Internet batte televisione 4 (sì) a 0. Ma ora liberiamoci da Facebook

Miguel Mora su El Pais commenta il voto di domenica prendendo spunto da quel video parodia di ‘L’aereo più pazzo del mondo’. In volo sull’oceano, i berluscones di ritorno dal soggiorno di Antigua vengono avvisati dell’esito dei referendum. Hanno abolito il legittimo impedimento, dice l’hostess ai passeggeri. E scatta l’isteria. La “Primavera dei Cittadini”, scrive Mora, “è sorta e si espande ogni giorno attraverso internet”. Esattamente come sulla riva sud del Mediterraneo, ma in una forma più pacifica e ricorrendo più all’ironia e alla satira che alla rabbia, il territorio infinito senza censura della Rete sembra aver giocato un ruolo chiave nel nuovo vento politico che sferza l’Italia.

Ma sembra chiaro che il problema è che la destra italiana non è a conoscenza del crescente potere di Internet. Che le nuove tecnologie non sono il punto di forza del suo leader è emerso pochi giorni prima del voto, quando ha detto che qualcuno gli aveva passato una “cassetta” per vedere un programma che aveva perso. “Possibile che un primo ministro e magnate dei media del XXI secolo ignorari che il DVD è stato inventato nel 1995, proprio l’anno in cui l’ultimo referendum in Italia ha vinto il quorum? Sembra improbabile, ma il fatto è che il referendum è stata una sconfitta finale non solo per il governo, ma anche per l’ambiente in cui Berlusconi è stato un mago (Miguel Mora, El Pais).

Così sembra. Il voto ha testimoniato il cambio di paradigma mediatico: non più l’oligarchia televisiva, che esclude e impone i piani argomentativi alla discussione pubblica, di cui è rimasto celebre il caso della violenza contro una donna a Roma poche settimane prima del voto del 2006, fatto che infiammò il dibattito televisivo contro l’immigrazione clandestina e fece emergere un clima di paura convogliato dai media di casa Berlusconi verso Lega e PdL; tanto per rinfrescarvi la memoria, quelle elezioni politiche furono poi vinte ugualmente dal centrosinistra ma Berlusconi riuscì nell’impresa di recuperare a Prodi almeno 8 punti percentuali. Quel caso ha rappresentato l’apice della forza persuasiva della televisione. I fatti criminosi compiuti nel paese erano in calo, ma la percezione delle persone era di un aumento. Si viveva un’emergenza che non c’era, indotta dalla suggestione televisiva che ogni giorno riproduceva quel fatto all’infinito, trasmettendo le immagini di retate, di sgomberi di campi Rom, parlando di tolleranza zero e di ergastoli e di pena di morte.

No, quel tempo è finito. Così sembra. Al posto della tv, una discussione eterodiretta che si autoalimenta grazie al contributo di tutti, senza necessità di conduttori o di presentatori, di opinionisti o di registi. Si afferma l’argomento prevalente in un susseguirsi di piani argomentativi in libera competizione fra loro. Questo è consentito da un mezzo straordinario che è la rete, essa stessa piano altro in cui l’individuo si dispiega in una multipolarità di voci che altrimenti gli sarebbero negate. Se l’azione dell’individuo non è più direttamente coercita se non in casi eccezionali stabiliti dalla legge, la parola era (ed è) fortemente compromessa, sottaciuta, senza alcuna rappresentanza nel teatro degli specchi che va in onda ogni giorno nello schermo televisivo. Internet sembra restituire all’individuo la parola, e al contempo gli riassegna lo status di cittadino, ovvero di individuo partecipe alla vita della polis.

Ho usato il termine sembra perché neppure Internet è priva del rischio oligarchico. Anzi: la sua tecnologia è talmente complessa da creare sistemi che sfuggono alle parole che possediamo. Per esempio: lo spazio di Internet è pubblico o privato? Se la discussione è politica, allora Internet diventa condizione propedeutica alla discussione pubblica. Diventa naturale considerarlo un diritto poiché nel web l’individuo si esprime e esprimersi è una delle libertà civili fondanti della modernità. Peccato che tutto ciò avvenga a casa di Zuckerberg. Rendetevene conto: abbiamo lottato per sconfiggere il demone televisivo, per poter contare, per poter fare prevalere l’interesse pubblico contro quello privato. Lo abbiamo fatto attraverso un social network che è estremamente inclusivo ma che è privato. Facebook non è un bene comune, non è nostro: ho una pagina a casa di Zuckeberg. Zuckerberg detiene il mio profilo di utente di Facebook. Di fatto mi controlla. E controlla tutti noi. Controlla l’informazione che passa attraverso il suo social network. Volendo, la potrebbe condizionare. Potrebbe far prevalere un argomento piuttosto che un altro. Esattamente come il media televisivo, ma in maniera ancor più subdola. E globale. Un mostro ben peggiore della nostra piccola videocrazia.

Facebook, il McDonald’s del social networking (segnalazione de Il Nichilista).