Nicola Cosentino salvo ancora grazie alla Lega

Tratto da il Fatto Quotidiano

Con 298 sì e 309 no, la Camera dei deputati ha negato l’autorizzazione all’arresto di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’economia dell’ultimo governo Berlusconi e attuale coordinatore regionale del Pdl in Campania. Il deputato di Casal di Principe è accusato dai pm napoletani di concorso esterno in associazione mafiosa, per i legami intrattenuti con i clan dei Casalesi.

Il voto è avvenuto a scrutinio segreto, ma determinanti per salvare Cosentino sono stati i voti della Lega, che sulla questione si è spaccata al suo interno. Dopo la divisione tra Maroni (che voleva votare sì all’arresto) e Bossi (“Non c’è nulla nelle carte, ciacuno voti secvondo coscienza” ha detto il Senatur), stamane la spaccatura è stata la riunione del Carroccio alla Camera, dove ci sono stati attimi di vera tensione. Ad un certo punto – viene raccontato – Roberto Paolini ha citato Enzo Carra e il caso delle ‘manette spettacolo’. Un riferimento storico (il portavoce di Arnaldo Forlani fu arrestato per falsa testimonianza e quelle immagini delle manette fecero il giro del mondo) per avvalorare la tesi della necessità di respingere gli ‘arresti facili’ che ha provocato la reazione di un gruppo di leghisti. A venire quasi alle mani Giampaolo Dozzo e Roberto Paolini. I due esponenti del Carroccio sono stati divisi dopo qualche momento di tensione. “Ma è vero che ti ha chiamato Berlusconi?” è stata la ‘risposta’ di alcuni deputati. E’ così che si è sfiorata la rissa tra i due, con alcuni esponenti del partito di via Bellerio, come Davide Caparini, intervenuti per dividere i ‘duellanti’. La discussione è stata molto animata. Umberto Bossi – riferiscono fonti parlamentari del Carroccio – ha preso inizialmente la parola spiegando che dalle carte non si evince nulla nei confronti del coordinatore campano del Pdl. Il ‘Senatur’ ha premesso che la gente del nord è per l’arresto, ma che occorre lasciare libertà di coscienza, proprio perché a suo dire non c’è alcuna prova di colpevolezza. Poi a prendere la parola è stato Roberto Maroni che, spiegano fonti del Carroccio, si è limitato a raccontare gli esiti della segreteria della Lega di lunedì, sottolineando di non essere stato l’unico a voler votare sì all’arresto del deputato Pdl. Bossi ha tirato le somme, evidenziando che non c’è alcun ‘fumus persecutionis’ ma ribadendo che ogni parlamentare potrà decidere autonomamente in Aula. “Si gioca sul filo dei voti, abbiamo recuperato più di trenta parlamentari”, dicono dal Pdl.

La testa di Iovine sul tavolo di Maroni, la risposta ad orologeria a Saviano

Saviano critica la Lega Nord, troppo silenziosa sulle infiltrazioni dell’ndrangheta in Lombardia e i suoi presunti rapporti con il mondo politico? Non c’è problema, pronto un arresto a orologeria. Antonino Iovine, “primula rossa” del clan dei Casalesi, come ci tiene a ribadire Il Giornale. La notizia è senz’altro di buon auspicio, se non fosse che arriva dopo l’invettiva di Saviano in tv, lunedì sera. Pensate: l’introvabile Iovine, un vero rebus per la Polizia e il Ministero degli Interni durante tutti questi anni, è stato “preso in casa di un amico in via Cavour, proprio a Casal di Principe” (Il Giornale). Guarda come è beffarda, a volte, la vita: cerchi per anni un super-latitante dei tremendissimi Casalesi, camorristi sanguinari, lo cerchi in tutta Italia, e dvoe lo trovi? A casa sua.

Se non fosse vero, ci sarebbe da riderne.

Caso Cosentino, il voto in aula copre con il segreto le defezioni dell’opposizione.

