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La norma esiste davvero ed è il frutto dell’accorpamento di decine di proposte simili provenienti da tutti gli schieramenti parlamentari. E dire che qualche settimana fa se ne parlava su qualche blog, addossandone la responsabilità a Monti.
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Addirittura c’è chi cerca di impiegare questa sclerosi mediatica contro il PD, chiaramente in chiave elettorale:
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Il relatore di questa cagata pazzesca è l’on. Gianni Mancuso, del PdL. Mancuso è relatore di ben tredici leggi, tutte aventi a che fare con la “gestione” degli animali domestici da parte di Comuni. Si può dire che sia specializzato in “amministrazione di cani e gatti”. Si tratta di atti che sono stati presentati in Commissione Affari Sociali alla Camera fin dall’inizio della legislatura. Contengono norme tese a limitare il fenomeno del randagismo e norme addirittura che istituiscono i cimiteri per i cani e i gatti.”Il provvedimento (‘Norme in materia di animali d’affezione e di prevenzione del randagismo e tutela dell’incolumità pubblica’) aveva iniziato il suo iter nell’aprile 2009 a partire da una proposta di legge di due deputate del Pdl, Jole Santelli e Fiorella Rubino Ceccacci. L’esame è stato completato lo scorso 6 marzo. E’ composto di 39 articoli e prevede, tra l’altro, la creazione di un’anagrafe degli animali d’affezione, l’obbligo di segnalare se si trova un animale ferito al servizio veterinario pubblico che deve prontamente intervenire o ancora i cimiteri per gli animali d’affezione”.
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Ecco il testo originale della norma, che vi confermo essere del 2009:
Art. 11. (Imposta). 1. Dopo l’articolo 5-bis della legge 14 agosto 1991, n. 281, introdotto dall’articolo 10 della presente legge, è inserito il seguente:
«Art. 5-ter. – (Imposta). – 1. Tutti i possessori di cani sono tenuti al pagamento di un’imposta comunale annuale di euro 20.
Polillo? Ha perso una buona occasione per tacere. La sua battuta ha soltanto avuto l’effetto di guadagnarsi la paternità di questa idea, che è invece frutto delle “migliori” menti di questo Parlamento. Che dire: si tratta di un disegno di legge che giace in Commissione dal 2009. E in questi febbrili giorni sull’orlo del default greco, Polillo non ha nient’altro da fare che capitare nella annoiata Commissione Affari Sociali.
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No, tecnicamente non era una bufala. Nemmeno una battuta. Ma fa lo stesso molto ridere. Per ore oggi i media hanno parlato solo di questo inutile fatto: alla radio, sulla tv, sul web. Se non è isteria di massa questa…
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Manovra, la norma interpretativa che annulla i ricorsi della Tassa Rifiuti
Il CorSera pubblica oggi il testo completo della manovra finanziaria del governo Berlusconi per gli anni 2011-2013. A parte il giallo sulla mancata firma del (finto) premier, il quale pretendeva di apporre il suo sigillo soltanto dopo il benestare del Presidente della Repubblica, atto assolutamente irrituale, il testo contiene veramente la norma interpretativa dell’art. 238 del DLGS 3 Aprile 2006, n. 152, volta a impedire la restituzione dell’IVA illecitamente riscossa dai Comuni con la Tariffa di Igiene Ambientale, come da pronuncia della Corte Costituzionale n. 238/2009 (se ne parla su questo blog qui).
La norma di Tremonti ribalta l’interpretazione della Corte Costituzionale, la quale invece considerava la TIA equivalente alla TARSU, quindi attribuendole valore di tributo pagato dai cittadini per la prestazione di un servizio dal parte dell’amministrazione comunale, pertanto non assogettabile ad IVA. E’ possibile ribaltare per legge una sentenza della Corte Costituzionale?
Art. 14 – Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali
33. Le disposizioni di cui all’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Occorre innazitutto dire che la Corte si pronuncia sulla vecchia TIA Ronchi (DLGS 22/97), ma la nuova TIA non sembra presentare alcun elemento di difformità dalla precedente. Il DLGS n. 152/2006 parla chiaro: Art. 238 – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, comma 1: ” Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani […] comma 4: “La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio”[… ] “nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione” (DLGS n. 152/2006).
La Corte Costituzionale, nella sentenza del 2009, ha evidentizato l’identità dei due prelievi (TIA Ronchi e TARSU) in fatto di obbligo del pagamento e dei soggetti obbligati, in fatto di struttura autoritativa, di criteri di commisurazione e pure in fatto di accertamento e liquidazione:
Con riguardo, poi, alla disciplina dell’accertamento e della liquidazione della TIA, la lacunosità delle statuizioni contenute nel comma 9 dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (il quale si limita a prevedere che «la tariffa è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare») può essere colmata con l’esercizio del potere regolamentare comunale previsto per le entrate «anche tributarie» (Corte Cost. cit.).
La TIA, in maniera analoga alla TARSU, conclude la Corte, ha “la funzione di coprire anche le pubbliche spese afferenti a un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e, quindi, non riconducibili a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente” (ibidem). Le poche differenze fra i due prelievi non sono sufficienti a caratterizzare in ‘senso privatistic’ la TIA:
L’unica sostanziale differenza sul punto tra i due prelievi si riduce al fatto che, mentre per la TARSU il gettito deve corrispondere ad un ammontare compreso tra l’intero costo del servizio ed un minimo costituito da una percentuale di tale costo determinata in funzione della situazione finanziaria del Comune (art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993); per la TIA il gettito deve, invece, assicurare sempre l’integrale copertura del costo dei servizi (art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997). Tuttavia, tale differenza non è sufficiente a caratterizzare in senso privatistico la TIA, perché nulla esclude che una pubblica spesa (come il costo di un servizio utile alla collettività) possa essere integralmente finanziata da un tributo (ibidem).
