Showbiz e le 5 Stelle

ImmaginePrendete due signore. Magari vostre conoscenze, oppure no. Le portate in piazza Montecitorio e dite loro di interpretare il ruolo delle passanti arrabbiate con la politica. Definite l’obbiettivo e glielo spiegate. Bisogna far vedere che la piazza è contro la scissione dei 5 Stelle. Nei pressi stazionano sempre le telecamere. E’ lo show businness della politica. Il circo mediatico. Ora, le due signore devono occupare il piccolo squarcio di realtà che la telecamera intercetta. Lo devono fare possibilmente impiegando i pochi istanti per veicolare un messaggio. Il messaggio è: bravi i 5 Stelle ‘fedeli alla Linea’ del duo Comico (Grillo-Casaleggio). Cattivi gli altri: i criticoni espulsi, e Civati. Lui, l’ispiratore, il cane da riporto di Bersani. Lui deve essere colpito sul voto di fiducia al governo Renzi. Pippo che non lascia il Pd per fare un nuovo partito (ma non erano tutti morti, i partiti? come si concilia l’odio verso il partitismo con questa ansia affinché Civati ne fondi uno tutto suo? non è forse irrazionale?) e che quindi, scanzianamente, non ha le palle. Una narrazione che piace ai duri e puri, diciamo. Ne fai un video, poi lo pubblichi sul web, cominciando dalla tua infrastruttura. Così accade. La sera del 5 Marzo, i tweet più popolari in materia erano questi tre, un indicatore del flusso che ha prodotto la notizia:

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Il video – scrivono su Il Fatto Q – è diventato virale in poche ore. Civati contestato da due donne. Te ne dovevi andare, dice quella più esagitata. Rivolta saggiamente verso la telecamera, poco prima che Civati venisse intervistato dai giornalisti, al momento più opportuno, ovvero all’apice rossiniano della sua filippica, lancia la velenosa insinuazione. Tu non ha le palle. Punto, set, partita.

Il video compare dopo poche ore sul sito del giornale di Padellaro. La donna con il cappello rosso diventa la “nuova Annarella”. Fantastico, questo popolo. Così espressivo, così immediato e informato e attento. E soprattutto arrabbiato. Un ritratto perfetto.

Peccato che, chi ha ideato la messinscena (sì, questa è pura mimesis), deve essersi trovato a corto di imitatori di passanti. E allora, il giorno dopo, quando c’era invece da far percepire il favore del popolo verso i 5 Stelle fedeli, viene ripresentata la stessa signora, Annarella bis, curandosi solo di cambiarle abito. Ma è sempre lei, ed è sempre lo stesso modus operandi: interruzione di una intervista, occupazione dell’inquadratura, mandando il messaggio richiesto. Il video, questa volta, fuoriesce dalla bolla consueta dell’area 5 Stelle e contamina niente meno che il sito de Il Corriere. Un altro punto a loro favore.

Il video de Il Corriere: http://video.corriere.it/d-inca-m5s-non-sono-espulsioni-ora-lascino-posto-ad-altri/bc641904-a537-11e3-8a4e-10b18d687a95

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Annarella bis ha il cappello blu. Cattura l’inquadratura del Corriere lanciandosi in una accorata difesa del capogruppo dei 5 Stelle alla Camera, D’Incà. Questa volta si dichiara elettrice del Movimento. E sul sito del Corriere viene definita sostenitrice dei 5 Stelle. “Al sig. Campanella e ai suoi alleati, volevo dire che se ne devono andare”, “siete la vergogna”, “traditori”, dice la signora rivolta agli espulsi a 5 Stelle. Non manca una stoccata a Civati: “i gongoloni facciamoli fare a Civati, a Renzi, a Letta che c’ha le palle d’acciaio”.

Stasera, il Fatto Tv ha rettificato con un filmato che evidenzia la strana compresenza della donna, come contestatrice di Civati, e come sostenitrice di D’incà. Basta questo aspetto per rendere manifesta la superficialità con la quale accettiamo un certo tipo di informazione, e come questa informazione sia subdolamente influenzata. Rappresentare un consenso/dissenso così viscerale, non equivalente alla realtà, è un sordido trucco da quattro soldi.