Nicola Cosentino

Nicola Cosentino, accusato di collusione con la Camorra del Clan dei Casalesi, collusione con la famiglia dei vincenti, gli Schiavone, Mr Gomorra ha incassato oggi il voto contrario dell’aula al suo arresto nell’ambito delle inchieste della procura di Napoli sui rapporti Camorra e Politica.
Secondo il relatore di maggioranza, il deputato del PdL Antonino Lo Presti, trattasi di fumus persecutionis, e per tre principali ragioni:
– il tempo: Cosentino è indagato dal 2001 e la richiesta di arresto giunge solo nel 2009;
– mancanza di riscontri sulle parole del pentito Vassallo;
– Vassallo non è genuino, ha motivo di rivalsa nei confronti del Cosentino stesso.
Dette così, motivazioni comprensibili. Ma leggete l’estratto del resoconto stenografico. Cosentino è sì indagato dal 2001, ma i pentiti parlano solo dal 2007; Lo Presti ammette egli stesso che Cosentino ha dato indicazioni relative alle nomine del corsorzio CE4 e di essere coinvolto nella torbida catena della gestione dei rifiuti; Cosentino è il referente politico di quella zona, non lo ha mai smentito, ci ricorda Lo Presti; Vassallo, infine, ha motivi di rancore nei confronti del sottosegretario, perché escluso dal giro di affari in quanto appartenente alla famiglia dei Bidognetti, i perdenti. E perché dovrebbe avercela con Cosentino? Se Cosentino fosse estraneo alla vicenda, ovvero non avesse favorito nelle nomine gli Shiavone, perché il Vassallo dovrebbe avere motivi di rivalsa contro il sottosegretario? Lo Presti se lo è domandato? Se lo sono domandati oggi in aula?
Quello che segue è il passo – allucinante – della difesa di Lo Presti a Cosentino, e la replica della relatrice di minoranza, Marilena Samperi del PD.
Il voto è avvenuto con la forma dello scrutinio segreto, sicché nessuno saprà mai chi dell’opposizione ha votato contro l’autorizzazione.

    • ANTONINO LO PRESTI, Relatore per la maggioranza
    • È noto al riguardo che la giurisprudenza della Corte di cassazione (per tutte vale la sentenza delle Sezioni unite penali n. 36267 del 2006) esige che le chiamate in correità provengano da soggetti intrinsecamente attendibili e siano corroborate da riscontri esterni individualizzanti
    • non è parso alla Giunta che questo standard di accertamento sia stato pienamente raggiunto
    • È vero che il deputato Cosentino ha ammesso di aver dato l’indicazione relativa a incarichi dirigenziali nel consorzio CE4, ma questa è una prassi diffusa e trasversale rispetto a tutte le forze politiche presenti in quella realtà, e che conoscesse diversi soggetti che i vari pentiti dicono che fossero suoi sodali.
    • È anche vero che egli fosse coinvolto nelle problematiche relative alla gestione del ciclo dei rifiuti.
    • E, ancora, egli stesso non ha mai negato di essere il referente politico di quella zona.
    • Tutto ciò, però, ancora non porta al consolidarsi di precisi profili fattuali di rilievo penale. Peraltro, questa conclusione è rafforzata da alcune evidenti incongruenze nell’impianto accusatorio
    • l’inchiesta si trascina da molti anni (la notizia di reato trova la sua prima iscrizione a registro nel 2001). Se gli inquirenti non sono riusciti per almeno otto anni a trovare elementi a carico Nicola Cosentino, vuol dire che questi sono quantomeno di dubbio accertamento
    • il Vassallo, ossia il pentito che lo accusa, per sua stessa ammissione ha motivi di rancore nei confronti di Cosentino, giacché – nell’ipotesi accusatoria – sarebbe stato escluso dal giro degli affari perché collegato alla famiglia perdente dei Bidognetti e non a quella vincente degli Schiavone, che sarebbe poi secondo l’accusa divenuta il riferimento di Cosentino
    • Vassallo sostiene di essere stato un socio di fatto della ECO4, ciò che per definizione non è verificabile, dal momento che solo i soci di diritto risultano dai libri societari. Senza contare il fatto che il collaborante – in ordine alla circostanza pure da lui riferita di una dazione illecita di danaro in favore di Cosentino – confonde addirittura la denominazione delle monete
    • la stessa ordinanza di custodia cautelare riconosce che la datazione delle principali risultanze di prova indiziaria non supera l’anno 2004. Ciò oggettivamente indebolisce il ragionamento sulle esigenze cautelari, anziché rafforzarlo come deduce il GIP di Napoli
    • In quarto luogo difetta, nell’impianto accusatorio, l’indicazione degli elementi che concretamente avrebbero sostanziato, da parte delle cosche, il sostegno elettorale in favore del Cosentino e soprattutto il vantaggio che questi avrebbe conseguito in termini di accrescimento del consenso.
    • MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza

    • abbiamo verificato scrupolosamente l’impianto accusatorio, non per sostituirci all’attività della magistratura, ma perché è nostro compito appurare che l’impianto procedurale e sostanziale non sia affetto da fumus persecutionis: è questo il nostro compito, è questo il compito della Giunta, è questo il compito dell’Assemblea
    • I gravi elementi circostanziati, riscontrati e – come dice l’onorevole Lo Presti – «individualizzanti» escludono il fumus persecutionis; le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ma anche dei coindagati, trovano riscontri documentali, intercettivi, dichiarativi.
    • Per quanto riguarda i tempi, tanto contestati, vorrei ricordare che solo nel 2007 il collaboratore di giustizia Vassallo comincia a parlare dell’onorevole Cosentino: il tempo trascorso da allora, dal 2007, è indice piuttosto della serietà, della laica diffidenza, della cautela con cui i giudici hanno analizzato le dichiarazioni dei collaboratori e cercato riscontri.
    • Sono del 2007 le dichiarazioni dei fratelli Orsi e di Nicola Ferraro, del 2008 quelle di Di Caterina, del 2009 – solo del 2009 – quelle del Valente, uomo di fiducia dell’onorevole Cosentino e uomo di punta del consorzio CE4 e poi della società Spa mista pubblico-privata ECO4.
    • Solo quando il quadro è compiuto, e l’impianto è solido, il GIP chiede alla Camera l’autorizzazione ad eseguire la misura cautelare nei confronti dell’onorevole Cosentino. Ma guardate che questa non è la sola ordinanza di custodia cautelare, perché anche Giuseppe Valente, che nel frattempo è stato condannato in primo grado a cinque anni e quattro mesi per fatti sempre relativi a collusioni con la camorra, è stato raggiunto, per gli stessi fatti di cui oggi discutiamo, da un’ordinanza di custodia cautelare solamente nel 2009.
    • Questi sono i fatti. Poco dopo aver cominciato a collaborare con la giustizia Michele Orsi viene ucciso come Umberto Bidognetti, padre del pentito Domenico, e come ha rischiato di essere uccisa Francesca Carrino, nipote di Anna, collaboratrice di giustizia ed ex compagna di Francesco Bidognetti, che solo per un miracolo è sfuggita ad un agguato mortale. Lo scambio elettorale tra l’onorevole Cosentino e i clan nella condivisione dell’ambizioso progetto nel settore della raccolta e trasformazione dei rifiuti è assai verosimile dagli atti di indagine.
      L’onorevole Cosentino, e concludo signor Presidente, dice di aver più volte chiesto di essere sentito. Lo ha chiesto in modo formale il 21 ottobre 2008, quando ancora non era iscritto nel registro degli indagati, lo ha chiesto il 9 novembre 2009, quando già da due giorni era stata emessa l’ordinanza. Ma quando il lunedì successivo all’emissione dell’ordinanza, il tribunale lo convoca per essere sentito, l’onorevole Cosentino chiede un rinvio.

    • Discussione della domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Cosentino (Doc. IV, n. 5-A) (ore 11,16).
    • (Votazione – Doc. IV, n. 5-A)
    • Comunico il risultato della votazione:

      Presenti e votanti 586
      Maggioranza 294
      Voti favorevoli 360
      Voti contrari 226
      (La Camera approva – Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania – Vedi votazioni).

