Stress Test e Mps, un bel giorno per Davide Serra

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Avrete letto che l’esito degli stress test bancari, eseguiti dalla BCE sugli istituti dell’area Euro, è negativo per nove banche italiane. Mps ha manifestato una carenza di 2,1 miliardi; Carige di 814 milioni. Insomma, ci si aspetta un lunedì nero per il mercato italiano, che verrà probabilmente trascinato agli inferi dai titoli bancari. Mps deve quindi ricapitalizzare e, in generale, quando è tale la prospettiva, il mercato tende a reagire deprezzando il titolo.

Nel frattempo, il finanziere di successo Davide Serra, ospite fisso di ogni Leopolda (da quando la Leopolda è il luogo dello show Renzianissimo), ha esternato alcune sue opinioni – rispettabili, ma inutili come tutte le opinioni – sul diritto di sciopero. Per Serra, lo sciopero è un costo (lo è in primis per i lavoratori, non è vero?) e andrebbe abolito. Jacopo Iacoboni, su La Stampa, già titola “Serra, rockstar spericolata”, descrivendo le scene di giubilo durante il suo speech leopoldino. Ma Iacoboni non sa che domani, per il finanziere, non sarà solo il giorno delle prime pagine e della più ampia visibilità.

Serra detiene una posizione ribassista pari allo 0,94% del capitale di Mps: tale informazione è nota poiché la Consob obbliga le società a rendere pubbliche tali esposizioni quando superano lo 0,5%. Domani, per Serra, sarà un giorno di forti guadagni. Fra l’altro, il titolo Mps dal 17 Giugno, giorno del suo più alto valore pari a 2,5 euro per azione (quando il rating della banca era passato da underperform a neutral, secondo Bnp Paribas), ha conosciuto un periodo di pesanti ribassi, arrivando a toccare il picco negativo lo scorso 16 Ottobre, a 0,81 euro/azione. Serra ringrazia. Così va il mondo della Finanza.

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FAZ.net: e Draghi prese in ostaggio la politica fiscale

Credits Der Spiegel – il grafico mostra la differenza fra i Quantative Easing della Federal Reserve e i programmi LTRO della BCE.

Commenti duri sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Con un editoriale intitolato “Possono non pagare?”, sebbene il programma OMTs, Outright Monetary Transactions, sia posto all’interno di una procedura che prevede condizioni severe da sottoscrivere con un Memorandum of Understanding, il direttore di FAZ.net si chiede cosa potrebbe fare la BCE qualora un paese come l’Italia non rispettasse gli impegni. Letteralmente: “What will the ECB do when in Italy the often promised easing of employment protection does not arrive? Then sells them Italian bonds?”. Può vendere titoli di stato italiani? No, è la ovvia risposta. La BCE non avrebbe alcun potere per far rispettare i Memorandum. Ma è davvero così?

Non saprei dire quanto l’interpretazione dei falchi della FAZ.net sia intrisa di pressapochismo e quanto di ideologismo. Naturalmente l’intervento della BCE è condizionato alla richiesta del paese in difficoltà. Il Memorandum ne costituisce una sorta di “messa sotto tutela” o di commissariamento che – come nel Trattato ESM – viene perpetrato da parte di un organismo formato da rappresentanti dei governi, rappresentanti nominati, non eletti. Nel caso del Meccanismo Europeo di Stabilità veniva creato un board parallelo alla BCE per poter operare bypassando i divieti contenuti nei Trattati. Ma la minaccia del giudizio di incostituzionalità della Corte Federale tedesca ha indotto Draghi a muoversi ugualmente quasi spingendo la BCE verso un territorio non ancora tracciato da alcuna linea di regolamentazione giuridica, essendo quel territorio proprio di una banca federale. Se l’Euro è la moneta senza Stato, la BCE oggi è una banca federale senza alcuna federazione. Scrivono sulla FAZ: ora la politica monetaria ha messo sotto sequestro la politica fiscale, che è prerogativa dei governi nazionali, quindi della politica nazionale. Di fatto oggi Draghi è entrato su un “terreno di proprietà privata”.

Senza una Costituzione federale, senza un governo federale, un presidente e un parlamento democraticamente eletti, la costruzione europea tende a procedere enfatizzando il suo carattere tecnocratico. Il potere della BCE è diventato un potere di sostituzione, è di fatto un potere d’eccezione in uno stato d’eccezione (cfr. C. Schmidt) che straordinariamente è trasmigrato da una istituzione politica a una economica. Lo Stato d’eccezione è un vuoto giuridico, una sospensione del diritto paradossalmente legalizzata (G. Agamben, 2003). In questa eccezionalità, la BCE ha fatto dei “prigionieri politici”, o per meglio dire ha fatto i politici prigionieri.

The leaders of the south of the euro zone may be happy, they can continue to borrow at low interest rates and do not need to worry about investors. But the leaders of the North are satisfied, they can hide behind the ECB and do not bother about the Bundestag with the uncomfortable question but repeated increases in liability for Germany (FAZ.net).

Così noi del Sud possiamo essere felici. Possiamo finanziarci a tassi relativamente bassi senza dover fare assolutamente nulla. Ma anche i leader dei paesi del Nord sono felici, scrivono i tipi della FAZ. Perché ora si potranno tutti nascondere dietro l’ombra del potere della BCE e non preoccuparsi della frequentissima richiesta del Bundestag di prendersi maggior responsabilità in Europa. Sì, possiamo tutti vivere tranquilli, sotto il paternalistico autoproclamato governo della BCE.

Che poi è vero, un quantitative easing era l’unica strada possibile. Ma l’emergenza ha trasformato la BCE in un governo europeo. Un governo privato europeo.

BCE, al l via il piano Monetary Outright Transaction – il “salva spread”

International Monetary Fund's Managing Directo...

