Uguaglianza, Individuo e le prospettive errate

No. Non credo, come scrive Giulio Del Balzo su Europa (rubrica Leopolda, di chiara provenienza http://www.europaquotidiano.it/2013/09/12/cuperlo-non-dimenticarti-dellindividuo/), che il “nostro” (nostro, ovvero del Partito Democratico) “obiettivo deve consistere nella convivenza pacifica e felice tra ineguali, perché la diversità è l’essenza stessa dell’umanità”. L’autore qui parla da una prospettiva prettamente economica: la diseguaglianza di cui sopra è soprattutto materiale, di possesso, fin quasi di reddito. E ritengo ancor più profondamente sbagliato metterla al centro di una azione politica.

L’errore compiuto da Del Balzo è duplice: da un lato prende in considerazione il vecchio – vecchissimo – archetipo della contrapposizione fra individuo e Stato (fra iniziativa economica privata e iniziativa pubblica); dall’altro assegna al Mercato quel ruolo di regolatore automatico della ricchezza che sappiamo non ha o ha molto raramente e in certe condizioni (per esempio, la libertà di accesso alle risorse). Ebbene, l’individuo preso astrattamente può funzionare nel discorso di Del Balzo, ma cade a pezzi nella realtà fattuale poiché l’individuo è tale per la sussistenza delle relazioni sociali. Ed è la società l’obiettivo a cui deve guardare uno Stato. Non si tratta di mera attenzione per gli ultimi, si tratta invece di rendere l’ambiente sociale adeguato alla partecipazione di tutti. Partecipazione al lavoro, alla distribuzione meritocratica della ricchezza, alla salvaguardia del sé stesso e di chi lo circonda (dalla malattia, dalla vecchiaia, dalla inabilità). Non si tratta di confinare l’azione dello Stato in un ambito ristretto; non si tratta di ricadere nella dicotomia Stato minimo-Stato massimo. Si tratta di agire sulle opportunità. E’ questa l’eguaglianza di cui parliamo. Opportunità, accesso, distribuzione, condivisione.

Del Balzo scrive: “La libertà economica è uno dei fondamenti della democrazia: un mercato aperto, concorrenziale e liberale è quanto di più eguale e dignitoso a cui i cittadini possano aspirare. Dobbiamo mirare a garantire la libertà di mercato, combattendo i monopoli che lo ingessano, l’eccessiva pressione fiscale e il corporativismo sfrenato che sta divorando il nostro Paese”. Sarà certamente venuto a sapere che i mercati non sono mai liberi, aperti, concorrenziali se lo Stato non interviene con lo strumento normativo. Le distorsioni sono sempre presenti, poiché il mercato replica esattamente le posizioni di potere della società: il mercato è immerso nella società, è immerso nelle relazioni (che sono l’ambito della diseguaglianza – è noto che chi ha più capitale relazionale, ha maggiori opportunità di trovare lavoro, per esempio); non può prescindere da esse e non può fare che rafforzarle. Si prenda, a paradigma, la crisi finanziaria 2007-2013: essa ha messo in luce le storture di un mercato finanziario in cui regna l’asimmetria delle informazioni – gli attori del mercato non sono tutti pienamente ed adeguatamente informati circa i rischi delle operazioni: c’è qualcuno che conosce il meccanismo, qualcuno che lo subisce. Se non ci fosse lo Stato (e il debito pubblico), il sistema finanziario occidentale sarebbe steso ko come un vecchio pugile. Lo Stato ha salvato le banche, l’iniziativa privata ed egoistica della creazione di denaro dal denaro. In questo senso, l’iniziativa individuale ha fallito. Si è trasformata in un potente virus distruttivo, volto soprattutto ad annientare la pacifica convivenza.

Qualcosa circa l’uguaglianza che dovete sapere: http://www.ciwati.it/2013/06/14/un-po-di-uguaglianza/

Il ballo della Troika e la Slovenia

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Sembra che fra i due milioni di abitanti della Slovenia non siano molto chiare le conseguenze dell’incontro fra il neo Primo Ministro Alenka Bratusek e José Manuel Barroso, avvenuto ieri a Bruxelles. Bratušek è divenuta Premier il 20 marzo 2013, dopo il voto di sfiducia parlamentare al governo di Janez Janša. È la prima donna a svolgere l’incarico di Primo ministro in Slovenia. Le condizioni economiche del paese sono abbastanza gravi tanto da far prospettare il ricorso agli strumenti di difesa della Zona Euro. Ma le due principali testate giornalistiche online, Vecer e Primorske Novice, non aprono le home page con titoloni della famigerata serie ‘Fate presto’ e simili. La politica ha il suo spazio, fra le altre notizie, nelle slide riassuntive degli eventi di giornata, ma nessun allarme rosso. Eppure il paese è prossimo candidato al commissariamento della Troika, poche settimane dopo Cipro. L’edizione cartacea di Primorske Novice apre con un titolo molto rassicurante: “Europa ritiene che non sarà necessario l’aiuto della Slovenia”. Ma noi tutti conosciamo cosa è il “ballo della Troika”[1].

L’incontro con Barroso è stato seguito da una serie di commenti che purtroppo siamo molto abituati ad ascoltare: la Slovenia “non ha chiesto aiuti”, “non ha bisogno di aiuti” ma “siamo molto preoccupati della sua stabilità” e “il nuovo governo non solo dovrebbe attuare riforme, ma deve costruire un consenso nazionale per attuare queste riforme” (sono le parole esatte di Barroso, ndr.). Di cosa si tratta? Ma naturalmente di privatizzazioni, di compressione salariale ottenuta con una maggiore tassazione, di una riforma del sistema bancario, di riforma pensionistica, di riforma costituzionale con l’inserimento della norma sul pareggio di bilancio. Ricetta nota.

I sindacati, scrivono su Primorske Novice, non consentiranno queste riforme ma, aggiungono, i soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici potrebbero non essere sufficienti a coprire l’intero anno. Vecer riporta – a metà home page – le parole di Olli Rehn secondo il quale la situazione slovena è “grave”. Rehn afferma, tuttavia, che “non si tratta di un passo verso un programma di aiuti ma è necessario intendere il messaggio di oggi come una chiamata necessaria per la Slovenia e gli altri Stati con gravi squilibri di suscitare azioni decisive per invertire la tendenza negativa”. Ma l’Institute of International Finance (IIF), sollecita la zona euro a garantire alla Slovenia un prestito di precauzione, in modo da evitare qualsiasi successivo ampliamento dell’assistenza finanziaria.

