Intercettazioni e Bavaglio, la diretta del dibattito alla Camera

In diretta streaming il dibattito sul ddl Alfano, il bavaglio dei blog e delle intercettazioni: http://bit.ly/oGX5lG

Censura Internet, Calabrò risponde: la vostra, una battaglia contro i mulini a vento

Corrado Calabrò, presidente AGCOM, risponde dalle colonne de La Stampa alle critiche dei giorni scorsi sulla prossima delibera AGCOM in fatto di diritto d’autore e internet che pone nelle mani dell’AGCOM stessa un potere bieco di censura dei siti che la violassero. Scrive Calabrò:

Sempre su La Stampa, Laura Aria, Direttore contenuti audiovisivi e multimediali dell’AGCOM, tenta di smontare l’argomentazione principale di chi contesta la delibera censura-internet, ovvero che l’AGCOM, autorità amministrativa, non possa sostituirsi al giudice:

L’interpretazione secondo la quale accertare le lesioni del diritto d’autore spetta solo al giudice e in via preventiva – questione centrale nell’articolo di De Martin – non si evince dalla normativa, la quale afferma una cosa diversa. Il decreto legislativo n. 70/2003 di recepimento della direttiva sul commercio elettronico chiama in causa sia l’autorità giudiziaria sia “l’autorità amministrativa avente funzioni di vigilanza”, conferendo a quest’ultima il potere di richiedere al prestatore di servizi di porre fine alle violazioni commesse.

Aria sostiene che è incoerente considerare incostituzionale l’intervento dell’autority per arginare la pirateria online quando viceversa il suo intervento in materie delicatissime come quelle dell’informazione, del bilanciamento tra pluralismo politico e diritto di cronaca è considerato pienamente legittimo. La differenza che Aria non coglie e non mette in evidenza è che, per esempio, gli interventi AGCOM in fatto di pluralismo dell’informazione non sono censori, semmai sanzionatori. Il TG4 non è mai stato chiuso per la sproporzione degli interventi del premier rispetto a quelli dell’opposizione. Ad esso è stata comminata qualche multa. Non sono stati inflitti minuti di sospensione alla messa in onda, né è stato mai chiesto al suo editore di bloccarne la emissione. Quindi è palese una sproporzione fra i poteri che AGCOM si è auto-conferito con questa delibera e quelli che realmente già possiede e esplica per mezzo delle sue sanzioni.

E’ vero però che il testo della delibera non è ancora pubblico. Calabrò si rilassi: non appena lo sarà, la rete analizzerà quel testo prima che se ne possa rendere conto. Le battaglie contro i mulini a vento – a quel punto – le dovrà fare lui.

Il Bavaglio è inammissibile: Zavoli rigetta gli emendamenti del PdL

Tratto da Il Fatto Quotidiano:

Onore al senatore Sergio Zavoli. Il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai ha dichiarato inammissibili gli emendamenti sui talk show proposti da Pdl e Lega: se non l’avesse fatto, il bavaglio sarebbe stato votato a maggioranza […]

Quella di Zavoli era in realtà una scelta obbligata: la Corte costituzionale (con una sentenza del 2002), il Tar (l’anno scorso) e nei giorni scorsi anche l’Agcom hanno chiarito che le trasmissioni di informazione e approfondimento non devono seguire le stesse regole di quelle di comunicazione politica (le vecchie “tribune politiche”). Dunque non hanno gli stessi limiti: non sono tenute a invitare tutti i candidati (che sarebbe impossibile, visto che si vota in 26 comuni e 11 province), né a cronometrare i singoli interventi per dare gli stessi identici spazi a tutti quelli che intervengono. Certo, dev’esserci (l’ha ribadito ieri il Garante per le comunicazioni) particolare rigore nella tutela del pluralismo, dell’imparzialità e dell’obiettività. Obiettivo che si può raggiungere senza snaturare i talk show, che nel prossimo mese e mezzo dovranno fare più informazione politica, e non meno. Come avviene tra l’altro in tutti gli altri Paesi europei (e non solo) […]

L’Agcom aveva già chiarito che il bavaglio non si poteva applicare alle televisioni private, che l’anno scorso avevano fatto ricorso al Tar, vincendo, proprio contro l’estensione del silenziatore anche a loro oltre che alla Rai.

