Ruby Gate, le nuove carte che inchiodano Berlusconi

Sì, B. è sepolto sotto una montagna di carte e non lo sa. E’ una montagna di fango, la stessa che ha coltivato a lungo, come sua corte, e che ora gli tracima addosso come quando capitano le alluvioni.

Le oltre 250 pagine inviate oggi dalla Procura di Milano alla Giunta per le Autorizzazioni sono aggiornate a non più di dieci giorni fa, quando lo scandalo era già in divenire. Impressionante il livore della Minetti, la preferita, l’igenista dentale promossa a consigliere regionale per meriti sul “campo”, verso lo stesso Berlusconi, colpevole di averla scaricata.

Quelli che seguono sono alcuni estratti, a cui ne faranno seguito certamente altri nel corso della notte.

Da un verbale 15/1/2011MakDoum Maria: “giugno 2010 lele mora mi chiese se ero interessata a partecipare ad una serata ad arcore presso la residenza del pres consiglio e se sapevo ballare la danza del ventre e se volevo fare parte del suo harem. Mi trasferì a casa sua da giugno ad agosto.
Mi sono recata ad arcore a luglio. Alla partenza da viale monza c’erano altre ragazze. Le vetture erano……….. prima di arrivare ad arcore si sono materializzate da una stradina laterale delle autovetture con i contrassegni della polizia di stato. Si trattava di una sola macchina con un lampeggiante.
Ognuna di noi si è seduta per la cena dove voleva. Finita la cena il pres disse: “e ora facciamo il Bunga Bunga” e spiegò che cosa era, cioè una cosa sessuale. Lei fa la danza del ventre. Le De Vivo in mutante e reggiseno. Il presidente le toccava e loro lo toccavano nelle parte intime. E si avvicinarono anche a Emilio Fede che le toccava il seno e altre parti intime. Poi la ragazza brasiliana con perizoma ballava la samba in maniera hard.
Il presidente le toccava il seno e altre parti intime.
Anche le altre ragazze ballavano facendo vedere il seno e il fondo schiena, tutte loro si avvicinavano al presidente che le toccava nelle loro parti intime. Sono rimasta inorridita. Se avessi saputo prima quello che si faceva alla villa non sarei andata. Mora: per entrare nel mondo dello spettacolo bisogna pagare un prezzo, cioè vendere il proprio corpo. Gli dissi che non sarei mai stata disposta: sono rimasta emarginata. Ho raccontato a Ferrigno

Il seguito su Il Post Viola

Il pm Fiorillo sul caso Ruby lotta per la verità, Maroni no

Ad avercene di servitori dello Stato come la pm del Tribunale dei Minori di Milano. Annamaria Fiorillo è una donna delle sitituzioni. Oggi è comparsa dinanzi alle telecamere per smentire le affermazioni del Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, chiamato ieri e oggi a riferire alle aule del Parlamento sul caso Ruby e il presunto abuso d’ufficio del presidente del Consiglio sulla procedura di affidamento della minore. Maroni ha confermato ai parlamentari che quella notte la polizia si comportò correttamente e che il verbale di affidamento di Ruby era stato redatto anche “sulla base delle indicazioni del pubblico ministero di turno presso il tribunale dei minorenni”.

Fiorillo non si è piegata alla “verità istituzionale”. Rivendicando con orgoglio il suo ruolo nelle istituzioni e il suo giuramento di fedeltà, si è rivolta con una lettera al Consiglio Superiore della Magistratura perché “verità e giustizia sono state calpestate”. Ha proseguito affermando che il CSM deve farsi carico di accertare l’origine della “discrepanza” tra i “dati di realtà a mia conoscenza” e quanto affermato dal ministro Maroni, il quale “ha tenuto a rimarcare che il corretto comportamento degli agenti è stato confermato anche dalla autorità giudiziaria per voce del procuratore Edmondo Bruti Liberati all’esito di specifica istruttoria” (così nella lettera).

Fiorillo è una donna di coraggio. Ad avercene.