La storia slovena degli ultimi mesi ricorda molto i fatti italiani del 2011. Un primo ministro accusato di corruzione (Janša), una veloce crisi parlamentare e un nuovo governo che nasce con una agenda politica scritta a Bruxelles:

Dopo le elezioni del 2011 Janša fu eletto nuovamente Primo Ministro con l’appoggio di 5 partiti, nonostante il parere contrario del Presidente della RepubblicaDanilo Türk dovuto al processo per corruzione in corso contro di lui. Nel gennaio 2013 Janša fu accusato di corruzione da parte della Commissione per la Prevenzione della Corruzione. Gli alleati di governo della Lista Civica chiesero le sue dimissioni da Primo Ministro; dopo il rifiuto di Janša, tre partiti lasciarono la coalizione di governo e il 27 febbraio2013 il governo è stato sfiduciato dall’Assemblea Nazionale. In seguito alla formazione del governo Bratušek il 20 marzo 2013 Janša è tornato membro dell’opposizione (Wikipedia).

La situazione economica e finanziaria è però differente da quella italiana. Lo squilibrio delle finanze pubbliche è stato causato non dal debito pregresso ma dai salvataggi delle banche.  Attualmente il debito/pil è al 52%, ma le scelte di oggi lo spingeranno ben oltre il 100% già nel 2020:

[è previsto] un incremento della disoccupazione che dal valore medio del 5,8% del periodo 2003-2008 è prevista arrivi al 9,8% nel 2014. E il bilancio pubblico segue. Il deficit/Pil a seguito della correzione approvata, dovrebbe arrivare al fatidico 3% l’anno prossimo, a fronte però di un aumento del debito pubblico che arriverà lo stesso anno al 61% del Pil (formiche.net).

[1] Il ballo della Troika è lo stillicidio di dichiarazioni, spesso in contraddizione fra di loro, sull’esigenza o meno di aiutare finanziariamente un paese della Zona Euro.

Il salvataggio di Cipro innesca la nuova crisi dell’Euro?

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Ecofin e FMI salvano Cipro dalla bancarotta con 10 miliardi di Euro condizionati all’approvazione di una nuova tassa una tantum applicata come prelievo forzoso direttamente sui conti correnti delle banche del paese. Si tratta del 9.90% per quei depositi che superano i 100 mila euro e del 6.75% per tutti gli altri conti. La corsa agli sportelli era già cominciata venerdì ma il governo ha disposto la chiusura delle banche fino a martedì. I correntisti potranno ritirare tutti i soldi, a parte il 10% sottoposto a tassazione.

Stando alle informazioni che circolano oggi sui social network, la Banca nazionale Greca avrebbe inviato a Cipro un aiuto di 4/5 miliardi di euro per fronteggiare l’assalto agli sportelli.

http://twitter.com/FGoria/status/313282765040803840

Londra ha annunciato oggi di essere pronta a fornire aiuto ai cittadini inglesi presenti sul territorio cipriota – si tratta soprattutto di militari:

George Osborne: “Quel che posso dire della situazione di Cipro è prima di tutto che non faremo parte del piano di salvataggio, perché David Cameron ci ha chiamati fuori su questi euro-salvataggi quando è diventato primo ministro.

“In secondo luogo, le banche cipriote in Gran Bretagna non saranno escluse da questa tassa sulle banche. Si tratta di una situazione molto difficile per le persone che vivono a Cipro.

“Ma io posso dire che per le persone che servono nella nostra missione militare e per i civili al servizio del nostro governo a Cipro – là abbiamo basi militari – ci accingiamo a rimborsare questa tassa. Le persone che stanno facendo il loro dovere per il nostro paese a Cipro saranno protette da questa imposta cipriota” (Guardian.com).

La nuova tassazione, per essere effettiva, necessita del voto del Parlamento cipriota. Ma su tale provvedimento non sembra esserci comune concordia nelle forze politiche tanto che il voto è stato posticipato a domani:

Schulz, presidente del Parlamento europe, viste e considerate le difficoltà nell’approvare tale durissima imposizione, propone di mettere un tetto alla tassazione, che a suo avviso non deve essere più di 25.000 euro:

L’accordo con le istituzioni europee (Ecofin) e il Fondo Monetario Internazionale prevede anche l’aumento delle imposte sulle imprese di un punto percentuale nonché una ristrutturazione bancaria. Ma se Cipro non vota il pacchetto di provvedimenti, rischia di uscire dall’Euro, con pesanti ripercussioni su tutto il sistema:

Questa pratica, la tassazione una tantum sui conti correnti, potrebbe divenire uno standard nelle operazioni di salvataggio dell’Eurozona. Il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Dijsselbloem, non lo esclude:

Intanto c’è preoccupazione per l’ordine pubblico a Nicosia:

In Germania l’antieuro si fa partito

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Oramai è opinione comune il fatto che la cura tedesca per la crisi del debito è tale da ammazzare il paziente. Le regole che l’Unione Europea si è data per ravvicinare le politiche finanziarie non erano frutto di decisioni prese ‘in prossimità’ del cittadino europeo, bensì nei lontanissimi palazzi a Bruxelles. Il Parlamento Europeo è percepito più come una fabbrica di burocrazia, che come il luogo della rappresentanza popolare. Senza discussione, l’euro è non solo una moneta senza Stato, ma è anche una moneta senza popolo.

A Sud, nei paesi soggetti alle stringenti regole della Trojka, esplode la crisi, la disoccupazione; il malcontento sociale, e addirittura la miseria, riesce a coinvolgere pure il ceto medio. I PIIGS muoiono sotto il peso del loro debito a causa dei tagli alla spesa operati dai governi ‘fedeli alla linea’ di Bruxelles, che è poi quella linea economica che subodora della ideologia tedesca della ‘svalutazione salariale’ (una svalutazione interna eseguita con la compressione dei salari a sua volta ottenuta con una maggiore tassazione – specie quella ‘erga omnes’ come l’IVA – o con dei tagli effettivi alla quota salari, come è avvenuto in Grecia). La cura da cavallo è tale da schiantare le economie dei paesi dell’eurozona. E’ una ricetta profondamente sbagliata. Di base contiene l’idea che l’inflazione sia un male assoluto da combattere con ogni mezzo. La fede nell’indicatore macroeconomico rende ciechi. Nei paesi del sud Europa non c’è inflazione, se non quella importata con i prodotti petroliferi. Senza inflazione, l’economia è costretta a contrarsi. La mano pubblica usa il raccolto della tassazione per coprire un debito garguntesco, non investe e non paga i fornitori. A catena si innesca la chiusura delle aziende e la disoccupazione.