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La stampa estera sul ‘bavaglio’ di Berlusconi

The Economist: Private lives… vite private: secondo The Economist, “alcune restrizioni proposte dal disegno di legge sono considerate normali in altri paesi. Esso vieta la pubblicazione dei dati di un’inchiesta solo dopo la formulazione dell’atto di accusa, allor quando i giornalisti saranno in grado di riferire l’essenziale (ma non il testo completo) di conversazioni registrate, bvieta i commenti dei pubblici ministeri sulle indagini che stanno conducendo, e limita le riprese nelle aule dei tribunali.

Ma l’Italia non è come gli altri paesi. E ‘notoriamente corrotta, così politica e giustizia si sovrappongono. E il suo lento procedimento legale può richiedere anni per raggiungere l’atto di accusa. […] Complessivamente meno discutibili sono i limiti che il disegno di legge cerca di imporre sulle indagini in un paese dove la criminalità organizzata è diffusa. Le intercettazioni richiederanno l’autorizzazione di un collegio di tre giudici e diventano illegali dopo 75 giorni[…] come giudici, procuratori e perfino i sindacati di polizia conservatori hanno sottolineato, i grandi successi contro la criminalità organizzata nascono da lunghe inchieste accurate in attività più banali come il riciclaggio di denaro e prestito-usura che non sono esentati dalle restrizioni.

El Mundo: la ley mordaza de Berlusconi, la legge museruola di Berlusconi

El Pais: la legge museruola, la morte della libertà

Le Monde: una legge controversa

Intercettazioni, gli undici emendamenti del PdL che non cambiano nulla

L’accordo Fini-Alfano ha partorito il topolino: undici emendamenti a firma della maggioranza presentati oggi al Senato, in funzione della seduta dell’aula di Lunedì che discuterà il disegno di legge sulle intercettazioni, paiono una presa in giro.
Secondo Fini sarebbe stato raggiunto un buon compromesso, ma gli emendamenti, nel testo pubblicato sul sito del PdL al senato, incidono unicamente su alcuni aspetti:

  • revoca divieto di riassunto di atti non più coperti da segreto;
  • il divieto di pubblicazione degli atti cade ora con la conclusione delle indagini preliminari; sarà possibile pubblicare il contenuto delle ordinanze di custodia cautelare, non le intercettazioni, dopo che la persona sottoposta alle indagini abbia avuto conoscenza dell’ordinanza del giudice;
  • viene soppresso il comma 10, “quello che riguardava la disciplina sulle riprese visive è stato soppresso da un emendamento presentato dai vertici dei gruppi del Pdl e della Lega. Ora si parlerà solo di «intercettazioni di immagini mediante riprese visive», togliendo così tutta quella parte che disciplinava le riprese visive “captative” e “non captative”. «Le riprese visive, insomma – spiega il relatore del ddl Roberto Centaro – diventeranno oggetto di una normativa ad hoc»” (Intercettazioni, 11 emendamenti del Pdl Si potrà pubblicare il riassunto degli atti – Corriere della Sera);
  • vengono ridotte le sanzioni agli editori – e solo ad essi.

