Congresso PD | I sondaggi prematuri

Attenti a parlare di sondaggi circa il congresso. Innanzitutto c’è da superare prima la soglia del 5% dei voti nei congressi di circolo. In secondo luogo, la base elettorale delle primarie è variabile ed è quindi difficilmente ‘campionabile’. Diciamo che si compone sulla base del profilo identitario dei candidati. Esempio: un candidato di sinistra motiverà di più quel segmento dell’elettorato del PD ad andare ai gazebo e a votarlo; viceversa, un candidato di area cattolica selezionerà un elettorato diverso, più centrista, forse meno giovane. A giocare a favore o contro l’una o l’altra tendenza, inoltre, sarà la migliore esposizione informativa che questo congresso avrà se paragonato a quello del 2009. C’è un precedente illustre: l’esperienza delle primarie di Novembre è significativa perché ha fatto uscire il dibattito dalla cerchie chiuse del partito e l’ha reso di rilevanza nazionale (d’altronde si sceglieva il candidato premier della coalizione data per vincente). Quest’anno, le primarie godranno di una nuova ulteriore centralità per via del fatto che da esse dipenderà il destino del governo delle Larghe Intese (conclusione della legislatura o definizione di un programma minimo e poi urne a Marzo). Forse, anche del paese.

Mannheimer ha pubblicato ieri un sondaggio sui candidati alle primarie. Forse il tempo è un po’ prematuro. Lo scorso anno, il celebre sondaggista centrò il bersaglio (aveva previsto Bersani-Renzi 52% vs. 40%) ma condusse il sondaggio pochi giorni prima del 18 Novembre (a circa dieci giorni dalla consultazione), quando uno dei due confronti tv si era già svolto. Questo mese, lo stesso istituto ha divulgato due diversi sondaggi sui candidati alle primarie per la segreteria. Nel primo, datato 9-10 Settembre, Civati risultava poco superiore al 3%. Nell’ultimo sondaggio, questa percentuale è salita al 9%. Ipotizzando una base di un milione di voti espressi, i consensi per Civati passerebbero in una settimana, da 30000 a 90000. Di fatto, si sono triplicati. Espressa in una percentuale: +300%. Sicuramente è un dato significativo. Ma potrebbe voler anche dire che la campionatura eseguita nel primo sondaggio era sbagliata. Può voler dire che l’opinione nell’elettorato è così fluida che i sondaggisti riescono soltanto a intravedere delle istantanee ma non a illustrarne il movimento. 

Diciamo che non è ancora il momento di guardare ai numeri. E nemmeno di ragionare sulle tendenze.

Articolo correlato:

http://www.youtrend.it/2013/09/18/sondaggi-primarie-pd-renzi-civati-cuperlo-2/

Civati ci candida a segretari del PD #wdays

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Giuseppe Civati ha annunciato, in conclusione del Politicamp a Reggio Emilia, la sua candidatura a segretario del PD. Lo aveva già fatto da tempo, lo ha ribadito oggi, dinanzi alla platea che ha partecipato ai lavori di questi ultimi tre giorni. Ha detto:

I molti davanti a lui siamo tutti noi, tutti quelli che si riconoscono in un movimento politico di gente onesta, che ha a cuore la libertà degli individui in una società organizzata secondo criteri di uguaglianza e dignità. Ci crediamo ancora, sì. Non siamo cinici e nichilisti come quelli che sostengono che tutto è morto, i partiti sono morti, il parlamento – pure – è morto. No, non è tutto perso. La politica non è quella cosa in cui i malfattori sprecano i denari pubblici per i loro porci comodi, per i loro sporchi interessi, per le lobbies a cui fanno riferimento. No, la politica non c’entra nulla con l’abuso della sfera pubblica che una classe dirigente depravata ha condotto indisturbata per venti lunghi anni. La politica è fatta di persone, persone come tutte noi, è fatta delle regole della convivenza, regole di giustizia, di solidarietà, di comprensione e condivisione.