Questa è la realtà in paesi come Spagna, Portogallo, Italia e Grecia. In Germania, invece, l’opinione pubblica è terrorizzata di dover rinunciare alla propria ricchezza per pagare il debito dei ‘maiali’. Così la politica cieca di Merkel e della Buba, che in realtà uccide l’Unione monetaria, in patria è intesa come pericolosamente europeista. Un paradosso. In vista delle elezioni di settembre 2013, la tensione contro l’euro è destinata ad aumentare. Tanto che è nato un partito antieuropeista chiamato ‘Alternativa per la Germania’:

A guidare il nuovo partito tedesco, che raccoglie l’eredità del partito euroscettico “Liberi elettori”, c’è l’economista Konrad Adam e l’ex numero uno della Cancelleria del Lander Assia, Alexander Gauland. Il fondatore di “Liberi Elettori” Hans Olof Henkel è infatti uno dei firmatari del nuovo partito, convinto sostenitore del separatismo, tanto che ha spesso auspicato la creazione di un’Europa del nord ed un’Europa del Sud (L’euroscetticismo approda in Germania. Nasce il partito separatista).

Uno dei fondatori del movimento è un giornalista, Konrad Adam. E’ stato redattore della FAZ. Oppure troviamo l’ex sottosegretario del Primo Ministro democristiano dell’Assia, Alexander Gauland. Adam è nato nel 1942, Gauland nel 1941. E’ un partito di signori attempati, di anziani teorici del nulla. Hans-Olaf Henkel, altro fondatore, ex presidente della Confindustria tedesca e forse figura di spicco del movimento/partito, è anche lui nato nel 1940. E’ stato colui che per primo è giunto a teorizzare, nel Novembre 2010, una suddivisione dell’eurozona a due velocità: un euro forte del nord (per i paesi quali Germania, Benelux, Austria, Finlandia e Irlanda, ritenuti in grado di rispettare la disciplina finanziaria), un euro debole per i paesi del sud, capeggiati dalla Francia (!). Henkel considera i trattati sullo scudo dell’euro come dei veri e propri colpi di Stato, aperte violazioni dei trattati istitutivi dell’eurozona.

E’ evidente anche nel linguaggio la profonda cesura fra nord e sud Europa. A nord le novità in politica provengono da attempati signori che gridano al colpo di Stato per quei deboli tentativi di istituire una politica comunitaria in materia di finanza pubblica; a sud le piazze e le istituzioni sono presi d’assalto (democraticamente e non) dai giovani senza lavoro, prime vittime della crisi. In entrambi i casi chi va in fiamme è la casa comune europea.

Mps, Monti bond e la campagna elettorale

MPS

Infografica ANSA

Lo scandalo Mps ha radici molto profonde. Il sindaco di Siena, Ceccuzzi (PD), si dimise a metà Maggio 2012 dopo esser stato sfiduciato sul voto della legge di bilancio da parte della fazione PD facente capo ai ‘popolari’ della ex Margherita, per intenderci la corrente di Franco Marini. In realtà, la crisi del ‘sistema Siena’ comincia a fine 2011 quando emersero “tutte le difficoltà della Fondazione Mps, schiacciata da un indebitamento allora pari a circa un miliardo di euro e con la quasi totalità delle azioni del MONTE date in pegno alle banche a fronte dei prestiti” (Archivio La Stampa). I mercati finanziari, a inizio 2013, invece tendevano a scommettere sul risanamento di Mps da parte del nuovo management guidato da Alessandro Profumo.

09-01-13: Banca Mps ha chiuso le contrattazioni odierne a quota 0,29 euro, in rialzo del 4,45%, a fronte di un progresso limitato all’2,21% per il Ftse Mib. Segno evidente che, dopo la pausa di riflessione di ieri (-1,24%) hanno ripreso vigore gli acquisti.
Di sicuro, un peso in questo rally lo ha avuto il ritorno di fiducia sulla società grazie al calo del rendimento del Btp, sceso oggi sotto il 4,30% nella versione decennale: a fine settembre la banca registrava titoli di Stato per 25 miliardi di euro, con una forte esposizione sulle scadenze lunghe (huffpost.it).

E’ normale che il calo dello Spread Btp-Bund abbia giovato a Mps, avendo in pancia tutta quella scorta di titoli del Tesoro. Venticinque miliardi di euro che Mps ha dato allo Stato mentre sono 3,9 i miliardi ritornati con i Monti-bond. Il prestito del governo è stato votato a Dicembre con un emendamento alla legge di Stabilità. In precedenza, Mps aveva usufruito anche dei Tremonti-bond, per una cifra pari a 1,9 miliardi di euro. Si tratta di due strumenti diversi, frutto di provvedimenti normativi diversi. In particolare, i Tremonti-bond hanno la caratteristica di poter essere ripagati in forma ‘ibrida’, a scelta con azioni oppure obbligazioni. A seconda delle richieste della banca. E sono perpetui.

Questi aspetti, nei Monti-bond, vengono inizialmente recepiti. Il 17 dicembre scorso, Mario Draghi fa pervenire il proprio parere, nella veste di presidente della BCE, al governo e al ministro Grilli. La censura di Draghi, però, colpisce esattamente quella parte di normativa che i Monti-bond ereditano dai Tremonti-bond: appunto, la perpetuità e la caratteristica ibrida.

L’Eurotower non ha mancato di rilevare entrando nel merito dell’emendamento governativo alla legge di Stabilità per esprimersi a favore della trasformazione degli interessi dei Monti bond, il veicolo dell’aiuto di Stato, in nuove azioni della banca senese invece che in nuove obbligazioni […] il vantaggio del mancato ingresso dello Stato nella banca per gli attuali soci di Mps e, in particolare, il suo principale azionista, la Fondazione Mps di emanazione piddina, che non dovranno diluire le loro quote. A tutto svantaggio, oltre che del contribuente, dello stesso istituto di credito che, emettendo più bond, moltiplicherebbe gli interessi da pagare, limitando la capacità di generare capitale, in una spirale più simile a una catena di Sant’Antonio che a un risanamento (Wall Street Italia).