Resta da comprendere come l’alfiere del neoliberalismo italiano, Gianfranco Fini, possa dirsi soddisfatto di modifiche di tal portata, modifiche che – lo diciamo chiaramente – non incideranno minimamente sui seguenti aspetti e introdurranno un nuovo elemento di disturbo all’azione della magistratura:

  • in primis, le sanzioni a carico dei giornalisti restano invariate;
  • la pubblicazione degli atti non più coperti dal segreto non è più garantita da alcuna norma – l’ex comma 7 dell’art. 114 cpp, che verrebbe soppresso – aprendo così la strada dell’interpretazione giudiziale;
  • non viene minimamente toccata la norma che introduce l’obbligo di rettifica per i blog, compreso nell’art. 1 comma 28, i quali verranno così assoggettati alla medesima disciplina della carta stampata;
  • viene modificato un ulteriore comma, introducendo la norma transitoria che applica la legge anche ai processi attualmente in corso, una vera mannaia che probabilmente taglierà centinaia di procedimenti:
    • AS 1611/A
      EMENDAMENTO
      ART. 1: Sostituire il comma 40 con il seguente:
      “40. Le disposizioni di cui agli articoli 36, 53, 103, 114, 115, 268, comma 7-bis, 329 e 329-bis del codice di procedura penale, nonché le disposizioni di cui agli articoli 129 e 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, come modificate o introdotte dal presente articolo, si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge.”.

Ovvero: art. 36 – astensione del giudice (“se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli”); art. 53 – Autonomia del pubblico ministero nell’udienza. Casi di sostituzione; art. 103 – Garanzie di libertà del difensore (“Il divieto opera anche nel caso di intercettazione eseguita su utenza diversa da quella in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati”); i già visti artt. 114 – Divieto di pubblicazione – e 115 – violazione del Divieto di Pubblicazione (“sospensione cautelare dal servizio o dall’esercizio della professione fino a tre mesi”); art. 268, c. 7-bis – trascrizione intercettazioni (“divieto di pubblicazione di intercettazioni riguardanti estranei”); artt. 329e soprattutto 329-bis – Obbligo del segreto per le intercettazioni.

Insomma, la norma transitoria incide su buona parte degli aspetti cruciali della riforma. E costituisce una novità rispetto anche al testo approvato in prima lettura alla Camera. Se pensate che questo sia un deciso miglioramento del testo del ddl intercettazioni, bene, accomodatevi. Questo blog continua a manifestare il proprio dissenso vero un provvedimento liberticida.

Appendice:

L’articolo 114 del CPP risulterebbe così modificato – notarsi la profonda revisione del comma 7, laddove in origine era scritto ‘è sempre consentita’ la pubblicazione di atti non più coperti da segreto:

Art. 114 Divieto di pubblicazione di atti

1. E` vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto .

2. E` vietata (115) la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari (405, 554) ovvero fino al termine dell`udienza preliminare (424 s.). Di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto.

2-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.
2-ter. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari. Di tali atti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell’ordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis».

3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale degli atti del fascicolo per il dibattimento (431), se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado (529 s.), e di quelli del fascicolo del pubblico ministero (433), se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello (605). E` sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni (500, 503).

4. E` vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall`art. 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice sentite le parti, puù disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. n divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile (648) e la pubblicazione è autorizzata dal Ministro di Grazia e Giustizia.

5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell`interesse dello Stato (256-258, 261-263 c.p.) ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell`ultimo periodo del comma 4.

6. E` vietata la pubblicazione delle generalità e dell`immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. Il tribunale per i minorenni, nell`interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione (13 min.).

Ma quale liquidazione milionaria: ecco la replica di Santoro

Ecco lo sfogo di Santoro dagli schermi di Raidue: se mi considerate un estraneo all’interno del servizio pubblico, allora arrivederci e grazie, ha detto. Trenta anni di battaglie non possono essere cancellati e il mio pubblico capirà.

Ma quale liquidazione milionaria, l’accordo non è ancora stato firmato. E poi l’importo corrisponde a sole tre mensilità della sua attuale retribuzione, molto più bassa di quella di Bruno Vespa, per esempio. Perché restare in trincea, sottoposti al fuoco di fila di entrambe le parti politiche? Santoro ha scelto di essere libero. Quella libertà che ha respirato quella volta, la volta di Raiperunanotte.