Lega Nord: verso l’epurazione del sindaco Tosi

Sì, le forze centrifughe interessano tutti i partiti, è vero. Il PD con Veltroni e i popolari, il PdL con i malpancisti o i frondisti guidati dal redivivo Scajola. Ma quanto si è consumato ieri a Varese, durante il consiglio provinciale della Lega Nord, segna un cambiamento storico: il punto di non ritorno per il Carroccio. Il Consiglio è stato oggetto di dure critiche, fischi diretti persino a Bossi. Si doveva eleggere il nuovo segretario provinciale ma la votazione non ha nemmeno avuto luogo. Maurilio Canton era l’unico candidato presente. Il candidato di Bossi. Stamane, di fronte alla sede della Lega a Varese, è stato appeso questo striscione:

ovvero, Canton segretario di chi? Di nessuno. Canton è sindaco di Cadrezzat e di sé ha detto: “Il mio nome era stato indicato da Bossi in persona” […] “è andato tutto come doveva andare, cioè bene: sono stato eletto per acclamazione come in passato è già avvenuto in altri congressi della Lega” […] “sì, c’è stato qualche problema con alcuni delegati, e venivamo da alcuni dissidi interni ma poi il presidente ha usato i suoi poteri: siccome ero l’unico candidato ha deciso l’elezione per acclamazione. Spetta a lui decidere come votare, mica ai delegati, il regolamento parla chiaro” (TMNews).

A margine del consiglio provinciale di Varese, la polemica con il sindaco di Verona Tosi continua. Dopo le censure ricevute dalla segreteria nazionale a fine settembre, oggi Francesco Speroni, il leghista dei trecento all’ora sull’Autobahn, ha affermato che Tosi è “fuori della linea del partito”, che sta “assumendo posizioni centraliste” e pertanto la sua posizione sarà oggetto di valutazione da parte di chi di dovere In altre parole, Tosi rischia l’epurazione così come tutti gli altri eretici che stanno su posizioni di contrappunto al ruolo della Lega nella dinamica berlusconiana.

Manovra, contestazione in aula alla Lega. E Paragone si defila

La giornata leghista, passata indenne per il momento dinanzi allo scoglio del diniego all’arresto di Milanese, è stata agitata da due episodi: una inedita contestazione in aula a Bossi e da due articoli di giornale aventi per protagonista Gianluigi Paragone, ex direttore de La Padania, giornalista e conduttore tv in quota ‘Carroccio’, candidato alla successione di Santoro nel giovedì sera di Raidue.

La contestazione a Bossi sarebbe stata ordita da ex onorevoli leghisti, scontenti per la guida pro PdL di Bossi e contrari ai tagli ai piccoli comuni e alle province contenuti nella manovra e nei progetti di leggi costituzionali. Gli ex deputati hanno esposto uno striscione con la scritta ‘basta’ e avrebbero intimato a Bossi di lasciare la guida del partito.

Invece Paragone ha espresso un dissenso inedito ed eretico, per un partito carismatico come quello della Lega. In un articolo su Libero, Paragone chiede al partito: “perché tappare la bocca a Tosi e Fontana”? Su Milanese la Lega farà fatica a spiegare ai suoi elettori le ragioni del voto contrario all’arresto. Difficile spiegare il fumus persecutionis‘.

Libero, 14/09/11, p. 1

Paragone ravvisa in questo aut-aut a Tosi – se manifesta contro il governo, è fuori dal partito – come un tradimento: “siamo sempre stati dalla parte dei sindaci”, scrive Paragone, poichè i sindaci sono i politici più vicini ai bisogni della gente. E’ legittimo contestare i tagli agli enti locali poiché essi significano meno servizi, quindi per i sindaci leghisti meno consenso. E dove lo va a trovare, la Lega, il consenso, se non sul famoso ‘territorio’ tanto ambito dal PD?

Libero, cit.

In una intervista a Il Secolo d’Italia, giornale ex An ora dei colonnelli del PdL, Paragone rivela di aver puntato tutto politciamente parlando “su Berlusconi e Bossi e di esserne rimasto deluso“. Finora, racconta, “ci ho sempre messo la faccia e li ho difesi pubblicamente”, “non voterei né PdL né Lega“, “per ora mi astengo”.  Di fatto un riposizionamento che in Rai è sempre cosa buona quando regna l’incertezza politica come in questo periodo. Si aggiunga un fatto, suggerito in un corsivo maligno alla fine dell’articolo: la Rai non ha promosso la trasmissione di Paragone in prima serata. Non l’hanno ritenuto idoneo. Che il ravvedimento cominci proprio da qui?