In sostanza, lo Stato emette il bond pro-Mps, la quale incassa subito promettendo di pagare interessi con tassi crescenti nell’arco degli anni. Solo per il 2012 si parla di 500 milioni di euro. Che Mps può non pagare effettivamente, ma lo farà emettendo un altro titolo di credito che lo Stato non incasserà mai, eccetera. Questa è la ‘formula alluga debito’ di cui parla Draghi e che invece Tremonti spiega in tv come una idea geniale. Il governo ha così corretto il tiro sulla base delle indicazioni della Bce e il Monti-bond prevede che:

Gli eventuali interessi eccedenti il risultato dell’esercizio, come definito al comma 3, sono composti mediante assegnazione al Ministero di azioni ordinarie di nuova emissione valutate al valore di mercato (art. 357, c. 3 – Legge 24.12.2012 n° 228 , G.U. 29.12.2012, altresì detta Legge di Stabilità 2013).

Una parte degli interessi viene monetizzata, l’altra parte, quella eccedente il risultato dell’esercizio, viene trasformata in azioni. Se il risultato dell’esercizio è negativo, tutto l’ammontare degli interessi viene trasformato in azioni ordinarie. Che passano nella mani del Tesoro. Questa è di fatto una ‘nazionalizzazione’ della Banca Mps. Tremonti ieri sera a La7 criticava i Monti-bond ma si diceva favorevole alla nazionalizzazione di Rocca Salimbeni. Una asincronia che è difficilmente spiegabile se non con una intenzione chiara di usare questo argomento per la campagna elettorale. Che Tremonti vuole costruire tutta intorno alla critica a Mario Draghi e a Mario Monti.

Osservate attentamente la scansione temporale. Mentre il governo inserisce l’emendamento salva-Mps nella legge di Stabilità e lo sottopone alla lettura di un Parlamento che subodora le elezioni anticipate, il duo Profumo-Viola, il 13 dicembre scorso, si fa inviare da Nomura la registrazione della conference-call avvenuta il 7 Luglio 2009 fra i vertici di Mps e di Nomura circa l’operazione di ristrutturazione del debito – in termine tecnico uno ‘swap’ – della Banca senese. Tutto ciò lo scrive il Fatto Quotidiano il 22 Gennaio 2013. Il medesimo giorno, Mussari si dimette dalla presidenza dell’ABI.

L’amministratore delegato, Fabrizio Viola, e il presidente, Alessandro Profumo, hanno scoperto solo il 10 ottobre 2012 un contratto segreto risalente al luglio 2009 con la banca Nomura relativo al derivato Alexandria. Quel contratto impone subito una correzione nel bilancio 2012 da 220 milioni, ma i consulenti di Pricewaterhouse ed Eidos stanno studiando per quantificare il buco reale che è certamente più alto: un autorevole ‘uomo del Monte’, sotto garanzia di anonimato, parla al Fatto di 740 milioni di euro. Il contratto (Mandate agreement) di 49 pagine in inglese è rimasto nascosto per tre anni e mezzo in una cassaforte del direttore generale Antonio Vigni, che lo firmò assieme all’ex capo della finanza Gianluca Baldassarri (Il Fatto Q).

Appena scoperto il contratto truffa, Viola chiede al governo di aumentare il prestito da 3,4 a 3,9 miliardi di euro. Il Monti-bond viene approvato in tutta fretta – con un emendamento! –  e Monti cerca addirittura di forzare la mano al Parlamento chiedendo la questione di fiducia (ottenuta in entrambi i rami del Parlamento, con quel giallo – quello della tentata sfiducia del segretario del PdL, Alfano, poi ritirata in maniera goffa con un cambio di rotta finora rimasto inspiegabile).

Draghi, per bocca della Bce – che con la nascita della Vigilanza bancaria unica che si appresta a diventare il principale organo di controllo anche delle banche italiane – fa sapere a Monti e Grilli che il governo avrebbe dovuto consultare Francoforte e tenere conto di questo parere prima di introdurre l’emendamento sui Monti bond nella Legge di stabilità (Wall Street Italia).

Draghi interviene pesantemente in questa vicenda. Nel correggere il governo sul provvedimento dei bond. E ora viene coinvolto nella polemica politica per la ‘mancata sorveglianza’. Ma anche Mario Monti sapeva. Grilli pure. Chi ha suggerito lo scoop a quelli de Il Fatto? Il governo? Monti non avrebbe di certo interesse a rivelare una vicenda che metterebbe in dubbio l’operato di Draghi in seno a Bankitalia.

Allora chi? I vertici di Mps? Profumo? Viola? E a che scopo?

Fiscal Cliff sempre più vicino

Armageddon delle tasse e dei tagli. In Italia potremmo chiamarlo ‘Agenda Monti’. Non è altro che un quadro normativo che impone il rientro dal deficit per gli Stati Uniti; una sorta di cura da cavallo, che però ammazza il cavallo e anche chi gli sta intorno. Il Fiscal Cliff è un complesso di norme che si è attivato automaticamente. Non è però una attivazione casuale. C’è un colpevole e si tratta di una certa commissione di esperti che entro la fine di Novembre doveva fornire le soluzioni normative per la riduzione del deficit di $ 1,2 trilioni in dieci anni. Questa commissione ha fallito il suo obiettivo, e pertanto una parte del Budget Control Act del 2011 ha “preso vita”. La parte che implica questa curva di rientro (parte in rosso):

Deficit_or_Surplus_with_Alternative_Fiscal_ScenarioIl meccanismo prende anche il nome di “sequestro del budget” o “sequestration”. La riduzione della spesa pubblica interesserebbe in parti uguali sia la Difesa che la spesa interna mentre un altro provvedimento legislativo, l’Affordable Care Act impone nuova tassazione per circa 250.000 dollari all’anno. Lo scenario alternativo può essere conseguito solo in seguito alla estensione della effettività del cosiddetto Bush Tax Cuts – il provvedimento che tagliò le tassazioni ai ricchi e che venne già rinnovato nel 2010. Senza accordo politico non si otterrà nulla. Ma è evidente che il disinnesco del Fiscal Cliff lascerebbe irrisolto il problema del debito americano. Guardate il grafico sottostante (indica l’andamento del rapporto debito/PIL federale dal 1940 ad oggi, con la proiezione sino al 2022):

Historic_Federal_DebtIn rosso potete apprezzare l’andamento del rapporto debito/PIL federale con il Fiscal Cliff applicato, in azzurro in caso di estensione del Bush Tax Cuts ed altri (per un elenco esaustivo dei provvedimenti che hanno generato la rupe fiscale, vi rimando alla più estensiva nota su Wikipedia U.S., http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_fiscal_cliff pagina dalla quale provengono i grafici soprastanti).