International Monetary Fund’s Managing Director Dominique Strauss-Kahn (L) talks with , European Central Bank President Jean-Claude Trichet (C) and Italy’s Governor Mario Draghi (R) prior to the start of their G-7 meeting at the Istanbul Congress Center (Photo credit: Wikipedia)

Dal palazzo della BCE in queste ore è tutto un proliferare di indiscrezioni sul nuovo Quantitative Easing di Mario Draghi. Il Financial Times riporta che il piano, avente il nome molto tecnico e un po’ sinistro di “Transazioni monetarie definitive” (MOT), sarà rivelato Giovedì dopo la riunione del Board. L’intervento è stato largamente sponsorizzato da diverse corporations di Francia, Italia e Spagna, oltre che dai relativi governi. Sembra che questa insolita unione di pubblico e privato abbia momentaneamente piegato la resistenza dei falchi della Buba, alias la Bundesbank, “custode della dottrina della stabilità dei prezzi”.

“Il denaro fuoriuscito dai paesi periferici ha causato una disfunzione del sistema monetario, che non è qualcosa che una banca centrale può permettere.”, ha detto Ewen Cameron Watt,  gestore senior dei fondi BlackRock. Il rischio più grande è che i paesi che beneficeranno degli aiuti della BCE rinneghino i propri impegni in materia di risanamento dei bilanci pubblici. Non è ancora chiaro come Mario Draghi intenda evitare questa eventualità. Draghi sembra anche non intenzionato a rivelare in pubblico gli eventuali limiti oltre i quali la BCE potrà intervenire. Potrebbe innescarsi una perversa speculazione da parte dei mercati, i quali saranno quindi motivati a cercare questo limite, gettandosi pancia a terra sul bund tedesco e vendendo titoli italiani o spagnoli. Il programma si concentrerà sull’acquisto di debito sul mercato secondario con una scadenza fino a circa tre anni e gli acquisti saranno “sterilizzati” per mantenere un effetto neutro sulla massa monetaria. Questa neutralizzazione avverrà con vendita di valuta estera, molto probabilmente dollari e sterline, rastrellando sul mercato tanti euro quanti ne saranno emessi con il programma MOT.

Continua a leggere su http://www.ft.com/intl/cms/s/0/1966ebe8-f77b-11e1-ba54-00144feabdc0.html#axzz25cllFlMo

PIL: la Germania a un passo dalla Recessione

I dati sul PIL tedesco relativi al secondo trimestre non lasciano scampo a dubbi: prima della fine dell’anno la Germania conoscerà un trimestre di recessione. Nonostante i titoli dei siti italiani tendano ad enfatizzare il fatto che la Germania abbia un PIL (nelle immagini GDP) positivo, la tendenza di medio periodo non lascia scampo ad altre ulteriori conclusioni, soprattutto in assenza di risposte da parte del governo Merkel.

Questo il grafico del tasso di crescita del GDP della Germania su base annua:

Il risultato del secondo trimestre 2012 è un modesto 0.5%, un uno per cento secco in meno rispetto a tre mesi or sono. Il risultato conferma la validità della nostra previsione, pubblicata su questo blog qualche settimana fa. Volendo approfondire il tentativo di analisi della volta precedente, possiamo prendere in esame il segmento di curva che va dal fantasmagorico +4.7% del primo trimestre 2011 fino ad oggi. Naturale osservare che si tratta di una tendenza negativa. Ed è possibile anche descrivere questo andamento con una funzione y=f(x)+a. Ovvero con una retta. Applicando la funzione della regressione lineare su un qualsiasi foglio di calcolo. Ebbene, il ramo di curva degli ultimi diciotto mesi del tasso di crescita della Germania equivale a questa funzione: y=-0.7*x+7.162. Pertanto, la previsione per il GDP Annual Growth Rate della Germania per il prossimo periodo (il settimo della serie che abbiano selezionato) è di un -0.27% – il che equivale a dire recessione.

Se poi non ci sarà alcuna reazione da parte del governo tedesco, né ci sarà una inversione di tendenza sul mercato comune – sì, è l’interdipendenza fra i paesi europei, ovvero i legami economici e commerciali e finanziari fra la Germania e l’Italia, la Spagna, la Grecia, il Portogallo, la Francia e così via, a spingere verso il basso il PIL tedesco – allora si verificherà un -1%, fatto che sancirà l’apertura della crisi economica anche in casa Merkel, proprio nel tremendo 2013, anno horribilis delle elezioni italiane e tedesche (si comincia già a gennaio in Bassa Sassonia, 8 milioni di abitanti, con capitale Hannover).

L’unico modo per invertire questa pericolosa tendenza è smetterla con le politiche mortifere della Trojka e della BCE e pompare denaro per finanziare la crescita. Null’altro.

 

Nel paese dei No anche le banche in rivolta

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Solo ieri ricevevano 114 miliardi di euro dalla BCE al modico prezzo dell’1%. Oggi tutto il consiglio dell’ABI si è dimesso in blocco contro le norme del Decreto Liberalizzazioni come licenziato dal Senato dopo il voto di fiducia (a proposito, ogni provvedimento del governo un voto di fiducia, non è troppo?). In particolar modo le banche contestano la norma che abolisce le commissioni per l’affidamento di prestiti. Queste commissioni sono dovute da colui o coloro che chiedono prestiti alle banche ma che non impiegano immediatamente il denaro.

Così recita l’emendamento approvato dall’aula del Senato:

sono nulle tutte le clausole comunque denominate che prevedono commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche in caso di sconfinamento in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido.