Dietro gli scandali, la mafia. Parola di Berlusconi

Opera Buffa, "Una commedia che dura da troppo tempo", The Economist, oggi 04.11.2010

Il caso Ruby? Le rivelazioni di Nadia Macrì? Sono opera della mafia che si vendica di Berlusconi e della sua politica irreprensibile in fatto di lotta alla criminalità. In verità la frase pronunciata dal Presidente del Consiglio dinanzi alla platea della Direzione Nazionale del partito è diversa:

Per la prima volta si profila la possibilità di sconfiggere per sempre la piaga della mafia e della criminalità organizzata. I colpi che infliggiamo ci fanno dire che nessuno oggi può eslcudere che alcune cose che accadono siano vendette della malavita (Il Fatto Quotidiano).

Stasera, Fabrizio Cicchitto, portavoce del PdL, durante Otto e Mezzo la trasmissione di La7, avverte: certe dichiarazioni di alcuni presunti pentiti, di Ciancimino, di Spatuzza, lasciano presagire uno scenario allarmante. Si farebbe un uso criminoso del pentitismo a fini politici. Non mi sento di specificare oltre, fa presente Cicchitto. All’insistenza della Gruber, che lo incalzava in maniera molto morbida sia chiaro, chiedendogli se il caso Ruby e Macrì fossero da mettersi in correlazione con una possibile probabile vendette mafiosa, Cicchitto ha sin quasi balbettato. Ha preferito riparare dietro il discorso anti-Ciancimino. Una frase, quella del premier, che imbarazza persino i suoi. Ma che c’entrano le escort con la mafia? Quale salto quantico si può compiere per mettere in congiunzione due ambiti apparentemente distinti? Come si arriva da Ciancimino e dal caso del Generale Mori alla vicenda tristissima di puttanopoli?

Una frase tanto grave dovrebbe mettere in agitazione tutto lo staff dedicato alla sicurezza del (finto) premier. Ma ancora una volta si compie lo scempio della parola al solo fine di riparare al danno politico creato dallo scandalo escort. Basta spararla grossa, poi tutto si aggiusta. Magicamente.

La nuova ipocrisia di FLI: appoggio esterno al governo. Ma fra i berluscones cresce l’angoscia

FLI, alias Futuro e Libertà, oggi presenta il simbolo ma si trincera dietro il solito catenaccio: non saremo noi a staccare la spina. Il che dovrebbe far pensare: il governo, se ne deduce, se è attaccato alla spina, allora è in rianimazione e – diciamo – vive solo per mezzo delle macchine. Se si stacca la spina, allora è eutanasia, e nessuno conosce il testamento biologico del governo. Il malato è irrecuperabile, tant’è persino a destra hanno parecchi dubbi sulla permanenza in vita del Berlusconi IV. Dubbi che circolano scomposti qualche giorno dopo lo scoppio del nuovo sex-scandal con annesso abuso di potere e menzogna.

Il titolo di Libero di stamane assomiglia più ad un avviso “ai naviganti”, una sorta di ‘si salvi chi può’. Berluscones di tutto il mondo, scappate, meetetevi al riparo, “qui viene giù tutto”. Solo i Capitani come Belpietro resteranno al timone della Nave (Editoriale) e affonderanno insieme al Nostromo. Infatti, i nostri non sporcano le loro penne stilografiche per esprimere loro stessi, in rpima persona, i dubbi destrosi sul caso Ruby, ma incaricano le seconde linee, ovvero Filippo Facci da un lato e Marcello Veneziani dall’altro.

Facci si lamenta di un (finto) premier che necessita sempre di spiegazioni, eppure le solite abusate spiegazioni sul suo soverchiante privato – la sinistra, il complotto, le toghe rosse – in questo caso paiono una inutile perdita di tempo: non è colpa mia, si scusa Facci. Non è colpa mia, scrive, se dietro a Berlusconi c’è soltanto lui o “quattro soldatini imbarazzanti” e non un partito. Non si possono perdere stagioni a parlare delle sue mutande. Ma intanto – divertiti e distratti – lo facciamo.

Su Il Giornale, gli fa eco Marcello Veneziani:

Sì, è proprio brutto, orripilante, direi, scoprire dall’oggi al domani che B. non degna di uno sguardo le statistiche sul debito e il PIL perché avvinto dal sedere di una diciassettenne. E’ desolante scoprirlo solo oggi. Sì, stiamo affodando, ma lo facciamo con stile. Evviva i party. Già, l’antica enfasi dei giornalisti di proprietà sembra stemperarsi dinanzi al precipizio verso cui il governo serva avviarsi senza freni. Chi li salverà se B. cadrà nella polvere?