Harry Reid, il leader dei senatori democratici, ha detto stasera che vi sono oramai poche chance per evitare il Fiscal Cliff sono quasi nulle, mentre lo speaker della Camera, John Boener, afferma che le proposte della Casa Bianca continuano a non essere serie.

 

Intanto consiglio questo blog per seguire passo passo gli aggiornamenti della situazione:

OCSE: Italia e la crescita che verrà (nel 2014)

I dati OECD (OCSE) indicano che la crescita economica per l’Italia avverrà, ma un po’ più tardi. Nel 2014! Il dato preso così come è stato divulgato dai giornali lascia un po’ perplessi, anche perché c’è chi (Monti) ha affermato che stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel. Ecco, oggi sappiamo che il tunnel durerà per tutto il 2013. Ho scartabellato fra le serie storiche dell’OECD (qui) e ho ricavato il grafico che segue relativo all’andamento del GDP su base annua (Pil) italiano secondo il dato ufficiale (linea blu) e proseguendolo con le proiezioni OECD (linea rossa):

 

Come potete osservare voi stessi, la linea rossa valica lo zero soltanto alla fine del 2013. Se può consolare, l’ultimo trimestre 2012 dovrebbe essere il picco negativo della crisi, dopodiché dal 2013 avremo un trend di ripresa, pur con crescita negativa. Quello che dovrebbe preoccupare maggiormente, a mio avviso, è che l’OECD ha previsto un andamento della curva di crescita con pendenze decrescenti già a metà 2014.

Area arancio: Pil negativo ma con pendenze crescenti; area verde, Pil e pendenze crescenti; Pil positivo e pendenze decrescenti

 

Corte federale tedesca e l’esame del Trattato MES: verso un sì con condizioni

E’ improbabile che il Trattato MES e il Patto Fiscale Europeo vengano cassati in toto dalla Corte federale tedesca di Karlsruhe. Improbabile perché queste sono le indiscrezioni che circolano in queste ore sui giornali tedeschi e soprattutto perché i giudici non vogliono prendersi la responsabilità di smantellare due accordi europei capisaldi della strategia di comunitarizzazione del debito adottata in seguito al default greco e alla tempesta sui mercati dei titoli di Stato.

I giudici dell’alta Corte dovrebbero porre alcune condizioni che il legislatore tedesco sarà tenuto a seguire per poter introdurre nel quadro normativo nazionale i due trattati. In particolar modo pare che la Corte sia intenzionata a limitare la responsabilità per la Germania ad una certa soglia, e non per tutta la propria quota, e rendere permanente un fondo temporaneo di salvataggio rafforzando di nuovo il diritto del Bundestag di partecipare alle decisioni.

In ogni caso, nella malaugurata ipotesi di una sentenza di bocciatura del MES, il ministro Schauble prevede una “sostanziale crisi economica con conseguenze imprevedibili” (FAZ.net). Le stesse paure sono state espresse dal capo economista europeo di Citigroup, Jürgen Michels, nel “Börsen-Zeitung”: “Se fallisce l’ESM, ci sarebbero gravi conseguenze. Alcuni paesi dell’Europa meridionale rischiano di crollare senza un aiuto esterno, il risultato sarebbero altri tagli drastici con conseguenze estremamente negative per il sistema finanziario dell’area dell’euro” e alla fine “potrebbe anche avvenire una rottura della zona euro”. Insomma, le solite Cassandre che prevedono lo sfacelo dell’Europa. Ma davvero accadrà questo? Davvero la Germania si può prendere questa responsabilità?

Dal momento che la Banca centrale europea ha annunciato la scorsa settimana il piano OMTs per acquistare illimitatamente i titoli di Stato, a prima vista ESM è indispensabile. Infatti, i piani degli “Euro-salvatori” di fornire aiuti ai paesi vulnerabili sono condizionati alla richiesta da parte di questi ultimi all’ESM in cambio di un impegno in fatto di riforme. La BCE ha adottato un programma applicabile sia con ESM che con il suo predecessore, ma l’EFSF (European Financial Stability Facility) rimarrà in vigore solo fino alla fine di giugno del prossimo anno.

E Deutsche Bank si fa la bad bank

Ah, questa Germania non smette di sorprenderci. Sebbene la Locomotiva d’Europa abbia già fatto segnare un trend decrescente sul PIL almeno negli ultimi due trimestri senza che nessuno si sia minimamente preoccupato, sebbene il sistema bancario fatto anche di Casse di Risparmio (es. Commerzbank) sia già stato oggetto di salvataggi pubblici, parte della classe politica, specialmente i falchi della CSU, continuano a guardare oltrealpe per indicare esempi di malagestio finanziaria. Ma, udite udite, Deutsche Bank, una delle più importanti banche d’affari tedesche, ha aperto una vera e propria “bad bank” da stipare di titoli tossici e asset poco remunerativi.

La banca si è adeguata ad un obiettivo standard da raggiungere entro il 2015: ottenere un rendimento del patrimonio netto al netto delle imposte di almeno il dodici per cento. Lo swap dei titoli rischiosi comporterà una riduzione del rischio a livello corporate: 2non sono titoli spazzatura”, ha affermato Anshu Jain, co-CEO di Deutsche Bank. Si tratterebbe però di alcune tipologie di titoli strutturati, che ancora esistono, ma che non sono più attivamente perseguiti, così come titoli “garantiti da attività”.

I du eCEO, Jain e Fitschen, intendono creare inoltre una quarta divisione indipendente dedicata alla “gestione patrimoniale” (Asset Management). Qui Jain e Fitschen si aspettano notevoli risparmi sui costi. “Questo è probabilmente il cambiamento più fondamentale”, ha detto Jain. Con questo passaggio il profitto al lordo degli interessi e delle imposte dovrà essere in questo doppio nuovo campo entro il 2015 superiore a 800 milioni di euro. “Nel mercato c’è un sacco di scetticismo sul fatto che siamo effettivamente in grado di farlo,” ha ammesso Jain. Ma la pressione nell’ottimizzare era troppo grande. “Siamo in ritardo rispetto alla concorrenza”, ha spiegato.

