Civati: tornare a votare con il Porcellum non è umano

Pippo Civati ha ripreso oggi l’attività politica in vista del Congresso ed è stato a Cesenatico, in Romagna, spalle alla spiaggia e dinanzi ad un folto gruppo di ascoltatori. E’ triste, ha detto, aprire un dibattito senza aver ancora aperto le consultazioni congressuali nei circoli. Quello che segue è un piccolo storify che sintetizza quanto detto da Pippo oggi.

No, non è stato in vacanza ma nel duro ritiro di Novosibirsk.

civati

PD | Congresso chiuso come una scatoletta

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Renzi ha recentemente affermato di non essere interessato alla corsa per la segreteria del Partito Democratico. Nella sua idea, la premiership (di coalizione?) non va più di pari passo con la leadership di partito. Che strano calcolo è mai questo?

Che il sindaco di Firenze osteggiasse quella regolina dello Statuto, quella che assegna al segretario del partito, eletto con primarie aperte, la candidatura alla presidenza del Consiglio, era cosa nota sin dai tempi delle consultazioni per Italia Bene Comune, alle quali si è potuto presentare proprio in virtù di una deroga concessa – non senza dilemmi – da parte di Pierluigi Bersani. Quella norma, che in altri paesi è regola condivisa, veniva all’epoca dipinta come un ostacolo antidemocratico poiché era usata dall’entourage del segretario per scongiurare la sua partecipazione. 

Il chiamarsi fuori dalla partita del congresso ha un suo significato che non è così immediato: Renzi intende risparmiarsi per il momento in cui il governo Letta subirà il peggiore di killeraggi politici da parte dei poco onesti compagni di viaggio che si è cercato. Renzi non vuole mescolarsi, non vuole sovrapporre la propria immagine di rottamatore della vecchia politica alla formula del partito pesante.

Mi sembra che questo genere di raziocinio abbia poco a che fare con il bene collettivo nonché con l’interesse medesimo del partito, che necessita senz’altro di esser rimesso sulla carreggiata giusta di una selezione democratica (perché aperta agli elettori) delle leadership nonché delle linee politiche da perseguire. Insieme alla scelta di appoggiare la soluzione-pacchetto Napolitano-Letta, l’avversione verso la formula congressuale aperta e specie verso i bizantinismi delle Direzioni o delle Assemblee nazionali, fanno apparire il rottamatore scaltro e machiavellico ma chiaramente orientato al perseguimento del proprio successo personale nella prossima competizione elettorale che lui medesimo pronostica fra dodici-diciotto mesi circa. Nulla di più.

Per mettere in atto questa strategia, oltre alla macedonia in salsa lettiana, Renzi sarebbe propenso ad accettare altre tre soluzioni alquanto sbrigative:

  1. assegnare la reggenza ad un ex DS, purché sia un neutrale e non sia quindi un nome spendibile sia al congresso che per la premiership della coalizione;
  2. dividere per sempre la funzione del segretario del partito da quella del candidato premier;
  3. chiudere il congresso ai soli iscritti, eliminando la fase delle primarie aperte.

Questo sarebbe il contenuto di una sorta di armistizio fra l’ala centrista, di cui il sindaco è punto di riferimento, e gli ex DS. Un patto che dovrebbe consentire di gestire la fase congressuale ad Ottobre, senza fretta, con il minimo grado di coinvolgimento. Le personalità politiche storicamente contrarie alle primarie (specie i dalemiani, che sempre vivono e lottano in mezzo a noi) trovano così una inconsueta spalla in chi nelle primarie aveva costruito tutta la sua popolarità e credibilità.

Così si è espresso Marco Campione, democratico del PD lombardo, sul suo blog, qdR (Qualcosa di Riformista):

Il prossimo congresso sarà utile se i tanti apprendisti stregoni che hanno gestito il PD dimostreranno di essere in grado di governarlo facendo a meno non tanto delle generazioni precedenti quanto dei fantasmi del passato. Il PD è nato scommettendo sul consolidamento dell’assetto bipolare, sulla competizione tra partiti a vocazione maggioritaria, sul riconoscimento reciproco delle forze in campo. Pensiamo sia ancora quella la sfida?