    • «Prendo atto che c’è stato un voto che ha oltrepassato tutti gli schieramenti, al di là della stretta maggioranza» è stato il primo commento dello stesso Cosentino. Il quale, a risultato ottenuto, dice di «non aver avuto timore del voto segreto»
    • Nel tardo pomeriggio l’aula di Montecitorio ha respinto le mozioni di sfiducia presentate da Pd, Udc e Idv nei confronti del sottosegretario. «Chiediamo le dimissioni del sottosegretario Cosentin – aveva detto nella dichiarazione di voto sulla mozione il deputato del Pd Andrea Orlando – perché le 300 pagine che motivano il suo arresto, i numerosi articoli non smentiti, le indagini dell’Antimafia, fanno emergere lo spaccato di una realtà della quale egli è parte. Per questo la sua permanenza al governo indebolisce la forza delle istituzioni. Cosentino fa la vittima, sostenendo che paga la sua origine: a noi interessa di più che la gente del suo territorio trovi la forza di ribellarsi alla Camorra»
    • Pdl e Lega hanno votato contro tranne il finiano Fabio Granata, che si è sempre astenuto: la sua lucina bianca era l’unica accesa tra tutte quelle rosse dei colleghi del Pdl. Su tutti i documenti si sono astenuti i deputati radicali. L’Udc si è astenuta sulla mozione dell’Idv.

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Ignazio Marino a Casal di Principe. Lotta alla criminalità e giustizia.

Al di là della proposta dell’uso di tecnologie avanzate, come i satelliti, per arrestare i boss latitanti, Marino a Casal di Principe ricorda che in Italia non si potrà riformare assolutamente nulla se non si passa attraverso la lotta alle organizzazioni criminali – e ai loro legami con la politica.
Don Diana e Jerry Masslo, il ragazzo di colore ucciso a Villa Literno ucciso durante una rapina, sono diventate icone. Il Sud dovrebbe semtterla di vivere di icone e riprendersi il governo della propria terra, della propria vita.
Il Partito Democratico dovrebbe essere il medium politico per permettere ciò. La democrazia: ciò che forse il partito stesso non chiede e non pretende di avere.

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    • Incontrare le persone della cittadina casertana, una delle capitali della criminalità organizzata, è stata una chiara volontà di Marino e del candidato regionale Franco Vittoria. Esse dove la legalità arretra, dove il bene comune è sopraffatto dai soprusi di uomini senza scrupoli.
    • Ignazio ha fatto visita ai genitori di Don peppino Diana, assassinato dalla camorra il 19 marzo 1994.
    • ricorreva un altro, triste, anniversario: i 20 anni dal’assassinio di Jerry Essan Masslo, un giovane ragazzo venuto in Italia per lavorare ed ucciso dalla follia razzista il 25 agosto 1989
    • Masslo lavorava nei campi di Villa Literno, assoldato ogni mattina all’alba, come tanti altri ragazzi immigrati, da caporali locali. L’assassinio di Masslo fece scoprire all’Italia le tremende condizioni di lavoro che padroni terrieri imponevano agli immigrati.
    • Sono passati 15 anni dall’assassinio di Don diana, 20 da quello di Masslo. Ma sui giornali di oggi, agosto 2009, ritroviamo gli stessi problemi
    • Per cambiare l’Italia è necessario ripartire dal Sud.
    • Senza pompare denaro a cascata ma premiando e rafforzando i talenti, fare in modo che il capitale umano non lasci queste terre ma abbia i mezzi e le strutture per formarsi e offrire nuove possibilità di sviluppo forte e concreto.  Per fare ciò è in primis necessario una lotta alla criminalità organizzata
    • blindare gli appalti pubblici contro l’infiltrazione camorristica
    • arrestare i latitanti per reperire informazioni utili sulle strutture finanziare controllate dalla mafia e requisire beni mobili ed immobili
  • Il “Pd è stata una straordinaria intuizione, ma dopo il discorso di Veltroni al Lingotto, qualcosa si è rotto e si è creata una situazione lontana da quella che volevamo. Ai nostri dirigenti servirebbe un bagno di democrazia mentre ci si preoccupa di creare centri di potere ed avere una presidenza di tutto, come accade nelle commissioni di Garanzia per la scelta del segretario” Ignazio Marino, candidato alla segreteria del Pd, in un incontro a Cagliari, parla del percorso dei democratici. Per il senatore il Pd deve essere “della gente” e riconoscersi “nei circoli”.