Detto per inciso: se Deutsche Bank deve ristrutturarsi per poter mantenere inalterati i profitti significa che il rigore monetarista sta avendo i suoi effetti perversi anche sulla Germania, nonostante Merkel e i suoi soci della CSU bavarese. Deutsche Bank nemmeno si fa scrupoli di impiegare il sistema della bad bank (stesso sistema impiegato per Bankià, per esempio, o per Alitalia). Naturalmente non ci sarà alcuna correzione sulla politica finanziaria e la banca, una volta ripulita di asset tossici, tornerà a speculare come prima. “Per essere diversi”, come scrivono sulla FAZ.

FAZ.net: e Draghi prese in ostaggio la politica fiscale

Credits Der Spiegel – il grafico mostra la differenza fra i Quantative Easing della Federal Reserve e i programmi LTRO della BCE.

Commenti duri sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Con un editoriale intitolato “Possono non pagare?”, sebbene il programma OMTs, Outright Monetary Transactions, sia posto all’interno di una procedura che prevede condizioni severe da sottoscrivere con un Memorandum of Understanding, il direttore di FAZ.net si chiede cosa potrebbe fare la BCE qualora un paese come l’Italia non rispettasse gli impegni. Letteralmente: “What will the ECB do when in Italy the often promised easing of employment protection does not arrive? Then sells them Italian bonds?”. Può vendere titoli di stato italiani? No, è la ovvia risposta. La BCE non avrebbe alcun potere per far rispettare i Memorandum. Ma è davvero così?

Non saprei dire quanto l’interpretazione dei falchi della FAZ.net sia intrisa di pressapochismo e quanto di ideologismo. Naturalmente l’intervento della BCE è condizionato alla richiesta del paese in difficoltà. Il Memorandum ne costituisce una sorta di “messa sotto tutela” o di commissariamento che – come nel Trattato ESM – viene perpetrato da parte di un organismo formato da rappresentanti dei governi, rappresentanti nominati, non eletti. Nel caso del Meccanismo Europeo di Stabilità veniva creato un board parallelo alla BCE per poter operare bypassando i divieti contenuti nei Trattati. Ma la minaccia del giudizio di incostituzionalità della Corte Federale tedesca ha indotto Draghi a muoversi ugualmente quasi spingendo la BCE verso un territorio non ancora tracciato da alcuna linea di regolamentazione giuridica, essendo quel territorio proprio di una banca federale. Se l’Euro è la moneta senza Stato, la BCE oggi è una banca federale senza alcuna federazione. Scrivono sulla FAZ: ora la politica monetaria ha messo sotto sequestro la politica fiscale, che è prerogativa dei governi nazionali, quindi della politica nazionale. Di fatto oggi Draghi è entrato su un “terreno di proprietà privata”.

Senza una Costituzione federale, senza un governo federale, un presidente e un parlamento democraticamente eletti, la costruzione europea tende a procedere enfatizzando il suo carattere tecnocratico. Il potere della BCE è diventato un potere di sostituzione, è di fatto un potere d’eccezione in uno stato d’eccezione (cfr. C. Schmidt) che straordinariamente è trasmigrato da una istituzione politica a una economica. Lo Stato d’eccezione è un vuoto giuridico, una sospensione del diritto paradossalmente legalizzata (G. Agamben, 2003). In questa eccezionalità, la BCE ha fatto dei “prigionieri politici”, o per meglio dire ha fatto i politici prigionieri.

The leaders of the south of the euro zone may be happy, they can continue to borrow at low interest rates and do not need to worry about investors. But the leaders of the North are satisfied, they can hide behind the ECB and do not bother about the Bundestag with the uncomfortable question but repeated increases in liability for Germany (FAZ.net).

Così noi del Sud possiamo essere felici. Possiamo finanziarci a tassi relativamente bassi senza dover fare assolutamente nulla. Ma anche i leader dei paesi del Nord sono felici, scrivono i tipi della FAZ. Perché ora si potranno tutti nascondere dietro l’ombra del potere della BCE e non preoccuparsi della frequentissima richiesta del Bundestag di prendersi maggior responsabilità in Europa. Sì, possiamo tutti vivere tranquilli, sotto il paternalistico autoproclamato governo della BCE.

Che poi è vero, un quantitative easing era l’unica strada possibile. Ma l’emergenza ha trasformato la BCE in un governo europeo. Un governo privato europeo.

BCE, al l via il piano Monetary Outright Transaction – il “salva spread”

International Monetary Fund's Managing Directo...

International Monetary Fund’s Managing Director Dominique Strauss-Kahn (L) talks with , European Central Bank President Jean-Claude Trichet (C) and Italy’s Governor Mario Draghi (R) prior to the start of their G-7 meeting at the Istanbul Congress Center (Photo credit: Wikipedia)

Dal palazzo della BCE in queste ore è tutto un proliferare di indiscrezioni sul nuovo Quantitative Easing di Mario Draghi. Il Financial Times riporta che il piano, avente il nome molto tecnico e un po’ sinistro di “Transazioni monetarie definitive” (MOT), sarà rivelato Giovedì dopo la riunione del Board. L’intervento è stato largamente sponsorizzato da diverse corporations di Francia, Italia e Spagna, oltre che dai relativi governi. Sembra che questa insolita unione di pubblico e privato abbia momentaneamente piegato la resistenza dei falchi della Buba, alias la Bundesbank, “custode della dottrina della stabilità dei prezzi”.

“Il denaro fuoriuscito dai paesi periferici ha causato una disfunzione del sistema monetario, che non è qualcosa che una banca centrale può permettere.”, ha detto Ewen Cameron Watt,  gestore senior dei fondi BlackRock. Il rischio più grande è che i paesi che beneficeranno degli aiuti della BCE rinneghino i propri impegni in materia di risanamento dei bilanci pubblici. Non è ancora chiaro come Mario Draghi intenda evitare questa eventualità. Draghi sembra anche non intenzionato a rivelare in pubblico gli eventuali limiti oltre i quali la BCE potrà intervenire. Potrebbe innescarsi una perversa speculazione da parte dei mercati, i quali saranno quindi motivati a cercare questo limite, gettandosi pancia a terra sul bund tedesco e vendendo titoli italiani o spagnoli. Il programma si concentrerà sull’acquisto di debito sul mercato secondario con una scadenza fino a circa tre anni e gli acquisti saranno “sterilizzati” per mantenere un effetto neutro sulla massa monetaria. Questa neutralizzazione avverrà con vendita di valuta estera, molto probabilmente dollari e sterline, rastrellando sul mercato tanti euro quanti ne saranno emessi con il programma MOT.