Solo in questo contesto il PD ha senso di esistere. Per questo preoccupa che gli stessi apprendisti che ci hanno portato al disastro oggi mettano in dubbio una delle intuizioni fondative del PD. Nel PD il segretario del partito è il candidato premier non per una bizza di chi ha scritto il nostro Statuto, ma perché nella coincidenza tra premiership e leadership sono concentrate alcune caratteristiche fondamentali. La già richiamata vocazione maggioritaria, l’essere un partito di iscritti ed elettori (che “pesano” allo stesso modo, dunque), l’idea che chi vuole conquistare il paese debba prima convincere il proprio partito, l’accountability del gruppo dirigente e la contendibilità della leadership. Far saltare quell’identificazione vuol dire mettere a rischio tutto questo, non solo cambiare un assetto organizzativo o un modo per eleggere il segretario (@marcocampione, qdR).

Premiership e leadership, vocazione maggioritaria, orientamento agli elettori (l’auctoritas promana dal basso), sono intimamente correlati e pertanto smontare questo impianto significa de facto liquidare il Partito. E’ una vera e propria restaurazione. A cui possiamo soltanto opporci.

Gli USA armano i droni italiani in Afghanistan

Perché armare i droni italiani? Obama, ex premio Nobel per la Pace (molto ex), a Marzo, aveva proposto al Congresso di vendere all’Italia il kit di armamento degli aerei senza pilota “made in USA”. Lo scopo? Schierarli in Afghanistan per uccidere senza farsi uccidere. Un modo come un altro per tener dentro alla palude afghana il nostro paese, che da quell’avventura ha avuto solo guai e morti.

L’Italia è stata il primo paese a disporre di aerei drone. I primi acquisti di questi robot della guerra sono datati 2001, mentre un secondo acquisto fu completato nel 2008. Si trattava di droni Reaper e Predator-A, non armati. La loro utilità in guerra è straordinaria. Sono stati impiegati dagli USA in Yemen, in questi giorni, ed hanno seminato il panico fra la popolazione (per saperne di più leggete di #NoDrones qui).
Il solo altro paese alleato degli USA che può “beneficiare” di questa tecnologia di morte e distruzione è la Gran Bretagna. La discussione in Congresso si è aperta all’insegna della estrema polarizzazione: alcuni deputati sono contro, altri a favore.
I deputati che avevano messo in discussione l’accordo previsto per la "militarizzazione" dei droni italiani affermavano che ciò potrebbe rendere più difficile per gli Stati Uniti di negare funzionalità simili ad altri alleati della NATO, e obbliga gli USA a dover re-impostare nuovamente gli sforzi per limitare la vendita da parte di altre nazioni, come Israele, che producono droni piuttosto sofisticati. I sostenitori dicono che tali vendite consentirebbero ad alleati di fiducia di condurre missioni militari in proprio; inoltre, per i produttori di droni USA potrebbero aprirsi le porte di mercati finora inaccessibili.

Il periodo di valutazione da parte del Congresso è terminato il 27 Maggio scorso senza che il Congresso medesimo facesse alcuna mossa per bloccare l’accordo. Il Congresso è ancora in grado di bloccare la vendita se approva una risoluzione congiunta di disapprovazione sia alla Camera che al Senato entro 15 giorni, anche se alcuni membri del Congresso di entrambe le parti dicono che tale mossa è improbabile.

