Artico, la nuova frontiera dell’Energia

Akademik-Shokalskiy-nave-russa-incagliata-nei-ghiacci-al-polo-sud

[post aggiornato]

Nel dicembre scorso, la nave russa Akademik Shokalskiy è rimasta incagliata nei ghiacci dell’Antartide. Trasportava turisti e ricercatori scientifici che sono stati salvati da una rompighiaccio australiana.

Non deve stupire la presenza di ricercatori in questa zona remota e poco ospitale. Sono infatti numerosi i Paesi impegnati ad approfondire le modalità di sfruttamento delle risorse energetiche che si trovano sia sotto l’Antartide che sotto l’oOceano Artico, nonché gli effetti che tali attività potrebbero avere sull’ambiente. In questo post si prende in esame la situazione geopolitica dell’Artico.

Otto Stati (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti e Svezia) hanno istituito il Consiglio Artico per collaborare a livello scientifico, diplomatico e militare per la difesa di un territorio dove il rapido scioglimento dei ghiacci consentirà di accedere ad una immensa quantità di risorse ancora intatte. Si parla di circa 90 miliardi di barili di petrolio e 44 miliardi di gas naturale liquido, distribuiti in 25 aree geologicamente esplorabili, di cui circa l’84% in mare aperto.

Nei prossimi 120 anni l’Artico diventerà l’area più contesa da tutti gli Stati per la sua ricchezza di energia e, mentre l’obiettivo dichiarato è quello della cooperazione per la salvaguardia dell’Artico, grandi potenze, come gli USA, hanno già dichiarato di voler prevenire e dissuadere i conflitti nella regione e si preparano a rispondere ad ogni eventualità. La Danimarca, per parte sua, ha fondato recentemente il Comando della Difesa per il Polo Nord a Nuuk, capitale della Groenlandia. D’altro canto, Cina, Giappone, Corea del Sud e Unione Europea hanno fatto di tutto per essere ammessi nel Consiglio, tanto che, dal maggio 2013 sono stati compresi tra i membri osservatori permanenti.

Tra gli Stati che si affacciano sull’Artico, solo il Regno Unito non è uno stato membro.

Il Consiglio Artico è ormai un’istituzione di rilievo politico, ma non ha poteri decisionali significativi. Sotto la sua egida, peraltro, sono stati sottoscritti numerosi trattati giuridicamente rilevanti.

Anche le compagnie petrolifere sono in gara, dall’Alaska al Chukotka, per non perdere l’occasione: Statoil, Exxon mobil, Eni, Total, Shell e le russe Gazprom e Rosneft sono in cerca di alleati, perché esplorare e sfruttare tutte le ricchezze dell’Artico non è facile.

Per la Russia, l’Artide rappresenta il secondo filone operativo della propria politica di sviluppo energetico (il primo è il bacino mediterraneo,verso il quale ha progettato di far confluire i gasdotti dal Caucaso). Per la messa in funzione di una piattaforma nell’Artico, l’incarico è stato affidato a Gazprom, la quale ha cominciato ad estrarre petrolio dal giacimento di Prirazlamnoge. Le riserve di petrolio del giacimento raggiungono i 72 milioni di tonnellate, mentre il livello di produzione previsto dopo il 2020 è di circa 6 milioni di tonnellate.

Tutti gli Stati che si affacciano sul mare artico avrebbero interesse ad estendere la loro sovranità oltre la linea costiera. Per disciplinare la materia, la convenzione di Montego Bay ha stabilito che il tratto di mare che si estende fino a 200 miglia sulla piattaforma continentale costituisce la cosiddetta zona economica esclusiva (ZEE) dei Paesi che si affacciano su un determinato braccio di mare. In essa il paese costiero detiene la potestà esclusiva sulle risorse marine e minerarie, nonché i relativi diritti di sfruttamento.

Nel 2001 la Russia aveva tentato un primo approccio all’ONU reclamando una estensione del proprio territorio artico, ma la richiesta era stata respinta. In quest’ultimo periodo, ha sollecitato nuovamente le Nazioni Unite affinché riconoscano i nuovi confini della piattaforma artica, fatto che accrescerebbe il suo territorio di oltre di 1,2 milioni di kmq. La presenza militare russa nell’Artico, da un lato, è una condizione che permette a Putin di reclamare per la Federazione Russa il controllo della zona economica esclusiva, dall’altro è una risposta alla minaccia rappresentata dai sottomarini americani, armati di missili balistici nucleari in grado di colpire il territorio artico russo in pochi minuti. Per questo motivo Putin dà la priorità al rafforzamento delle forze di difesa che vigilano sull’Oceano Artico. E’ stata rinforzata la difesa aerea e sono state ammodernate basi avanzate sulle isole del mare artico (isole nuova Siberia).

Considerato il progressivo scioglimento dei ghiacci – anche se negli ultimi 3 anni c’è stato un leggero segnale di ripresa nella crescita del pack, dopo il minimo assoluto raggiunto nel settembre 2007 – l’Artico interessa anche per il “passaggio a nord-est” (Northern Sea Route): la nuova rotta, che mette in comunicazione Atlantico settentrionale e Pacifico attraverso il mare Glaciale Artico. La Cina, per esempio, potrebbe risparmiare migliaia di miglia marine utilizzando il passaggio a nord-est per il trasporto marittimo dal nord Europa, e Pechino vorrebbe iniziare al più presto un servizio commerciale su questa rotta. L’Artico non interessa alla Cina solo per le nuove rotte, ma ovviamente anche per il petrolio. A tal fine ha sottoscritto un importante accordo di cooperazione energetica con la Russia per consentire al China National Petroleum Corp di effettuare esplorazioni offshore nell’Artico, con la eventuale collaborazione di Exxon, Statoil ed Eni.

Vista così, lo scioglimento dei ghiacci del Mar Artico sarebbe da intendersi come una opportunità per questi governi al punto che i movimenti politici ambientalisti – i quali vedono questa ipotesi con grande preoccupazione e sostengono la necessità di mutare radicalmente il paradigma energetico, dal petrolio alle energie rinnovabili – sono trattati con l’arma della repressione. Contrari allo sfruttamento energetico, dalla pesca intensiva del Mar Artico, Greenpeace ha lanciato una petizione per la salvaguardia e la creazione di un ‘Santuario Globale’ (http://www.savethearctic.org/). Gli Arctic 30 si sono resi responsabili di un attacco alla piattaforma della Gazprom. Il loro atto dimostrativo è stato inteso dalle autorità russe come ‘teppismo’. Gli attivisti sono così stati denunciati, arrestati e quindi amnistiati (nell’ambito di una generale liberazione di ‘nemici’ politici di Putin in vista delle Olimpiadi di Sochii. Il teppismo era in realtà protesta pacifica. “Proprio come negli scorsi anni”, scrivono sul sito degli Arctic 30, “la determinazione e il coraggio necessari per avere un futuro migliore per i nostri figli richiedono un sacrificio personale, un sacrificio che gli Arctic 30 stanno ora facendo. Nell’interesse di tutti noi” (www.greenpeace.org).

Ma almeno per i prossimi 100 anni, il petrolio continuerà ad essere la materia prima più ricercata, e non solo come fonte energetica ma anche come strumento per agire relazioni di potere. Il suo controllo è nelle mani di pochi governi, i quali per giunta considerano pace, libertà e democrazia come piccolezze da sacrificare agli interessi economici dei poteri emergenti. In questo contesto, l’Artide, come lo stretto di Hormuz, il Mar cinese meridionale con l’arcipelago delle isole Paracelso e Spratly, le isole Falkland, la zona del mar Caspio, le aree mediorientali ed europee attraversate dai gasdotti, saranno le zone più a rischio di conflitto.

Immagini dal Black Out in India

Sicurezza dopo il naufragio del Giglio? Con le trivellazioni off-shore a cinque miglia dalla costa

Insomma, freschi di naufragio, con una emergenza ancora in corso, un’emergenza che è anche ambientale con un rischio severo di sversamento di gasolio pesante sulle coste della Toscana, troviamo nel decreto legge sulle liberalizzazioni una serie di articoli che hanno lo scopo di rilanciare le trivellazioni e la ‘coltura’ di idrocarburi liquidi e gassosi nei nostri mari.  La bozza di decreto contiene all’articolo 21 una modificazione molto serie nelle regole di ricerca dei siti e nello stabilimento delle piattaforme. Ecco le modifiche proposte alla normativa vigente in materia:

Art 21 – (Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, in materia di promozione degli investimenti offshore)

2. All’articolo 6, comma 17, secondo e quarto periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, le parole “dodici miglia” sono sostituite con le parole “cinque miglia”.

