Ho letto l’editoriale di stamane di Panebianco sul Corriere, intitolato ‘Un Referendum, due tesi errate’. Pensavo di trovarci una analisi lucida di quanto si rischia mercoledì sui quesiti del referendum contro il Porcellum. Invece è un articolo deludente. Se non fosse che è realmente pubblicato sul Corsera a firma Panebianco, l’avrei creduto un fake, un tarocco. Invece.
Coloro che temono il referendum, e pertanto si augurano che la Corte dichiari la non ammissibilità del quesito, hanno messo in circolazione due argomenti di cui è facile constatare la fragilità.
Il primo è quello secondo cui, se la Corte si pronunciasse per l’ammissibilità e gli italiani votassero l’abrogazione della legge elettorale in vigore, ne verrebbe fuori un vuoto legislativo, ci troveremmo senza legge elettorale. È falso. Sarebbe come dire che se nel 1974 gli avversari del divorzio avessero vinto il referendum abrogativo, non avremmo più avuto un matrimonio regolato per legge, ci saremmo ritrovati nella Repubblica del libero amore. Naturalmente no (per fortuna o per sfortuna). Se fosse stata cancellata la legge istitutiva del divorzio ne sarebbe automaticamente seguito il ripristino della legge precedente. Punto e basta. E così accadrebbe anche se gli italiani scegliessero di abrogare l’attuale legge elettorale (G. Panebianco, Corriere della Sera del 08.01.12, prima pagina).
Analizziamo il teorema argomentativo di Panebianco:
- ci sono dei nemici del referendum (è vero, lo sono praticamente tutti i partiti politici);
- questi signori avrebbero messo in circolazione due argomenti che propendono per l’inammissibilità dei quesiti.
Il primo argomento: la vacatio legis. Dice Panebianco che questo è un argomento falso. La spiegazione? Cita l’esempio del referendum sul divorzio. Dice il celebre editorialista, se nel ’74 avesse vinto il sì ci saremmo ritrovati senzauna legge che regolasse il matrimonio. A me sembra che Panebianco non abbia studiato. Avesse letto almeno Wikipedia:
Il Referendum abrogativo del 1974, meglio conosciuto come Referendum sul divorzio, si svolse nei giorni 12 e 13 maggio 1974, quando gli italiani furono chiamati a decidere se abrogare o meno la legge 1 dicembre 1970, n. 898 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (la cosiddetta legge Fortuna-Baslini, dal nome dei due promotori Loris Fortuna e Antonio Baslini), con la quale era stato introdotto in Italia l’istituto del divorzio (Wikpedia alla voce Referendum abrogativo sul divorzio).
Il referendum del ’74 abrogava la legge sul divorzio, quindi se avesse avuto effetto, avrebbe abrogato quella legge e non la parte di normativa che regola il matrimonio. Questa è una grossa svista. Grossissima. Poi c’è un altro aspetto. Panebianco vi dice che queste voci – voci! – sono state messe in giro dai nemici del referendum. In realtà il divieto di vacatio legis in materia elettorale è stato definito dalla medesima Corte Costituzionale, come più volte detto, nella sentenza n. 29 del 1987: un “organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione” (cit.).
Panebianco nemmeno ci prova a prendere in esame la questione della reviviscenza. Il bello di questo referendum è che abroga una legge (Porcellum) che abroga un’altra legge (Mattarellum). E’ possibile quindi che la precedente legge abrogata torni a rivivere, o a ‘ri-espandersi’? Panebianco gira a largo da un quesito così complesso che forse metterà in crisi la Consulta. Infatti neanche lo menziona. Ma in realtà un referendum abrogativo non ha la stessa portata di una norma di legge che abroga una legge vigente. Tutto ciò per una serie di ragioni, che sicuramente la Consulta prenderà in esame, fra cui:
- Non è possibile nel referendum abrogativo individuare alcuna altra volontà se non quella di delimitare l’efficacia di una norma (il Porcellum);
- Un quesito che voglia al tempo stesso abrogare il Porcellum e ripristinare il Mattarellum è a rischio di eterogeneità – ovvero l’elettore si troverebbe a esprimere, con un solo voto, due volontà, e già solo questo aspetto dovrebbe esasere considerato dalla Corte come invalidante;
- Il Mattarellum non è ‘normativa di risulta’ (quel che resta dopo le abrogazioni referendarie) bensì è normativa abrogata;
- E’ necessario un atto esplicito per la riqualificazione della normativa abrogata – per esempio, non è sufficiente per il legislatore ridare effettività ad una norma abrogando la successiva norma che la abroga, deve scrivere un articolo in cui specifica la propria volontà di rivalidare quanto precedentemente abrogato, facoltà negata in caso di referendum.
Non vi ho parlato del secondo argomento degli anti-referendari: la destabilizzazione del quadro politico. Concordo con Panebianco sul fatto che la Corte non invaliderà i due quesiti per una questione di opportunità politica. Lui la mette in termini economici – la durata di Monti la detta il mercato. Io vi dico che invece ciò che guiderà la Corte in questo giudizio è solo la volontà di mantenere l’armonia del quadro normativo costituzionale.
Detto ciò, come si fa a scrivere un articolo del genere?