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Berlusconi stretto al muro dalla Camorra e dalla Fazione Interna del PDL

L’articolo di Rita Pennarola su La Voce delle Voci: l’eccellente analisi della giornalista che incrocia il caso Noemi con le vicende dei Casalesi e la serie di arresti che avrebbe messo in ginocchio l’organizzazione. L’ipotesi del ricatto a Berlusconi. E della fazione interna al PDL che vuole liberarsene.

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    • L’inchiesta di Bari su squillo e coca party potrebbe nascondere una ben piu’ grave verita’: il premier, accerchiato dalle pressioni della malavita organizzata, deve uscire di scena. L’inchiesta di Napoli sui collegamenti dei Letizia va avanti, ma intanto tutto lascia intendere che il capo del governo abbia ormai politicamente le ore contate.
    • L’attacco a Silvio Berlusconi, quella bombetta a grappolo a base di escort da quattro soldi che esplode all’indomani del caso Letizia-camorra, potrebbe avere numerosi mandanti,
    • on suona certo come una novita’ che ad allearsi con questa fazione sia quella parte da sempre sotto traccia del Partito democratico che faceva e fa capo a Massimo D’Alema, per anni, fin dai tempi della Bicamerale, compartecipe del patto occulto sull’intangibilita’ del conflitto d’interessi proprio con lo stesso Cavaliere. Ed oggi fautore del partito invisibile che, giorno dopo giorno, lo ha messo al muro e lo sta fucilando.
    • fra loro ci sono uomini della sua stessa maggioranza.
    • Bocche cucite, al Palazzo di Giustizia di Napoli. Dopo la notizia – data in esclusiva nello scorso numero di giugno dalla Voce delle Voci – sulle indagini in corso per accertare eventuali collegamenti fra Benedetto Letizia detto Elio, protagonista del Noemigate, e il clan Letizia di Casal di Principe, a distanza di un mese il silenzio e’ di piombo.
    • Difficile – spiegano in ambienti giudiziari napoletani – che non sia stato emesso un comunicato di smentita nel caso in cui le indagini non avessero dato alcun esito. Piu’ probabile, invece, che si stia dando corso all’accertamento di ulteriori, complessi elementi lungo quel filone».
    • Siamo alla fine del 2008 quando l’allora diciassettenne Noemi Letizia appare per la prima volta ad un ricevimento ufficiale organizzato dal premier a Villa Madama. A Natale e’ alla festa del Milan con sua madre, Anna Palumbo, al tavolo di uno storico big dell’entourage presidenziale, Fedele Confalonieri. La giovane, insieme ad altre ragazze, trascorrera’ poi le feste di Capodanno a Villa Certosa. A rivelarlo, una fonte non proprio adamantina: l’ex fidanzato Gino Flaminio da San Givanni a Teduccio, un passato di guai con la giustizia.
    • 26 aprile 2009, sera fatidica del suo diciottesimo compleanno, quando Silvio Berlusconi in persona arriva a Casoria nella ruspante Villa Santa Chiara, sede dei festeggiamenti e, prima del brindisi con la festeggiata, i camerieri e il parentado, si apparta per una buona mezz’ora in una saletta riservata con Benedetto Letizia.
    • Che cosa stava accadendo in quegli stessi mesi, fra Napoli e Caserta?
      La guerra di camorra era esplosa il 18 maggio 2008 con l’omicidio di Domenico Noviello a Baia Verde, un villaggio turistico di Castelvolturno.
    • Noviello, titolare di un’autoscuola, era un testimone di giustizia: aveva contribuito a far condannare casalesi di spicco come i fratelli Alessandro e Francesco Cirillo. Il 1 giugno sotto i colpi dei killer finisce Michele Orsi, l’imprenditore coinvolto nei traffici di rifiuti che aveva deciso di collaborare con gli inquirenti. Sempre a giugno si conclude in appello il processo Spartacus a carico della cosca di Casale, con numerose condanne all’ergastolo per uomini del gruppo Bidognetti.
