armamentie sviluppare un quadro positivo per l’attività creativa in un ambiente digitale e le nuove pratiche culturali” dichiara Philippe Aigrain, co-fondatore de La Quadrature du Net.

Entra in contatto con i membri del Parlamento Europeo per assicurarsi che essi sappiano di che cosa tratta davvero ACTA.

1. https :/ / www.laquadrature.net / wiki / Counter-Arguments_Against_ACTA
2. Vedi la nostra webdossier il IPRED: http://www.laquadrature.net/en/anti-sharing-directive-ipred
3. Secondo questo documento, “il relativo anonimato di Internet, la sua natura transfrontaliera e dei suoi servizi ai consumatori e user-friendly accessibili da tutto il mondo hanno creato un ambiente online in cui tali soggetti non possono essere facilmente identificati, le prove digitali sono difficili da preservare, i danni derivanti dalle vendite su internet sono difficili da quantificare e, dopo essere stato scoperto, i trasgressori in fretta possono”riapparire” sotto un nome diverso”. Vedi: http://ec.europa.eu/governance/impact/planned_ia/docs/2011_markt_006_rev
4. Come dice l’articolo 27 di ACTA, IPRED prevede già misure per “scoraggiare ulteriori violazioni”. Sembra che la Commissione voglia imporre misure ad hoc per impedire le violazioni.
Nel corso di una udienza presso il Parlamento Europeo sui marchi di fabbrica a metà gennaio, Jean Bergevin, capo unità per l’applicazione della proprietà intellettuale presso la Commissione europea, ha sottolineato che il blocco DNS veniva considerata come una misura di ultima istanza, quando di diritto civile non riesce a fermare l’infrazione.
5. La cooperazione è una parola make-up per celare misure extra-giudiziarie. ACTA incoraggia la cooperazione per affrontare i contenuti online in presunta violazione del copyright (art. 27,4). Il documento indica una tabella di marcia che recita:
“Misure complementari in strumenti di soft-law destinati a distruggere il businness/catena del valore della contraffazione e ad accrescere la cooperazione tra i titolari dei diritti di proprietà intellettuale e gli intermediari (ad esempio fornitori di servizi Internet, gli spedizionieri e corrieri, i service provider di pagamernto, ecc.) non si possono escludere”.
Questo chiaramente fa eco alle misure di SOPA e PIPA. Previa notifica da parte delle industrie di intrattenimento, i motori di ricerca così come i fornitori di pagamento e gli inserzionisti sarebbero stata impossibilitata a fornire prestazioni o di contrattare con determinati siti web, senza alcuna decisione giudiziaria. Per un’analisi dettagliata di tali disposizioni, si veda: http://benkler.org/WikiLeaks_PROTECT-IP_Benkler.pdf
Osservate come “cooperazione” è diventata una parola chiave nelle politiche di tutela del copyright: http://www.laquadrature.net/wiki/Cooperation
6. Vedi argomentazioni contrarie a quanto sostenuto dalla Commissione Europea che ACTA è relativo solo alla contraffazione su larga scala: https://www.laquadrature.net/wiki/Arguments_Against_ACTA # 0,22 ACTA_does_no …

ACTA, i segreti e le bugie

Ieri, mentre i giornali italiani erano intenti a osservare la novità della nevicata a Roma, in centinaia di città in tutta Europa si svolgevano manifestazioni contro ACTA, l’accordo commerciale anti contraffazione che l’Unione Europea ha firmato e che si appresta a adottare senza la benché minima discussione pubblica. E guardando la cartina qui sopra si può ben comprendere in quali paesi si stia organizzando una mobilitazione contro ACTA e in quali no. Il nostro paese è in prima linea fra quelli che se ne disinteressano. Tanto per capirci.

E’ stato detto che all’interno di ACTA nessuna norma esplicitamente metteva in opera meccanismi giuridici contro la libertà di internet. In un articolo di Timothy B. Lee, ‘Cosa Acta non dice’, apparso originariamente su Ars Techica con il titolo ‘As Anonymous protests, Internet drowns in inaccurate anti-ACTA arguments’, pubblicato in Italia da Valigia Blu con la traduzione di Fabio Chiusi, viene scritto in tono tranquillizzante e un po’ accademico, che “niente nel trattato sembra richiedere agli ISP di controllare il traffico dei loro clienti”. Lee sostiene che nell’articolo 27 comma 3 del testo finale di ACTA non si può ravvisare alcun riferimento alle pratiche francesi dei three strikes e delle disconnessioni.

Per meglio comprendere la veridicità dell’affermazione di Lee, è necessario prendere in esame l’art. 27 quasi per intero.

ARTICLE 27: ENFORCEMENT IN THE DIGITAL ENVIRONMENT

[Applicazione all’ambito digitale]

1. Ciascuna parte provvede affinché le procedure di attuazione, nella misura di cui alle Sezioni 2 (diritto civile) e 4 (esecuzione penale), siano disponibili nel proprio ordinamento giuridico, in modo da consentire un’azione efficace contro un atto di violazione della proprietà intellettuale e di diritti di proprietà che si svolge in ambito digitale, tra cui rapidi rimedi per prevenire violazioni e rimedi che costituiscano un deterrente contro ulteriori infrazioni.

