Quando Giovanni Favia venne attaccato sulla storia delle interviste tv a pagamento, tutti avevamo appreso che anche i 5 Stelle impiegavano i denari dei gruppi consiliari regionali per pagare spazi televisivi. Favia, in particolare, aveva ricevuto questo trattamento favorevole da alcune tv locali bolognesi, specie 7Gold, che lo ospitò in diverse occasioni in una trasmissione di Dario Pattacini. Favia firmò un regolare contratto per quelle partecipazioni. Fu uno scandalo, o un mezzo scandalo che dir si voglia. Ve ne parlai qui: https://yespolitical.com/2012/08/14/emilia-romagna-anche-i-5-stelle-pagano-le-interviste-in-tv/
Tutto ciò avveniva soltanto lo scorso Settembre 2012. Pattacini venne messo sotto osservazione da parte dell’Ordine dei Giornalisti. Poi non se ne è saputo più nulla.
Oggi apprendo che tale Dario Pattacini è giornalista de La cosa – web tv del Movimento 5 Stelle. E che ha tentato di intervistare Giovanni Floris e che ne è uscito parecchio malconcio.
Dario Pattacini è iscritto al Meet Up bolognese dal Luglio 2010 (link). Sempre per quella storia del Quarto Potere e del chi controlla chi.
Pattacini ha cercato di provocare Floris a mezzo twitter, guadagnandone solo un gran silenzio.
Giovanni Favia è coraggioso. Lotta, dal di fuori, contro “il partitone”, quel PD che in Emilia-Romagna è sempre stato forza di governo e che è un tutt’uno con la società civile, in primis con quella che conta economicamente, finendo giocoforza per fondersi con l’interesse privato. Lui pensa di poter cambiare questo piccolo mondo antico e crede nel mezzo televisivo per arrivare anche al “pensionato di montagna” che non ha mai cambiato il proprio voto dal 1948.
Il vecchio tubo catodico è in questo senso infallibile. L’unico problema è che “bisogna apparire”, come recita l’incipit del film Videocracy. Per apparire in Tv, che notoriamente è uno spazio contingentato e in mani altrui, Favia e gli amici dei 5 Stelle, comprano minuti di trasmissione. Come qualsiasi altro partito. Favia la chiama informazione.
Ecco, quando leggo la parola informazione nel post pubblicato oggi sul sito del 5 Stelle Emilia-Romagna, mi irrigidisco non poco. Possibile che sia così dura da capire? Se un’istituzione fa pubblicità al proprio operato, questa non è informazione bensì propaganda. Non c’è verso di trovare altra definizione. Poiché nel concetto medesimo di informazione è insito il concetto di critica. L’informazione è quello strumento che in un sistema sociale permette alla sfera pubblica di orientare la propria opinione circa l’operato del sistema politico, il quale agisce (ovvero discute e delibera) al fine della allocazione delle risorse comuni. Mi pare chiaro che non può essere il sistema politico ad impiegare questo strumento, essendo esso medesimo l’oggetto dell’informazione.
Favia comprende bene la distorsione del nostro sistema, così lontano dall’essere una democrazia liberale compiuta. Tutti noi sappiamo che l’informazione e la Tv sono gravate dal conflitto di interesse e sono schiacciate da un oligopolio difficile da demolire se non con atti riformatori che nel nostro contesto risulterebbero addirittura rivoluzionari. Favia però deve sapere che se appare in Tv, lui che è un consigliere regionale ed è quindi un attore di quella istituzione che è oggetto di informazione, avendo però la presunzione invece di farla lui l’informazione, allora si colloca proprio al centro di quel magma bollente che è il conflitto di interesse. Diventa cioè da oggetto passivo di informazione, quindi oggetto di critica, a soggetto di informazione su sé stesso scavalcando a piè pari il terreno della critica. Egli, forse inconsapevolmente, si pone nei confronti del sistema informativo prevenendolo e diventando esso stesso curatore della informazione della propria attività istituzionale. Può decidere quindi di selezionare cosa rendere pubblico e cosa no, su quale atto impiegare più minuti e quale meno.
Certo, mi rendo conto che quanto sopra può essere evidenziato nei confronti di qualsiasi altro politico regionale o nazionale che sia. E’ vero. Non vi è nemmeno nulla di illecito, né di scandaloso in quanto da lui fatto. E inoltre il giornalismo locale è quanto di più si avvicini al mero pubblicismo e sovente gli editori di queste emittenti pendono dalle giacche di taluni gruppi politici. Pertanto è evidente che il campo della critica è spazzato via a prescindere. In ogni caso, Favia dovrebbe riflettere se non sia meglio per lui andare in un talk nazionale, a testa alta, senza pagare nulla, sottoponendosi al fuoco di fila delle domande – senza saperle prima, please – piuttosto che pagare per qualche minuto di trasmissione a 7Gold.