Continua a leggere su http://www.ft.com/intl/cms/s/0/1966ebe8-f77b-11e1-ba54-00144feabdc0.html#axzz25cllFlMo

Crisi, la Francia in soccorso della banca Crédit immobilier de France

Forse il contagio si sta propagando alla Francia. La crisi dell’Euro si muove come una lenta colata lavica e rischia di superare velocemente i Pirenei. La notizia proviene dal giornale francese Le Figaro secondo il quale l’istituto Crédit immobilier de France sarebbe in procinto di essere salvato dalla garanzia statale. Il gruppo CIF è stato di recente declassato dall’agenzia di valutazione finanziaria Moody’s, passando da “A1” ad “Baa1”. Un terremoto che ha comportato le dimissioni del suo amministratore delegato, a cui è succeduto un certo Bernard Sevez.

“Per consentire al gruppo CIF di rispettare tutti gli impegni, il governo ha deciso di rispondere positivamente alla sua richiesta di concedere la garanzia”, ​​ha detto ieri il ministero dell’Economia. Tale garanzia sarà attuata previa approvazione della Commissione europea e del Parlamento nazionale, esattamente come accaduto per la concessione delle garanzie statali a Dexia, poiché la garanzia vede essere valutata ai sensi della normativa europea in materia di aiuti di Stato.

Il governo francese ha deciso di sostenere CIF, che è un istituto centenario, per evitare il panico su quello che è attualmente un grande emittente di credito in Francia. Perché se il CIF è una rete di filiali di piccole dimensioni (conta infatti circa 300 filiali), più di 30 miliardi di euro in prestiti portano la sua firma. Tuttavia, anche a causa del downgrade da parte di Moody, l’istituto si stava avviando rapidamente verso una crisi di liquidità. Venerdì sera, il consiglio di amministrazione di CIF ha tratto le conseguenze ed ha nominato Seve3z nuovo CEO. Il governo aveva appunto posto come precondizione necessaria il fatto di silurare l’ex chief executive, Claude Sadoun. Sevez è di fatto una nomina governativa e questo la dice lunga sul peso che ha ora lo Stato francese in CIF. CIF inoltre non può più prendere decisioni sui propri assets senza il preventivo parere governativo. In altre parole, CIF è stata nazionalizzata anche se i giornali francesi parlano piuttosto di uno scenario Dexia, ovvero l’istituto sarà solo temporaneamente mantenuto sotto la soggezione governativa e poi, una volta applicato il piano di risanamento che la stessa proprietà di CIF dovrà presentare a Bruxelles, tornerà ad avere piena autonomia.

In ogni caso, la crisi di CIF costituisce un grosso problema per il credito al mercato immobiliare francese. Che ora si trova in uno stato di choc.

PIL Cina in vista di un hard landing?

Il tasso di crescita annuale del prodotto interno lordo cinese ha conosciuto negli ultimi sei trimestri un andamento decrescente. Ciò fa ipotizzare una sorta di “hard landing”, un duro atterraggio per la ricchezza della Repubblica Popolare Cinese. Insomma, gli investitori sono impauriti e temono che il terzo trimestre 2012 porti con sé una tendenza ulteriore alla recessione, con effetti molto negativi sui bilanci dei paesi europei già in difficoltà per la crisi del debito.

Le voci si rincorrono. A seconda del tipo di analisi condotta, le previsioni parlano di soft landing o di hard landing e in entrambi i casi si tratta di previsioni assolutamente credibili. Nel caso cinese la serie storica, a differenza di quanto accaduto per la Germania o per l’Italia, ha una scarsa capacità predittiva. Applicando il medesimo criterio impiegato su questo blog per analizzare il trend del PIL italiano e tedesco, scopriamo che i risultati del terzo e quarto trimestre cinesi sono difficilmente interpretabili:

– le polinomiali di grado 3 e 4 sono convergenti e suggeriscono un ‘hard landing’, ovvero una brusca frenata della crescita del PIL;

– la polinomiale di grado 5 diverge dalle altre due e suggerisce un andamento diametralmente opposto e poco credibile, ovvero un ritorno a ritmi di crescita pre-crisi;

– la polinomiale di grado 6 offre una interpretazione della curva del tasso di crescita cinese a due periodi futuri un po’ più ottimista – tende cioè ad un ‘soft landing’.

Nel cerchio rosso ho evidenziato il picco in ribasso del primo trimestre 2009: quindi chi prevede hard landing sta ipotizzando un tasso di crescita che a fine 2012 potrebbe risultare pari solo al 4%, un livello ancor più basso della crisi Lehman. Una miseria per il gigante post comunista. Chi invece prevede un soft landing ipotizza un andamento del tasso di crescita annuale appiattito intorno al 6.5-7%.

PIL: la Germania a un passo dalla Recessione

I dati sul PIL tedesco relativi al secondo trimestre non lasciano scampo a dubbi: prima della fine dell’anno la Germania conoscerà un trimestre di recessione. Nonostante i titoli dei siti italiani tendano ad enfatizzare il fatto che la Germania abbia un PIL (nelle immagini GDP) positivo, la tendenza di medio periodo non lascia scampo ad altre ulteriori conclusioni, soprattutto in assenza di risposte da parte del governo Merkel.

Questo il grafico del tasso di crescita del GDP della Germania su base annua:

Il risultato del secondo trimestre 2012 è un modesto 0.5%, un uno per cento secco in meno rispetto a tre mesi or sono. Il risultato conferma la validità della nostra previsione, pubblicata su questo blog qualche settimana fa. Volendo approfondire il tentativo di analisi della volta precedente, possiamo prendere in esame il segmento di curva che va dal fantasmagorico +4.7% del primo trimestre 2011 fino ad oggi. Naturale osservare che si tratta di una tendenza negativa. Ed è possibile anche descrivere questo andamento con una funzione y=f(x)+a. Ovvero con una retta. Applicando la funzione della regressione lineare su un qualsiasi foglio di calcolo. Ebbene, il ramo di curva degli ultimi diciotto mesi del tasso di crescita della Germania equivale a questa funzione: y=-0.7*x+7.162. Pertanto, la previsione per il GDP Annual Growth Rate della Germania per il prossimo periodo (il settimo della serie che abbiano selezionato) è di un -0.27% – il che equivale a dire recessione.