La risposta leghista alla contestazione: un sottosegretario alla montagna

Nel fenomeno trollistico del ferragosto leghista, spunta tale Erminio Boso, ex senatore leghista, oggi nella veste di pompiere della contestazione della base che si è svelata in tutto il suo dramma a Calalzo del Cadore, un tempo enclave leghista, il buen ritiro del cerchio magico.

A Calalzo, Bossi ha incontrato solo fischi e contestazione. Non ha potuto nemmeno fumarsi il suo sigaro in santa pace, pensate. E’ fuggito dicenco, “brutto, brutto”, come raccontano le dettagliate cronache dei giornali. Come reagisce la Lega alla rivolta della base? Con gli annunci:

Spunta l’idea di istituire un sottosegretario per i problemi montani

Calalzo: l’ex senatore Erminio Boso, della Lega, svela i progetti del Carroccio: “E’ prevista la nomina di un sottosegretario senza portafoglio”

Abbiamo parlato anche di questioni territoriali, ha rivelato Boso. Abbiamo dei progetti. Ovvero? Un nuovo sottosegretario per la Montagna.

[ridicolo]

Grillo in Romagna fra folla e contestazioni

Grillo a Codigoro (FE) - Estense.com

Il 5 Stelle si appresta a incamerare una valanga di voti fra l’Emilia e la Romagna. Lo testimoniano le piazze piene, la folla ai comizi. Ma non è tutto semplice per i grillini. A Ravenna, Samantha Comizzoli, ex grillina e contestatrice della prima ora del gruppo bolognese reo di essersi spartito le candidature alle regionali del 2010 – c’è un’ampia trattazione su questo blog – ha esposto uno striscione in Piazza del Popolo a Ravenna mentre parlava Grillo in persona. Grillo, l’ennesima fregatura confrontati, recava scritto. Un invito al dibattito a lungo disatteso dall’ex comico.

Samantha Comizzoli ha in risposta ricevuto da Grillo l’invito a buttarsi dalla finestra. Un’altra perla di political uncorrect che fa il paio con il “at salut, buson”, rivolto a Vendola. Per dire del degrado del lessico politico: c’è chi parla della sinistra che “non si lava”, c’è chi invita a buttarsi dalla finestra e dà del busone.

Si dirà, perché parlare della forma quando ciò che conta è la sostanza del discorso di Grillo? Risposta: perché la forma E’ sostanza. Non aggiungo altro. Se non, forza Samanta.

Sentite invece cosa è accaduto a Codigoro (Ferrara):

Alla troupe televisiva giunta da Ferrara per documentare l’evento, seguito in piazza da circa 400 persone, è stato fatto presente che le telecamere del service dovevano avere la precedenza, e che quindi nessun altro operatore video avrebbe potuto frapporsi fra Grillo e i loro obiettivi (“dobbiamo avere immagini pulite”, la motivazione); non solo, perché all’arrivo di Grillo ai bordi della piazza, al tentativo della troupe di Telestense di effettuare una breve intervista al comico, due individui si sono parati davanti alla videocamera della tv cercando di impedire le riprese, e questo per qualche minuto anche in seguito, quando Grillo era già salito sul piccolo palco allestito proprio di fronte alla sede del Municipio di Codigoro. Un episodio quantomeno spiacevole e scorretto, che arriva dopo il rifiuto dell’emittente all’acquisto delle immagini che sarebbero state prodotte dal service stesso (Estense.com).

Preparatevi all’ennesima collezione video dei discorsi di Grillo disponibile in CD, DVD, DVD Dual Layer, ecc. ecc. Come spettacolarizzare la politica: qualcosa già visto dalle parti di Arcore.

Vendola contestato a Mirafiori dai sindacalisti autonomi favorevoli a Marchionne. I punti negativi dell’accordo

FISMIC, si chiama. E’ un sindacato autonomo, fortissimo a Mirafiori, nato negli anni ’50 da una costola della CISL, in polemica sulla politica sindacale di allora, con “una diversa visione del modo di sviluppare la contrattazione e, quindi, di fare attività sindacale per meglio tutelare gli interessi e i diritti dei lavoratori” (FISMIC – sito ufficiale).