Post tratto e parzialmente riadattato da http://tolonews.com/en/afghanistan/6393-us-plans-to-arm-italys-reaper-drones-deploy-to-afghanistan

Senato USA blocca il piano anti default dei Democratici

Secondo la Reuters, il Senato USA avrebbe votato contro la proposta di accordo dei Democratici per l’innalzamento del tetto del debito USA. E’ una notizia arrivata ora:

The U.S. Senate defeated a Democratic proposal to raise the debt ceiling on Sunday as lawmakers closed in on a deal that would be acceptable to both parties. By a vote of 50 to 49, Senate Majority Leader Harry Reid’s plan fell short of the 60 votes needed to advance in the 100-member body. Elements of Reid’s plan are likely to surface in the bipartisan deal which could be completed this afternoon. The Senate is poised to move quickly once that deal is reached. “The arrangement that is being worked on with the Republican leader and the administration and others, is not there yet,” Reid said on the Senate floor after the vote. “We’re hopeful and confident it can be done.” Reid told lawmakers not to wander too far from the Capitol in case he calls another vote.

“I would not suggest a ballgame,” he said.  Under normal Senate rules, a final vote on any deal could be delayed until Wednesday, one day past the deadline set by the Treasury Department to ensure the United States does not default on its obligations. But any deal could include provisions to ensure that Congress acts before then, a Democratic aide said.

(France24).

Questo link vi racconta lo stato delle trattative: http://www.repubblica.it/economia/2011/07/31/news/usa_debito_slitta_voto-19834763/?ref=HREC1-1

2 Agosto, fine dei Treasury. Prepararsi al default tecnico USA

Un accordo fra Repubblicani e Democratici è necessario, indispensabile, prima dell’apertura dei mercati, lunedì. Senza accordo verranno dilapidati miliardi di dollari in tutto il mondo. Il Financial Times, in un articolo intitolato “Preparasi al disastro del debito USA”, ammette che la situazione è di estrema gravità. Tanto che la Fed, la Banca Centrale federale, è in procinto di rilasciare delle linee guida per le banche nel caso in cui il congresso non raggiungesse l’intesa per alzare il tetto del debito. Sarebbero anche in corso i preparativi per un “contigency briefing” da tenersi lunedì a New York con i rivenditori dei Treasury, i titoli di stato USA. Obiettivo: quello di armonizzare le strategie e evitare un crollo verticale della domanda di debito.

Senonché l’ipotesi di un default tecnico (e selettivo – non accadrà tutto in una volta, Obama potrebbe reggere fino al 20 di agosto) è forse meno probabile di un taglio del rating da parte di Standard & Poor’s: la Tripla A diventerebbe una AA+ e l’effetto sarebbe identico. Vendite. Vendite. Vendite. E rendimenti alle stelle. Per un paese che ha un rapporto debito federale/PIL che si aggira sul 100% – ma sommati “enti locali” (cinquanta stati!) supera il 140%, peggio di un qualsiasi PIGS europeo – e un deficit/PIL del 14%, l’esborso in nuovi interessi sarebbe un durissimo colpo allo stomaco.

Il piano di emergenza non dovrebbe prevedere che la Fed si metta a monetizzare il debito: prestare denaro al Tesoro è contro il medesimo statuto della Fed. In tal caso ci sarebbe pur sempre la possibilità per Obama di ricorrere all’emendamento 14 e autorizzare l’emissione di debito anche senza un provvedimento del Congresso. “Un territorio inesplorato”, scrivono sul Ft, per dire che un’innalzamento del tetto del debito “eseguito d’autorità” sarebbe da considerarsi come fuori da ogni prassi scritta e non scritta, tale da far prefigurare uno scontro istituzionale senza precedenti. Di fatto, il default tecnico presuppone l’incapacità di rimborsare i titoli obbligazionari e ciò “è incompatibile con un rating AAA”. Il downgrade è quasi scontato, passerà forse una settimana, dopodiché i Treasury, finora una cassaforte, saranno un po’ meno sicuri, un po’ più costosi per lo Stato federale, una fonte d’ansia in primis per il governo cinese. Pechino tiene in mano miliardi di dollari in Treasury. Pechino è molto attenta a come si stanno muovendo a Washington. Chi gioca con il default USA sta giocando con il destino mondiale. Se gli USA fanno default, l’indomani il governo cinese potrebbe trovarsi in grossa, grossissima difficoltà.

