Lassini aggrappato al ramo vuole entrare in Consiglio comunale

Lassini, l’autore di quei beceri manifesti che hanno tappezzato Milano, quello del Via le BR dalle Procure, coinvolto dallo scandalo e dall’anatema di Napolitano nonché dell’opposizione tutta e persino della Moratti, inizialmente doveva dimettersi, poi ha ricordato di aver ricevuto il sostegno del suo capo Berlusconi, e ora è lanciato più che mai verso Palazzo Marino:

“Se sarò eletto”, dichiara a Radio24, penso che vada rispettata la volontà degli elettori”. La sua volontà – ha precisato – “sarebbe quella di restare al mio posto”. In precedenza, in occasione della cena delle “mille donne” organizzata dalla Santanché per la campagna elettorale del sindaco uscente, avrebbe mandato la moglie in avanscoperta, tentando un riavvicinamento con la Sciura Moratti. Un evento felice, dice Tiziana Maiolo, poiché la moglie del Lassini ha affrontato tempi così cupi quando il maritino fu arrestato ingiustamente anni or sono, ai tempi di Tangentopoli. Le donne sono più pragmatiche, afferma la Santanché, facendo intendere che la Sciura prima o poi si piegherà ai voleri del premier e terrà Lassini come un dolce agnello a pascolare in Consiglio Comunale, magari con qualche carica in qualche assessorato. Fosse per lui, se ne sarebbe restato al proprio posto. Tutta questa polvere per aver vilipeso la magistratura, quella stessa magistratura che lo violentò in quei tempi cupi delle manette facili. No, lui ne ha patite di cotte e di crude dai magistrati e intende uscirne a testa alta: è una vittima della giustizia, un martire che però non ha sparso sangue. Il sangue è solo quello dei magistrati morti ammazzati. Roba che lui neanche si immagina.

Brigatista e schizofrenica. La morte di Diana Blefari.

Se sei brigatista e schizofrenico, per la magistratura sei brigatista e basta. Diana Blefari, neo br della stagione degli omicidi D’Antona e Biagi, è morta suicida. Ma non era una detenuta qualunque. Diana era schizofrenica. Era in isolamento e la malatia mentale l’ha divorata. Non c’entra il sovraffollamento delle carceri, come si dice da qualche parte. Non c’entra il fatto della conferma della condanna all’ergastolo. Diana viveva oramai in una realtà distorta, questi aspetti erano amplificati dalla sua visione delirante: lo schizofrenico si sente perseguitato, tutto congiura contro di lui, l’altro è un nemico da combattere e rifiutare, il mondo pieno di insidie e di voci sospettose che minacciano l’unica verità incontrovertibile del’io. Lo schizofrenico non dovrebbe essere abbandonato a se stesso, poiché sé stesso è la malattia da cui difenderlo. Non capire questo è stato un errore. Quale funzione rieducativa e di recupero ha allora il carcere, se per prima cosa la malattia mentale è sottovalutata e sottoposta all’aspetto punitivo?

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    • E’ polemica sulla morte in cella di Diana Blefari Melazzi.

    • A stabilire che «fosse non incompatibile con la detenzione carceraria, tenuto conto del suo stato psicofisico, è stata la magistratura», ribatte il ministro della Giustizia Angelino Alfano

    • «Là dove si trovava detenuta – afferma Alfano – le condizioni ambientali non erano denotate da sovraffollamento o da situazioni poco dignitose»

    • I difensori di Diana Blefari, intanto, attaccano: le valutazioni sul suo stato di salute sono state condizionate dal fatto che era una Br e non dal suo reale stato di salute, dice l’avvocato Valerio Spigarelli

    • «Diana Blefari Melazzi poteva essere curata e poi riportata in carcere. Non c’é stata prevenzione, ma ha prevalso l’aspetto punitivo», ha ribadito Caterina Calia, altro difensore dell’ex br.

    • «Una morte annunciata», ha detto subito il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, che si batte per i diritti nelle carceri. «Aveva senso tenere in carcere una persona che stava così male?». Perché da tempo Blefari «schizofrenica e inabile psichicamente», passava le sue giornate, come ricorda il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, «in completo isolamento, in una cella singola, per la maggior parte del tempo a letto e al buio rifiutando spesso cibo e medicine», senza rapporti con altre detenute e operatrici volontarie.

    • Blefari dal 21 ottobre era arrivata dal carcere fiorentino di Sollicciano dopo essere passata anche nell’ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino e nel penitenziario dell’Aquila.

    • Il legale ricorda le numerose perizie psichiatriche a cui era stata sottosposta la terrorista per verificare la sua capacità di stare in giudizio. Secondo la difesa, Blefari soffriva di una grave patologia psichica e più volte le stesse difese avevano sollecitato il riconoscimento di tale situazione.

    • La procura di Roma potrebbe riesaminare l’intero iter giudiziario della Blefari in considerazione della sua presunta patologia psichica, come emerso in questi anni dalle numerose richieste di consulenze

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    • quest’anno sono già 147 i detenuti che hanno perso la vita dietro le sbarre, più del 2008 (142), più del 2007 (123) e del 2006 (134).

    • in carcere si muore soprattutto per suicidio: Domenico Improta, 29 anni, che ieri a Verona si è impiccato con la sua maglietta, è stato l’ultimo

    • Aziz, un marocchino di 34 anni morto nel carcere di Spoleto il 3 gennaio, era stato il primo

    • Sessantuno casi di suicidio che fanno già del 2009 l’anno più nero dal 2001 ad oggi.

    • 64.979. Tanti sono infatti i detenuti nelle carceri italiane, che da regolamento potrebbero contenere soltanto 43.074 ospiti e che, a voler chiudere un occhio sulle brande ammassate nelle celle e sui turni per dormire, potrebbero “tollerare” fino a 64.111 detenuti

    • 800 in meno di quanti sono oggi dietro alle sbarre. Siamo oltre il tollerabile, insomma, come recita il titolo dell’ultimo rapporto curato dall’associazione Antigone. Il tollerabile di una situazione diventata emergenza stabile

    • nel frattempo, grazie al combinato disposto Lega-Tremonti fra tagli al bilancio e sicurezza da spot, nelle carceri italiane si assiste ad uno strano fenomeno. Mentre aumentano i detenuti (a gennaio erano 59.060 oggi sono 64.979) a diminuire sono gli agenti di polizia penitenziaria: a gennaio in servizio ce n’erano 39.156, a fine agosto erano già 38.549 di cui soltanto 35.343 al lavoro negli istituti

    • le scoperture nell’organico sono il 15% rispetto al personale previsto (41.268). La situazione peggiore è quella della Liguria dove lo scoperto raggiunge il 33%, mentre nel Lazio è “soltanto” del 20%.

    • Prendiamo il caso di Rebibbia

    • «Il Dap è gravemente colpevole – accusava ieri Leo Beneduci, segretario dell’Organizzazione Sindacale Autonoma della Polizia Penitenziaria – per una insostenibile carenza di organico che a Rebibbia femminile è arrivata al 40%».

    • «Attualmente – ha proseguito Beneduci – ci sono 330 detenute, di cui 88 nel reparto dove era detenuta la Blefari. Le agenti dovrebbero essere 164 ma sono 110. E questo perché il Dap continua a distaccare personale femminile per impiegarlo in servizi amministrativi.

    • Proprio sabato, quando due agenti sono rientrate da L’Aquila, altre tre sono state distaccate al Dap

    • Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria

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