Silvio e le cinque giornate di Sodoma

Hendrik Goltzius, Lot e le figlie (1616)

 

Durante il periodo del suo ritiro a Capri fece arredare con divani una stanza apposita, che divenne il luogo dove dava sfogo alla sua segreta libidine. Lì, infatti, requisiti da ogni dove gruppi di ragazze e invertiti, assieme a quelli che lui chiamava “spintrie”, che inventavano mostruose forme di accoppiamento, li costringeva ad unirsi a tre a tre e a prostituirsi tra loro in ogni modo, per eccitare la sua virilità di uomo ormai in declino.

[Svetonio, Vite dei Cesari, Tiberio]

La decadenza di Silvio IV; Silvio si è fermato a Sodoma; la senilità di Silvio: in altre decine di modi avrei potuto intitolare questo post. La realtà appare oramai chiara: il caso Ruby Rubacuori potrebbe essere il capolinea del governo. La Lega si è spazientita, ma anche nelle ultime ore è tornata a rivolgere parole di fuoco contro l’ipotesi di governo tecnico. Al di là della decadenza sessuale di B., forse solo ipotetica ma pur così letteraria, è il caso politico a far da detonatore a una situazione già di per sé esplosiva, con la questione Lodo Alfano irrisolta, la querelle sulla Riforma della Giustizia e della assoggettabilità al Viminale dei pubblici ministeri, i rifiuti di Napoli e le rivolte di Terzigno e Boscoreale. Le indebite pressioni sulla questura di Milano per la liberazione di Karima El Mahroug, una diciassettenne ora diciottenne aspirante Velina o Letterina o Consigliera Regionale – che intanto è lo stesso – sono il nuovo inaspettato caso giudiziario che coinvolge B. fino al collo: l’uso abnorme del potere personale. Ed è una inchiesta per giunta nelle mani di Ilda Boccassini, la quale stamane ha provveduto a interrogare l’ex questore Indolfi, difeso invece strenuamente da Maroni. Se ne deduce che lo scenario ritorna ad essere quello di inizio settembre, con la possibilità di un voto di sfiducia e l’apertura di una crisi al buio.

L’escalation della polemica politica oggi sui giornali:

Governo, Berlusconi: non mi ritiro, Udc valuti suo sostegno Reuters Italia

Caso Ruby, interrogato l’ex questore Lega: rivolta contro il Governo Tecnico la Stampa

Berlusconi: se lasciassi procurerei danni seri al paese RaiNews24

Calderoli, governo tecnico e’ golpe ANSA.it

E indovinate nelle mani di chi è la pistola con il colpo in canna di questa irrazionale roulette russa? Proprio di Fini. Sono infatti i deputati e i senatori di FLI a dover prendere la scelta se terminare con l’iniezione letale questo governo immobilista, o continuare la pantomima dell’appoggio condizionato, con qualche voto a favore regalato (vedi casi immunità Lunardi e il voto sulla retroattività del Lodo Alfano) in cambio di una pubblica dialettica inconcludente ma che appaga da un punto di vita elettorale. Insomma, mentre PD, IDV e UDC per una volta sembrano non ammettere dei distinguo e marciano insieme verso la mozione di sfiducia, il cero corto rimane nelle mani di Fini. Stando alle sue dichiarazioni di ieri, pare proprio la fine per B.:

Decisamente meno bonarie le valutazioni del presidente della Camera Gianfranco Fini che ha parlato di una vicenda «imbarazzante per l’Italia», augurandosi che le cose «non siano andate così come sono state raccontate» e cioè che quella telefonata del premier non ci sia stata. Perchè altrimenti, dice chiaro e tondo il leader di Futuro e Libertà, si configurerebbe un «uso privato di incarico pubblico» (La Stampa.it).

E forse, soltanto allora, B. potrà optare come Tiberio per il suo ritiro dorato ad Antigua e così circondarsi di ragazzi e ragazze e nani e ballerine.