Se poi non ci sarà alcuna reazione da parte del governo tedesco, né ci sarà una inversione di tendenza sul mercato comune – sì, è l’interdipendenza fra i paesi europei, ovvero i legami economici e commerciali e finanziari fra la Germania e l’Italia, la Spagna, la Grecia, il Portogallo, la Francia e così via, a spingere verso il basso il PIL tedesco – allora si verificherà un -1%, fatto che sancirà l’apertura della crisi economica anche in casa Merkel, proprio nel tremendo 2013, anno horribilis delle elezioni italiane e tedesche (si comincia già a gennaio in Bassa Sassonia, 8 milioni di abitanti, con capitale Hannover).

L’unico modo per invertire questa pericolosa tendenza è smetterla con le politiche mortifere della Trojka e della BCE e pompare denaro per finanziare la crescita. Null’altro.

 

Trattato MES, le contestazioni della Germania

Articolo parzialmente estratto da: http://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/europas-schuldenkrise/schuldenkrise-retten-ohne-ende-11832561.html

La Corte costituzionale federale tedesca deve pronunciarsi sui ricorsi contro il meccanismo europeo di stabilità (ESM), il salva-stati permanente. Un articolo pubblicato sulla FAZ ne elenca gli aspetti occulti, anche se il testo del MES è pubblico ed è facilmente reperibile in rete. Scrivono sulla FAZ che questa ambiguità di fondo è strettamente derivata dalla natura medesima del Trattato MES, che ricorda, nella stampa a caratteri piccoli e nei formalismi da studio legale anglosassone, taluni prodotti finanziari, con alcune parti in grassetto, per catturare la vista, ed altre disposizioni egualmente cogenti relegate ai paragrafi subordinati.

Davvero, si domandano sulla FAZ, la responsabilità della Germania è limitata ai 190 miliardi di euro? Il Ministro delle Finanze non si stancherà mai di sottolineare questo limite, ma la sua affermazione non troverebbe sostegno in quanto scritto nel trattato. In particolare, all’articolo 8, paragrafo 5, si parla della responsabilità limitata non al capitale, che ammonta a 700 miliardi di euro, ma al “prezzo di emissione del capitale”. Questo è estremamente importante, perché il consiglio dei governatori può decidere che il prezzo di emissione superi il valore nominale (cfr. articolo 8, comma 2). Ad esempio, “raddoppiando il tasso di emissione del MES, potrebbe aumentare la quota di responsabilità a quasi € 1400 miliardi, senza la necessità di una modifica del trattato e nemmeno di un aumento di capitale”.

Art. 8 comma 2

E’ abbastanza chiaro l’ultimo capoverso: “le altre quote sono emesse alla pari, salvo se in particolari circostanze il consiglio dei governatori decida di emetterle a differenti condizioni“. Questa è la classica clausola capestro che permette all’organizzazione finanziaria di modificare i termini di un contratto senza per questo doverlo ridiscutere con il contraente. Tipico dei Banksters.

I tedeschi hanno il timore, stando alla insolvenza della Grecia, alla condizione di pregiudizialità delle finanze del Portogallo, dell’Irlanda e oggi pure della Spagna, che la propria quota di capitale da versare per rendere solvibile il MES sia sempre e costantemente più alta rispetto a quanto pattuito. Infatti, il meccanismo di finanziamento del MES prevede che se uno stato membro non versa la propria quota di capitale, la medesima debba essere ripartita fra gli altri paesi partecipanti.

I timori sono fondati sulla presunta ambiguità insita nel disposto coordinato dell’articolo 9, commi 2 e 3, e dell’articolo 25, comma 2:

Articolo 9 comma 2

Articolo 9 comma 3

Articolo 25 comma 2

Grazie ai contributi aggiuntivi, l’onere per la Germania potrebbe aumentare ben oltre i 190 miliardi di euro indicati come limite nella parte iniziale del testo. L’aver “relegato” all’articolo 25 la clausola che rende il MES un fondo senza limiti, estensibile all’infinito, fa nascere il sospetto che nel trattato si celi l’inganno. Perché non mettere in chiaro che l’esposizione tedesca, così come quella di qualsiasi altro paese “solvibile”, può essere estesa a piacere, senza che i medesimi paesi siamo chiamati a discuterne?

Per giorni, l’opinione pubblica tedesca e il Parlamento sono stati intrattenuti a dibattere intorno alla questione se dare o meno al MES una licenza bancaria. Ma all’articolo 32, paragrafo 9, l’ESM viene esentato da qualsiasi obbligo di regolamentazione e di concessione di licenza in qualità di istituto finanziario. La licenza bancaria non è pertanto necessaria, e ciò è scritto palesemente.

Inoltre, l’articolo 21 attribuisce al MES la facoltà di finanziarsi anche sul mercato secondario, attraverso emissioni obbligazionarie sui mercati dei capitali. L’ipocrisia del non usare la parola “Euro Bonds” è evidente a chiunque, poiché tutti gli Stati membri sono responsabili in solido per le emissioni obbligazionarie del MES. L’affermazione della Cancelliera federale, Frau Merkel, gli Euro Bonds non verranno mai fatti almeno finché vivrò, contrasta stranamente con quanto emerge all’evidenza di chi legge il testo del Trattato MES.

Il MES si prefigura come uno strumento emergenziale. I parlamenti nazionali sono esautorati in quanto un eventuale loro intervento in forma di controllo o di preventiva approvazione delle deliberazioni del suo ‘Board’, renderebbero il sistema decisionale alquanto inefficace. Stesso discorso vale per il Parlamento Europeo. Ne consegue che sul MES non vi è alcun bilanciamento dei poteri, elemento imprescindibile di un sistema istituzionale democratico. Nessuno controlla il MES. Il Board del MES decide sulla base di emergenze e su richiesta dello Stato membro in difficoltà.  I membri del MES sono soggetti a immunità e le loro azioni sono coperte dal segreto (artt. 34-35):

Le camere e gli archivi sono inviolabili, tutte le attività del MES sono escluse dal controllo amministrativo, giudiziario o legislativo (articolo 32). Secondo la FAZ, viene così favorita l’insorgenza di un sistema finanziario/politico fortemente corrotto.

Abbiamo lasciato ai tedeschi la responsabilità storica di bocciare il Trattato MES come incostituzionale, condannandoli alla sentenza del “popolo che ha ucciso la Moneta Unica”. Ne pagheremo le durissime conseguenze.

https://yespolitical.files.wordpress.com/2012/06/trattato_mes.pdf