Potrete pensare alla politica come all’alchimia di formule partitiche, di strategie elettorali per ‘sconfiggere’ definitivamente il debordante avversario, ma vi sbagliate. Se pensate di compensare l’assenza della percezione di una collettività con un nuovo fascinoso personalismo, ebbene siete sulla strada errata. L’obbiettivo di Civati è ricostruire il centrosinistra, senza trattini e formule studiate a tavolino: ricostruirlo partendo dagli argomenti, dalle politiche, poiché sono esse che ne costituiscono l’identità. Osservando le fotografie di Civati e Barca (presente alla Ghiara venerdì sera) mi è venuto in mente che presto o tardi i giornalisti ne parleranno come di un ticket, usando le formule astruse che ben conoscono gli editorialisti. Non è un ticket, ho pensato, è un autobus. L’autobus su cui tutti noi dovremmo salire, non già perché sarà quello del vincitore (Civati, secondo taluni opinionisti, specie Scanzi, non avrebbe alcuna chance in una ‘competizione’ già decisa) ma perché, se ci tenete veramente al cambiamento, questo è l’ultimo autobus disponibile e, dopo che sarà passato, voi non potrete avere più alibi: tutta la retorica dell’anticasta non sarà più tollerabile, la protesta verso gli alti dirigenti del PD (con questa dirigenza non vinceremo mai!) non sarà più tollerabile. Non potete lasciare che questo partito sia posseduto da una classe dirigente ripetutamente sconfitta, storicamente sconfitta. Se deciderete di salire sull’autobus di Civati (non è come quel camper, sia chiaro) sarà per riprenderci ciò che è nostro, ciò che di nostro diritto; ciò che ci è stato negli anni silenziosamente tolto.

Civati non ha bisogno solo di sovraesposizione televisiva. Gli altri, quelli che ora governano e son tutti fieri delle larghe intese, tenderanno a chiudere la partita in una disputa pro/contro Renzi. Tenderanno a parlare di Civati come di quello che è arrivato dopo, che è arrivato tardi, il solito terzo incomodo. Sottraetevi a questa trappola. Ognuno di noi porta con sé il proprio pezzo di mozione Civati. La mozione Civati è una mozione collettiva, narra di ciascuno di noi e ciascuno di noi ne è parte. Loro, i dirigenti, pensano di essere insostituibili e che il loro posto nel partito c’è e sarà sempiterno. Smettiamola di rimanere ai margini. E’ ora di riprenderci la politica.

Il Piemonte per @Civati

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Si ritrova a Torino sabato 1 Giugno. Chi potrà esserci ha la mia stima. Per quanto mi riguarda l’occasione è solo rimandata (scaldo il tablet, eh).

Per partecipare potete compilare questo modulo: https://docs.google.com/forms/d/1fwdJ-eoj33aXyMBIFpwpEuYYljD5HVV3ovAiER6liEc/viewform

Daniele Viotti è il riferimento per tutti i dettagli. Scrivetegli: https://www.facebook.com/svioz

Non si offenda, Beppe Grillo.

E loro stracciano il congresso

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[Se voi stracciate le tessere] – Un post scritto per Giovine Europa Now, Linkiesta.

Mentre il paese è economicamente allo sbando ed affronta la peggiore recessione di sempre, almeno da quando esistono le serie storiche; mentre Bruxelles preme per chiudere la procedura di infrazione per deficit eccessivo ma al contempo concede deroghe generose a Parigi e persino a Madrid, operando quindi una discriminazione palese nel silenzio generale delle istituzioni; mentre l’incertezza e la paura della miseria si stanno mutando in disagio psicoanalitico di massa, il Partito Democratico non è in grado né di raccogliere la domanda sociale, né di tradurla in politiche economiche e perciò rischia, in quanto partito di governo, di dover assistere alla trasformazione della domanda di politiche in rabbia per l’assenza di politiche.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/giovine-europa-now/congresso-pd-restaurazione-o-rivoluzione#ixzz2TjwUAPqy

Pippo Civati dice le medesime cose, con un po’ di humor nero: http://www.ciwati.it/2013/05/19/lo-scotch/

Congresso vero, Congresso falso

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L’intervista a Pierluigi Bersani pubblicata oggi su L’Unità sgombra ogni dubbio sulle intenzioni che l’attuale dirigenza del PD ha circa la strategia da mettere in atto sabato durante l’Assemblea Nazionale che eleggerà il segretario-reggente.