Il nodo è questo: le commissioni sono abolite non già solo per la concessione di prestiti ma anche per la loro semplice messa a disposizione. Con la messa a disposizione la banca accantona denaro richiesto dai propri clienti: sono promesse di prestiti, se così si può dire. Denaro che il cliente non ha ancora in tasca e per il quale deve già pagare; denaro che la banca ha ancora a disposizione ma che non può impiegare nelle proprie operazioni. L’emendamento del senatore PD Bubbico fa piazza pulita del dubbio e taglia il costo per le aziende e i singoli clienti caricandolo esclusivamente sulle spalle delle banche.

Sorprende che in questa fase di stretta del credito, il direttivo dell’ABI abbia alzato il livello della contestazione. Nessuno protesta se le banche impiegano i denari della BCE per riacquistarsi i propri titoli obbligazionari. Nessuno può controllare le banche su quel che faranno di quei 114 miliardi di euro. Però le banche possono fare come i No Tav e “bloccare tutto”. C’è qualcosa che non quadra in questo sistema. Qualcosa che stona fortemente. Poiché la violenza del No Tav è condannata da tutti ma l’avidità di questi signori è permessa, anzi difesa.

In sintesi, ecco cosa cambia per gli istituti di credito:

– CONTO CORRENTE GRATIS PER PENSIONATI: e’ previsto per i pensionati che hanno un assegno fino a 1.500 euro.

– MUTUI, LIMITI PER LE BANCHE: non sara’ piu’ necessario aprire un conto corrente nella banca dove si richiede il mutuo; le banche erogatrici avranno l’obbligo di proporre due polizze di differenti assicurazioni non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi.

Prevista anche la liberta’ per il cliente di scegliere sul mercato la polizza sulla vita piu’ conveniente. Stop alle commissioni per il pagamento del carburante tramite carta fino a 100 euro.

– COMMISSIONI PRESTITI: Annullate tutte le commissioni bancarie sui prestiti anche in caso di sconfinamento in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido.

– DIVIETO DI INCROCI: vietati gli incroci personali tra gruppi bancari concorrenti, cioe’ la co-presenza di un individuo in due o piu’ Consigli di Amministrazione.

 (Aginews).

BCE: LTRO, un quantitative easing da 500 miliardi

LTRO, un acronimo che sta per Longer Term Refinancing Operations (operazioni di rifinanziamento a più lungo termine). L’operazione è stata condotta da Mario Draghi, quasi minimizzandola, facendola passare per un rifinanziamento del sistema bancario, ma che di fatto si prefigura come un QE, in gergo finanziario un quantitativo di alleggerimento, denaro fresco di stampa immesso sul mercato sotto forma di prestiti alle banche a tre anni al tasso del 1%. Un regalo di Natale. Draghi, in fondo, è un uomo buono.

Il lancio Reuters che testimonia il QE da 500 mld

Perché aiutare le banche? In poche parole: perché il sistema è al collasso. Le banche europee hanno un deficit di capitale di 600 mld. Al QE hanno partecipato ben 532 istituti. I prestiti della BCE sono istituiti per alleggerire gli stress per le banche affamate di liquidità e allo stesso tempo abbassare il costo di finanziamento di quei governi che “sono mazziati dalla crisi del debito”. Quindi l’effetto sarà quello di abbassare il costo del rifinanziamento del debito degli Stati. Non sarà la BCE direttamente a rastrellare i bond, ma lo farà fare alle banche. Per quegli istituti con l’acqua alla gola, LTRO diventa un salvataggio, per quelle che non ne hanno bisogno, LTRO è un prestito a tasso agevolato da reinvestire in titoli fruttuosi, in special modo Btp italiani. Un carrie trade, un aiutino che ricade indirettamente sul mercato dei titoli di stato.

Tutto ciò viene fatto nonostante la clausola di non salvataggio contenuta all’articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e contro l’ala dura in BCE, composta dai rappresentanti in quota Bundesbank. A seguire le banche hanno emesso bond (cosiddetti collaterali) per garantire alla BCE questi prestiti. Le banche italiane, nel loro complesso, hanno emesso bond per 38.4 mld di euro. Ecco l’elenco:

IntesaSanpaolo ha emesso un bond per 12 miliardi, Banca Mps per 10 miliardi, Unicredit per 7,5 miliardi, Banco Popolare per 3 miliardi, la Popolare di Vicenza per 1,5 miliardi, Carige per 1,3 miliardi, Dexia Crediop per 1,05 miliardi, la Popolare di Sondrio per 1 miliardo, il Credem per 800 milioni, la Popolare dell’Emilia Romagna per 750 milioni, Iccrea Banca Impresa per 650 milioni, il Credito Valtellinese per 500 milioni, Iccrea per 290 milioni e BancaEtruria per 100 milioni (soldionline).

La conseguenza è che la BCE si è messa in pancia “una gigantesca e puzzolente sfilza di asset tossici” (IL PIANO FURTIVO DI DRAGHI | Informare per Resistere). Esattamente lo stesso passo compiuto nel 2008 dalla Federal Reserve soltanto camuffato dallo stratega Draghi per evitare il ‘tiro al piccione’ da parte dei tedeschi. Tecnicamente non è un QE per la sola ragione che non si tratta di cessione, ma solo di garanzia. In ogni caso ciò comporterà una lievitazione dei bilanci della BCE di circa 3 trilioni di euro (trilioni!). Una cifra colossale. Sappiate che la Fed ha scaricato le proprie perdite a bilancio, causate dai vari QE per salvare il sistema bancario dopo lo shock dei subprime, sui contribuenti. E chi sono i contribuenti su cui verranno scaricate le perdite della BCE? Secondo voi, a cosa potrà mai servire l’unione fiscale concordata nel vertice UE del 9 dicembre scorso e che verrà istituita con un trattato a Marzo?

Ricordate: questa era l’ultima spiaggia. O si faceva lavorare la BCE come prestatore di ultima istanza in maniera occulta come è stato fatto oggi, o il credit cruch si sarbbe trasformato in un collasso sistemico bancario.