3. All’articolo 6, comma 17, secondo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, le parole “linee di base” sono sostituite con le parole “linee di costa”.

Così il relatore spiega la necessità di questa norma:

Si vuole […] rendere possibili le attività di ricerca e prospezione di idrocarburi in una area più vicina alle coste senza compromettere l’ecosistema che è, in ogni caso, già protetto dalle stringenti normative nazionali di tutela ambientale. Il limite proposto delle 5 miglia appare adeguato a garantire la protezione ambientale rispetto alle attività di ricerca e prospezione salvaguardandone al contempo le ricadute economiche non solo per le imprese del settore ma anche per lo Stato e gli enti locali. Così come il riferimento alle linee di costa anziché alle linee di base rende omogeneo l’impianto della norma e ne garantisce un’applicazione parametrata a un dato fisico certo, le linee di costa, piuttosto che convenzionale e incerto, come le linee di base (bozza decreto liberalizzazioni.pdf).

Per comprendere, la linea di base “detta così in quanto base di partenza per la definizione delle acque interne e delle acque internazionali, si definisce una linea spezzata che unisce i punti notevoli della costa, mantenendosi generalmente in acque basse, ma laddove la costa sia particolarmente frastagliata o in casi in cui delle isole sono particolarmente vicine alla costa, la linea di base può tagliare e comprendere ampi tratti di mare” (Wikipedia, voce Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare). La linea di costa, invece, “è la linea di confine tra la terra e l’acqua di un bacino aperto come un oceano o un mare, o di un bacino chiuso come un lago o un fiume; questa linea può spostarsi in modo più o meno prevedibile e regolare a seconda del ritmo circadiano, mensile o stagionale del livello del mare” (Ulisse). Ora, se la matematica non è un’opinione, prima avevamo dodici miglia dalla linea di base, quindi non la costa, ma una linea ideale tracciata sulle carte marine e che può essere distante svariate centinaia di metri dalla costa medesima; ora avremo cinque miglia, meno della metà, misurate dalla costa, con avvicinamenti notevoli delle attività di ricerca e perforazione del fondale marino.

Forse Passera e soci hanno dimenticato la Bp e il disastro del Golfo del Messico. La questione, nella relazione allegata al decreto, è trattata da un punto di vista squisitamente economico:

I divieti imposti sfavoriscono il rimpiazzo della produzione nazionale di petrolio e gas naturale dei giacimenti maturi, che attualmente contribuisce a circa il 6% del fabbisogno nazionale di petrolio e gas. La produzione di idrocarburi in Italia assicura una strategica fonte di approvvigionamento di materie prime a fronte di una dipendenza estera del1’84%. Inoltre, la disposizione oggetto di modifica ha comportato i seguenti effetti:

  • riduzione degli investimenti in tecnologie e servizi forniti dalle imprese italiane con un crollo dei progetti in corso, stimabile in circa 3-4 miliardi di euro nei prossimi anni, con abbandono degli investimenti in corso sul territorio italiano da parte delle imprese italiane ed estere operanti nel settore (recente esempio la EXXON);
  • riduzione dei posti di lavoro nel settore stimabile in 65 mila addetti di cui 15 mila direttamente coinvolti nell’attività nazionale;
  • riduzione del 50% del gettito fiscale nell’arco di 3-4 anni, nel 2009 il solo settore E&P e per la sola attività in Italia (escludendo l’indotto), contribuisce alla fiscalità per oltre un miliardo e 200 milioni di euro l’anno comprensivo di royalties e canoni. Sono state stimate minori entrate fiscali a seguito della disposizione in oggetto per circa 600 milioni euro l’anno (bozza decreto liberalizzazioni, cit.).

Questa profonda discrasia fra il bene per l’economia e il bene dell’ambiente sembra già risolto, nelle parole del decreto. L’ambiente? Abbiamo già un sacco di aree protette. Ciò che resta possiamo devastarlo.

Incidente nucleare in Francia: il comunicato di cessato pericolo

Non si scompone l’ASN, l’autorità di sicurezza nucleare francese. Non una mezza parola sulle cause probabili che hanno scatenato l’incidente, negazione totale di qualsiasi dispersione radiologica. Di fatto è avvenuta l’esplosione di un forno usato per fondere il metallo di rifiuti radioattivi a bassa o molto bassa attività radiologica.

Questo il comunicato ufficiale:

Incidente presso l’impianto nucleare Centraco: Comunicato stampa n ° 2
12/09/2011 16:20
L’incidente dell’impianto nucleare Centraco è terminata (comunicato 2).
L’incidente è avvenuto questa mattina presso la Centraco, impianto nucleare nei pressi del sito di Marcoule (Gard), è concluso.

L’esplosione di un forno usato per fondere il metallo di rifiuti radioattivi ha causato un incendio che è stato spento alle 13 circa. L’edificio in questione non è stato danneggiato. Nessuna contaminazione è stata rilevata: i feriti non sono contaminati e le rilevazioni effettuate al di fuori del palazzo da parte dell’operatore e dalle squadre speciali dei vigili del fuoco non hanno mostrato alcuna contaminazione.
Ci sono un morto e quattro feriti, uno grave (ustioni).
Questo incidente non ha comportato alcun rischio radioattivo né necessità di proteggere le persone.

ASN sospende la gestione della crisi e rimane a contatto con la prefettura di Gard e degli operatori di Socodei. ASN effettuerà ispezioni in connessione conl’ispettorato del lavoro, per analizzare le cause dell’incidente (ASN.fr)

Referendum Nucleare, il nuovo quesito e la bufala

La delibera della Corte di Cassazione in ordine alle conseguenze del decreto Omnibus sul referendum che abroga le norme del nucleare, confermata oggi dalla corte costituzionale con voto unanime, ha cambiato del tutto il testo del quesito referendario, che ora è il seguente:

Vediamo in dettaglio i commi sottoposti alla consultazione abrogativa:

Art. 5 c. 1:  Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.

Art. 5 c. 8: Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorita’ e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitivita’ del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilita’ ambientale nella produzione e negli usi dell’energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali. Nella definizione della Strategia, il Consiglio dei Ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale sulla sicurezza delle tecnologie disponibili, degli obiettivi fissati a livello di Unione europea e a livello internazionale in materia di cambiamenti climatici, delle indicazioni dell’Unione europea e degli organismi internazionali in materia di scenari energetici e ambientali».

Il dubbio sorto nelle scorse ore è ambiguo: il referendum abroga le norme che abrogano le norme che reintroducono il nucleare in Italia, ergo bisogna votare NO. E’ corretto? Provo a rispondere. Le norme che reintroduco il nucleare in Italia sono già abrogate dalla L. 75/2011, che contiene i succitati commi 1 e 8 dell’art. 5. La Corte di Cassazione ha spostato il bisturi da una legge all’altra, non già per riabilitare le norme di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (cosiddetto Decreto Nucleare), oramai abrogate, bensì per colpire quanto di quelle norme è resistito nel decreto Omnibus, vale a dire appunto i commi 1 e 8. In particolare, il comma 1 attua una sospensiva mentre il comma 8 lascia aperta la “porta” alla decisione governativa di reintrodurre la produzione di energia di origine nucleare dietro parere della UE circa la sua sicurezza. Non è vero che eliminati i due commi, le norme che la Legge 75/2011 ha abrogato ritornino in vigore. I due commi dell’art. 5 non abrogano alcuna norma. Quindi non credete a chi vi dice che bisogna votare NO. La vostra volontà di dire No al Nucleare corrisponde anche con il nuovo quesito alla croce sul Sì. Non è cambiato nulla. Con il referendum si azzoppa la strategia meschina del governo di schivare il colpo e di mettere al riparo interessi cospicui (e occulti).

Quindi votate sì per dire no al nucleare.