Bersani ha più volte ripetuto che il congresso dovrà essere affrontato con una discussione seria, vera, eccetera, sulle regole: a questo dovrebbe servire il suo sacrificio, a “decidere delle correzioni profonde riguardo il nostro modo di essere”. Eh già, il PD non ha perso le elezioni, ha incontrato delle difficoltà dopo. “Messi di fronte alla prima vera responsabilità nazionale da quando siamo nati, non siamo riusciti a saltare l’asticella. Abbiamo mancato la prova”, ripete l’ormai ex segretario. Nessun cenno su una campagna elettorale disastrosa, specie nel mese di Gennaio, quando i sondaggi ‘sentivano’ – ma senza percepirlo in tutta la sua interezza – il calo della coalizione Italia Bene Comune. No, il disastro è colpa dell’immaturità dei parlamentari del PD, i quali non sono in grado di “distinguere tra funzioni istituzionali, come è quella del Presidente della Repubblica, e funzioni politiche e di governo”, ma tutti sapevano che la scelta del Quirinale avrebbe influito pesantemente nella scelta dell’incarico.

Bersani non dimentica di ripercorrere le tappe decisionali: la direzione che gli ha conferito mandato per ricercare un candidato presidente della Repubblica “largamente condiviso”; la scelta di Marini (“Mi piacerebbe piuttosto chiedere a Grillo e tutti gli altri perché hanno detto no a uno come Marini” – il no è stato detto innanzitutto dal suo stesso partito e Marini è stato lo stesso portato in aula, agnello sacrificale sull’altare del governissimo); la convergenza unanime sul nome di Romano Prodi, poi vigliaccamente killerato nel segreto dell’urna.

“Nell’inconsapevolezza di tanti di noi, lì è tramontata la possibilità di un governo di cambiamento, la possibilità di aprire la legislatura con una terapia d’urto capace di riconnettere il governo e noi stessi con la società”.

Questo tema dell’inconsapevolezza, come se il parlamentari del PD fossero degli ingenui intenti più che altro a farsi le scarpe l’un l’altro, è una ipotesi che Bersani spaccia per verità. Come se i 101 franchi tiratori non sapessero affatto quel che stavano facendo e il governissimo, per loro, non fosse certamente l’obiettivo finale.Tutto ciò viene affermato da un segretario dimissionario, che ha quindi ammesso di non esser stato in grado di formulare iniziative politiche chiare e vincenti. Figuriamoci se ora è in grado di prefigurare una linea politica per il futuro.

Eppure, ostinatamente abbarbicato sul proprio scoglio, lo fa. E sostiene, con una allarmante limpidezza di linguaggio, che:

  1. ci vuole un congresso vero, che sia svincolato dalla scelta di un candidato premier, visto che per la prima volta da quando esiste il PD un presidente del Consiglio lo abbiamo;
  2. è possibile avviare una procedura per arrivare a una modifica dello statuto tale per cui non ci sia più coincidenza tra la figura del segretario e quella del candidato premier;
  3. che l’Assemblea di sabato non deve essere un mini-congresso. Però poi dice che deve eleggere un segretario (alla domanda segretario o reggente, risponde, testuale:  “E’ una discussione formalistica”!), ovvero che deve “dare un mandato pieno a qualcuno che dovrà condurci nella fase congressuale e intanto rappresentare il PD di fronte al Paese”, e questo non è affatto formalismo, è svolgere il congresso in un pomeriggio, senza discussione alcuna, vidimando una decisione presa altrove e da chissà chi.