Allarme sanitario: la Sindrome di Stoccolma ha contagiato il Mondo intero!

FONTE: Liberarchia

Secondo recenti studi dell’ OMS (Organizzazione Militanti Sovversivi) una strana epidemia si sta diffondendo a macchia d’ olio in tutto il pianeta, e credo ti convenga leggere attentamente questo testo, perchè molto probabilmente SEI GIA’ STATO CONTAGIATO PURE TU!

Per chi come me è del tutto ignorante in materia medica, la Sindrome di Stoccolma è una condizione psicologica nella quale una persona vittima di un sequestro può manifestare sentimenti positivi (talvolta giungendo all’innamoramento) nei confronti del proprio sequestratore.
E per quanto possa sembrare incredibile questa patologia è stata riscontrata in intere masse di individui che collettivamente manifestano simili sintomi.
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Scenari di un default italiano: manovre draconiane e uscita dall’euro

Parliamoci chiaro: questo è il momento della verità. SuperMario Monti ha giurato oggi e domani si accinge a prendere la fiducia (condizionata) di Senato e Camera. Il Monti entusiasmo potrebbe spegnersi in un nano secondo se non accadono due o tre cose a livello europeo, ovvero cambio di governance della BCE e governo economico dell’Unione (con magari qualche briciola di democrazia in più).

Eppure tutto ciò potrebbe non essere sufficiente per l’Italia. Il quadro macroeconomico della nostra nazione è dipinto a tinte fosche da tre quarti degli analisti finanziari, e fra di essi ci metto pure Beppe Grillo, se non altro per la sua preveggenza (leggete il suo post del 29/05/2010, e qui finisco la lode).

Invece vi voglio citare ampiamente un post di Edward Harrison su ‘Credit Writedowns‘ intitolato Running through Italian default scenarios. Scenari di un default italiano. Perché default? Davvero non ci possiamo salvare? La risposta potrebbe essere: dipende. Harrison è perentorio: “l’Italia ha bisogno di un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) di circa il 5 per cento del PIL, solo per mantenere il suo indice di indebitamento costante a rendimenti attuali. Questo non succederà. Così i rendimenti dei titoli italiani devono scendere o in Italia è insolvente”. C’è poco da dire, basta questa frase per metterci k.o. Ma non è tutto: se l’Italia continua a “zoppicare sulla linea del 7% di rendimento, vedremo una brutta recessione double dip e fallimenti bancari”. Dexia in primis, poi altre banche, magari italiane e francesi. Siamo quindi di fronte a un vero e proprio Armageddon finanziario. Accadeva qualcosa del genere per l’Irlanda mesi or sono, poi i suoi tassi sono cresciti oltre il 9% e il paese è stato messo sotto tutela dal FMI. L’Italia è invece ‘too big to save’.

L’austerità [annunciata, dico io] non sta riportando i rendimenti italiani indietro. In primo luogo, ora è in questione di solvibilità e le “mani deboli” venderanno. Inoltre, gli investitori in tutto il debito sovrano, temono di essere senza copertura a causa del piano greco elaborato a Bruxelles il mese scorso. Come Marshall Auerback mi ha detto, qualsiasi gestore di denaro con responsabilità fiduciaria non può permettersi di comprare debito italiano o di qualsiasi altro titolo del debito sovrano in euro dopo questo piano [che ricordo prevede il taglio del 25% del valore nominale del debito, una sorta di svalutazione che prelude a un default pilotato].

Di fatto, senza un intervento da parte della Banca Centrale, si formerà una sorta di spirale autoalimentata fra incremento dei tassi e crisi di liquidità: gli investitori venderanno titoli italiani e i rendimenti saliranno, i rendimenti più elevati generano un peggioramento dei fondamentali macro che portano alla diretta percezione di un rischio di insolvenza più elevato e quindi rendimenti ancora più elevati. C’è modo di uscirne? Come fare a rompere questo schema che sembra perfetto?

La BCE dovrebbe muoversi come prestatore di ultima istanza, almeno. Non ci sono molte opzioni, ora che il ‘genio della lampada’ dell’insolvenza è stato liberato. Se la BCE fa ‘backstop’, ovvero la sicurezza, il sostegno di ultima istanza, qualcuno potrebbe decidere di comprare titoli italiani. Un default italiano “significherebbe perdite massicce per le banche tedesche e olandesi e l’apertura di una Depressione con la ‘D’ maiuscola”.

Harrison prevede uno scenario ‘Armageddon’ simile a questo:

    1. una volta avvenuto il default dell’Italia, le banche italiane sarebbero insolventi a causa delle perdite, poiché sono i più grandi detentori di debito sovrano italiano. Data la svalutazione pari a € 10000000000 da parte di  Unicredit proprio ieri, possiamo comprendere come queste banche siano già molto deboli. Pertanto, dovremmo immaginare corse agli sportelli!
    2. Spagna e Slovenia in crisi di insolvenza: altri creditori sovrani più deboli all’interno della zona euro, senza fondi FMI, andrebbero subito sotto pressione di pesanti vendite di titoli. Questo include Spagna e Slovenia in primis, ma includerebbe anche il Belgio e poi forse l’Austria a causa della sua esposizione verso l’Europa orientale. In Spagna, i rendimenti hanno già superato il 6% e la Slovenia hanno già superato il 7%. Questi governi farebbero default e poi scaricano a cascata le perdite sui loro sistemi bancari. Il default qui porterebbe a insolvenza delle banche nazionali e le banche funzionano come in Italia. Paesi come Irlanda, Portogallo e Grecia vorrebbero fare default anche loro per sfuggire alle soffocanti restrizioni dell’ austerità dato che il percorso di solvibilità diviene insostenibile anche a causa di una profonda depressione. Probabilmente, questi paesi farebbero default. Gli analisti come Sean Egan stimano eventuali perdite in Grecia pari al 90%. Nello scenario di default italiano, queste perdite si cristallizzano in una notte.
    3. Contagio in Europa dell’Est: le perdite di Unicredit includono svalutazioni significative in Europa orientale e Asia centrale (Kazakistan e Ucraina). Un’area di contagio potrebbe essere quella di altre banche con esposizione alle economie deboli in Europa orientale come l’Ungheria e Slovenia. Banche greche, tedesche e austriache sarebbero più vulnerabili a causa dell’esposizione verso l’Europa centrale e nei Balcani. L’Ungheria, già sotto la minaccia di un downgrade sovrano alivello junk, ammetterà una diminuzione del rapporto di cambio Fiorino/Euro, e soffribbe così il contagio. La moneta andrebbe sotto la pressione di pesanti vendite. Altri debitori sovrani più deboli sarebbero influenzati.
    4. Contagio dei sistemi bancari francesi e tedeschi, che non hanno neanche loro un prestatore di ultima istanza;
    5. I CDS (Credit Default Swap) sul debito italiano sono stati venduti dalle istituzioni bancarie statunitensi che potrebbero non essere in grado di pagare. Ne consegue una serie di fallimenti a catena di questi istituti, o di una serie di interventi della mano pubblica che incrementerebbe a dismisura il debito pubblico USA. Anche quest’ultimo è uno scenario da Depressione con la ‘D’ maiuscola;
    6. In ultima istanza, ma non secondariamente, il default italiano potrebbe creare disordini civili, disgregazione dell’eurozona, colpi di stato del governo.

Il contagio, scrive Harrison, “si sta diffondendo per tutta la zona euro fino a quando essa non si romperà – e ciò lo dimostrano i rendimenti in aumento in tutta la zona euro, oggi, in Francia, Austria e anche Olanda”. La percezione è che la crisi di sfiducia stia puntando su Parigi e che Parigi lo sappia perfettamente ma non sa fare nulla per evitarlo. La crisi del debito punta dritto al cuore dell’Unione e o si realizza “la monetizzazione comleta dell’Unione o la si rompe”.

Gli scenari sono questi. Default, depressione e cigno nero sui mercati di azioni, titoli di Stato, valute, materie prime e metalli preziosi.

Ora sapete perché la politica italiana appoggia unanime o quasi Mario Monti.

 

 

Peccatori del debito, pentitevi! Le dimissioni di Stark e il monetarismo ortodosso tedesco

Quel che sorprende delle dimissioni del ministro tedesco Stark dal Board Executive della BCE non è tanto la sfiducia verso l’italia – quella ce l’abbiamo anche noi – quanto la mancanza della più totale consapevolezza che l’interdipendenza fra i paesi europei abbai raggiunto un tale livello da non poter esser più dipanata. I falchi del monetarismo ortodosso tedesco, i rigidi contabili della Bundesbank e dell’alleata Banca Centrale Olandese, negano il mutuo soccorso fra i paesi europei e interpretano il comportamento della BCE alla stregua di un aiuto di Stato, un favore a un concorrente nel libero mercato:

I paesi in deficit possono, nonostante la sfiducia dei creditori, introdurre più prodotti e servizi di quelli che svolgono, perché il loro disavanzo delle partite correnti è finanziato dalla Euro-sistema di pagamento da parte della Bundesbank. (Die traurige Entwicklung der Geldpolitik, FAZ(1), trad. propria).

Stark avrebbe lasciato la BCE perché “frustrato”. Frustrato dal fatto che i peccatori del debito, i maiali del Sud, vengono aiutati dalla BCE non già perché esiste una volontà politica di salvaguardare gli stati dell’Unione, bensì perché il blocco del Sud ha messo in minoranza quello del Nord, che però è più forte economicamente.

I fronti nord e sud sono uno di fronte all’altro. I rappresentanti dei paesi del nord orientati alla stabilità vogliono tenere la spesa dei peccatori del debito sotto controllo. I rappresentanti dei sudisti vogliono mettere la BCE sotto la gogna della stampa, onde mostrarne il fallimento della politica di bilancio. L’opposizione della Bundesbank, e della Banca Centrale Olandese, è spazzata via. Poiché il numero di paesi economicamente potenti si restringe mentre le fila dei peccatori del debito crescono, il Sud si aggiudica i voti – e il Nord paga (FAZ, cit., trad. propria).

Se volessimo definire questo pensiero con una frase, quella frase potrebbe essere “leghismo europeo”. Come in Italia la Lega Nord stigmatizza il Sud, fannullone e debitore, così fa la Germania con l’Italia e gli altri PIGS. E’ la reazione di chi è – momentaneamente – più ricco e vede la propria economia crescere ma non quanto vorrebbe, gravata da una zavorra, la zavorra dei più poveri, degli indebitati, e non vuole pagare per essi.

La dipartita di Stark apre la crisi politica della BCE. Il delicato equilibrio sin qui tenuto fra monetarismo alla Bundesbank e debitarismo sud-europeo era garantito dalla presidenza francese e dai segretari finanziari tedeschi. Fin dalla nascita, la BCE è stata a guida mista franco-tedesca, ma la politica monetaria applicata era una ricetta made in Bundesbank. Ora l’avvento di Draghi – un peccatore italiano! -ha scatenato il panico dei tedeschi.

Il prossimo presidente della BCE, Mario Draghi, è italiano, il Vice Presidente del Portogallo. Fermare questo ‘doppio diesis'(1) di acquistare titoli di Stato da Italia e Portogallo? Il paese più forte economicamente dell’Euro dovrebbe essere rappresentato nella BCE da due voti e la Bundesbank non può essere isolata all’interno del Consiglio (FAZ, cit., trad. propria).