Nucleare, Berlusconi rivela: moratoria solo per evitare il referendum

La moratoria italiana sul nucleare? Un’astuzia per evitare che gli italiani si pronuncino con un referendum. Lo si può facilmente dedurre dalle parole di Berlusconi nella conferenza stampa di oggi, a margine del vertice italo-francese:

Una scelta di opportunità, per evitare di prendere decisioni sull’onda dell’emotività che avrebbero potuto compromettere il futuro energetico del nostro Paese. Spiega così, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, la scelta dell’Italia di far scattare una moratoria sull’energia nucleare nel nostro Paese. “Se fossimo andati oggi a quel referendum – argomenta il presidente del Consiglio – il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un’opinione pubblica consapevole. Siamo convinti – aggiunge il premier – che il nucleare sia un destino ineluttabile” (Il Giornale.it).

Un destino ineluttabile, dice il “vecchio decrepito” Berlusconi. E continua, “l’energia nucleare è la più sicura”, il disastro giapponese “si è verificato perché la centrale di Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo permetteva”; i contratti fra Enel e EDF, vero nocciolo del problema, non verranno annullati.

La moratoria è un inganno. Andate a votare al referendum. Il destino non è ineluttabile. Neanche Berlusconi lo è. Possiamo cambiare le cose, basta volerlo. Possiamo scegliere, e diremo no al nucleare di Berlusconi.

Nucleare abrogato, ma la porta è sempre aperta

L’emendamento del Governo all’art. 5 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante varie disposizioni urgenti fra cui quelle in fatto di moratoria nucleare, opera una pulizia quasi completa della parola “nucleare” dalla legislazione italiana. Un vero e proprio repulisti. E’ davvero tutto così limpido nel cielo di Roma?

Leggete questo comma

8. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell’energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali. Nella definizione della Strategia, il Consiglio dei ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale sulla sicurezza delle tecnologie disponibili, degli obiettivi fissati a livello di Unione europea e a livello internazionale in materia di cambiamenti climatici, delle indicazioni dell’Unione europea e degli organismi internazionali in materia di scenari energetici e ambientali» (Atto Senato n. 2665).

Ecco. fra un anno, in sede di definizione della politica energetica, il governo potrà far rientrare il nucleare dalla finestra. Magari cambiandogli il nome.

Nucleare, latte allo iodio 131 anche in Italia. Il caos giornalistico sulle soglie decise dall’Unione Europea

Secondo la rivista online Newscientist non è vero che Fukushima ha raggiunto Chernobyl: nella peggiore delle ipotesi, trattasi di soltanto di 630.000 Bq di materiale radioattivo rilasciato nell’atmosfera, soltanto un decimo di quanto rilasciato nel 1986:

a government panel, said that between 370,000 and 630,000 terabecquerels of radioactive materials have been emitted into the air from the nos 1 to 3 reactors of the plant. Level 7 accidents on the International Nuclear Event Scale correspond to the release into the external environment of radioactive materials equal to more than tens of thousands of terabecquerels of radioactive iodine-131 […]But this does not mean Fukushima is now on a par with Chernobyl. Indeed, as Bloomberg notes, the data so far suggests that Fukushima has released only one-tenth as much radioactive material as Chernobyl did. (Newscientist).

Siamo allora al sicuro? Sappiate che sono state trovate traccia di Iodio 131 nel latte fresco sia in California, in Francia e persino – udite, udite – in Italia:

Ora, i quantitativi registrati sono dell’ordine di 10-5 circa, ampiamente al di sotto della soglia di rischio stabilita per legge. Questi, e solo questi, sono i riferimenti normativi:

  • D.Lgs. 230/95 come modificato dal D.Lgs. 241/00 art. 104 “Controllo sulla radioattività ambientale”
  • Raccomandazione europea 473/00 Euratom
  • “Applicazione dell’art. 36 del Trattato Euratom per quanto concerne il controllo dei livelli di radioattività ambientale al fine di determinare l’esposizione della popolazione nel suo insieme”
  • Reg. CE 2218/89 Euratom “Livelli massimi di radioattività per i prodotti alimentari… a seguito di un incidente nucleare”.
  • Reg. CE 737/90 Euratom “Condizioni di importazione di prodotti agricoli da paesi terzi a seguito incidente di Chernobyl”

(per approfondire potete leggere l’ampia trattazione di Pietro Cambi su Nuove Tecnologie Energetiche).

Per cui negli alimenti in genere si può tollerare sino a 1000 Bq al Kg (Reg. CE 2218/89), eccezioni il latte di prima infanzia 370 Bq/Kg (Reg. CE 737/90), castagne e i funghi, in quanto alimenti, 1250 Bq/Kg (Reg. CE 2218/89), mentre il limite è più restrittivo per i prodotti importati da paesi terzi (extra UE) 600 Bq/Kg (Reg. CE 737/90). Nei giorni scorsi sono comparse notizie contradditorie circa la volontà dell’Unione Europea di adeguare i limiti della radioattività negli alimenti ai livelli del Giappone. Da un lato si affermava che la UE innalzava i valori, dall’altro si diceva l’esatto opposto. Come stanno davvero le cose?

30 Marzo 2011  – Dallo scorso fine settimana l’Unione Europea ha alzato la soglia di contaminazione radioattiva per alcuni determinati beni alimenti provenienti dal Giappone grazie ad una decisione della Commissione. Normalmente il livello massimo consentito per i cibi si trova a 600 bequerel per Cesio-134 e Cesio 137. Da sabato invece la soglia è stata più che raddoppiata fino a 1250. Per i prodotti caseari invece al posto dei normalI 370 Bequerel si è passati a  1000. La soglia massima di radioattività è stata fissata nel 1987 in risposta alla catastrofe di Chernobyl, e da allora i valori non sono stati più cambiati. Se la crisi fosse dichiarata finita, tornerebbe in vigore la soglia abituale. Anche lo Iodio 131, normalmente non rilevato, è stato incluso nei nuovi parametri di sicurezza dell’Unione Europea […] La possibile contaminazione dei cibi giapponesi ha allertato l’Unione Europea, che ha prodotto un regolamento specifico per gestire i beni provenienti da determinate aree nipponiche. (Giornalettismo).

L’articolo pubblicato da Giornalettismo pare inquinato da alcune imprecisioni: viene riferito che la UE ha alzato la soglia di contaminazione radioattiva con una “decisione” – e questo è un atto proprio del Consiglio dell’Unione e non già della Commissione, che invece formula pareri e raccomandazioni (ex art. 211 TCE) – mentre più avanti nell’articolo si parla di “regolamento”, che è un atto giuridico di natura comunitaria avente forza di legge per tutti i paesi aderenti all’Unione, naturalmente previa approvazione da parte del Consiglio e del Parlamento dell’Unione, senza necessità di recepimento da parte del paese membro. Per approvare un regolamento ci vogliono mesi. Qualche paragrafo più in alto ho elencato la normativa vigente in materia: trattasi di regolamenti, di decreti legislativi (norma nazionale ma frutto del recepimento di una direttiva europea), di raccomandazioni. La Commissione – da sola – al massimo può aver espresso una raccomandazione, che non è vincolante nei confronti dei paesi membri. Ecco, forse trattasi solo dell’intenzione di rivedere tali limiti.

Poi viene il 9 aprile 2011, e i titoli cambiano di nuovo.

Mangeremo come in Giappone. Europa più severa sulla radioattività nel cibo

L’articolo di Journal avverte che la UE intende abbassare le soglie sulla radioattività per i cibi che provengono dal Giappone, allineandosi con la normativa nipponica, “più severa della nostra”. E viene pubblicata la seguente tabella:

I limiti UE, per i prodotti importati dai paesi terzi, sinora era di 600 Bq/Kg. Quindi si opererebbe una differenziazione tale per cui si sarà molto restrittivi sul latte per l’infanzia (100 Bq/Kg) e meno sulle verdure in generale. Abbastanza confusa la situazione. Ma nemmeno si comprende quale sia l’atto normativo adottato: una proposta di regolamento? una direttiva? un parere? una raccomandazione? Poiché ciò cambia nei riguardi dei paesi membri, i quali, dinanzi ad una normativa nazionale più restrittiva, potrebbero decidere di mantenere i limiti attuali, ma che di fronte a dun regolamento non potrebbero che riallinearsi alle soglie decise a Bruxelles. Quale la verità? Forse la più probabile è che non sia stato deciso nulla.