In queste tre condizioni, ovviamente, le primarie non sono più contemplate né sono contemplabili. L’assunto generale è “non disturbate il manovratore Letta” e perciò il prossimo congresso eleggerà non un candidato premier poiché il premier il PD già ce l’ha. Se vi sembrano ragioni durevoli. Il premier Letta nasce con la scadenza (18 mesi, ma potrebbe essere una “etichettatura errata” e potremmo scoprire una ‘frode’ sulla genuinità del governissimo). E non nasce secondo il principio democratico ma in virtù del giogo dei 101 occulti manovratori. I quali hanno agito consapevolmente – beata ingenuità – per suggerire la via unica dell’accordo con il Pdl.

Il congresso vero secondo Bersani sarà quello in cui ci sarà discussione sulle deroghe alle regole dello statuto. Il congresso falso è quello che le vuole applicare?

Chi visse Speranza

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Speranza/1, cinquantacinque minuti fa: “Ho apprezzato il discorso di Renzi, ma penso che adesso dobbiamo tutti fare uno sforzo maggiore nelle prossime ore per fare più squadra” […] “Le personalità sono tutte essenziali, ma nessuno si salva da solo e nessuno è in grado da solo di costruire un orizzonte per questo paese. Credo che la direzione di domani debba assumere questo orientamento”.

Speranza/2, sul governo di larghe intese (sempre le solite larghe intese, quelle che non vuol fare nessuno ma che sotto sotto): “Sul nuovo governo non bisogna partire dalle formule politiche, ma dalla necessità di dare sostegno al Paese e soluzione ai suoi problemi. Se si parte dai problemi del Paese il Pd c’è e sarà presente con coraggio” […] “Il PD si assumerà il suo pezzetto di responsabilità”.

Lui, bersaniano eletto capogruppo su indicazione proprio del segretario, appena caduto Bersani è già pronto a riposizionarsi. Molto incline alle larghe intese, per intenderci quelle con il Pdl, delle quali non sembra aver dubbi, anzi, le ammanta di un’aurea che nessuno sospetterebbe (il discorso è sempre il medesimo, il PD è responsabile per il paese, il PD non si sottrae alle proprie responsabilità, la responsabilità del PD è quella di garantire la governabilità eccetera eccetera).

Ora, questo trentaquattrenne capitato per sbaglio quando la sua stella cometa è caduta in disgrazia, ha un interesse verso le opinioni del proprio elettorato pari a zero.

Il punto è: siamo nelle condizioni di esprimere una cultura riformista e di governo? O anche nelle nostre file prevale la frenesia di avere il consenso immediato della piazza reale o virtuale? intervista a Roberto Speranza di Giovanna Casadio, La Repubblica, 22/04/13).

Il consenso immediato? Il consenso si riceve in sede di elezione, caro Speranza. E alle elezioni vi siete presentati con un progetto di governo di “centro-sinistra”. E’ chiaro. Quel consenso, quello e soltanto quello, non può essere preso e usato a proprio piacimento senza pensare alle conseguenze. Oggi, quel consenso, o una sua parte, viene veicolato come un feedback immediato tramite i social media. Ed è un feedback negativo. Molto negativo. Ve ne sarete accorti, no?

Speranza, alla giornalista Casadio, dice che, durante il congresso, “le posizioni politiche andranno definite senza ambiguità”. Sì, e una volta per tutte i ‘pupari’ nascosti dietro le quinte che muovono cento fra deputati e senatori come su un monopoli politico, dovranno esporsi con il loro faccione e dirlo, agli elettori, che è per loro preferibile fare un governo con Berlusconi piuttosto che trovare un accordo con i 5 Stelle su chiari obiettivi di riforma del sistema politico. A quel punto bisognerà decidere di chi è davvero questo partito, se appartiene a chi sponsorizza l’Indicibile Alleanza, a discapito di qualsiasi forma di  democrazia dell’alternanza, oppure se appartiene agli elettori di centrosinistra e alle loro decisioni espresse con il voto in libere e aperte primarie.

Perché non è Fioroni a decidere chi può e chi non può restare nel Partito. Ma solo gli elettori. Se Fioroni intendesse sapere quale è la loro opinione, dovrebbe senz’altro proporsi in un collegio elettorale, e non al riparo del comodo, comodissimo Porcellum.