Sei articoli. Tanto è lungo il testo del disegno di legge denominato ‘Prescrizione Breve’, in esame ieri alla Camera e che ha causato grande scompiglio fra i banchi e fuori Montecitorio. Il salva-premier è già stato approvato dal Senato lo scorso anno, poi l’iter parlamentare è divenuto difficoltoso per le resistenze dei finiani, all’epoca ancora all’interno della maggioranza. Il Caso Mills è stato il pretesto per riproporre questo testo scandaloso, che anziché permettere lo svolgimento dei processi, semplicemente li cancella. Il fatto interessante è che il provvedimento è stato oggetto di modifiche in fase di esame in sede referente nelle Commissioni parlamentari. Ora queste modifiche devono passare al vaglio dell’aula e il clima potrebbe divenire ben presto quello della cancellazione delle stesse per procedere ad una rapida approvazione. Oppure, del ritorno del testo in Senato e, con un iter super rapido, essere approvato e divenire legge dello Stato in poco più di un mese. Basta per far saltare insieme processo Mills, diritti Mediaset e Mediatrade. Poco importa se si distrugge la giustizia.
In particolare, rispetto al testo del Senato, sono stati soppressi gli articoli 1, 4, 7, 8 e 9:
- l’art. 1 modificava la legge n. 89 del 2001 (legge Pinto) in materia di procedure di equo indennizzo nel caso di violazione del diritto alla ragionevole durata del processo;
- l’art. 4 interveniva in materia di ragionevole durata del giudizio di responsabilità contabile;
- l’art. 7 prevedeva un meccanismo di monitoraggio per valutare l’impatto finanziario derivante dall’applicazione della nuova legge;
- l’art. 8 prevedeva l’applicabilità anche ai procedimenti per responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato del meccanismo di estinzione del processo per decorso dei termini contemplato dal testo dell’articolo 5 approvato dal Senato;
- l’art. 9, nell’ambito delle disposizioni transitorie, prevedeva un meccanismo di estinzione per decorso dei termini dei processi in corso in primo grado relativi ai reati commessi fino al 2 maggio 2006, puniti con pena pecuniaria o con pena detentiva, inferiore nel massimo a dieci anni di reclusione, diversi da quelli rientranti nelle esclusioni previste dalla legge sull’indulto – la contestatissima norma ad personam che avrebbe fatto saltare decine di processi attualmente in corso.
La nuova normativa interviene sugli art. 160 e 161 del Codice Penale nel seguente modo:
Gli atti giuridici in presenza dei quali la prescrizione si interrompe sono indicati dall’articolo 160, primo e secondo comma, c.p. (sentenza di condanna, decreto di condanna, ordinanza che applica le misure cautelari personali, ordinanza di convalida del fermo o dell’arresto, interrogatorio reso davanti al p.m. o al giudice, invito a presentarsi al p.m. per rendere l’interrogatorio, provvedimento di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, richiesta di rinvio a giudizio, decreto di fissazione della udienza preliminare, ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, presentazione o citazione per il giudizio direttissimo, decreto che dispone il giudizio immediato, decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio). A seguito di interruzione della prescrizione il termine di prescrizione già decorso viene meno e comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione.
Il secondo comma dell’articolo 161 c.p. individua i limiti al prolungamento del tempo necessario a prescrivere che l’interruzione comporta. A seguito della riforma operata con la legge n. 205 del 2005, tali limiti si differenziano in funzione sia delle tipologie dei reati sia dei rei (fonte Camera dei Deputati).
La normativa vigente “esclude dal suo ambito di applicazione i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.”, ovvero associazione a delinquere e associazione a delinquere finalizzata a schiavitù, tratta di persone, ecc., sebbene non sia specificato il riferimento all’art. 600-bis. – prostituzione minorile, tutti reati di rilevanza sociale.
In ogni caso – e questo è l’aspetto più importante su cui si interviene – finora l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento come regola generale, di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere – ovvero del massimo della pena edittale più un quarto della medesima.
Il testo emendato, da un lato, conferma l’eccezione per i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.; dall’altro riduce il limite del prolungamento del tempo necessario a prescrivere nella fattispecie generale (da un quarto ad un sesto) e introduce una disposizione specifica per un’ulteriore categoria di rei, ovvero i recidivi semplici di cui all’articolo 99, primo comma, c.p. (prevedendo il limite di un quarto) (fonte Camera dei Deputati).
La tabella seguente pone a raffronto la nuova disciplina con quella vigente:
Articolo 161, secondo comma, vigente | Articolo 161, secondo comma, modificato | |
Incensurati | Un quarto | Un sesto |
Recidiva semplice (art. 99, primo comma, c.p.) | Un quarto | |
Recidiva aggravata (art. 99, secondo comma, c.p.) | Metà | Metà |
Recidiva reiterata (art. 99, quarto comma) | Due terzi | Due terzi |
Delinquenti abituali e professionali (artt. 102, 103 e 105) | Doppio | Doppio |
E’ prevista almeno l’inapplicabilità della modifica all’articolo 161, secondo comma, c.p. “nei procedimenti nei quali sia stata già pronunciata sentenza di primo grado alla data di entrata in vigore della legge” (ibidem).
L’articolo 5 del testo approvato dal Senato (ora art. 4) è stato integralmente sostituito nel corso dell’esame in sede referente. Il testo approvato dal Senato, introduceva un meccanismo di estinzione dei processi penali a seguito del decorso di termini specificamente indicati, il cosiddetto Processo Breve, senza che il medesimo grado fosse stato definito. I termini per ogni “fase” processuale erano “individuati con riferimento a ciascun grado del processo penale ed erano diversamente articolati in funzione della gravità del reato” (ibidem). Il nuovo art. 4 introduce nel codice di procedura penale il nuovo Capo XVI-bis, costituito dal solo art. 205-quater. Vengono confermati i termini di ciascun grado del processo, come scritto nel testo approvato dal Senato, ma viene espunta la parte di norma che implica l’estinzione del processo penale a cui è sostituita una “comunicazione da parte del capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede al Ministro della giustizia e al procuratore generale preso la Corte di Cassazione”. Una sorta di lettera di avviso al Ministro il quale, in seguito a questa ‘notizia’ di procedimento rallentato, può forse propendere per promuovere azioni disciplinari presso il Csm. Il capo dell’Ufficio Giudiziario viene trasformato in una sorta di controllore del Magistrato.
Il comma 3, infine, reca la norma transitoria, prevedendo in particolare l’inapplicabilità della disposizione ai processi in corso per i quali, alla data di entrata in vigore della legge, sia stato già emesso il provvedimento con cui il P.M. esercita l’azione penale formulando l’imputazione ai sensi dell’articolo 405 c.p.p. (ibidem).
Addirittura la dichiarazione del Giudice della eventuale esistenza di una “causa di non punibilità in ordine al reato appartenente alla sua competenza per territorio”, prevista dall’art. 23 c.p.p., viene anticipata alla fase antecedente alla dichiarazione di apertura del dibattimento, una sorta di giudizio preliminare con il quale si attribuisce al giudice medesimo il potere di trasferire gli atti al p.m. competente (art. 5, ex art. 6 del testo del Senato).