Ruby, straniera, minorenne e prostituta? Quando l’immigrazione fa bene

Che fine ha fatto la lotta all’immigrazione clandestina? La Lega non sarà soddisfatta dell’operato del (finto) premier. Qui si parla di minorenni marocchine. E le minorenni italiane? Sono forse passate di moda?

Lei si chiama Ruby e ha fatto parte del carrozzone di Lele Mora. Fu portata a bordo di una Mercedes ad Arcore. Lì l’ha vista pure Emilio Fede, che di Mora è amico inseparabile. E’ subito entrata nelle grazie di Papi (sì, ci tocca rispolverare l’ormai desueto nomignolo). Ma quando viene fermata dalla polizia senza documenti, al centro di una lite con la sua coinquilina, lei inizia il suo lungo racconto di soldi e sesso. Scappa più volte dalle case-famiglia gestite da religiose, prima a Milano, poi a Genova, finché non viene interrogata dal pm milanese, Pietro Forno. A quel punto il suo racconto prende la forma di un verbale, un verbale che scotta. Mora manda avanti la figlia per chiedere Ruby in adozione. Sembra che sia stata direttamente la Presidenza del Consiglio, su intercessione della consigliera regionale lombarda, Nicole Minetti, a fare pressione sulla Questura di Milano, quando Ruby viene fermata, affinché non venisse schedata:

Secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, Ruby viene fermata in Corso Buenos Aires a Milano lo scorso 27 maggio. E’ accusata di furto in casa di un’altra ragazza che l’ha precedentemente ospitata. Ma Ruby non viene né fotografata né identificata. Secondo Repubblica, infatti, alla questura arrivano telefonate direttamente da Palazzo Chigi. Sul posto si precipita anche Nicole Minetti, ex igienista dentale eletta alla Regione Lombardia, ora indagata secondo il quotidiano per favoreggiamento della prostituzione insieme a Emilio Fede e Lele Mora. Sono quasi le tre del mattino del 28 maggio quando le due lasciano la questura. La Minetti chiama immediatamente Berlusconi al telefono. Anche Ruby parla con il premier (Il Fatto Quotidiano).

Stasera, notizia ANSA, la Questura di Milano ha smentito di aver avuto trattamenti di favore verso la giovane. Indirettamente ha però confermato di aver ricevuto la telefonata da Palazzo Chigi.

Intanto si scopre che Emilio Fede e Lele Mora sono indagati, nell’ambito della stessa vicenda, per il reato di favoreggiamento della prostituzione. Fede, poc’anzi, alle 19, è regolarmente in onda, nonostante sia scoppiato lo scandalo. La scaletta del suo telegiornale è una gelida architettura costruita al fine di lamentare la persecuzione giudiziaria nei suoi confronti, nonché in quelli del suo Capo. Parla di Acerra, dell’inceneritore e della visita odierna di Berlusconi; del meteo, di Avetrana e della fuga di notizie (non dei testimoni e avvocati ad uso e consumo delle televisioni); quindi il salto carpiato, il non-detto fra le righe. Le fughe di notizie, questa barbarie. Bisogna stare attenti, intima, poiché si può sapere di essere indagati dai giornali, così, all’improvviso, svegliandosi una bella mattina:

Berlusconi in serata – durante la conferenza stampa di Acerra – ha fatto una mezza ammissione: aiuto da sempre chi ne ha bisogno. Tutto il resto è spazzatura mediatica. Altra spazzatura che non può essere messa negli inceneritori. Pensate, però: il governo, quella sera in cui Ruby viene fermata dalla polizia, si mobilita per salvare una minorenne marocchina. Mentre, quando altri minorenni marocchini sono annegati nel Canale di Sicilia, hanno mandato le vedette della Guardia di Finanza solo per certificare che fossero tutti morti. Minorenni marocchini, nigeriani e quant’altro, soffocano ogni giorno nei Centri di Identificazione ed Espulsione. Per loro il governo ha in serbo solo i legni della polizia. E non parlo di Terzigno e Boscoreale, che nemmeno sono paesi marocchini. Lì, il governo mette la spazzatura. Lo fa con il metodo della forza. E loro, i cittadini, devono considerarlo un aiuto.

