Zero ballottaggi

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Per il Movimento 5 Stelle il passaggio delle Comunali 2013 rischia di essere lo spartiacque della legislatura: nessun candidato è riuscito a conquistare i ballottaggi e in generale il Movimento ha dimezzato i propri voti. Una dura punizione quella dell’astensionismo: ha colpito i partiti/movimenti con meno struttura e meno affiliazione, qualcosa che alla vigilia del voto era affatto scontata. L’opinione pubblica, dopo il voto del 24-25 Febbraio, si attendeva il cambiamento. Lo pretendeva. La politica dell’arroccamento di Grillo-Casaleggio è stata bocciata, senza equivoci. Era incomprensibile, nessuno l’ha capita e ciò è emerso con durezza, oggi. Insieme a questo deve essere sommata la profonda disaffezione verso la politica. Un record negativo il 52% di affluenza al primo turno di una consultazione elettorale a carattere locale. Dalla riforma del doppio turno, la scelta del sindaco della propria città ha sempre attirato l’interesse dei cittadini. Ma le politiche disconnesse messe in opera a Roma, sia per la formazione del governo che per l’elezione del presidente della Repubblica, hanno approfondito questo distacco tramutandolo in una ferita marcescente.

Grillo ora è esposto più che mai alla critica interna. La litania propagandistica secondo cui alle “prossime elezioni rimarremo noi e Berlusconi” risuona come una beffa: il Capo Comico ha sbagliato. Ha condotto il Movimento ad un brusco ridimensionamento. Se è questo ciò che voleva, allora ha ingannato tutti (e farebbe bene a dirlo e a liberare i suoi, imprigionati alle Camere da un corpo di controllo – i Comunicatori – senza precedenti), altrimenti ha fallito e in sintesi dovrebbe prenderne atto e far sì che il dibattito interno sia aperto e trasparente (non serve lo streaming, serve avere facoltà di dire la propria e di non esser sbattuto fuori in caso di opinioni contrarie a quelle del leader). Ma dubito che ciò avvenga. Ha scritto giustamente Francesco Maesano su Europa Quotidiano:

“le prospettive post-voto sono almeno tre […] La terza, invece, non è tanto legata al risultato assoluto, quanto al numero di uomini che i Cinquestelle riusciranno a piazzare al ballottaggio. Se dovesse risultare drammaticamente basso, tra la chiusura delle urne per il primo turno e la riapertura per la sfida a due potrebbe consumarsi il regolamento di conti politico tra l’ala moderata (e non solo la sua componente più apertamente trattativista) e quella dura e pura […] se questo “nulla” [l’astensionismo], come ne La storia infinita, dovesse inghiottire un bel boccone del consenso elettorale raggiunto pochi mesi fa, il compromesso potrebbe diventare improvvisamente un tema sul tavolo della coppia Grillo&Casaleggio” (Europa Quotidiano).

Posso anticipare che De Vito non darà alcuna indicazione ai propri elettori sulla scelta da compiere al ballottaggio e il Vertice molto probabilmente proseguirà la linea talebana del nessun compromesso con nessuno. Perciò la prospettiva a medio/lungo termine è quella di una separazione dei gruppi parlamentari, forse in prospettiva della condanna di Berlusconi a giugno sul caso Ruby. La sentenza potrebbe causare una crisi di governo con l’uscita del Pdl dalla maggioranza in segno di solidarietà per il siluramento giudiziario del proprio leader. Ed allora potrà ritornare in campo, come sostegno emergenziale e per un novero limitato di provvedimenti, l’asse con i fuoriusciti dei 5 Stelle. Fantapolitica? Può darsi. Ma allora come inquadrare le seguenti parole di Pippo Civati circa le indiscrezioni sul dialogo con i parlamentari pentastellati: “Non faccio previsioni, mi limito solo a ragionare su possibili uscite d’emergenza nel caso in cui la situazione dovesse precipitare. Non sopporto chi sostiene che non si possa fare politica in questa fase e mi accusa di ideologia, trabocchetti e cospirazioni” (Linkiesta: http://www.linkiesta.it/civati-segretario-pd#ixzz2UWOBAWLJ). Civati individua nel rapporto con i movimentisti del Movimento una possibile via d’uscita al gorgo muto di una crisi di governo balneare. Non è lontano dalla verità, a mio avviso.

La Comune di Parma

Pizzarotti è il nuovo sindaco di Parma. L’errore più grande sarebbe quello di far ricadere solo sulla sua persona, anzi su quella di Grillo, la responsabilità del governo della città. Se il Movimento 5 Stelle deve essere davvero ciò che dice di essere, ovvero un movimento nato “dal basso”, dovrebbe fare a meno della ingombrante figura del comico e costituirsi finalmente come entità collettiva dove vige la semplice regola della partecipazione alla discussione pubblica, finalmente scevra della dannosa dicotomia destra-sinistra, della apertura dialettica, della deliberazione diffusa, che rafforza l’istituzione rappresentativa estendendola il più possibile fuori delle mura dei palazzi.