Mentre la CISL marciava a tappe forzate verso un modello contrattuale che aveva nel Contratto Nazionale di Lavoro il perno dell’azione sindacale, coloro che formavano il nucleo centrale di quella che sarebbe divenuta col tempo la FISMIC, affermavano che era la contrattazione in azienda il perno della contrattazione, vicino ai lavoratori e vicino al luogo dove si produce la ricchezza (FISMIC, ibidem).

FISMIC, diciamolo subito, ha firmato l’accordo-ricatto di Mirafiori. Perciò perché sorprendersi per la contestzione a Vendola? A Vendola, gli autonomi di FISMIC hanno gridato che il comunismo è morto. I manifestanti mostravano alle telecamere – naturalmente – copie di un articolo de Il Giornale in cui si accusava il governatore della Puglia di “fare come Marchionne”, e ciò la dice lunga sull’intenzione polemica e profondamente politica della loro iniziativa. La questione accordo non c’entra nulla. D’altronde, chi può credere a un articolo de Il Giornale?

E’possibile immaginare la tensione che c’è in queste ore fra i lavoratori: i capireparto sono intervenuti presso le maestranze per spiegare le ragioni del Si al referendum. FISMIC è molto forte in Fiat: insieme a Fim, Uilm e Uglm, rispettivamente le sigle dei metalmeccanici di CISL, UIL e UGL, rappresenta il 73% dei lavoratori. Mirafiori non voterà mai la sua condanna a morte. Ma certamente il successo prevedibile del sì non equivale a dire che questo tipo di relazioni sindacali, estorte con il ricatto e la complicita dei sindacati cooptati dall’azienda, siano un nuovo paradigma da estendere agli altri settori produttivi. In realtà le relazioni industriali ne escono a pezzi, come già era preventivabile anche solo osservando le dinamiche dei rinnovi contrattuali-salariali dell’ultimo decennio. L’azione di oggi di FISMIC non fa altro che confermare l’ambiguità di queste sigle sindacali. Non erano certo davanti ai cancelli per propagandare il sì, ma unicamente per contestare Vendola, il quale ha tutto il diritto di sostenere la parte che desidera e di accorrere dalla Puglia in suo sostegno. Ragion per cui è l’azione FISMIC ha tutta l’aria di essere una imboscata politica ordita da avversari di Vendola.

Detto ciò, sacrifici senza compartecipazione è una sconfitta per il sindacato, per tutto il sindacato, pure per FISMIC che negli anni ’50 già preconizzava la contrattazione di base come modello preminenete per le relazioni industriali. Oggi, 2001, FISMIC ha dimenticato i buoni propositi e si è resa corresponsabile di un accordo farsa in cui a prescindere dalla produttività dei lavoratori, si impongono obiettivi illogici e difficilmente irrealizzabili, come ad esempio la riduzione della percentuale di assenteismo dal 6% al 3.5% in tre anni. Il solo fatto di introdurre un indicatore collettivo su un comportamento individuale (essere assente dal lavoro per malattia) mette i lavoratori uno contro l’altro in una sorta di guerriglia quotidiana nella quale a essere pregiudicata sarà la qualità del lavoro nonché la qualità del prodotto. In secondo luogo, c’è la questione della rappresentanza:

Il nuovo accordo non prevede l’elezione dei delegati sindacali di fabbrica: i sindacati che firmeranno l’accordo potranno nominare dei rappresentanti aziendali. I sindacati che sciopereranno contro l’accordo potranno essere puniti con l’annullamento dei permessi sindacali. L’azienda non tratterrà le quote di iscrizione ai sindacati dalle buste paga: saranno i sindacati a raccoglierle. Tutti i lavoratori firmeranno personalmente il nuovo contratto: se poi sciopereranno contro l’accordo, potranno essere licenziati (Pagina Fb del Popolo Viola).

FISMIC ha discusso di tutto ciò con i lavoratori che rappresenta? Quale idea di rappresentanza ha FISMIC? Perché un lavoratore non può scegliere liberamente i propri rappresentanti in libere elezioni interne? Qaule incremento retributivo è stato raggiunto con questo accordo? I 32 euro mensili? E’ questo un prezzo congruo alla vendita dei diritti di rappresentanza? FISMIC, anziché sventolare fotocopie all’arrivo di Vendola, provi a fornire le risposte a queste domande, se ci riesce.