La pratica del QE – quantitative easing, ovvero stampare la moneta per alleggerire, comprandolo, il debito dei ‘porci’ – comporta un “accumulo dei rischi di credito nella Banca federale che supera il raddoppio delle garanzie del nuovo controverso – per il governo tedesco – fondo di salvataggio dell’euro”.

La sfiducia verso l’Italia è quindi doppia: non solo si dubita della volontà del governo italiano di risanare effettivamente i conti e di ridurre il debito, ma si dubita anche del prossimo presidente della BCE, al di là della sua storia personale, della sua reputazione – Draghi  “ha un dottorato in economia dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) e ha lavorato alla Banca Mondiale che alla Goldman Sachs ed è stato direttore generale del Ministero del Tesoro in Italia all’inizio degli anni Novanta” (Foreign Policy, via Il Post) – è pur sempre ‘un-italiano-alla-BCE!’, uno scorbutico ben poco diplomatico che si troverà a gestire un’unione monetaria in preda al panico e una banca piena zeppa di titoli tossici greci, italiani, portoghesi, irlandesi ecc.

I tedeschi hanno paura di perdere il controllo sulla politica monetaria dell’Istituzione BCE. A differenza delle altre istituzioni della UE, la BCE ha dei VERI poteri, ed è svincolata dalle decisioni dei paesi membri riuniti nel consiglio. Non è un organo a rappresentanza democratica, ma è oggetto di spartizioni di potere. Lasciare che gli italiani mettano i piedi nel Board Executive della BCE significa consegnargli la borsa e la vita.

 

 

(1) FAZ, Frankfurter Allegmeine Zeitung, quotidiano tedesco.

(2) Nella notazione musicale, diesis (anche detto diesi) è il simbolo che indica che la nota a cui si riferisce va alzata di un semitono, ed il suo simbolo è Sharp.svg. Esiste anche il doppio diesis (Sharp.svgSharp.svg, oppure DoubleSharp.svg) che indica un incremento di frequenza della nota pari ad un tono (wikipedia).

BCE: Salatto (FLI), “la Germania destabilizza l’Europa”

“Le dimissioni del rappresentante tedesco della Bce Jurgen Stark sono di una gravita’ inaudita. Ancora una volta la Germania, che con l’obiettivo di essere egemone in Europa provocò due guerre mondiali, ripete lo scenario di destabilizzazione dell’Europa con l’arma della finanza”.

“Oggi, come allora l’Ue deve saper reagire per non infrangere il sogno collettivo di 450 milioni di abitanti ponendo un freno alle rinnovate mire tedesche. Il Parlamento europeo non puo’ non affrontare il tema con un dibattito al suo interno e prendere adeguate decisioni. Inoltre la delegazione italiana tutta (Ppe, Socialisti, Lega, Idv), deve saper far valere le proprie ragioni con fermezza e autorevolezza”.

Lo ha detto il finissimo analista italiano, l’eurodeputato Potito Salatto, membro dell’assemblea nazionale di Fli. Bene, giustifichiamo pure il nostro debito e la nostra ingovernabilità, persino il bunga-bunga e lo squallore delle olgettine, ricordando ai tedeschi Hitler e l’Olocausto. Un’altra occasione persa per stare zitti.

Crisi del Debito Italia: diretta twitter

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Ma per l’Italia è downgrading politico

Downgrading politico, così l’ha definito Mario Monti sul Corriere della Sera. La lettera che Trichet, presidente della BCE, ha recapitato al governo italiano fra giovedì e venerdì era di quelle perentorie: un diktat, si direbbe in circostanze meno drammatiche di queste. L’opposizione non ha calcato la mano – eccetto Di Pietro che ancor oggi, incurante della situazione, ha parlato di ‘Italia sotto tutela dell’Unione Europea‘, a voler dire che il governo non ha più alcuna autorevolezza e – di fatto – è commissariato.

La lista della spesa, opera del duo Sarkozy-Merkel, che Trichet ha consegnato a Tremonti, poi enucleata in quella magnifica conferenza stampa a tre – Tremonti, Berlusconi, Letta – di venerdì sera, a mercati rigorosamente chiusi – è il corrispettivo in legislazione che i nostri creditori – le banche di Francia e Germania! – pretendono. Cosa farà in cambio la Bce? Lunedì servirà sul piatto dei mercati dei titoli di stato, moneta sonante per rastrellare i malsani Btp decennali italiani. In gergo, si chiama ‘quantative easing‘, quantitativo di alleggerimento, un pacchetto di miliardi di euro creati dal nulla che servono a eliminare dal mercato i titoli tossici. Quelli italiani, appunto. Non spagnoli, né portoghesi, né greci. Italiani.

Non state a guardarvi in giro. La tv, la Rai, Mediaset, sono allineati al governo e perciò non percepiscono la portata della nostra situazione debitoria. La ignorano perché la negano, abituati come sono a negare la realtà. I mercati domani colpiranno duro, e colpiranno i nostri titoli, le nostre banche. La scusa che vi daranno in pasto sarà incentrata sulla seguente affermazione: “è una crisi internazionale, causata dal downgrading USA, dalla Grecia, dalla titubanza europea, da Angela Merkel e dai suoi guasti politici interni che le vietano di aderire a politiche di sostegno comune”. Tutto vero, ma parziale: colpiranno l’Italia perché il nostro paese non ha fornito alcuna risposta concreta alla riduzione del debito e allo stimolo della crescita. Perché ci si è affidati a misure non strutturali, posticipate nel tempo, spesso legate a provvedimenti cornice – leggi delega – ancor tutti da definire, o rimandanti a interventi normativi degli enti locali, quindi dall’esito incerto. I giornali italiani stamane festeggiavano il downgrading del rating USA con titoli a sei colonne, una reazione isterica volta a sottolineare che anche i ricchi piangono, quindi la crisi è globale e i governi italiani – di tutte le bandiere – sono immuni da colpe. Ovvero, a questo punto tutto è lecito, anche ridiscutere profondamente e in senso riduttivo i diritti sociali dei cittadini, dall’assistenza sanitaria alle pensioni per finire con il diritto a non essere licenziati senza giustificato motivo. Solo apparentemente diranno di voler colpire i privilegi di casta, a cominciare dalle caste professionali – avvocati, notai – per finire con quelle istituzionali.

