E’ super segreto, tanto che ne parla pure Repubblica. Ma Renzi avrebbe in tasca, ah no – nel cassetto, la soluzione all’impasse creatasi sulla riforma del Senato dopo le dichiarazioni di Berlusconi di qualche giorno fa. Quindi, riassumendo: stavate dicendo che una riforma elettorale, ancorché pasticciata, poteva essere approvata solo e soltanto dopo la riforma del Senato, ovvero la sua cancellazione, ovvero la sua trasformazione in Assemblea dei sindaci, o in Senato delle autonomie, rigorosamente non elettivo ma avente funzioni di camera di controllo sia sull’iter legislativo ordinario che su quello costituzionale, pieno zeppo di nominati (dalle Regioni; dal Presidente della Repubblica), spacciando tutto ciò come doveroso ammodernamento – in nessun sistema parlamentare moderno vige un bicameralismo paritario come il nostro – e ora, dopo aver tentato di minacciare elezioni anticipate, o di proseguire per proprio conto (e con che numeri?) con la riforma Italicum, dinanzi ai presunti alleati (che non sono) pronti a defilarsi man mano che si avvicinano le elezioni europee, ecco spuntare l’alternativa: un piano B, che sta a significare, sì stavo per fallire e dal momento che ho promesso di ritirarmi se dovesse succedere tale evenienza, allora estendiamo l’applicabilità della nuova legge elettorale (e tutto il pacchetto di distorsioni della rappresentanza che contiene) al Senato. Bella idea: ricordo che il testo originario già conteneva tale proposito e un emendamento a firma D’Attorre l’aveva proditoriamente cancellato, aprendo la strada per l’aggancio della modifica della legge elettorale alla riforma del bicameralismo paritario. Tutto questo perché il 2018 non può essere anticipato. Questione di credibilità. O presunta tale.
[Ecco, sarà colpa dei gufi]