In questo momento Parma rappresenta l’occasione d’oro per l’utopia democratica di realizzarsi rinnovando la forma della Comune parigina di una società in cui il cittadino è immediatamente coinvolto nella Pòlis. Pizzarotti è forse un eroe per caso, forse non è nemmeno strutturato personalmente per il grave compito che gli spetta. O forse no. Dovrà avere la forza di mettere al centro della deliberazione sempre e comunque il benessere comune. La volontà generale dei cittadini di Parma potrà forse materializzarsi, non più interpretata o manipolata o filtrata o sottoposta al vaglio dello strumento statistico, ma lasciandola emergere dalla libera discussione pubblica.

Per queste ragioni, Grillo non serve più. E’ servito a creare il Movimento 5 Stelle e a dargli una immagine. Ma la nascente Terza Repubblica ha i connotati di un rinascimento comunale, come storicamente è quasi sempre capitato dopo i lugubri medioevi che questo paese ha dovuto vivere. In questo senso Grillo è stato il medium (nel senso di mezzo) per l’emanciparsi di questa nuova generazione di cittadino. Il cittadino partecipativo spezza il monopolio del super professionismo politico della società tecnica specializzata. La Rete in tutto questo movimento di competenze, non più monopolizzate bensì liquide poiché condivise, è l’esemplificazione più evidente. Io stesso, mentre scrivo, esercito un ruolo che è a metà fra il cittadino e il giornalista, ma che non è pienamente giornalista, ma certamente cittadino. Da un lato esiste il Netizen, testimone del proprio tempo e al tempo stesso attore nel campo della pubblica dissertazione, dall’altra questa nuova forma di politico che altro non è se non un “cittadino in armi” come lo erano i comunardi parigini: assolutamente temporaneo, non indispensabile, infinitamente sostituibile. In questo risiede la rivoluzione del 5 Stelle: come con Lutero la religione non era più organizzata intorno alla mediazione del sacerdote cattolico (la Riforma luterana pone l’individuo in diretto contatto con il Verbo di Dio attraverso la lettura personale e personalistica delle Scritture), così oggi la Pòlis fa a meno della intermediazione del Professionista, del Tecnico, e sussume in sé l’individuo che è un tutt’uno con la Pòlis medesima.

L’idea quindi che Grillo possa continuare ad essere il leader del Movimento, è anacronistica. Il partito personalistico è finito con Berlusconi e Bossi. E’ venuta invece l’ora del Noi.

Ballottaggi, diretta twitter: chi vince? Pisapia? Moratti? De Magistris? Lettieri? Lunedì dalle ore 15

Ballottaggi – diretta Twitter

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Dati Affluenza

Milano – Comunali 2011

I dati del Viminale dalle ore 15 di Lunedì 30 Maggio:

PISAPIA GIULIANO

BRICHETTO ARNABOLDI LETIZIA DETTA LETIZIA MORATTI

Napoli – Comunali 2011

I dati del Viminale dalle ore 15 di Lunedì 30 Maggio:

LETTIERI GIOVANNI DETTO GIANNI

DE MAGISTRIS LUIGI

Ballottaggi, ecco come si vota

Attenzione alle bufale. Non è assolutamente vero che si debba votare soltanto il sindaco e non la lista. E’ vietato il voto disgiunto, vale a dire votare per un sindaco e per la lista opposta. Ma è possibile votare con una croce sia sul nome del candidato che sulla sua lista:

Ballottaggi: come si vota? – In questi giorni circola in modo virale attraverso la rete un appello che invita categoricamente a mettere il proprio voto soltanto sul nome del candidato a sindaco, pena l’annullamento del voto.
In realtà, l’articolo 143 delle istruzioni per le operazioni degli uffici elettorali (qui il pdf di tutta la legge), è meno severo. Si spiega, infatti, in modo chiaro che il voto è valido “anche quando l’espressione del voto stesso sia stata impropriamente apposta fuori dallo spazio contenente il nominativo del candidato ovvero sul contrassegno di un gruppo o di una lista collegati.”
Insomma, quello che dice la norma è che il voto dato sul simbolo a sostegno del candidato è improprio (per chiarezza sarebbe meglio mettere la croce sul nome del candidato prescelto), ma quando la volontà dell’elettore è chiara, il voto è da ritenersi valido.

Niente voto disgiunto – Tutt’altro caso invece se si mette il voto su uno dei due candidati e anche su una delle liste che sostengono l’altro candidato. In questo caso la volontà dell’elettore non è per nulla chiara e dunque il voto viene annulato.
D’altra parte, i voti dati alle liste in questa fase dell’elezione sono comunque inutili. Al ballottaggio, infatti, si deve scegliere tra i due candidati che hanno preso più voti al primo turno. Eventuali croci sui simboli dei partiti non servono a spostare gli equilibri del consiglio comunale. Meglio dunque essere chiari ed esprimere il proprio voto solo sul nome del candidato prescelto (SKY.it).