Il downgrading politico non risiede tanto nel fatto che dobbiamo accettare la ‘cura europea’, quanto nello scivolamento verso una politica dell’opportunismo, una politica che farà a pezzi la comunità sociale e imporrà un sistema oligopolistico del privilegio. Tutto questo in nome del “risanamento”.

Grecia fuori dall’Euro, ovvero la Grecia è fallita

Andrew Lilico è un economista, direttore editoriale di Europe Economics nonché membro dello Shadow Monetary Policy Committee. Sul The Telegraph ha tentato di prevedere quel che accadrà con un default greco. Poiché in queste ore si fa un gran parlare dell’uscita della Grecia dall’Euro, sappiate uscire dall’Euro vuol dire che la Grecia è fallita. Altrimenti non avrebbe ragione di farlo. E’ – diciamo – una mossa preventiva a un disastro che ci colpirà tutti e ci farà perdere un sacco di soldi.

Quella che segue è la scansione degli eventi prevista da Lilico (trad. Supervice per Come Don Chishotte):

  • Tutte le banche greche saranno insolventi.
  • Il governo greco nazionalizzerà tutte le banche greche.
  • Il governo greco vieterà i prelievi dalle banche greche.
  • Per prevenire la rivolta dei risparmiatori, come successo in Argentina nel 2002 (quando il presidente argentino dovette scappare in elicottero dal tetto del palazzo presidenziale per evitarsi un assalto), il governo greco dichiarerà un coprifuoco, forse addirittura le legge marziale.
  • La Grecia ridenominerà tutti i suoi debiti in “Nuove Dracme” o in qualsiasi altro modo si chiami la nuova divisa (è lo stratagemma classico dei paesi insolventi) = USCIRE DALL’EURO.
  • La Nuova Dracma si svaluterà dal 30 al 70 per cento (probabilmente intorno al 50 per cento, forse di più), facendo abbassare del 50 per cento o più dei debiti della Grecia denominati in euro.
  • Gli irlandesi, nel giro di pochi giorni, fuggiranno dai debiti del loro sistema bancario.
  • Il governo portoghese aspetterà di vedere il livello del caos raggiunto in Grecia prima di decidere se andare anche lui in default.
  • Un numero di banche francesi e tedesche dovranno affrontare una quantità di perdite tali da non poter più avere i requisiti di capitalizzazione richiesti.
  • La Banca Centrale Europea diventerà insolvente a causa dell’alta esposizione dovuta al debito del governo greco e ai debiti del settori bancario greco e di quello irlandese.
  • I governi di Francia e Germania si incontreranno per decidere se (a) ricapitalizzare la BCE o (b) consentire alla BCE di stampare moneta per ripristinare la solvibilità. (Siccome la BCE ha una relativamente piccola esposizione denominata in divise extra-UE, potrebbe in linea di principio stampare per risolvere la situazione, ma questo è proibito dai suoi principi fondativi. A dire il vero, il Trattato dell’Unione vieta esplicitamente la forma di salvataggio usata per Grecia, Portogallo e Irlanda, ma anche se la cosa è così palesemente illegale non ha impedito che accadesse, e allora non è così ovvio che un’altra illegalità, attuata con la stampa di moneta, sia poi un grosso ostacolo.) – [Ah, Mario Draghi, messo al timone, lui povero ignaro, di una nave in tempesta! Tutti d’accordo – anche i tedeschi – di incolpare un italiano quando l’Euro sarà abbandoanto].
  • Si ricapitalizzeranno e ricapitalizzeranno le loro banche, ma porranno fine a tutti i salvataggi.
  • Ci sarà una strage nel mercato delle obbligazioni bancarie spagnole, quando i possessori di obbligazioni richiederanno la permuta del valore in azioni.
  • Quest’affermazione potrebbe avere una ragione se gli spagnoli sceglieranno di scavalcare la struttura dei contratti in essere delle obbligazioni del settore bancario spagnolo, ricapitalizzando un numero di banche con i debt-equity swaps.
  • I possessori di obbligazioni porteranno il settore bancario spagnolo di fronte alla Corte Europea dei Diritti Umani (e anche in altri tribunali), denunciano la violazione dei diritti di proprietà. Questi casi non andranno in giudizio per anni. Quando alla fine ci arriveranno, non ci sarà più nessuno che si preoccuperà.
  • L’attenzione verrà rivolta alle banche britanniche. Poi si vedrà.…

Crisi del Debito, proteste in Portogallo. Irlanda stampa Euro: è contraffazione?

L’ora del Portogallo è arrivata? Se dovessimo misurare il grado di vicinanza del paese all’orlo del default attraverso la tensione sociale, diremmo che ci siamo. Oggi oltre 300 manifestanti hanno protestato contro le misure d’austerità fin davanti alla residenza del premier portoghese José Socrates a Lisbona. Ci sono stati scontri con la Polizia. Scene già viste altrove (Grecia, Inghilterra, Irlanda, Italia, Francia).

Secondo gli ultimi sondaggi, il 46% dei cittadini portoghesi ritiene di vivere in condizioni peggiori rispetto all’epoca della dittatura, 40 anni fa. Il 60% ritiene che il Paese versi in condizioni peggiori da quando è entrato a far parte dell’Unione Europea (euronews).