Festa PD: Bonanni contestato, “squadristi”. Ma è crisi delle relazioni industriali

Liberi fischi in libero Stato, scriveva ieri Travaglio nella sua striscia settimanale sul blog di Grillo. Ora dovrebbe coniare un altro detto, del tipo Libero Fumogeno in libero Stato. A questo si è giunti oggi alla Festa PD, durante il dibattito con Bonanni (CISL). La contestazione è scesa a livelli da stadio: c’è stata anche l’invasione di palco.

Bonanni è stato prima accolto dai centri sociali con da fischi, urla e lanci di banconote finte. Quindi, quando è stato raggiunto da un fumogeno che gli ha bruciato il giubbotto senza però ferirlo (La Repubblica.it).

Marchionne comanda e Bonanni obbedisce, uno degli slogan. Tanto per capirci: a ciò si arriva perché manca la politica. Federmeccanica disdetta il CCNL, la Fiom si oppone e minaccia il ricorso a vie legali. Dove è il governo in tutto questo? Le parti sociali hanno oramai aperto il conflitto, la concertazione è solo più un campo di cenere e non c’è più freno all’arroganza. Si potrà mai fermare questa discesa all’inferno del conflitto sociale? Sacconi ha diviso il sindacato. Berlusconi ancora dimentica di nominare il Ministro allo Sviluppo Economico. Il governo con la scadenza abbandona il paese; i lavoratori mai li ha presi in considerazione.

Ma ora gli effetti nefasti della globalizzazione hanno avviato l’Italia verso una infelice deindustrializzazione. Non c’è un solo settore dell’industria a essere salvato dalla concorrenza cinese, dell’est Europa o dell’America Latina. Per un imprenditore non c’è alcuna convenienza a produrre in Italia. Produrre qui da noi costa venti volte che in Cina o in Messico. La globalizzazione ha emesso una condanna per la nostra industria. O si cambia, o si chiude. Lo dicono in molti, anche fra i finiani: serve un nuovo patto fra Capitale e Lavoro. Non già a senso unico, sia chiaro. Il lavoro deve essere rispettato, concedendo aumenti salariali e ribadendo la necessità di combattere la precarietà. Eppure, per poter essere competitivi, le relazioni industriali devono rinnovarsi. A cominciare dalle forme contrattuali, i cui rinnovi costano troppo in termini di contrattazione e ore di sciopero. Aprire le Assise del Lavoro sarebbe una buona idea. Discutere del lavoro è necessario e urgente.

Ecco perciò che un sindacato asservito al governo, come sembra essere quello guidato da Bonanni, non serve a nulla. Bonanni oggi è vittima di un’aggressione verbale. Però è anche arteficie di questa situazione di blocco: lui e Angeletti hanno rotto con CGIL; loro hanno permesso la creazione di un ghetto per il sindacato di sinistra. Un ghetto nel quale rimane ancor più isolata la FIOM. Anziché creare i presupposti di un dialogo che comprendesse anche Epifani e Landini, hanno lavorato per delegittimarli. Questa è la loro grave colpa.

Oggi viene facile gridare ‘squadristi’ a coloro che danno alla loro protesta la forma poco democratica della rivolta. La rivolta è ciò che serve per uscire dai ghetti, se lo ricordino. Invece, a questo paese, servono dialogo e democrazia, a cominciare dalle relazioni industriali. Certamente, al governo non ci tengono a dare il buon esempio. Prendete ad esempio le dichiarazioni di oggi di Bossi a margine della condizione di quasi crisi di governo:

Governo: Bossi, se tecnico portiamo dieci milioni di persone a Roma

Fini: Bossi, ognuno si fa uccidere dall’elettorato come vuole

Ecco, questo lessico trasuda violenza e conflitto. E generalmente il lessico è una anticipazione dell’agire collettivo. Se il lessico politico si fa violento, allora, prima o poi, quella violenza verbale si farà atto compiuto. La storia recente ce lo ha insegnato. Tenete presente ciò che accadde negli anni ’70 in questo paese.

Per concludere, il premio dell’Incoerenza è assegnato a Antonio di Pietro, prima difensore del diritto di fischiare Schifani e ora…

BONANNI CONTESTATO: DI PIETRO, VIOLENZA DANNEGGIA DEMOCRAZIA

IDV, se ne va anche Pino Arlacchi

Continua la diaspora da Italia dei Valori, il partito di Antonio Di Pietro. L’accusa è sempre la stessa: autoritarismo, ma anche collateralismo con la criminalità a livello locale. L’ultimo a sbattere la porta è stato il sociologo Pino Arlacchi, europarlamentare, facente parte di quel gruppetto sparuto di rappresentanti IDV a Strasburgo (era in buona compagnia, Arlacchi: con lui anche De Magistris e Sonia Alfano).