Fukushima, l’onda dello tsunami si infrange sulla centrale

La Tepco ha diffuso un breve filmato in cui – a dir loro – si dovrebbe vedere chiaramente l’onda dello tsunami infrangersi contro lo stabilimento nucleare di Fukushima.Dubbi sui reali danni creati dall’onda erano già emersi quando DigitalGlobe diffuse immagini satellitari di Fukushima Daichii riprese pochi minuti dopo le esplosioni dei reattori. Le campagne circostanti apparivano integre, così come pure le zone nei dintorni della centrale.

Questo il video:

Ora, che l’onda si infranga sulla centrale è cosa vera nonché inevitabile: i reattori sono posizionati a pochi metri dalla riva. Non esisteva alcuna protezione rispetto a eventi del genere, pur probabili nell’area, vista e considerata l’alta sismicità. Si consideri inoltre che la zona immediatamente retrostante la centrale è diversi metri sopra il livello del mare, fatto che ha permesso al tecnico della Tepco di girare quelle poche immagini. Perché costruire a riva? Lo tsunami non è la causa radice di questo disastro: lo è piuttosto una logica progettuale priva di senso, quella di aver collocato sei reattori nucleari, uno dei quali contenente combustibile altamente tossico per l’uomo (plutonio), praticamente sul bagnasciuga. Le immagini non aggiungono nulla. L’onda c’è stata ma, diversamente da quello che ci raccontano, non ha travolto tutto. Nell’articolo di Le Figaro, da cui proviene questo video, si fa menzione circa la distruttività dell’onda, la quale avrebbe “danneggiato gravemente i circuiti di alimentazione elettrici e di raffreddamento”. Quale progettista metterebbe i circuiti elettrici e di raffreddamento di una centrale nucleare in fronte all’oceano?

Disastro di Fukushima, trovate tracce di Iodio 131 nei cieli del Piemonte

Con uno scarno comunicato, l’ARPA Piemonte rivela di aver riscontrato tracce di Iodio 131, una sostanza radioattiva rilasciata nei cieli dal disastro nucleare di Fukushima. Questi i dati:

Il punto di campionamento è quello di Ivrea. E’ stato scritto che si tratta di “misure approfondite”, ma non è specificata la modalità di rilevamento. Si tratta di 0.0000473 Bq/m3, una concentrazione molto bassa. Va da sé, la nube è veramente arrivata sin da noi. Scrive l’ARPA:

Per fare un paragone, sono concentrazioni almeno 10.000.000 di volte inferiori a quelle che,  per lo I-131, si registrarono in Italia ai tempi di Chernobyl.
La stessa concentrazione di radioattività naturale presente in aria (dovuta al radon) è da 100.000 a 1.000.000 di volte superiore a questo valore (Sito ARPA Piemonte).

Quelli che seguono invece sono i grafici di ieri di Fany, in Svizzera. Nulla di anomalo, ma si noti il picco di radioattività in corrispondenza delle precipitazioni. Forse un fenomeno del tutto normale, forse no, anche considerati i dati rivelati oggi dall’ARPA.

Questo invece è relativo alla località di Stabio, sempre in Svizzera. I dati fanno riferimento al già citato sito della CENAL.

Aggiornamento ore 20.40: Il Fatto Quotidiano riporta la notizia che lo Iodio 131 è stato rilevato anche dall’ARPA Lombardia.

Sito ARPA Piemonte

Nucleare e la metamorfosi di Margherita Hack: da guru dei girotondini a mito da rottamare

Solo qualche mese fa la firma della eminente scienziata e astrofisica Margherita Hack campeggiava insieme a quella di Andrea Camilleri, Dario Fo, Paolo Flores D’Arcais, Don Andrea Gallo, ecc., in quasi tutti gli appelli delle manifestazioni della sinistra girotondina. E’ un tipo di mobilitazione che fa uso del testimonial. Una mobilitazione organizzata dall’alto, e in qualche modo messa sotto controllo dalle parole d’ordine invocate in quegli appelli: giustizia, lavoro, uguaglianza. Niente di scandaloso, sia chiaro. Ecco qualche esempio:

Margherita Hack e Andrea Camilleri: «Bloccate il Parlamento»:

Margherita Hack, Andrea Camilleri, Dario Fo ed altre figure illustri del nostro Paese, hanno lanciato, tramite Micromega, un appello in cui si invita i deputati dell’opposizione a bloccare, in segno di protesta, i lavori del Parlamento. “Il governo Berlusconi, e la sua maggioranza parlamentare obbediente “perinde ac cadaver”, è entrato in un crescendo di eversione che mira apertamente a distruggere i fondamenti della Costituzione repubblicana e perfino un principio onorato da tre secoli: la divisione dei poteri.

(24.02.2011)

Il manifesto anti-Marchionne/ Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack su MicroMega: “Come lo squadrismo fascista”

(Affari Italiani, 04.01.2011)

14/10/2010

16 ottobre in piazza

Fuori Berlusconi – W la Costituzione – No al modello Pomigliano

Sabato 16 ottobre tutti a Roma con la Fiom Cgil insieme a

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, don Andrea Gallo, Margherita Hack, Sabina Guzzanti, Antonio Tabucchi, Gino Strada, Luigi De Magistris, Altan, Sergio Staino, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Piergiorgio Odifreddi, Sonia Alfano, Gianni Vattimo, Lidia Ravera, Furio Colombo, Pancho Pardi, don Enzo Mazzi, don Paolo Farinella, Domenico Starnone, Carlo Lizzani, Giuliano Montaldo, Angelo d’Orsi, Valerio Magrelli e molti altri

(Info in Rete, 14/10/2010)

Poi venne lo sciagurato appello degli ‘intellettuali’ di snistra al Partito democratico. Appello  in cui si chiedeva al segretario Bersani di non dire ‘no’ al nucleare, e la simpatia della Hack è venuta meno. Può la Hack definirsi ambientalista perché nuclearista?

“Siamo circondati dalle centrali nucleari – afferma l’astrofisica in un’intervista al ‘Riformista’ – Siamo costretti a comprare energia, dobbiamo pagarla agli altri perché siamo completamente dipendenti dall’estero e, se ci fosse un disastro in uno di questi paesi noi avremmo tutti i danni senza averne i vantaggi” […] poi parzialmente corregge il tiro: “Credo che intanto si dovrebbero sfruttare al massimo le energie rinnovabili, il solare, che e’ utilizzato piu’ dalla Svezia che dall’Italia, che e’ il paese del sole. Le rinnovabili non saranno sufficienti per i bisogni sempre crescenti dell’industria, quindi bisognera’ per forza ricorrere al nucleare”.

La Hack, per giustificare il ritorno al nucleare, fa un’affermazione strana: le rinnovabili non saranno sufficienti, i bisogni dell’industria sono sempre crescenti. E’ vero? Osservate questi due grafici:

fonte: Rapporto Istat 6 luglio 2010

Il grafico mostra il consumo di energia per abitante in relazione con il Pil. Il valore cresce fino al 2005, per poi crollare fra il 2007 e il 2009. La decrescita più grande fra il 2008 e il 2009 quando, si legge nel rapporto Istat, è crollata del 5.6% in un solo anno, probabile effetto della crisi economico-finanziaria del 2007-2008 e che tuttora ci perseguita. Si può affermare che se il consumo pro-capite è in relazione al pil, allora la diminuzione degli anni 2007-2009 è attribuibile al minor consumo per uso industriale. Ciò contraddice l’affermazione della Hack secondo cui i “bisogni dell’industria sono sempre crescenti”.

fonte: Rapporto ISTAT 6 Luglio 2010

L’ipotesi di cui al capoverso precedente è confermata da questo secondo grafico, sempre contenuto nel Rapporto ISTAT del 6 Luglio 2010: la porzione di barra colorata di blu indica i consumi di energia (tradotti in milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) del settore industria: evidentemente in calo. Quello che non cala è il consumo per uso civile, ambito nel quale ognuno di noi nel suo piccolo può fare risparmio energetico.