A voi il giudizio. Resta ciò che ha fatto, non il falso moralismo di chi ne giudica la brama di soldi ma in segreto ne vorrebbe la testa. Io difendo il diritto di Santoro di fare il giornalista alla televisione pubblica.

Chi è Giancarlo Innocenzi, il fedelissimo.

Giancarlo Innocenzi, il membro dell’AGCOM pescato a colloquio con Mr b, l’uomo ombra che tramava, insieme al dg Rai Masi, per la chiusura di Annozero al fine di compiacere il “capo”, non è nuovo a questo genere di interventi. Eccolo, raccontato dalle parole di Marco Lillo alla presentazione del libro “Bavaglio” (era il 3 settembre 2008), al telefono con Saccà nell’agosto 2007, quando allora Berlusconi era capo dell’opposizione:

Allora si trattava di sistemare qualche soubrette:

Niente di nuovo sul fronte berlusconiano.

(continua…)

Il Tar sospende il bavaglio per SKY e La7. CdA Rai d’urgenza lunedì mattina.

Il Tar del Lazio ha accolto la richiesta di sospensiva del provvedimento AGCOM che estendeva il regolamento della par condicio alle emittenti private, che di fatto eliminava dalla televisione italiana ogni spazio di approfondimento giornalistico politico.
Sky e Telecom Italia (che controlla La7) erano immediatamente ricorse al Giudice Amministrativo contro il provvedimento AGCOM. AGCOM aveva deciso di applicare le più restrittive norme sulla par condicio anche al settore privato come diretta conseguenza della interpretazione data dal CdA Rai al regolamento sulla par condicio, deliberato dalla Commissione di Vigilanza (sospensione di un mese di tutti i Talk-show a carattere politico).
Nella fattispecie, il Giudice Amministrativo ha sospeso l’articolo 6 c. 2 del regolamento, che recita:

"i notiziari diffusi dalle emittenti televisive e radiofoniche nazionali e tutti gli altri programmi a contenuto informativo… si conformano con particolare rigore ai principi di tutela del pluralismo, dell’imparzialità, dell’indipendenza, dell’obiettività e dell’apertura alle diverse forze politiche, nonché al fine di garantire l’osservanza dei predetti principi, allo specifico criterio della parità di trattamento tra i soggetti e le diverse forze politiche".

Il Giudice ha ritenuto fondate le "censure dedotte attraverso la delibera impugnata". L’udienza di merito è fissata per il 6 Maggio. Intanto, i talk show potranno tornare a ospitare politici e a occuparsi delle imminenti elezioni regionali. Il CdA Rai ha convocato per lunedì un consiglio di amministrazione urgente: il presidente Garimberti aveva anticipato che, se il verdetto del Tar fosse stato una sospensiva del regolamento, la Rai avrebbe dovuto necessariamente rivedere la propria decisione. Santoro stamane, alla notizia della sentenza, ha detto "ora andiamo in onda". Ma le intenzioni dei consiglieri di maggioranza sono ben chiare: per Butti (PdL) "non cambia niente, la decisione riguarda solo il provvedimento dell’AGCOM". Sulla stessa lunghezza d’onda, il radicale Beltrandi, il relatore del famigerato regolamento.

Intanto, stamane Il Fatto Quotidiano apre con alcune intercettazioni a margine di un’inchiesta della procura di Trani: Berlusconi avrebbe fatto pressioni sul membro dell’AGCOM, Giancarlo Innocenzi, per ottenere la chiusura della trasmissione. Anche Minzolini intercettato, a colloquio con il (finto) premier, avrebbe gentilmente accolto le richieste di un intervento televisivo per smorzare la "bomba" Spatuzza (leggi tutto: http://antefatto.ilcannocchiale.it/2010/03/12/cos%C3%AC_berlusconi_ordino_chiudet.html)

Il bavaglio Rai costa 3 milioni di euro. Santoro, io in onda il 25 Marzo.