Fini-Tulliani, Dagospia scivola sul tarocco

Conoscete la storia di Montecarlo e di Rue Princess Charlotte 14. Il famigerato appartamento monegasco di An, venduto alle società off-shore e poi tornato nelle disponibilità del cognato di Fini, tal galantuomo che risponde al nome di Giancarlo Tulliani. La vicenda è lo specchio del beccamortismo dei giornali italiani, nonché di attempati frequentatori del web, come può esserlo Dagospia. Ma anche dell’importanza del netizen journalism e della capacità del web di sottoporre l’informazione alla pronta verifica da parte di ognuno di noi. Il corotcircuito mediatico si innesca tanto facilmente quanto si disinnesca facilmente. Poi capita che telegiornali disattenti come quello di La7 (non me ne voglia Mentana) riciclino la panzana di Dagospia vendendola per verità assodata, quando invece è frutto del tarocco. E’ il sito di Giornalettismo.com a smascherare i lestofanti:

  • questo il teorema di Dagospia: 1- L’AFFAIRE FINI/TULLIANI POTEVA DEFLAGRARE IL 27 NOVEMBRE 2009 MA NESSUNO HA VOLUTO ACCENDERE LA MICCIA. ERA TUTTO SCRITTO SU UN BLOG, RAI E MONTECARLO E “COGNATINO” COMPRESI. COSA È SUCCESSO, ALLORA? FORSE PER “LIBERO” I TEMPI NON ERANO ANCORA BERLUSCONIAMENTE MATURI PER SFASCIARE L’EX FASCISTA FINI? – (TRA GLI ‘ADDETTI AI LIVORI’ SI SUSSURRA INFATTI CHE DIETRO IL BLOG ‘MATILDE DI CANOSSA’ SI CELI L’IDENTITÀ DELLLO ‘PISTAROLO’ FRANCO BECHIS, VICE DIRETTORE DI “LIBERO”) – 2- LA COATTISSIMA ROTTURA TRA L’EDITORE DI “LIBERO” GIAMPAOLO ANGELUCCI, CHE HA ALLE SUE DIPENDENZE IL FRATELLO DI FINI, E GIAN-MENEFREGO VA RACCONTATA PERCHé RACCHIUDE LA MEJO BATTUTA DELL’ANNO. FURIOSO, PER UN ARTICOLAZZO SU ELISABETTA, IL PRESIDENTE DEI LOS TULLIANIS TELEFONA AD ANGELUCCI. L’ARROGANTISSIMA SCENATACCIA DI FINI SI CHIUDE COSì: “IO, CON “LIBERO”, MI PULISCO IL CULO!”. “E IO DOMANI LO FARÒ DI CARTA VETRATA!”, È LA REPLICA FULMINANTE DELL’EDITORE DI “LIBERO” (Dagospia).
  • la controdeduzione di Alessandro D’amato (Gregorj) su Giornalettismo.com: è già piuttosto strano che le frasi presenti nell’articolo non si ritrovino su Google nemmeno con una ricerca mirata, ovvero tra virgolette […] viene voglia di andare a controllare la cache del motore di ricerca. Ovvero quella pagina che Google genera automaticamente ogni volta che passa a visitare una pagina per indicizzarla nel motore, e che rimane in memoria permettendo così di scoprire se nel tempo trascorso sono state effettuate delle modifiche […] la cache del blog Matilde di Canossa è stata generata il 27 luglio 2010, l’articolo del Giornale che parlava della casa a Montecarlo è del 27 (in accenno) e del 28 luglio. Ebbene, in quella data il post del blog di Matilde di Canossa si presentava molto più striminzito […] Tutta la seconda parte, che fornisce l’indirizzo di Rue Princesse Charlotte e informa che la casa era di Alleanza Nazionale, non è presente. In esso si dice solo che Tulliani ha preso la residenza fiscale a Montecarlo, senza fare accenno alla casa che era di AN […] è evidente che la modifica è stata effettuata in una fase successiva rispetto a quella in cui è passato per la penultima volta il crawler di Google (Dagospia tarocca un blog per attaccare Fini e la Tulliani).