Quello che segue invece è un estratto del rapporto mensile di Terna, la società “principale proprietaria della Rete di Trasmissione Nazionale di energia elettrica italiana” come si definiscono sul loro sito:

Il bilancio energetico Febbraio 2010-2011 ci dice sostanzialmente che la produzione netta di energia elettrica di origine fotovoltaica è aumentata del 115%, l’unica variazione significativa di un quadro produtttivo sostanzialmente immutato. 115% in un solo anno. Un vero boom. Praticamente raddoppiata: da 71 gigawattora a 153. Ciò smentisce l’altra affermazione della Hack secondo cui il fotovoltaico non basterà. Con questo trend di crescita, c’è da giurarci, avanzeremo tanta energia che non sapremo dove metterla.

Detto questo, la Hack si sarà sbagliata. E’ una scienziata del secolo scorso, forse troppo ‘einsteiniana’. L’atomo non può tutto. Può distruggere tutto, questo sì, ma difficilmente crea qualcosa. E’ comunque corretto dire che la Hack può espriemere le sue opinioni, può dire “a me piace l’atomo”. L’errore non è suo: l’errore è nostro quando l’abbiamo creduta attendibile come testimonial contro la legge bavaglio o il legittimo impedimento. Che abbiamo dato sostegno a appelli che impiegano scientemente testimonial e parole chiave per creare una mobilitazione che altrimenti non c’è o è difficilmente aggregabile. Non è corretto farci etero-dirigere da chi non ha il coraggio di metterci la faccia e manda avanti Hack e Camilleri.

E’ quindi inutile prendersela con la scienziata. Inutile costruire cause su Facebook come questa: Io NON sto con la Vanna Marchi del Nucleare – Screditare la Peggiore SERVA delle Lobby Mafiose del Nucleare.

fonte dati:

Rapporto Terna

Rapporto ISTAT 6 Luglio 2010

Arriva arriva la nube di Fukushima

La nube radioattiva di Fukushima arriverà anche in Italia. Seguirà all’incirca questa evoluzione:

Oggi la Iaea, l’agenzia atomica dell’Onu, ha avvisato che la fuoriuscita di radiazioni dalla centrale di Fukushima è costante e “allarmante”: di fatto si sospetta la parziale fusione delle barre in due/tre reattori, fra cui il temibile reattore tre, che contiene plutonio (equivale a dire che stanno diffondendo cancro nucleare nell’atmosfera e nei mari). La Iaea ha anche detto che non si comprende quale sia l’effettiva origine della emissione. Una dichiarazione disarmante.

Dicevo che la nube sta entrando nei cieli dell’Europa: ha fatto il suo ingresso da nord, dall’Islanda. Quali le ripercussioni sul nostro paese? I media avvertono che sarà una schiocchezza. Per arrivare sin qui ha solcato i cieli di mezzo mondo, quindi se non ha fatto danni altrove non li farà nemmeno da noi. Intanto i dati della vicina Svizzera non mostrano alcuna variazione:

unità di misura nSv/h

unità di misura nSv/h

[fonte dati https://www.naz.ch/it/aktuell/messwerte.html]

Sarebbe interessante comparare le dichiarazioni delle autorità e i titoli dei giornali di oggi con quelli del 1986. All’epoca qualcuno profetizzò la gigantesca operazione di cover up (di copertura) del reale impatto che la nube di Chernobyl ebbe sul nostro paese:

PRIMO MAGGIO 1986, cinque giorni dopo l’incidente di Chernobyl

“BISOGNA ASPETTARSI, PER I GIORNI CHE VERRANNO, UN COMPLOTTO INTERNAZIONALE DEGLI ESPERTI UFFICIALI PER MINIMIZZARE LA STIMA DELLE VITTIME CHE CAUSERÁ QUESTA CATASTROFE. IL PERSEGUIMENTO DEI PROGRAMMI CIVILI E MILITARI IMPONE ALL’ASSEMBLEA DEGLI STATI UNA TACITA COMPLICITÁ CHE OLTREPASSA I CONFLITTI IDEOLOGICI O ECONOMICI” (Estratto di un articolo di MADAME BELLA BELBEOCH, fisico, contenuto nella rivista “Ecologie”, n° 371, maggio 1986).

Esiste uno studio, denominato Progetto Humus, realizzato da André Paris fra il 1999 ed il 2001, una mappatura del sud della Francia e del Nord Italia del contaminamento residuo di Cesio137, il prodotto della fusione del nocciolo di Chernobyl. Si tratta di una “visione leggermente deformata e sottovalutata della situazione del 1986 tenuto conto, da una parte, del decadimento fisico del cesio137 (meno del 30%) e, dall’altra, di una disparità supplementare legata al tipo di terreno ed al suo utilizzo”, quindi non i dati reali del contaminamento del 1986. Si può stimare che “sulla maggioranza dei suoli della Francia continentale presi in considerazione nell’atlante, il livello di contaminazione di cesio137 doveva essere, nel 1986, almeno due volte più importante che le cifre riportate nell’atlante, tenuto conto del decadimento fisico del cesio137 e della sua eliminazione per trasferimento” (Progetto Humus).

Ebbene, ne è uscito “il Nord dell’Italia e l’Austria sono stati e restano più contaminati che la Francia, ma anche che vaste porzioni dell’est del territorio francese – situate pertanto a più di 2.000 km da Chernobyl, sono più colpite che i settori studiati dell’Ungheria o della Slovenia”; le Alpi “che erano considerate un ambiente preservato dalla contaminazione, si sono, al contrario, rivelate tra i posti più colpiti dal fall out di Chernobyl” (Progetto Humus, cit.).

Sulla sommità del Colle del Piccolo San Bernardo, sui grandi prati, la contaminazione uniformemente ripartita è stata misurata ad un valore di 5.300 Bq/m². 180 metri sotto, dalla parte italiana, la contaminazione uniformemente ripartita, misurata sui grandi prati, si attesta sul valore di 10.700 Bq/m². Sotto il borgo di La Thuile in direzione di Colle San Carlo, su terreno boschivo, la contaminazione uniformemente ripartita, mostra un valore di 14.000 Bq/m². A Cogne, sotto il villaggio, il valore della contaminazione uniformemente ripartita è misurato ad un valore di 16.500 Bq/m². È pressoché simile a quello rilevato a La Thuile (ibidem).

Questa una cartina:

Cartina radioattività residua 1999-2001 Val Pellice-PineroloIl nostro paese, le Alpi, furono i più colpiti dalla nube di Chernobyl. Forse saremo soltanto sfiorati da questa nuova catastrofe. Per darvi un’idea della portata del disastro giapponese, “spinaci raccolti a quasi cento chilometri dalle centrali hanno evidenziato qualcosa come 54.000 Bq/Kg, ovvero oltre 50 volte il limite massimo consentito e ben 27 di quello stabilito dal Governo locale. I livelli per il Cesio radioattivo, invece erano ben 190 volte oltre la norma” (Pietro Cambi su Nuove Tecnologie Energetiche).

Resta il fatto che dobbiamo vigilare su quel che accade.

Fukushima, non è colpa dello tsunami. La verità dalle foto di Digital Globe

Non è vero che è stato il devastante tsunami a causare la catastrofe della centrale nucleare di Fukushima. Lo si può dedurre dalle foto di Digital Globe: pochi danni alle strutture di superficie frontali al molo: probabilmente delle pompe di acqua marina o strutture similari:

Una testimonianza del fatto che in questa zona del Giappone lo tsunami non ha fatto grossi danni la potete ritrovare in questa seconda fotografia:

Questa foto è stata scattata dal satellite qualche minuto dopo l’esplosione del reattore 3, il 14 Marzo scorso. Le campagne intorno alla centrale sono intatte. Si distinguono nettamente case e automobili. L’onda dello tsunami avrebbe sommerso tutta l’area, l’avrebbe ricoperta di fango; avrebbe portato via case, automobili e persone.

Se ne deduce:

  1. non è vero che la sicurezza dell’impianto è stata pregiudicata dall’onda di maremoto; i danni provocati dalle onde sono stati minimi, limitati alle strutture accessorie prossime al mare;
  2. è quindi ragionevole affermare che non è affatto vera l’affermazione secondo cui queste centrali sono state progettate per resistere a magnitudo molto alte, ovvero a essere mantenute in sicurezza in casi estremi di malfunzionamento di strutture accesorie: di fatto, ai danni arrecati al sistema di raffreddamento, i tecnici della giapponese TEPCO non sono riusciti a porre rimedio, nemmeno avevano a disposizione sistemi alternativi di emergenza se non il volo degli elicotteri con le ‘bombe’ d’acqua, come si fece nel lontano 1986 a Chernobyl.