Lui se ne è andato lamentando la mancanza di dialettica interna (bè, il cesarismo non è solo tipico del berlusconismo…), addirittura di regole democratiche. Una decisione, quella di Arlacchi di autosospendersi dal partito, maturata dopo la contestazione dei grillini a Schifani alla Festa Democratica di Torino:

Sono lontano anni luce da Renato Schifani, mi batto da una vita contro gli ambienti geopolitici da cui proviene il presidente del Senato. Non l’avrei invitato a nessun dibattito, inutile dirlo. Però – e qui è il punto – fino a che non ci saranno prove certe emerse da procedure democratiche e nel pieno rispetto dei suoi diritti costituzionali, Schifani non può essere etichettato e additato al pubblico ludibrio come mafioso e non può essere né insultato né zittito. Se si trova in un’occasione pubblica ha il diritto di parlare. Vale per qualunque cittadino. Chi ignora queste cose, distrugge la credibilità di ogni lotta per la legalità (Pino Arlacchi blog).

Arlacchi sostiene che questa è una antimafia intollerante e demagogica, estranea al movimento storico nato negli anni ’40 e divenuto di massa nei ’90: “È sempre stato un movimento democratico guidato da persone illuminate che hanno saputo incanalare la giusta incazzatura della gente nell’alveo democratico”. Quindi Di Pietro sbaglia a inseguire Grillo su questo terreno. Così IDV rinuncia alla propria responsabilità nella educazione politica. Arlacchi ha anche accusato Di Pietro di aver fatto spallucce riguardo alla sua denuncia di degenerazioni di IDV in provincia di Caserta: qui, il partito è “nelle mani dell’onorevole Porfidia che è inquisito per fatti di camorra”. Un partito non può predicare bene e razzolare male, ha detto Arlacchi. Il quale riferisce la risposta di Di Pietro alle sue sollecitazioni: “bisogna stare tutti insieme e volersi bene”.

La posizione di Arlacchi può sembrare coerente. Poi si leggono alcune sue dichiarazioni su Scopelliti, e improvvisamente un sospetto adombra la sua figura integerrima:

Poi Arlacchi parla del caso Reggio. «Sono contento che a Reggio le istituzioni si muovano bene contro la ‘ndrangheta. Finalmente dopo anni di scarso impegno abbiamo un sistema della magistratura e degli apparati investigativi che stanno ottenendo degli ottimi risultati nella lotta contro le cosche». L’europarlamentare parla anche della Regione: «Sono contento nel vedere che l’esordio del presidente Scopelliti sia incoraggiante e positivo con la pulizia e la razionalizzazione della sanità che lui sta avviando, dove si scontra con decenni di lassismo e corruzione. Razionalizzare la sanità in Calabria vuol dire colpire interessi mafiosi e para-mafiosi, certe volte peggiori della stessa ‘ndrangheta e se Scopelliti si muove in questa direzione con coraggio e determinazione è un fatto inedito e incoraggiante. Preferisco vedere questi segni nella mia regione» (Adriano Mollo, Il Quotidiano, 7/9/2010).

Che IDv abbia zone – soprattutto localmente – paludose e insidiate da personaggi ambigui è vero. E’ pure vero che IDV e Di Pietro hanno rinunciato a darsi regole democratiche e ad uscire dalla dimensione personalistica e patrimonialistica che il partito possiede sin dalle origini. Eppure questa apertura di Arlacchi a Scopelliti sorprende e lascia esterrefatti: già, potrebbe anche essere ora di rientrare da Strasburgo, per il sociologo, e compiere la trasmigrazione verso il PdL in vista delle elezioni anticipate. Peccato. Spero di sbagliarmi.