Poi il passaggio fondamentale, che annulla all’istante qualsiasi effetto per la ‘norma interpretativa’ di Tremonti:
la rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l’entità del prelievo – quest’ultima commisurata, come si è visto, a mere presunzioni forfetarie di producibilità dei rifiuti interni e al costo complessivo dello smaltimento anche dei rifiuti esterni – porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell’assoggettamento ad IVA ai sensi degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 e caratterizzato dal pagamento di un «corrispettivo» per la prestazione di servizi. Non esiste, del resto, una norma legislativa che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti, quale, ad esempio, è quella prevista dall’alinea e dalla lettera b) del quinto comma dell’art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui, ai fini dell’IVA, «sono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici», le attività di «erogazione di acqua e servizi di fognatura e depurazione, gas, energia elettrica e vapore». Se, poi, si considerano gli elementi autoritativi sopra evidenziati, propri sia della TARSU che della TIA, entrambe le entrate debbono essere ricondotte nel novero di quei «diritti, canoni, contributi» che la normativa comunitaria (da ultimo, art. 13, paragrafo 1, primo periodo, della Direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006; come ribadito dalla sentenza della Corte di giustizia CE del 16 settembre 2008, in causa C-288/07) esclude in via generale dall’assoggettamento ad IVA, perché percepiti da enti pubblici «per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità» (come si desume a contrario dalla sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008), sempre che il mancato assoggettamento all’imposta non comporti una distorsione della concorrenza (distorsione, nella specie, non sussistente, in quanto il servizio di smaltimento dei rifiuti è svolto dal Comune in regime di privativa) (ibidem).
Pertanto la norma di Tremonti è da ritenersi assolutamente illegittima, poiché pretende di ribaltare una sentenza della Corte e, in secondo luogo, viola la normativa comunitaria espressa dalla Direttiva n. 2006/112/CE e dalla sentenza della Corte di Giustizia CE C-288/07.
Fate il ricorso. Pretendete i vostri soldi percepiti illegalmente. Esercitate il vostro diritto.
Manovra del Governo, norma interpretativa evita rimborsi Iva sulla Tassa Rifiuti
L’abolizione delle Province con popolazione inferiore ai 220.000 abitanti, a patto che non si trovino al confine di Stato e non si tratti della provincia di residenza di Tremonti (Sondrio; la battuta è di ciwati), non è l’unica norma irrazionale introdotta dal decreto legge della iper Manovra Finanziaria del Governo.
Secondo le informazioni pubblicate dai giornali, il Governo, in tema di tagli di spesa relativi agli Enti Locali, avrebbe introdotto un comma avente carattere di ‘norma interpretativa’ (ma guarda, a volte ritornano) sull’IVA riscossa illegalmente attraverso la TIA, la Tariffa di Igiene Ambientale. La norma sarebbe volta a scongiurare i rimborsi milionari che i Comuni si troverebbero a dover sborsare in caso di ricorsi di massa dei cittadini. Tremonti ha pensato bene di ricorrere alla formula enigmatica della norma interpretativa. Ma l’interpretazione che Tremonti può fare della norma legislativa che istituisce la TIA è solo e soltanto quella già specificata dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 238/2009:
[Identità di scopo TARSU-TIA] Contrastando questa visione delle cose, la Corte Costituzionale afferma che per una corretta valutazione della natura della tariffa di igiene ambientale (TIA), è invece opportuno muovere dalla constatazione che tale prelievo, pur essendo diretto a sostituire la TARSU, è disciplinato in modo analogo a detta tassa, la cui natura tributaria non è mai stata posta in dubbio né dalla dottrina né dalla giurisprudenza. Conseguentemente, deve procedersi ad una approfondita comparazione tra il prelievo tributario sostituito e quello che lo sostituisce, sotto i profili della struttura, della funzione e della disciplina complessiva della fattispecie dei prelievi […] un altro significativo elemento di analogia tra la TIA e la TARSU è costituito dal fatto che ambedue i prelievi sono estranei all’àmbito di applicazione dell’IVA.[…] Non esiste, del resto, una norma legislativa che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti (Corte Cost. cit.).
La Consulta quindi sancisce l’assoluta identità fra le due formule di tassazione e tributo e ne deduce la non assoggettabilità all’IVA della TIA. Questo è scritto. Ora Tremonti può solo fornire indicazioni circa le modalità di rimborso in caso di ricorso accolto positivamente dall’autorità amministrativa. Che senso può avere la norma interpretativa? Solo spaventare i probabili ricorrenti. La norma risulterebbe inapplicabile. Non si può interpretare per legge una sentenza della Corte Costituzionale. Se ne possono sono ‘normare’ gli effetti. Tanto più che la sentenza indirettamente ascrive al cittadino un diritto, ovvero quello di vedersi restituita la parte di tassazione illecitamente riscossa che vedrebbe così violato. Si innescherebbe così un corto circuito istituzionale che avrebbe solo l’effetto di posticipare di anni i rimborsi. E forse proprio questo Tremonti va cercando.
Se ne parla anche altrove:
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