Il CdA Rai ieri si è spaccato sulla decisione di come applicare il Regolamento della Vigilanza Rai, il tanto discusso bavaglio per le elezioni regionali 2010, una revisione della legge della par condicio con ampi profili di illegittimità. Il CdA ha votato cinque a quattro: Masi per la sospensione di tutti i talk show, da Porta a Porta ad Annozero, mentre il Presidente Garimberti si è dichiarato contro tale interpretazione. Secondo Masi la sospensione dei programmi è l’unico modo di evitare sanzioni all’azienda per la mancata applicazione del Regolamento. Tutti i consiglieri di maggioranza hanno votato su indicazione di Masi. Lo stop delle trasmissioni giornalistiche produrrà alla Rai un danno da 3 milioni di euro per mancati introiti pubblicitari. Per Paolo Gentiloni (PD) viene così realizzato il piano della maggioranza di “affidare al filtro dei soli tg l’attualità in campagna elettorale”. Zavoli, presidente di Commissione Vigilanza, ha ricordato come ora i notiziari debbano essere improntati al più “scrupoloso pluralismo”.

Santoro ha annunciato di voler fare uno sciopero bianco, ovvero di andare lo stesso in onda, tre giorni prima delle elezioni, il 25 Marzo, con una puntata di Annozero fatta non in Rai, ma non si è sbottonato sulle modalità di trasmissione: “La potrebbero trasmettere tutti quelli che la volessero raccogliere per diritto di cronaca”.

Il problema informazione ora si fa molto serio. In mancanza di una presa di posizione chiara sulle menzogne del Tg1 – la notizia fasulla dell’assoluzione di Mills attende ancora una smentita – il rischio è che, in occasione delle elezioni regionali, non ci sia affatto divulgazione di notizie. Una censura soft, necessaria per nascondere i casi di corruzione e malaffare che hanno investito la maggioranza nelle ultime settimane. Un silenzio a cui soltanto il web può far fronte. Santoro venga su internet, troverà posto sui blog. E i bloggers facciano fronte compatto: il 25 Marzo streaming di Annozero, embed pubblico e discussioni in diretta sulle chat. Proviamo a scalfire la “videocrazia”.

Bavaglio a internet e stampa. Ritorna il DDL contro i blog.

E’ approdato in Commissione alla Camera uno dei famosi DDL che tentano di mettere il bavaglio alla Rete: il testo Pecorella-Costa, C.881, che vuole estendere la normativa sulla stampa a tutti i siti internet aventi carattere editoriale. Punto Informatico ne parla in questi giorni con un articolo molto dettagliato che vi invito a leggere. Lo spirito censorio di questa legge farebbe in un attimo cadere nel silenzio tutti i blogger di internet.

Questo scrivo Pecorella e Costa come giustificativo del loro atto:

  • L’articolo 1 della presente proposta di legge interviene sulla legge sulla stampa, la legge 8 febbraio 1948, n. 47, specificando che essa si applica anche ai siti internet aventi natura editoriale, ampliando l’ambito applicativo dell’istituto della rettifica, prevedendolo anche per la stampa non periodica, come, per esempio, i libri, riformulando il reato di diffamazione con il mezzo della stampa per fatto determinato e disciplinando il risarcimento del danno.
  • L’articolo 2 interviene sul codice penale, modificando il regime dei delitti contro l’onore, l’ingiuria, la diffamazione e la diffamazione con il mezzo della stampa, in maniera coerente rispetto alle scelte effettuate per il delitto di diffamazione con il mezzo della stampa per fatto determinato.
  • Si modifica, inoltre, il codice di procedura penale (articolo 3), prevedendo la sanzione pecuniaria in caso di querela temeraria. Si tratta di una norma che potrebbe sembrare ultronea rispetto al contenuto della proposta di legge, ma che in realtà è strettamente connessa alla ratio del provvedimento. Infatti, essa e volta a ridurre il rischio di querele presentate solamente come forma di pressione psicologica in vista di un risarcimento civile, fenomeno che vede proprio i giornalisti quali principali vittime.