Il documento di analisi di Digital Globe: DG_Analysis_Japan_Daiichi_Reactor_March2011

Un video di oggi che circola su Youtube mostra i danni agli edifici che ospitano i reattori:

Nucleare, i rischi delle centrali di terza generazione

  1. L’Électricité de France, nel “Rapporto preliminare di sicurezza” relativo al costruendo reattore di Flamanville 3, ha rilevato gravi rischi in merito a repentine escursioni di potenza con il rischio di crisi di ebollizione, esplosioni di vapore (in grado di danneggiare seriamente il reattore e le barriere di contenimento) ed altresì il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo;
  2. Considerato che le barre di controllo hanno la funzione di regolare la potenza del reattore e/o spegnerlo in caso di necessità, la gravità del problema è palese. Poiché si ravvisavano “superamenti significativi dei criteri [di sicurezza]”, sono stati proposti da Areva degli interventi correttivi alle barre di controllo per mitigare (ma non rimuovere) il rischio di questa tipologia di incidente, ma tuttavia persistono margini molto ristretti per l’esercizio in sicurezza dell’impianto in quanto la problematica è intrinseca al design del reattore EPR (e dei precedenti N4) ed alla modalità di esercizio prevista (Reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata – Wikipedia).

Questo il documento che analizza la relazione della società elettrica francese: SDN_1_EPR_une technologie_explosive. Un titolo a dir poco lapidario: una tecnologia esplosiva.

Terzo aspetto negativo: il carburante. Al posto delle consuete barre di uranio, negli EPR si impiegheranno “l’ossido di uranio arricchito in percentuali variabili fra il 4 e il 6% oppure miscele di ossidi di uranio e plutonio, il cosiddetto combustibile MOX (Reattore nucleare di III generazione – Wikipedia). E’ il medesimo combustibile impiegato nel reattore 3 di Fukushima. Un materiale di ricilaggio, poiché combina il plutonio delle bombe nucleari dismesse, o il residuo delle altre centrali nucleari:

    • Il Mixed oxide fuel (o MOX) è una miscela di uranio naturale e plutonio. È composto in genere da una miscela di uranio impoverito, il prodotto di scarto dei processi di arricchimento dell’uranio, e di plutonio. La percentuale di plutonio dentro il combustibile MOX dipende dalle quantità isotopiche dei vari isotopi del plutonio
    • per creare un combustibile MOX equivalente si deve utilizzare una quantità di plutonio weapons grade pari a circa il 4.5% del totale del combustibile (quasi tutto il plutonio in questo caso è fissile), utilizzando un plutonio derivante dal riprocessamento del combustibile esausto di altri reattori, si deve arrivare al 7% del totale di plutonio (se questo è composto per il 65% di materiale fissile)
    • Si può produrre dalla dismissione di armi nucleari dismesse in seguito ai trattati START e SORT. Attualmente esiste un abbondante quantità di plutonio proveniente dallo smantellamento delle testate nucleari in base ai molti accordi contratti dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica.

Va da sé, il plutonio è altamente nocivo per la salute umana. E’ il combustibile nucleare più nocivo. La bestia peggiore.