1. Each Party shall ensure that enforcement procedures, to the extent set forth in Sections 2 (Civil enforcement) and 4 (Criminal Enforcement), are available under its law so as to permit effective action against an act of infringement of intellectual property rights which takes place in the digital environment, including expeditious remedies to prevent infringement and remedies which constitute a deterrent to further infringements.

Il comma 1 definisce le caratteristiche degli strumenti legislativi che devono operare in ambito digitale per “un’azione efficace” contro la violazione del copyright:

  1. rapidi rimedi per prevenire violazioni;
  2. rimedi che costituiscano un deterrente contro ulteriori infrazioni.
Prevenzione e deterrenza: come si possono tradurre questi due criteri – dico, tecnicamente e giuridicamente – in ambito digitale? ACTA non ce lo dice. Quindi è vero, ha ragione Lee: ACTA non prescrive le disconnessioni ma mette – e questo Lee non lo dice – i governi nelle condizioni per doverle adottare.
Il comma 2 rimescola le carte:
2. Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di attuazione di ciascuna parte si applicano alle violazione dei diritti d’autore o connessi su reti digitali, che possono includere l’uso illecito dei mezzi di vasta distribuzione per scopi illeciti. Queste procedure saranno applicate in modo tale da evitare la creazione di ostacoli alle attività legittime, compreso il commercio elettronico, e, coerentemente con la legislazione di detta Parte contraente, preservando i principi fondamentali quali la libertà di espressione, processo equo, e privacy.
2.  Further to paragraph 1, each Party’s enforcement procedures shall apply to infringement of copyright or related rights over digital networks, which may include the unlawful use of means of widespread distribution for infringing purposes. These procedures shall be implemented in a manner that avoids the creation of barriers to legitimate activity, including electronic commerce, and, consistent with that Party’s law, preserves fundamental principles such as freedom of expression, fair process, and privacy.
I mezzi di vasta distribuzione non sono altro che le piattaforme di filesharing. “Evitare la creazione di ostacoli alle attività legittime” può esser considerata una tutela delle migliaia di utenti che – come nel caso di Megaupload – utilizzano tali servizi di hosting per conservare i propri documenti. Una ulteriore tutela può esser intravista nell’ultimo capoverso, in cui è scritto che è necessario preservare i “principi fondamentali quali la libertà di espressione, processo equo, e privacy”. Le disconnessioni previste nell’Hadopi francese dovrebbero così essere scongiurate. Il comma 4 però pone altri problemi:
4. Una parte può fornire, in conformità alle proprie disposizioni legislative e regolamentari, alle sue competenti autorità il potere di ordinare a un provider di servizi online di rivelare rapidamente a un titolare di diritti [di proprietà intellettuale] informazioni sufficienti per identificare un utente il cui account sarebbe stato utilizzato per la violazione, se tale titolare ha presentato a norma di legge un sufficiente reclamo per infrazione di marchio o diritto d’autore o connessi, e laddove tali informazioni vengono richieste al fine di proteggere o di far rispettare tali diritti.
Tali procedure sono attuate in modo tale da evitare la creazione di ostacoli all’attività legittima, compreso il commercio elettronico, e, coerentemente con la legislazione di detta Parte contraente, conserva i principi fondamentali quali la libertà di espressione, di processo equo, e privacy.
4. A Party may provide, in accordance with its laws and regulations, its competent authorities with the authority to order an online service provider to disclose expeditiously to a right holder information sufficient to identify a subscriber whose account was allegedly used for infringement, where that right holder has filed a legally sufficient claim of trademark or copyright or related rights infringement, and where such information is being sought for the purpose of protecting or enforcing those rights.
These procedures shall be implemented in a manner that avoids the creation of barriers to legitimate activity, including electronic commerce, and, consistent with that Party’s law, preserves fundamental principles such as freedom of expression, fair process, and privacy.

Ed ecco il nonsense: quale autorità ha il potere di pretendere dall’ISP i dati dell’utente che viola il copyright? ACTA non specifica. Dice solo che le Parti contraenti hanno la possibilità di individuare all’interno del proprio ordinamento le autorità competenti per farlo. Può anche essere l’autorità giudiziaria, ma non è detto. Un giusto processo ha bisogno di tempo per poter essere celebrato. Come si integra il rispetto ai principi del giusto processo, il potere di poter pretendere i dati sensibili dell’utente e la rapidità dei meccanismi di prevenzione di cui al comma 1?

Secondo LQDN (La Quadrature du Netquesti meccanismi “sono chiamati dalla Commissione europea come “misure extra-giudiziarie” e “alternativi ai tribunali”. Di fatto, un giusto processo è tecnicamente impossibile per prevenire le azioni illegali in internet in materia di diritto d’autore. E di fatto viene attribuito a un privato il potere di perseguire il presunto trasgressore (a cosa volete che servano queste “informazioni” sull’utente?). Non è l’autorità giudiziaria o quella amministrativa (penso ad una Autority in stile HADOPI) a contrastare l’utente che viola il coyright ma lo stesso titolare del diritto d’autore. Questa si chiama giustizia privata.

[Rimando a ulteriore post per la parte relativa alle sanzioni]