In sostanza, i blogger sarebbero soggetti alla disciplina sulla stampa, la loro opera avrebbe conseguenze penali e pertanto, dinanzi alla prospettiva di essere querelati e di vedersi ingiunto un risarcimento milionario, molti siti verrebbero chiusi o non più aggiornati. E’ la chiusura della rete. Tutto questo, è scritto per tutelare “la libertà di stampa e il diritto di cronaca”. Assurdo.

Allora la manifestazione indetta dalla FNSI – spostata al 3 Ottobre, non senza polemiche – per difendere la libertà di stampa, deve porre in rilievo questo gravissimo rischio: il bavaglio che si vuol mettere alla rete è altrettanto pericoloso di quello che cercano di sottoporre a stampa e televisione. La libertà di espressione dei blogger verrebbe irrimediabilmente compromessa.

La FNSI ha deciso di rimandare la protesta in segno di lutto per i soldati morti in Afghanistan: c’è chi è andato lo stesso in piazza, a piazza Navona per la precisione, dove si sono ritrovati alcuni gruppi della sinistra; c’è chi ha scritto che la protesta non è anti-nazionale, ma la contrario, dal momento che è fatta per difendere un principio costituzionale, è pienamente patriottica, mentre invece chi cerca di soffocare l’art. 21 è fondamentalmente contro la libertà quindi contro l’Italia democratica. Ma forse il 3 Ottobre si avrà ancora più rilevanza. Si crea così involontariamente un incrocio di date. Negli stessi giorni riprende la discussione alle Camere del DDI sulle intercettazioni. Il 4 Ottobre è attesa la decisione sul lodo Alfano. Il 5 Ottobre la caduta del nano-duce?