    • Un’accelerazione imprevista. Quasi una sfida. Un modo eclatante di attirare l’attenzione che non aveva precedenti nel modo di agire della cosca, ormai disposta ad uscire allo scoperto pur di difendere i suoi affari miliardari.
    • A ottobre un pentito rivela che ci sarebbe un piano del clan per uccidere Saviano entro Natale. Negli stessi giorni le indagini portano alla luce alcuni legami d’affari fra i corleonesi del superlatitante Matteo Messina Denaro e il clan dei casalesi.
    • La guerra, a questo punto, si fa aperta. In gioco ci sono partite come i lucrosi traffici di rifiuti, in Italia, e, all’estero, le attivita’ di riciclaggio che, nella sola Spagna, vedono i Casalesi e i loro piu’ stretti alleati, gli Scissionisti di Secondigliano, impegnati fra l’altro a edificare villaggi turistici in mezza Costa del Sol.
    • E’ a quel punto che il Viminale sferra un attacco senza precedenti. Il ministro leghista Roberto Maroni, incurante della presenza nel suo stesso governo di uomini come il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino da Casal di Principe indicato dal pentito Gaetano Vassallo come referente dei clan, in quattro-cinque mesi riesce a portare a segno risultati che i governi della repubblica in oltre sessant’anni non erano riusciti nemmeno a immaginare.
    • La miccia scoppia dopo la strage del 18 settembre 2008, quando a Castelvolturno i Casalesi uccidono sei immigrati e il titolare di una sala giochi. Il 30 settembre scatta la prima maxioperazione: 127 ordini di custodia cautelare e sequestro di beni per 100 milioni di euro. In manette il gruppo di fuoco del clan, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia.
    • Nuovo blitz l’11 ottobre: la Dda partenopea arresta sette dei dieci ricercati del clan Bidognetti. Fra il 7 e il 22 novembre nella rete finiscono altri esponenti fra cui Gianluca Bidognetti, figlio del superboss Francesco (Cicciotto e’ Mezzanotte). Il 14 gennaio 2009 termina la fuga del boss stragista Giuseppe Setola.
    • L’attacco al cuore dei Casalesi culmina il 29 aprile con l’operazione Principe, nell’ambito della quale viene arrestato Michele Bidognetti, fratello del capoclan, e vengono sequestrati beni del valore di 5 milioni di euro.
    • E il 18 maggio a finire dietro le sbarre e’ anche Franco Letizia (il suo arresto segue di poco quello del padre Armando Letizia), reggente del gruppo criminale.
    • Si e’ mai visto un capo del governo che, a fronte di risultati cosi’ rilevanti nel contrasto alla malavita organizzata, non abbia mai espresso, nel corso dei mesi, operazione dopo operazione, almeno un cenno ufficiale di plauso o soddisfazione, anche al solo scopo di gonfiare il petto per le brillanti prestazioni di un ministro del suo governo?
      Niente. Silenzio assoluto del premier, prima, durante e dopo il caso Noemi.
    • Ed oggi, ferme restando le indagini top secret su Benedetto Letizia, quel silenzio si trasforma in un ulteriore, decisivo elemento per comprendere la guerra sottobanco dichiarata al premier. Prima dalla camorra. E poi, proprio per questo, dalla parte non compromessa del suo esecutivo.
    • quella maledetta domenica sera del 26 aprile Berlusconi, dopo aver cercato con ogni mezzo di sottrarsi, fu costretto a mostrarsi nella sala cerimonie di Casoria per dare un segnale eloquente a chi di dovere. Un ricatto, una minaccia grave pendevano sul suo capo ad opera di boss capaci di passare da affari milionari in mezzo mondo ad attentati sanguinari rivolti alle singole persone.

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