Une technologie explosive:
l’EPR
Un réacteur à puissance réduite
Le « Rapport préliminaire de sûreté [RPS] de l’EPR Flamanville 3 » (version publique 2006)
nous donne les caractéristiques de ce réacteur en les comparant à celles des réacteurs du
« palier N4 » (centrales de Chooz et Civaux). Cependant, une note d’étude d’EDF de 2004 [1]
indique que la puissance de l’EPR serait, dans un premier temps, inférieure de 180 MWe à
celle déclarée dans le Rapport préliminaire de sûreté.
Paramètres du réacteur
Puissance thermique (MWth)
Puissance électrique (MWe)
Rendement (%)
Rendement calculé (Pe/Pth)
Rapport de sûreté
EPR
Palier N4
4500
4250
1630
1475
36
34,5
36,2
34,7
Note EDF 2004
EPR
Palier N4
4250/4500
4250
1450/1550
1450
/
/
34,1/34,4
34,1
La puissance du réacteur EPR sera donc équivalente à celle des centrales les plus récentes
(palier N4). Quant à l’effarant saut technologique de 1,5% de rendement, il ne serait que
poudre aux yeux et enfumage. En effet, avec les même puissances thermique (Pth) et
électrique (Pe), les deux types de réacteur ne peuvent avoir qu’un même rendement, de l’ordre
de 34%.
Un autre document explique que « la vocation de l’EPR est de permettre le passage (à moyen
terme) à un niveau de puissance de 4 500 MWth [mégawatt thermique]» [2] (§4.10). La durée
du « moyen terme » n’est pas indiquée. « Toutefois, la puissance retenue dans les études
accidentelles du rapport préliminaire de sûreté EPR est 4250 MWth » [1] (§4.1).
Une énergie ruineuse
Cet écart de puissance est-il important ? Oui car il conditionne le coût de production du
réacteur. Pour un même coût de construction, plus la machine est puissante plus elle produira
de l’énergie, et moins chers seront les mégawatt-heures (MWh).
C. Pierre Zaleski et Sophie Meritet du Centre de géopolitique de l’énergie et des matières
premières (CGEMP) ont estimé en 2004 le coût du MWh EPR à 41 €, pour un coût de
construction de 3 milliards d’€ et avec une puissance de 4 500 MWth [3]. Ce MWh serait
désormais de l’ordre de 55 € compte tenu du surcoût de construction annoncé prudemment à
4 milliards d’€ [4]. Et la facture risque de s’allonger encore en fonction des aléas du chantier
de construction, de la transparence du maître d’œuvre sur le coût réel et de ce qu’on entend
par « moyen terme » pour le passage de 4 250 à 4 500 MWth…
Il est alors intéressant de comparer les coûts de production nucléaire. Aujourd’hui, le MWh
« en base » est vendu par EDF à 35 € sur le marché de l’énergie, pour un prix de revient de 33
à 34 € sortie des centrales REP actuelles.
L’EPR produira donc à perte l’énergie de « base » même si le prix de vente du MWh « en
base » est légèrement relevé comme le souhaite EDF. Cependant, le coût du MWh « en
pointe » de consommation peut dépasser les 100 € sur le « Marché spot » de l’électricité [5].
Mais, l’EPR est conçu pour fonctionner en « suivi de charge » ainsi qu’en « réglage de
fréquence ». Il est sensé réaliser des variations rapides de puissance grâce à son mode de
pilotage révolutionnaire : le « RIP » pour « Retour instantané en puissance ».
Dans ce cas, EDF pourrait éventuellement envisager d’amortir son investissement.
L’accident grave
Eventuellement… En effet, nous avons connaissance d’une note technique d’EDF [6]
évoquant l’« l’EDG FA3 ». Qu’est ce que c’est que ce charabia ? FA3 est le diminutif de
Flamanville 3 et EDG est l’acronyme de l’accident « Ejection de grappe ». Les grappes
servant à contrôler la puissance du réacteur, à le piloter. Ce sont à la fois l’accélérateur et le
frein. L’accident d’éjection de grappe peut se comparer au blocage de l’accélérateur. A fond.
Le paragraphe 15.2.4.e du « Rapport préliminaire de sûreté » décrit « l’EDG FA3 ».
« Cet accident conduit à une perte de réfrigérant primaire via la rupture de l’enveloppe du
mécanisme de commande de la grappe éjectée » et « entraîne un transitoire très rapide avec
un temps d’éjection […] de 0,1 secondes ».
L’éjection de la grappe provoque un « apport de réactivité positif rapide suivi d’une
excursion de puissance ». Heureusement, « la contre réaction Doppler » et « l’arrêt
automatique (…) initié au pic de puissance » arrêtent le phénomène. Normalement.
Cependant, il est écrit que le réacteur peut, en cas d’éjection de grappe à faible puissance,
dépasser « la prompte criticité ».
Que désigne ce terme barbare ? Pour en avoir une idée, tapez « prompte criticité » sur votre
moteur de recherche et allez sur le site de la très pro-nucléaire Société française d’énergie
nucléaire. Vous y trouverez un compte rendu technique de l’accident de Tchernobyl. Sans
qu’il y ait eu d’accident d’éjection de grappe, le réacteur s’est retrouvé « en situation de
prompte criticité et la puissance a pu atteindre en quelques secondes cent fois la valeur
nominale » [7].
« Cependant il ne faut pas perdre de vue que l’accident survenu à Tchernobyl est un accident
de criticité prompte sur un réacteur de puissance.
Comme le souligne l’IPSN [Institut de protection et de sûreté nucléaire], les accident de
criticité présente un danger particulier du fait que lorsque le milieu est sous-critique, la
puissance neutronique est très faible et que si le milieu devient sur-critique pour une raison
quelconque, il peut devenir le siège d’une excursion de puissance neutronique assimilable à
une explosion »[8].
Lu sur l’encyclopédie en ligne « wikipedia » : la « criticité prompte, c’est celle ou opèrent les
armes nucléaires ».
L’EPR risque t’il exploser à son tour ?
On est en droit de se poser la question à la lecture des documents d’EDF.
Le réacteur s’emballe
Dans une étude [9], les ingénieurs d’EDF ont identifié « l’accident d’éjection de grappe »
comme « potentiellement problématique pour EPR ». Il est question de « dépassements très
significatifs » du « critère de nombre de crayons [combustible] en crise d’ébullition ». De
« 20 à 30% » du combustible pourrait alors se rompre en cas d’accident.
En résumé, le réacteur s’emballe localement (excursion de puissance), le combustible chauffe,
l’eau qui le refroidissait se met à bouillir (crise d’ébullition).
Un physicien pourrait faire le bilan entre l’effet Doppler et l’effet de température stabilisant la
réaction sur-critique avec les effets du changement d’état du modérateur (eau/vapeur), de la
moindre quantité de bore dans la vapeur et de la présence d’un « réflecteur lourd » qui limite
le taux de fuite des neutrons rapides.
Le tableau 3 du document [9] présente les résultats de l’étude d’Areva qui montrent que le
combustible pourrait atteindre la température de 2779°C pour une température de fusion de
2800°C. On est admiratif face à une telle précision. Curieusement, la température de la gaine
n’atteindrait que 1458°C bien que contenant l’oxyde d’uranium à près de 2800°C.
Par ailleurs, on sait que la température de fusion du combustible diminue en fonction de
l’irradiation. De l’ordre de 40°C pour le combustible EPR à haut « burn-up ».
Le paragraphe 6.1.6 nous apprend que « l’origine des difficultés rencontrées en éjection de
grappe étant essentiellement liée au mode de pilotage envisagé pour EPR et plus précisément
dans l’exigence de maintien de la capacité de Retour instantané en puissance (…), la voie
ultime d’amélioration de l’étude d’accident réside dans la modification de celui-ci ».
Le « RIP » pose donc problème. La solution serait alors d’abandonner ce mode de pilotage
plutôt contraignant. EDF sacrifierait la rentabilité sur l’autel de la sûreté ? Cela « ne pourrait
toutefois être envisagée que de manière temporaire dans le meilleur des cas, le temps de faire
accepter une voie de résolution pérenne ».
Accepter à qui ? Le chapitre 7 évoque la possibilité de « remplacer les critères actuels » par
une autre méthode « analytique ». Cette solution « devrait s’accompagner d’un dossier
défensif montrant le respect des critères actuels moyennant la prise en compte de contraintes
d’exploitation éventuellement applicables le temps de faire aboutir le dossier auprès de
l’ASN ». L’Autorité de sûreté nucléaire, le « gendarme » de l’atome qui mange son chapeau
plus souvent qu’à son tour. Il est même question dans le « Plan d’action » de préparer « la
stratégie d’approche de l’ASN »…
A noter que « Areva ne semble pas rencontrer de telles difficultés dans le cadre des études
réalisées pour OL3 (…). L’absence de prise en compte de pénalités, le recours à une
méthodologie d’étude moins pénalisante, et l’absence d’étude haut burnup semble en être les
explications principales » (chapitre 5). Là il est question de l’EPR en construction en
Finlande « OL3 » où Areva rencontre d’autres difficultés : 4 années de retard…
Sûreté problématique
Revenons au document au titre évoquant les « voies de sortie de la problématique éjection de
grappe » [2]. Cette note technique fait le tour des solutions envisageables pour sortir « de la
problématique » et confirme « la mise en évidence de dépassements très importants et
généralisés des critères de sûreté » malgré une modification du mode de pilotage. Cela a le
mérite d’être clair…
On apprend également (§ 5. 3), que pour le palier N4, la gestion du combustible « Alcade »
[10] conduit « à respecter sans marges les critères actuels de sûreté en éjection de grappe ».
Ces réacteurs évolue donc déjà sur la corde raide car « sans marge » on n’est pas à l’abri
d’une erreur de calcul.
Modification majeure
En fin d’année 2007, Areva revoit la conception du réacteur en projetant de remplacer un
certain nombre de grappes de pilotage très absorbantes de neutrons (dites « grappes noires »)
par des grappes moins absorbantes (« grappes grises »). Sans renoncer au mode de pilotage
« RIP » à l’origine du problème. Le document [11] explique qu’il restera dans certains cas
« des marges d’arrêt faibles voire insuffisantes », que « des difficultés persistent » et
« resteront présentes à fort niveau de puissance lors de la réalisation de l’étude d’éjection de
grappe », malgré le remplacement des grappes « noires » par des « grises ». Dans l’annexe 1
(page 24), le « NCE » (Nombre de crayons en Crise d’Ebullition) à puissance nominale se
situe aux alentours de 10%.
On peut penser qu’un tel changement dans l’efficacité des grappes de pilotage d’un réacteur
s’apparente à un modification majeure de conception qui pourrait mettre à mal la
démonstration de sûreté accepté par l’ASN. C’est ce que suggère ce dernier document de
l’année 2007 (§ 7): « la reprise du schéma de grappes est une modification importante de
conception par rapport au PSAR [Preliminary safety analysis report] qui a conduit au DAC
[Décret d’autorisation de création] et que l’ASN pourrait y voir une raison de constat de perte
d’actualité du dossier ».
Il faut savoir que les maigres bénéfices obtenues en EDG avec des grappes grises moins
absorbantes de neutrons deviennent défavorables en cas d’accident de Rupture de tuyauterie
vapeur (RTV). C’est la quadrature du cercle.
Un problème insoluble
Nous avons donc vu que le « NCE » reste élevé malgré les diverses modifications apportées.
La note EDF cité en [6] dresse le bilan sur le problème « EDG ». En 2009, les problèmes
persistent et, au niveau de la radioprotection, d’autres semblent poindre (§8.2.1):
« La principale évolution attendue sur EPR étant le passage à 4500MWth, si l’étude EDG du
RdS [Rapport de sûreté] 4300 est réalisée avec peu ou pas de provisions, le bilan des marges
(physiques) se dégradera forcément à 4500.
Dans ces conditions, le choix de provisions faibles pour maximiser les marges physiques, au
prix de contraintes sur l’exploitation, de calculs volumineux en recharge et de dégradation du
bilan des marges lors d’évolutions ultérieures, ne présente que peu d’avantages.
Seule la crainte de difficultés à accommoder les calculs de rejets radioactifs vis à vis de la
qualification du matériel (conception différente du parc) peut conduire à moduler cette
position. En effet sur EPR le matériel n’est classé que jusqu’à 1% de crayons cassés.
Or si dans les études de rejets EPR on considère, comme c’est couramment le cas, que les
crayons entrant en NCE en EDG sont cassés pour l’étude de rejet, on voit bien qu’il convient
de minimiser ce NCE. On notera toutefois qu’il est absolument impossible qu’une étude
d’EDG conduise à un NCE inférieur à 1%, le NCE EPR prévisionnel étant plutôt entre 6 et
9% ».
Rupture des deux premières barrières
En « éjection de grappe », le « nombre de crayons en crise d’ébullition » considérés comme
« cassés » sera largement supérieur à 1%, valeur maximale à laquelle « le matériel EPR est
classé » d’un point de vue radiologique. En clair, au delà de 1% de NCE, le matériel exposé
aux fortes radiations risque de tomber en panne…
Dans ce type d’accident, l’éjection de la grappe a créé une brèche par laquelle le circuit
primaire en train de bouillir (crise d’ébullition) se dépressurise dans l’enceinte. La deuxième
barrière de confinement est donc rompue. Et même si « l’excursion de puissance » est stoppé
en quelques secondes par « l’Arrêt automatique du réacteur », l’eau à 155 bar du circuit
primaire continuera a être pulvérisée dans l’enceinte de confinement (1 bar) sous forme de
vapeur (300°C). Vapeur extrêmement radioactive du fait des « crayons cassés ». Crayons
cassés signifiant rupture de la première barrière de confinement : la gaine du combustible
d’une épaisseur de 0,57 mm seulement.
Le dégagement d’énergie mécanique lors de l’interaction combustible-eau n’est même pas
évoqué alors qu’il risque de provoquer quelques désordres dans ce coin surchauffé du
réacteur. Désordre tel que la déformation des assemblages combustible empêchant ainsi les
grappes de sécurité de chuter pour stopper l’excursion de puissance. Si l’ordre d’arrêt
automatique est donné…
Une illusoire troisième barrière
La santé des populations ne serait donc plus assurée que par la troisième barrière, l’enceinte
de confinement, dont on sait qu’elle n’est pas complètement étanche. Sans oublier que le
matériel, comme les vannes d’isolement enceinte par exemple, n’est pas classé en accident
grave. Sans compter que l’« accessibilité BR en fonctionnement » est prévue : « l’accessibilité
au bâtiment réacteur tranche en marche (7 jour avant et 3 jours après l’arrêt de tranche) est
une condition essentielle au respect de la durée d’arrêt de tranche de 16 jours » [12]. Dans ce
cas, la troisième et dernière barrière de confinement est béante !
Le réacteur ne s’arrête pas en cas d’accident
Mais au fait, l’« Arrêt automatique du réacteur » (AAR) va t’il fonctionner en EDG ? La
note [6] y répond au chapitre 9, « Transitoire d’EDG sans AAR »:
« Nous rappelons au projet une problématique connexe à l’étude d’EDG, il s’agit des cas
d’EDG qui sont trop faibles pour conduire au déclenchement de l’AAR (…). Ces cas ne
figurent pas au RdS et leur étude n’est pas prévue à ce jour dans le cadre des études EPR
avec AREVA (contrat C). Par ailleurs il n’existe pas de méthodologie pour traiter cette
problématique spécifique ».
« A l’heure actuelle il semblerait qu’aucune démarche n’ait été entreprise et le
dimensionnement de protections EPR semble succinct (…) ».
Sans oublier « des temps de chute des grappes trop élevés sur l’EPR en particulier en cas de
séisme » [1] (4.1.2) avec une « vitesse des grappes environ deux fois moins élevée sur EPR
que sur le parc en particulier » [9] (6.1.6).
« Concernant plus spécifiquement l’EDG et ses cas sans AAR, un dossier défensif paraît
nécessaire pour éviter toute lacune dans la démonstration de sûreté ».
Mais attention, il s’agit de rester discret sur cette recommandation « de préparer correctement
un dossier présentant la démarche de dimensionnement des protections dans un document
interne non transmis à l’ASN » [6].
Le « dossier défensif » a intérêt à être en béton car au chapitre 3.6 du « Rapport préliminaire
de sûreté (RPS) de l’EPR Flamanville 3 », à propos des « exigences de sûreté » des
« mécanismes de commande des grappes », il est écrit : « la chute de chaque grappe de
commande doit être garantie dans toutes les situations accidentelles ». En « cas d’EDG », il
est possible qu’aucune grappe ne chute ! Ou qu’elles se bloquent en cours de descente.
Accélérateur bloqué à fond et frein inopérant : Tchernanville 3…
Pour information, sur l’étude EDG du palier N4, l’éjection de la grappe à lieu en 0,1 s et le pic
de l’excursion de puissance est prévu 0,2 s plus tard. Le début de la chute des grappes n’a lieu
que 0,6 s après la détection « haut flux nucléaire seuil haut ».
Conclusion
L’EPR d’Areva est un réacteur inexploitable sans de notables impasses sur la sûreté. Il n’est
pas conforme au Rapport de sûreté concernant la chute des grappes (AAR) en cas d’accident
grave (EDG) ; le matériel n’est pas classé pour les accidents induisant plus de 1% de crayons
combustible cassés. Pourtant, un récupérateur de corium est censé collecter la fusion de 100%
du cœur…
Malgré des modifications majeures du pilotage réalisées sans aucune transparence, EDF va
prendre des risques inconsidérés pour tenter de rentabiliser à tout prix son investissement.
Sans « RIP », l’EPR pourrait être exploité à perte. Avec « RIP », l’EPR pourrait conduire à
notre perte.
RIP : « Repose en paix »…
Références
[1] Présentation synthétique de l’EPR – EDF, avril 2004
[2] EPR FA3 – Synthèse des voies de sortie de la problématique éjection de grappe – EDF, mai 2007
[3] http://www.asn.fr/index.php/S-informer/Publications/La-revue-Controle/Dossiers-de-
Controle-2005/Le-reacteur-EPR
[4] Actu énergie – 09/11/2009, information interne EDF
[5] RTE – Statistiques de l’énergie électrique en France – 2008
[6] Bilan de la phase préliminaire de l’étude d’EDG FA3 et perspectives – EDF, avril 2009
[7] http://www.sfen.org/fr/societe/accidents/tchernobyl/1.htm
[8] Marges disponibles pour les activités d’exploitation du REP par rapport aux risques de criticité – EDF,
décembre 1999
[9] EPR FA3 – Synthèse de l’étude de faisabilité de l’accident d’éjection de grappe – EDF, février 2007
[10] Pour des précisions sur la gestion « Alcade » voir la Décision n° 2007-DC-0066 de l’Autorité de sûreté
nucléaire du 19 juillet 2007 relative à la mise en oeuvre de la gestion du combustible dite « ALCADE » dans les
réacteurs des centrales nucléaires de Chooz B et Civaux.
[11] EPR – Gestion combustible – Lot 1 – Revue de conception du schéma de grappes FA3 du 25/10/2007 –
EDF, novembre 2007
[12] Note de présentation de la deuxième revue de projet radioprotection EPR – EDF, mars 2004