Confrontate voi stessi:

Blog La Cattiva Strada – MatildeCanossa – attribuito a Franco Bechis, oggi:

Questo invece il post come compare nella cache di Google del 27 Luglio:

Pensate, cambia persino il titolo. E nel testo “originale” nessun riferimento a Rue Princess Charlotte 14. Certo, Dagospia e soci non hanno tenuto nella debita considerazione le sentinelle del web.

Sitografia:

  • Tutta la seconda parte, che fornisce l’indirizzo di Rue Princesse Charlotte e informa che la casa era di Alleanza Nazionale, non è presente. In esso si dice solo che Tulliani ha preso la residenza fiscale a Montecarlo, senza fare accenno alla casa che era di AN

Il filo unico. Marrazzo, la scomparsa di un pusher, l’ombra della Camorra, il caso Fondi.

Marrazzo era un abitué, forse non tanto dei trans quanto della coca. ipotesi. In ogni caso, andava in via Gradoli con mazzette di denaro, sino a 15000 euro per volta. Anche in pieno giorno. Era, si dice, in buoni rapporti con un pusher di nome Cafasso, un omone obeso, detto anche “il pusher dei trans”. Cafassi è stato trovato morto in un albergo il 12 Settembre scorso. E’ lui che ha cercato di vendere il video di Marrazzo alle croniste di Libero per 500mila euro. Aveva detto loro di “essere nei guai”. Cafasso è originario del pontino, del basso Lazio. Fondi è il comune mafioso del sud del Lazio. La zona è di competenza della ‘ndrangheta. Forse Cafasso prendeva la droga da loro. Poi qualcosa è andato storto, ha messo in mezzo Marrazzo. O forse i malavitosi del mercato ortofrutticolo si sono visti pestare i piedi da questo politico – Marrazzo ha nominato un nuovo direttore del mercato ortofrutticolo, un tecnico, e sempre a Fondi aveva negato un’altra nomina in una società che gestisce gli immobili dello stesso mercato ortofrutticolo. Sapevano frose delle sue compromissioni con il Cafasso e il mondo parallelo di Via Gradoli. Forse il Cafasso era stato costretto a vendere il video. Della sua fine si sa poco. Arresto cardiocircolatorio. Delle altre due trans non c’è traccia. La storia di Marrazzo è ben più grave di quel che si pensi.

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    • Cercavano la droga e un boss latitante, sono inciampati nel telefono di un collega carabiniere e poi precipitati nel video sex di Marrazzo.

       

    • La rovina dell’ex governatore del Lazio comincia quando gli investigatori del Ros, verso la metà di settembre, seguendo una pista di narcotraffico e di criminalità organizzata ascoltano una frase: “Dobbiamo vendere il video del Presidente

       

    • Da tredici anni i militari del Ros danno la caccia ad Antonio Iovine, 45 anni compiuti meno di un mese fa, vicerè dei Casalesi ancora a piede libero insieme con Michele Zagaria, l’altra primula rossa della criminalità organizzata del casertano.

       

    • A settembre, poco prima che venga intercettata la frase sul «video del Presidente», un’informativa dei carabinieri di Caserta avvisa che ‘o Ninno (Iovine), potrebbe aver trovato rifugio per la sua latitanza nel tratto di territorio che va dal litorale domitio fino al golfo di Gaeta, il sud pontino, il basso Lazio

       

    • originario di Sperlonga, è proprio Gianguarino Cafasso, il pusher dei trans, in stretto contatto con Marrazzo e confidente dei carabinieri della compagnia Trionfale: colui che secondo i verbali degli arrestati aveva soffiato la presenza del Governatore in via Gradoli.

       

    • Cafasso è anche l’uomo che, hanno raccontato le croniste di Libero Brunella Bolloli e Fabiana Ferri, il 18 luglio le contatta e offre il video di Marrazzo per 500 mila euro. «Ho bisogno di questi soldi, la mia vita è in pericolo» dice loro in modo confuso.

       

    • è stato trovato morto il 12 settembre in una stanza d’albergo della Capitale. Arresto cardiocircolatorio, diceva il referto redatto dalla polizia. Overdose, è molto probabile. «Grossi problemi di salute, pesava 200 chili» dicono oggi gli investigatori.

       

    • I quali però hanno deciso, su indicazione dei magistrati, di «fare verifiche sul fasciolo di Cafasso». Andare a vedere meglio e più a fondo di cosa è morto, come, perchè. Anche la sua abitazione sarà analizzata meglio.