Intanto una notizia approda sin su Il Fatto Quotidiano attraverso i media informali (blog e siti internet di informazione finanziaria): la BCE ha permesso all’Irlanda di stampare Euro – sì, cartamoneta; peccato che sia vietato dal Trattato di Maastricht. di fatto, la BCE ha concesso alla Banca Centrale dell’Irlanda un diritto di signoraggio maggiore rispetto a quanto scritto sui trattati. Il fine è finanziare il sistema bancario irlandese, che in realtà punta dritto come un treno verso la bancarotta. “I prestiti vengono registrati dalla Banca centrale irlandese sotto la voce altre attività”, scrive Mike Shedlock di Business Insider. Un vero trucco contabile. Se la cosa divenisse di dominio generale, nessuno si potrà sottrarre agli strali di Angela Merkel, a meno che anche la Bundesbank non faccia la medesima cosa. Poiché se così fosse, i mercati potrebbero improvvisamente scoprire che l’Euro è una moneta falsa e di fatto si aprirebbero le porte per la sua fine. Fonti BCE affermano che le quantità di denaro stampate sono risibili rispetto al prestito ricevuto direttamente dalla banca centrale medesima. Certo è che tornare al “signoraggio libero” è un grosso passo indietro: allora tutti potrebbero stampare moneta e domani avremmo un’inflazione a due cifre.

Debito, che fare? Il ricorso al capitale cinese non fa altro che spostare l’Europa a est. Il pendolo economico torna ad oscillare e così fare la politica: dall’impero americano, l’Europa dovrà orientare la propria bussola verso la Cina di Hu Jintao, ovvero verso un modello politico non democratico, radicalmente diverso inq uanto a protezione dei diritti individuali e sociali. Un paese con un forte grado di spereqauzione della ricchezza e con alcuni macro indicatori economici non invidiabili:

lo sviluppo tumultuoso della Cina, non è indenne da problemi. Prima fra tutti – per un miliardo e trecento milioni di persone – un reddito pro-capite che è all’incirca di 4.200 mila dollari contro i 47 mila dollari dei cittadini Usa. Un’inflazione che galoppa al 5,1% (in verità all’11% per i prodotti alimentari), una crescita del 6,1% dei prezzi immobiliari. A dimostrazione che il mercato della casa è a rischio di una bolla immobiliare come quella balzata alle cronache nel 2008 per l’emisfero occidentale. Tutti problemi che intimoriscono la classe dirigente cinese che vorrebbe una maggiore coesione sociale come è stato scritto in calce nell’XI Piano nazionale economico approvato l’anno passato (Maurizio Galvani, Il Manifesto, 18/01/2011).

 

I fantamiliardi dell’Europa: ora un’altra stretta al bilancio statale, vero Mr Tremonti?

Basta la parola. Seicentomila miliardi. E la Borsa esplode in giubilo. Una scena già vista. I mercati non funzionano sulla base di criteri oggettivi, ma di emozioni. Ai mercati basta suggerire le paroline giuste, salvo poi venir scoperti in flagrante.

Ecco perché già la scorsa settimana il Ministro Tremonti ha annunciato la manovrina autunnale di 25 miliardi di euro – avete letto bene, 25… – che si abbatteranno come una scure sul più che emendato bilancio statale. A cosa si dovrà far a meno, d’ora in poi? Abbiamo tagliato anche i cori lirici. Non resta che il Palazzo (che sia la volta buona?).

Di fatto, senza una strategia di ristrutturazione del debito – pubblico e pèrivato – non se ne esce. I cittadini, ed è una costante per tutti i paesi dell’Eurozona, non hanno riserve: hanno sinora vissuto a debito, più o meno come lo Stato. Comprare una macchina o una casa, un televisore al plasma piuttosto che l’I-phone, è possibile solo facendo debito. La società occidentale non riesce più a creare sufficiente ricchezza per mantenere il proprio status né per ripagare il debito. Questo il punto cruciale: la produzione di ricchezza è inceppata. I piccoli e medi imprenditori o rinnovano o sono fuori; possono tutt’al più esternalizzare, ovvero trasferire la ‘baracca’ laddove il costo della manodopera è basso. A produrre qui in Europa, nell’Europa dell’ovest, quella dell’Euro, non si crea valore aggiunto. In primis perché non il proprio prodotto non permette ulteriori margini di sviluppo e diversificazione. Buona parte del settore manifatturiero italiano è in questa situazione, e subisce naturalmente la concorrenza cinese contro la quale non può opporrre alcuna strategia difensiva. Anche il grande capitale estero è in fuga: in Italia almeno una decina di casi eclatanti, fra cui quello della chimica (LyondellBasell – caso giunto alla ribalta nazionale in questi giorni per il rischio chiusura degli impianti di Terni, in realtà società multinazionale in crisi sin dal 2008, dai giorni del primo ‘mostro’ della crisi, durante i quali la LyondellBasell USA chiese l’ammissione al Chapter 5, l’amministrazione controllata).

E allora basta con i festeggiamenti. L’accordo raggiunto in Ecofin ha in realtà sancito:

  1. la fine delle politiche keynesiane di stimolo della domanda aggregata sostituite da un rigido monetarismo sganciato dall’economia reale e rivolto alla sola conservazione di valore della moneta;
  2. l’inizio del governo della BCE, vero soggetto politico della UE, sovraordinato agli organi istituzionali – Commissione, Consiglio, Parlamento – sganciato da qualsiasi dinamica democratica e dotato ora anche di potere di intervento sui mercati mediante la pratica del quantitative easing e di emissione di eurobond che impegneranno tutti i paesi aderenti all’Unione.

La sbornia durerà poco e i banksters torneranno a cannoneggiare qualche altro paese che viene appena dopo la Grecia. Ora sanno che paga l’Unione e che non c’è fine al (fanta)fondo di garanzia. Tanto basta fare dei clic su un computer: si chiama ‘finanza elettronica’, signori.