Fukushima, è allerta nucleare per tutto il Giappone. Fra otto giorni sarà come Chernobyl

Questione di tempo. Questione di ore. Poi sarà raggiunta l’esposizione radioattiva registrata a Chernobyl, quella degli ultimi 20 anni, in soli – soli – otto giorni. Lo scrive Pietro Cambi su Crisis, una bibbia in questo momento:

A Nord Ovest dell’impianto, circa quindici ore fa, quindi PRIMA delle due nuove esplosioni, si misuravano 680 microSievert/h, ovvero 0.68 MilliSievert/h, in rapido aumento rispetto a sei ore prima. Tanto, poco? Partiamo, dal fondo naturale da quelle parti. Quale è? Beh, senza pretese di grande precisione, nel documento che vi ho linkato esistono altre misure prese presso l’altra centrale elettrica di Fukushima, quella di  Dai-Ni. Possiamo leggere che i valori misurati si attestano intorno a 0.036 microsievert/h. Intanto: questo è un valore circa 19.000 VOLTE più basso di quello misurato nei dintorni del reattore 1 scoppiato. Come dire che per ogni ora passata da quelle parti ti prendi la dose di radiazioni di due o tre anni (Pietro Cambi su Crisis, What Crisis?).

A Chernobyl, negli ultimi 20 anni, appunto, “il livello CUMULATIVO su VENTI anni nella zona interessata dall’incidente di Chernobyl non supera, se non in una zona ristrettissima, i 150 millisevert” (ibidem). Lo potete verificare sulla mappa ad inizio post.

Inoltre, il comunicato ufficiale delle autorità giapponesi alla Nisa (Nuclear and Industrial Safetu Agency) si conclude con la citazione dell’articolo 15 dell’Act for Special Measures Concerning Nuclear Emergency Preparedness, naturalmente omesso. Un articolo che non lascia spazio ad equivoci: è allarme su tutto il territorio del Giappone, allarme rosso in cui il Capo del Governo sussume in sé poteri speciali, di emergenza. Di fatto è sospeso lo stato di diritto in fatto di materia di sicurezza nucleare e tutti i poteri si concentrano nelle mani di uno. Vuol dire che non c’è più scampo e che vale tutto pur di fermare la catastrofe nucleare.