       

    • esistevano rapporti tra i Casalesi del basso pontino e Cafasso? Era, per dirla in chiaro, colui che garantiva copertura, ad esempio, nel ricco mercato dei trans? E poi, che rapporti c’erano tra Cafasso e Marrazzo?

       

    • Qualcuno bisbiglia oggi che tra i due ci fosse «un rapporto diretto». Certo è che le visite di Marrazzo in via Gradoli, così frequenti, spesso di mattina, e con così tanti soldi (5 mila ma forse anche 15 mila in mazzette da 500) farebbero ipotizzare visite più legate al bisogno di consumare droga che al sesso.

       

    • Cafasso non può più parlare. Brenda e Michelle, altri due trans frequentati da Marrazzo in via Gradoli, non sono più stati trovati.

       

    • I 4 carabinieri cercano di allontanare da sè il maggior numero di responsabilità: il video, per esempio, lo avrebbe girato Cafasso (il gip non ci crede e lo addebita a loro).

       

    • I trans parlano, anche troppo, ma le loro parole vanno riscontrate una per una. Marrazzo dovrà dire molto perchè finora ha detto poco e in modo confuso.

       

    • torniamo al sud pontino controllato dai clan: il governatore tra agosto e settembre ha dato qualche dispiacere a chi gestisce gli affari in quella zona

       

    • A fine agosto, nonostante le resistenze, ha fatto nominare un nuovo direttore del Mercato ortofrutticolo, un tecnico in grado di tenere i clan lontano dagli affari del mercato

       

    • Due settimane fa, sempre a Fondi, aveva detto no ad un’altra nomina importante che vede coinvolti Mof e Imof, la società che gestisce gli immobili del mercato per cui negli anni sono stati spesi 75 miliardi della Cassa Mezzogiorno

       

    • Il no di Marrazzo è stato ignorato. Dopo pochi giorni lo hanno chiamato i carabinieri. E la sua vita politica è finita per sempre.

       

Posted from Diigo. The rest of my favorite links are here.

Ricatto o killeraggio, Marrazzo può non essere l’unico. Il Corona style applicato ai viados.

Pensate a una piramide. Alla base, la bassa manovalanza, i ricattatori, i violatori di privacy, che nel caso Marrazzo erano pure carabinieri – nei primi giorni scrivevano i giornali di una “banda di carabinieri”, e chi ricorda la Uno bianca ha avuto qualche brivido – e al vertice risiede un grande coordinatore nascosto, in grado di manovrare i dossier scottanti come egli stesso vuole. Una applicazione del modello Corona, oggi alla sbarra, fatto di foto o video frutto di pedinamenti e intrusioni nella sfera privata della persona. Il caso Boffo è stato il primo di una serie di linciaggi a mezzo stampa. Anche in quel caso è stata paventata l’omosessualità del soggetto. Il giudice Mesiano è stato osservato di nascosto mistificandone il comportamento come i nazisti fecero nel ghetto di Varsavia con gli ebrei in un terribile documentario. E infine il caso Marrazzo, certamente facilitato dalla condotta discinta del governatore del Lazio, ma provocato dalla irruzione in un domicilio privato, quindi da un abuso ordito da presunti carabinieri in cerca di soldi facili.
Entrambi i casi hanno aspetti inquietanti e similari, in primis l’effetto di aver fatto fuori dallo scenario pubblico i personaggi colpiti, (Boffo e Marrazzo, nel caso Mesiano questo non è accaduto, ma si presume che l’intento fosse il medesimo). Oppure l’esser riusciti a farli passare per pazzi o sessualmente deviati. Uno scenario che ha a che fare da vicino con le purge staliniste. Il nemico politico veniva annientato sottoponendolo a giudizio in processi farsa. Quella attuale è la variante mediatica della purga: al processo si sostituisce la gogna, all’accusa di essere dei cospiratori la vergogna di veder esposte alla luce del pubblico le proprie miserrime vicissitudini private. Dell’uomo vengono mostrate le meschinità del corpo, e l’effetto di demolirne l’immagine pubblica è raggiunto.