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    • Il 14 settembre scorso è stato assegnato alla Commissione Giustizia della Camera un disegno di legge a firma degli Onorevoli Pecorella e Costa attraverso il quale si manifesta l’intenzione di rendere integralmente applicabile a tutti i “siti internet aventi natura editoriale” l’attuale disciplina sulla stampa.
    • Sono bastati 101 caratteri, spazi inclusi, all’On. Pecorella per surclassare il Ministro Alfano che, prima dell’estate, aveva inserito nel DDL intercettazioni una disposizione volta ad estendere a tutti i “siti informatici” l’obbligo di rettifica previsto nella vecchia legge sulla stampa e salire, così, sulla cima più alta dell’Olimpo dei parlamentari italiani che minacciano – per scarsa conoscenza del fenomeno o tecnofobia – la libertà di comunicazione delle informazioni ed opinioni così come sancita all’art. 11 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e all’art. 21 della Costituzione.
    • l’On. Pecorella intende aggiungere un comma all’art. 1 della Legge sulla stampa – la legge n. 47 dell’8 febbraio 1948, scritta dalla stessa Assemblea Costituente – attraverso il quale prevedere che l’intera disciplina sulla stampa debba trovare applicazione anche “ai siti internet aventi natura editoriale”
    • Quali sono i “siti internet aventi natura editoriale” cui l’On. Pecorella vorrebbe circoscrivere l’applicabilità della disciplina sulla stampa?
      Il DDL non risponde a questa domanda, creando così una situazione di pericolosa ed inaccettabile ambiguità.
    • l’unica definizione che appare utile al fine di cercare di riempire di significato l’espressione “sito internet avente natura editoriale” è quella di cui al comma 1 dell’art. 1 della Legge n. 62 del 7 marzo 2001 – l’ultima riforma della disciplina sull’editoria – secondo la quale “Per «prodotto editoriale» (…) si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici“.
    • una definizione troppo generica
    • Tutti i siti internet attraverso i quali vengono diffuse al pubblico notizie, informazioni o opinioni, dunque, appaiono suscettibili, in caso di approvazione del DDL Pecorella-Costa, di dover soggiacere alla vecchia disciplina sulla stampa
    • Il DDL Pecorella Costa, infatti, si limita a stabilire con affermazione tanto lapidaria nella formulazione quanto dirompente negli effetti che “le disposizioni della presente legge (n.d.r. quella sulla stampa) si applicano altresì ai siti internet aventi natura editoriale“.
    • La vecchia legge sulla stampa, scritta nel 1948 dall’Assemblea Costituente, naturalmente utilizza un vocabolario e categorie concettuali vecchie di 50 anni
    • significa che attraverso la nuova iniziativa legislativa si intende rendere applicabili ai siti internet tutte le disposizioni contenute nella legge sulla stampa, occorre prepararsi al peggio ovvero ad assistere ad un fenomeno di progressivo esodo di coloro che animano la blogosfera e, più in generale, l’informazione online dalla Rete.
    • I gestori di tutti i siti internet dovranno, infatti, pubblicare le informazioni obbligatorie di cui all’art. 2 della Legge sulla stampa, procedere alla nomina di un direttore responsabile (giornalista) in conformità a quanto previsto all’art. 3, provvedere alla registrazione della propria “testata” nel registro sulla stampa presso il tribunale del luogo ove “è edito” il sito internet così come previsto all’art. 5, aver cura di comunicare tempestivamente (entro 15 giorni) ogni mutamento delle informazioni obbligatorie pubblicate e/o richieste in sede di registrazione (art. 6), incorrere nella “sanzione” della decadenza della registrazione qualora non si pubblichi il sito entro sei mesi dalla registrazione medesima o non lo si aggiorni per un anno (art. 7), soggiacere alle norme in tema di obbligo di rettifica così come disposto dall’art. 8 che il DDL Pecorella intende modificare negli stessi termini già previsti nel DDL Alfano e, soprattutto, farsi carico dello speciale regime di responsabilità aggravata per la diffusione di contenuti illeciti che, allo stato, riguarda solo chi fa informazione professionale.
    • vuol dire aprire la porta ad azioni risarcitorie a sei zeri contro i proprietari delle grandi piattaforme di condivisione dei contenuti che si ritrovino ad ospitare informazioni o notizie “scomode” pubblicate dai propri utenti
    • Blogger e gestori di siti internet, infatti, da domani, appaiono destinati ad esser chiamati a soggiacere allo speciale regime aggravato di responsabilità previsto per le ipotesi di diffamazione a mezzo stampa o radiotelevisione.
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    • Il cordoglio e l’umana pietà per i militari italiani morti a Kabul sono incompatibili con la difesa della libertà di stampa? Solo a chi coltiva una follia del genere poteva venire in mente di spostare la manifestazione di sabato, quasi che essa, in quanto di denuncia dell’attuale governo (anzi regime) debba essere vissuta come ipso facto anti-nazionale, anziché in sommo grado patriottica, come in effetti era, poiché con l’obiettivo di salvare il paese dall’abiezione in cui il berlusconismo lo sta precipitando.
    • la manifestazione era stata indetta controvoglia
    • Nella Federazione della Stampa convive di tutto, infatti, dai giornalisti-giornalisti agli aficionados del killeraggio mediatico contro gli oppositori del regime (o anche i sostenitori del governo che solo accennino alla fronda), passando per tutte le gradazioni del giornalismo d’establishment
    • La verità è che la manifestazione avrebbero dovuto indirla i partiti dell’opposizione, dispiegando tutte le loro forze organizzative e comunicative, affidando poi ai tre giuristi dell’appello che sta sfiorando 400 mila adesioni, Cordero, Rodotà e Zagrebelsky, tre tra le figure più alte dell’Italia di oggi, ogni decisione sugli interventi dal palco e lo svolgimento della manifestazione.
    • Rinunciando alla manifestazione non si dimostra un maggior cordoglio per i soldati italiani uccisi a Kabul. Si confessa solo il timore per il linciaggio mediatico che il regime avrebbe scatenato proprio con questo aberrante pretesto.
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    • Lo spostamento della manifestazione nazionale sulla libertà di informazione dal 19 settembre al 3 ottobre ha creato tanta solidarietà e qualche malumore.