Anche perché se fossi al posto suo, sarei orgoglioso di me stesso se mi trovassi testa a testa contro un signor giornalista, che so, per esempio un giornalista come Jeremy Paxman. Paxman è possibile solo in Inghilterra, questo è chiaro anche ai sassi. Ma fossi in Favia, avrei fatto a gara per partecipare a una trasmissione Tv come BBCNewsnight e rispondere a domande come quelle che Paxman ha fatto a Cloe Smith, la Serracchiani dei Tories e Ministro del Tesoro del governo Cameron, caduta in disgrazia proprio dopo averlo incontrato:
Pagare per andare in televisione per il MoVimento 5 Stelle è come pagare per andare al proprio funerale, anche se è certamente lecito. La mia è un’opinione molto radicata, altri magari ne hanno di diverse. Il M5S ha rifiutato ogni contributo elettorale. L’eventuale spesa per inserzioni televisive è coperta dalla differenza tra lo stipendio “auto ridotto” di un consigliere regionale del M5S, circa 2.500 euro, e lo stipendio “normale” di 10.000 euro e altri benefit. I soldi pubblici e il M5S sono inconciliabili. Per questo proporrò a tutte le prossime liste regionali, prima di presentarsi, di impegnarsi a restituire alla Regione, o a un istituto di pubblico interesse regionale, la differenza tra lo stipendio percepito e quello regionale (http://www.beppegrillo.it/2012/08/pagare_per_anda/index.html).
Quindi secondo Grillo le partecipazioni presso 7Gold e ètv sono state “coperte dalla differenza tra lo stipendio “auto ridotto” di un consigliere regionale del M5S e lo stipendio normale” ma in realtà sono spazi televisivi pagati coi denari messi a disposizione dalla Regione ai gruppi consiliari, e non direttamente dai consiglieri. Sebbene i 5 Stelle emiliano-romagnoli abbiano messo a bilancio alcune voci relative ad “acquisto spazi presso Punto Radio e Rete 7” (due per tutto il 2011), dalle inchieste giornalistiche pare che i politici abbiano pagato per ogni singola apparizione presso 7Gold, in particolar modo nella trasmissione mattutina di commento delle notizie e filo diretto con gli ascoltatori.
Grillo propone di pattuire con le prossime liste regionali (badate bene, regionali e non nazionali) di restituire alla Regione i denari in eccesso rispetto al limite di 2500 euro fissato per gli stipendi dei consiglieri. A sorpresa non propone nulla, dico nulla, per affrontare la faccenda adesso, al fine di stabilire con Favia un diverso “codice deontologico” per quanto concerne le comparsate in tv. Un codice che contenga giusto un paio di regole: non si comprano spazi televisivi, si va in tv solo per interviste in contraddittorio. Lo scandalo delle partecipazioni a pagamento non è tanto relativo all’impiego dei denari pubblici, bensì piuttosto sul fatto che Favia preferisce gli spot a pagamento in cui si possono esprimere dei “concetti” a delle interviste con domande. E soprattutto: che la famigerata orizzontalità dei 5 Stelle anche in questo caso è dimenticata.
Nella sostanza si tratta di contratti “regolari”: si firma, si fattura, ed è tutto in regola. Ma figuratevi, si parla di denaro pubblico impiegato per ottenere visibilità presso trasmissioni tv locali di emittenti quali 7Gold e ‘ètv’. Giovanni Favia, è scritto su alcuni siti web (link sulla foto), avrebbe “candidamente” rivelato di aver firmato uno di questi contratti. Presso 7Gold si devono pagare 200 euro per andare in trasmissione. Si capisce: 7Gold è una tv privata, dice il conduttore Dario Pataccini, e non riceve finanziamento pubblico (sarà vero?).
Così, parafrasando Favia, dal momento che l’informazione non è libera, la paghiamo affinché sia ancor meno libera. E’ proprio questo il punto focale del problema: la tv dovrebbe esser libera di non intervistare i 5 Stelle, invece li intervista e si fa pagare. Pertanto qualsiasi intento critico di tale presunta informazione viene meno. Non ci sarà mai nessun Pataccini che, intervistando un 5 Stelle, o un PdL o un UDC, o un SeL – perché così fan tutti, meno che quelli del PD, a quanto pare- gli farà mai una domanda. Dal momento in cui il politico paga lo spazio televisivo, quest’ultimo si trasforma da informazione a pubblicità del prodotto politico. E la pubblicità è notoriamente acritica, veicola messaggi preconfezionati, tende a procedere per slogan e ad ignorare la realtà.
E’ secondario che a tal scopo siano impiegati i denari dei gruppi consiliari. I 5 Stelle si difendono dicendo che è tutto trasparente, basta controllare sul loro sito. Infatti, nel bilancio 2011, compaiono ben due voci del tipo “Pubblicazioni” denominate “Acquisti spazi su Punto Radio e Rete 7” per una somma complessiva di euro 2223.50. Pochi denari e messi in chiaro. Quel che non è chiaro è la linea politica: da un lato si afferma che la tv è il diavolo, che i 5 Stelle non devono andare in televisione, pena la scomunica del duo Grillo-Casaleggio. Poi si firmano contratti per ottenere spazi pubblicitari veri e propri nelle tv locali. “Il problema sono i talk show nazionali, dove non riesci ad esprimere un concetto, condotti ad arte per disinformare”. Favia preferisce al contraddittorio la possibilità di un mini comizio in tv, senza le fastidiose interruzioni dei giornalisti. In questo aspetto è pienamente allineato con Grillo.
Ma la domanda delle domande è la seguente: che fine ha fatto la presunta superiorità del Web? Il 5 Stelle era un movimento che si sviscerava dalla interazione online più che dalla pubblicistica a pagamento. A questo punto, per i 5 Stelle dell’Emilia-Romagna, il web è un media come un altro, esattamente come per i partiti della vecchia Casta. In quest’ottica, esiste un solo modello informativo unidirezionale, che dai 5 Stelle procede verso gli utenti-elettori, e non viceversa. Già da questi aspetti si deduce che l’orizzontalità è smarrita e il “bisogno” di gerarchia e burocratizzazione si affaccia anche su questa nuova- nuovissima – organizzazione politica.