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    • Tra le tante cose che non tornano del caso Marrazzo ci sono anche le date in cui il video è stato visionato dal direttore di “Chi”, Alfonso Signorini

       

    • ha confermato di aver visto le immagini del governatore del Lazio con una trans: “Effettivamente una decina di giorni fa dall’agenzia fotografica Masi mi è stato proposto”

       

    • A Il Fatto risulta che Signorini visiona il filmato il 5 ottobre, almeno dieci giorni prima di quanto dica

       

    • Signorini, come lui stesso ha confermato a Skytg24, avverte Marina Berlusconi e l’amministratore delegato della Mondadori, Maurizio Costa, ma smentisce di aver parlato con il premier

       

    • «Le foto mi sono state offerte dall’agenzia fotografica Masi alla modica cifra di 200 mila euro trattabili e non appena ho visto le immagini – ha spiegato ritenuto che non fosse assolutamente il caso di renderle pubbliche, né di acquistarle…. Credo proprio sia vero che Berlusconi abbia contattato Marrazzo, ma non sono stato io ad avvertire Berlusconi»

       

    • Questa la sua versione ieri, nella giornata in cui uno dei vice direttori di “Chi”, Rita Pinci, è stata licenziata (stessa sorte era capitata nello scorso luglio a Paola Bergna, photoeditor, non proprio in linea con la direzione di Signorini)

       

    • La comunicazione alla Pinci è arrivata a mezzogiorno, un quarto d’ora dopo è stata direttamente “accompagnata” fuori dalla Mondadori

       

    • Chi è l’unico giornale che ha ottenuto una copia del filmato di Marrazzo per visionarlo, non era stato possibile né per Oggi né per Libero

       

    • Il settimanale della Rizzoli è stato il primo giornale a cui la Photo Masi si è rivolta

       

    • Umberto Brindani: “Sono stato contattato nella prima metà di agosto da Carmen Masi

       

    • Ha chiamato subito me perché c’è un rapporto di fiducia, è un’agenzia molto seria con cui lavoro da anni

       

    • mi proponeva un video che ritraeva il governatore Marrazzo con un trans, mi ha detto anche che su un tavolo si vedevano strisce di cocaina e denaro

       

    • Rientrato dalle vacanze il direttore Andrea Monti, decidiamo di comune accordo di mandare il nostro cronista più esperto, Giangavino Sulas

       

    • incontra due dei quattro carabinieri arrestati, ma quel giorno non rivelano certo la loro identità

       

    • va il primo di settembre a Roma

       

    • gli mostrano il video

       

    • Sulas li avverte che deve parlare con Monti e con me prima di qualsiasi decisione

       

    • L’inviato di Oggi torna a Milano il 2 settembre e racconta quanto visto a Monti e Brindani che nel giro di una paio di giorni rifiutano di aprire qualsiasi trattativa

       

    • c’è di mezzo la vita di un uomo

       

    • non era pubblicabile per violazione della privacy e per probabile violazione di domicilio

       

    • non avevamo potuto parlare con il transessuale e non era chiaro che il video fosse autentico

       

    • Per noi la vicenda era archiviata

       

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    • Indagini a tutto campo. Anche e soprattutto per accertare se oltre a Piero Marrazzo, ormai ex presidente della Regione Lazio, sotto ricatto c’erano altri personaggi famosi

       

    • Politici, attori, calciatori, nomi sussurrati dagli stessi trans dell’ormai famoso appartamento di via Gradoli

       

    • Nomi che però non risulterebbero allo stato agli atti dell’inchiesta, nè nelle intercettazioni

       

    • il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed il sostituto Rodolfo Sabelli stanno passando al setaccio almeno tre rapine compiute la scorsa primavera da sedicenti carabinieri ai danni di transessuali

       

    • Verifiche ci sono anche per stabilire chi portava la cocaina nel corso degli incontri, chi la cedeva e chi la comprava

       

    • Altri accertamenti invece riguardano i soldi, tantissimi, usati per pagare i transessuali che, per un rapporto «con coca», chiedevano anche 5.000 euro

       

    • Ma anche i soldi che avrebbero percepito i quattro carabinieri arrestati sempre frutto di altri ricatti

       

    • non ci sono accertamenti in corso su Marrazzo

       

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