Per approfondire:

http://ftalphaville.ft.com/blog/2011/07/29/638261/preparing-for-a-us-debt-disaster/

 

Debito USA, Obama ha tre settimane per evitare il default

Il debito USA ha per legge un tetto massimo pari a 14.300 miliardi di dollari. Tetto che ha già superato. E’ ovvio che nessuno lo ha detto a Moody’s, tantomeno a Standard & Poor’s. Il governo USA ogni dannato mese deve finanziarsi rastrellando sul mercato 125 miliardi di dollari emettendo titoli di debito. Il 2 Agosto è la data discriminante: fino a quel giorno, infatti, il Governo ha liquidità sufficiente per rimborsare il debito in scadenza. Dopo il 2 Agosto, bye bye zio Sam. a meno che Obama non riesca nell’impresa di metter d’accordo Repubblicani e Democratici, divisi in congresso sulla scelta di aumentare il tetto massimo di debito. Ma i Repubblicani soffrono il pressing del Tea Party di Sarah Palin, contrari a un aumento della tassazione che si imporrebbe a causa delle extra emissioni di debito e tergiversano su un possibile accordo con i Democratici.

Risultato? Obama ha a disposizione tre scelte:

la prima è che l’amministrazione rinvii alcuni pagamenti. La seconda è che il presidente si appelli a un articolo della Costituzione (14esimo emendamento) per ignorare il Congresso e continuare ad emettere debito oltre il tetto consentito. La terza opzione prevede l’autorizzazione all’amministrazione di considerare alcuni pagamenti in via prioritaria (rassegna.it).

Recentemente il congresso ha bocciato un aumento del tetto del debito per 2.400 miliardi di dollari. Le ragioni dei Repubblicani erano chiare: niente aumento senza un piano di rientro dal deficit, che viaggia intorno all’11% (ah, se fossero in Europa scatterebbero le sanzioni per violazione del Patto di Stabilità…), una percentuale non dissimile da quello di Spagna e Gran Bretagna a fine 2009. Il provvedimento legislativo ha bisogno del voto a maggioranza qualificata dei due terzi. Senza un intervento del Congresso, gli USA vanno incontro al destino della Grecia: dovranno dichiarare lo stato di insolvenza, ovvero il Default finanziario. Una catastrofe, secondo Timothy Geithner, titolare del dipartimento del Tesoro.

Se c’era una certezza al mondo, questa era rappresentata dai Treasure, i titoli di stato federali. Lontano dal diventare spazzatura, poiché le varie agenzie di rating usualmente dormono sul tetto di un vulcano attivo, certamente i Treasure e il dollaro non sono più il faro della finanza mondiale. Un’altra faccia della crisi dell’Impero USA.

La metafisica di Vendola e una nuova narrazione della realtà

Impressioni circa il discorso di chiusura di Nichi Vendola al congresso di Sinistra Ecologia e Libertà a Firenze. Punto primo: se a destra da quindici anni esiste il Cavaliere Nero che mette a soqquadro l’ordine costituzionale, a sinistra oggi sorge un antieroe nel corpo del “ragazzo di Terlizzi” che da qualche anno governa la Puglia. La Puglia dell’energia rinnovabile. La Puglia del mistico e della taranta. Di Avetrana e del pozzo nero dove siamo tutti nostri sprofondati come cadaveri quindicenni, nati un brutto giorno del 1994, a Marzo, il 27.

Parafrasando Nichi, “ci eravamo smarriti, ora ci siamo ritrovati”. L’orrore che proviamo per lo stupro quotidiano delle regole della democrazia, del lavoro e della convivenza civile deve lasciar spazio alla nuova speranza caldeggiata da Vendola. E’ qui che la Sinistra deve risorgere:

Cosa significa vincere a sinistra? Significa far vincere le persone che oggi pensano che non troveranno mai lavoro e che domani ritrovano la speranza