    • Entrambe le posizioni sono legittime e Articolo 21, nel suo complesso, ha scelto la via dell’Italia solidale con i ragazzi morti in Afghanistan.
    • La scelta della Fnsi è giusta, comprensibile e doverosa.
    • La protesta a difesa dell’articolo 21 della Costituzione è sacrosanta. Il diritto ad informare e ad essere informati merita di essere proclamato, in piazza, in tutta la sua potenza e non può rischiare di essere oscurato da strumentalizzazioni e scarso risalto mediatico.
    • Oltre ad una scelta di opportunità (manifestare nei giorni del lutto nazionale è di cattivo gusto) c’è anche lo spazio per protestare alla luce di due scadenze che, se vogliamo dirla tutta, porteranno maggiore attenzione sull’appuntamento del 3 ottobre. Proprio in quei giorni ci sarà la decisione della Corte sul Lodo alfano. E subito dopo tornerà in discussione la legge che mina alla base il diritto di cronaca attraverso nuovi divieti sulle intercettazioni telefoniche.
    • dopo quel che è accaduto in Afghanistan, un nuovo tema: quello dell’informazione dimenticata, come quello della guerra Afghana. Tra i temi dell’informazione nascosta, infatti, ci sta anche la cattiva informazione su quel che succede in Afghanistan
    • l’aumento delle truppe non aumenta la sicurezza del popolo Afghano
  • Sara Menafra – Pochi ma buoni per la libertà di stampa

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    • Non era facile intercettare in poche ore tutti quelli che avrebbero voluto mantenere la manifestazione per la libertà di stampa, convincerli ad andare in strada lo stesso e spostare l’appuntamento in piazza Navona.
    • Nell’angolo di piazza Navona assediato dai turisti del sabato si sono avvicendate alcune centinaia di persone per tutto il pomeriggio. Non molte, ma sufficienti per far dire alle redazioni di Liberazione, Terra, Radio città aperta, Left ed Erre che sì, «ne valeva la pena».
    • Quotidiani periodici e radio – insieme a Rifondazione comunista, Pdci, Sinistra critica, Partito comunista dei lavoratori e Sinistra popolare (l’organizzazione fondata da Marco Rizzo, ex pdci)- venerdì sera hanno deciso di confermare l’appuntamento fissato da settimane per il pomeriggio di ieri. Poco convinti della scelta fatta dalla Federazione della stampa, che ha invece scelto di spostare la propria iniziativa due settimane più in là, per preservare il lutto nazionale di queste ore
    • nonostante le divergenze di queste ore, sono già pronti a tornare in piazza il 3 ottobre, assieme alla Fnsi. «Siamo partecipi del cordoglio per le vittime dell’attentato – dice il direttore di Radio città aperta Marco Santopadre – ma in noi resta la rabbia per una informazione ostaggio dei poteri forti».
    • L’emergenza c’è, dice il regista Citto Maselli, pure lui in piazza: “Siamo in un momento terrificante ed è per questo che annullare la manifestazione è stato uno sbaglio. Davanti all’impressionante atmosfera repressiva che si respira in queste ore, possiamo solo tentare di renderci visibili”
    • era stato lui, Citto Maselli il principale bersaglio del ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Accusato, assieme a Michele Placido, di aver intascato denaro pubblico per realizzare film «che al botteghino incassano 3 o 4mila euro»
    • «Mi sembra di essere tornato all’epoca di Scelba, quando il piccolo teatro di Strehler non poteva andare all’estero per non dare un’immagine negativa del paese»

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