Ma ammonisce Nichi, il risorgimento a sinistra non è una restaurazione, né una operazione di maquillage, di restauro conservativo: la sinistra risorge “non per tornare in un luogo antico”, poiché sarebbe un errore pensare di fare “una sommatoria di frammenti, pensando che la sommatoria possa costituire una forza che, invece, è solo un fatto politico e non algebrico”. Non ci si deve innamorare del partito, del nome, dello scranno, del titolo, della diaria parlamentare. Non il partito, quindi, ma la “partita” – le elezioni 2013 (o 2011?). Poiché la melma che governa, la politica del fango e del dossieraggio, non è l’unica dimensione verso la quale ci si debba adeguare, in quell’equilibrio dicotomico fra berlusconismo e antiberlusconismo che ha caratterizzato questi quindici anni. No. Esiste “un’Italia migliore” e “dobbiamo dare voce a questa Italia migliore, dobbiamo raccontarla, dobbiamo fare evidenza alle persone che non hanno voce e che ogni giorno si impegnano per costruirla”. Il mondo, dice Nichi,  non è quello ‘spazio immobiliare’ che va da Montecarlo ad Antigua.

Ecco, la Nuova Sinistra secondo Vendola è una nuova narrazione del paese. Una narrazione che non insegue la Lega e non impiega il vocabolario di altri, bensì reagisce al promontorio della paura e dell’odio su cui si erge il leghismo raccontando del diverso attraverso la lingua del cosmopolitismo.

Ci si deve congedare dall’idea di una bellezza come virilità, come fisicità che resiste alla prova del tempo, in un olimpo pacchiano racchiuso tra Dioniso ed Apicella.

“La bellezza è nella singolarità straordinaria dell’uomo, è nello sguardo dei bambini, nella vita che vuole essere tutelata e non mercificata”. La vita non è merce, il lavoro non è merce poiché parlare di lavoro significa parlare di persone e non di cose. Ed è possibile immaginare – sottolineate immaginare – un mondo del lavoro, dell’impresa, del sapere che “si propone l’obiettivo di produrre ricchezza non solo misurabile con i parametri del PIL, ma fatta di valori ambientali e sociali”. Non solo misure, indicatori, ma valori.

Lavoro: oggi è come uno specchio andato in frantumi. Noi, con quello specchio, guardavamo la realtà. Oggi è tutto spot televisivo, è tutto carosello pubblicitario. Non c’è mai la vita vera.

E la realtà bussa allo schermo televisivo, prova lo stesso ad irrompere nel salotto di casa nonostante l’arbitraria manipolazione sistematica messa in atto dall’informazione servile e prona al Capo Unico del panorama televisivo. Una realtà che non collima più, e forse non è mai coincisa, con le semplificazioni messe in opera per creare quel consenso fittizio, quello sì un mero fatto statistico, di cui la Destra si è servita per far proprio il plebiscito di tutti i giorni che sottende al vivere civile di una Nazione. Una realtà molteplice in cui non ci si può più nascondere. Occorre perciò ridare voce all’istanza di nuovi diritti che è stata strozzata e disconosciuta pur di fabbricare alleanze al centro dello schieramento politico: è possibile e necessario “poter parlare con la Chiesa del diritto di due persone dello stesso sesso di amarsi”.

Amici e amiche del Family Day, voglio chiedervi: ma cosa ha ferito la vostra vita, l’amore omosessuale o il liberismo, l’impoverimento, le politiche sociali che vi hanno abbandonato?

E quando afferma di non voler “nascondere la propria fede cristiana”, compie un salto quantico smaterializzando la sua diversità – l’orientamento sessuale – e tratteggiando sé medesimo come la pecorella smarrita che torna alla casa del Signore. E’ proprio sulla Croce che diviene quasi evangelico narrando della differenza fra i legni del potere (i manganelli) e del potere dei due legni (la croce). Io sono innamorato – dice Nichi – di quel Cristo che è morto sulla Croce. Contro quell’idea di cristianesimo e di Dio che fa guerre e stermini, che protegge i ricchi e dimentica i poveri. Invece quella croce racconta un’altra storia: una storia che mi incanta, che annuncia un Regno non attraverso i legni del potere ma attraverso il potere dei legni.

Due legni in croce, quattro chiodi e una corona di spine. Un capovolgimento straordinario di un’intera iconografia del potere.