Giglioli (Popolo Viola): sono riusciti a cambiarci

A margine di quanto detto pocanzi sulla contestazione a Schifani – il dibattito politico ridotto a guerra fra guelfi e ghibellini, dove lo spargimento di sangue (metaforico) è l’apice – interviene Alessandro Giglioli, uno degli ispiratori del Popolo Viola, con un post fortemente critico e dal tono tristemente amaro: sì, ci hanno cambiati, sono riusciti a farlo, dice Giglioli. Perché il Popolo Viola è o dovrebbe essere un movimento che vorrebbe riportare la politica al centro e mandare a casa chi occupa abusivamente con il proprio interesse particolare la sfera pubblica dell’interesse generale. E invece no, il Popolo Viola, nella sua manifestazione odierna a Torino alla festa PD, è degenerato a gruppo di facinorosi ultras che lancia epiteti contro un presidente del Senato chiaramente impresentabile, ma tutto sommato ancora persona libera. Il dibattito fra esponenti politici contrapposti, alle festa dell’Unità, c’è sempre stato: la guerra civile era uno spettro lontano nelle memorie ed era normale potersi confrontare nell’alveo di regole democratiche condivise:

A un certo punto tutto questo è saltato. Perché il potere politico e la gran parte di quello mediatico sono stati ingoiati da un avido gruppo di interessi a cui della Costituzione non fregava proprio nulla. Anzi, cercava (cerca) di liberarsene, se ne fa beffe e produce leggi dello Stato sapendo benissimo che sono incostituzionali, ma intanto salvano la ghirba al capo. Un gruppo di interessi che se ha un avversario non lo invita alle sue feste: lo consegna ai dossieratori di Feltri, lo fa pedinare dalle telecamere delle sue tivù, lo fa seguire dalle sue barbe finte a pagamento. Un gruppo di interessi che se perde le elezioni non riconosce la vittoria dell’avversario. Un gruppo di interessi che perfino i suoi ex alleati definiscono «rancido, servile e popolato di scagnozzi» al soldo del capo (Piovono Rane).

Il coppia antinomica “amico/nemico” è la base per trasformare la sfera politica nella sfera della guerra civile, della violenza a priori sull’altro che è diverso da te e non la pensa come te o non fa parte della tua famiglia, o del tuo rango sociale. La sfera pubblica resa privata è luogo di conflitto, perciò di divisione. E nella divisione non vi è più nulla di condiviso, se non la volontà di sopraffare l’altro.

Mi piace questo? No, mi fa schifo. Al contrario di Beppe Grillo, io non gioisco affatto per quello che è accaduto a Milano. Perché con Grillo stasera stanno festeggiando anche Feltri, Schifani, Previti, Dell’Utri e sicuramente lo stesso Boss che li stipendia. E perché – di nuovo – voglio vivere in una democrazia dove ci sono due o più schieramenti civili che sanno darsela di santa ragione con le idee, non con i dossier della maggioranza a cui si contrappongono le vuvuzele dell’opposizione. Ma pare che questo oggi in Italia non sia più possibile. A questo ci hanno ridotto quindici anni di berlusconismo (Piovono Rane, cit.).

Proprio il berlusconismo costringe a prender parte, a prendere le armi contro l’abusivismo del suo profeta. Ma ciò significa intrinsecamente accettare la logica amico/nemico, ed è la fine della politica e l’inizio della guerra, poiché non esiste più alcuna volontà generale.

E invece, per Tony Blair, fischi da primo posto in classifica

Tony Blair come Dell’Utri? Bè, no: lui (Blair) è primo nella classifica di vendita libri in Inghilterra. E poi all’ex icona del riformismo europeo hanno lanciato uova e scarpe. A Dell’Utri niente. Blair è stato chiamato ‘criminale di guerra’ (per le guerre imperialiste dell’Afghanistan e dell’Iraq). Dell’Utri e Schifani hanno ricevuto un mesto ‘mafioso!’. Pensate invece a Gordon Brown (il successore di Blair alla guida del Labour Party): il suo libro non vende una copia e non è neppure mai stato contestato. C’è da giurarci che possa passeggiare liberamente per Londra senza che nessuno lo riconosca.

Volano i fischi alla festa del PD, vittime Schifani e Marini

Ieri Marini. Oggi Schifani. Se la platea della Festa Democratica Nazionale in svolgimento a Torino è sufficientemente rappresentativa degli umori dell’elettorato del PD, c’è poco da ridere. La base non è arrabbiata, è incazzata (perdonate il linguaggio poco ortodosso).

Capitolo Marini: tutto ha inizio con il botta e risposta con Di Pietro su Dell’Utri fischiato a Como.

“Dell’Utri -sottolinea Marini- ha un problema giudiziario aperto due giudizi ci sono gia’ stati, deve arrivare il terzo, quindi chi decide per lui e’ la magistratura. I politici nelle piazze vanno, vengono fischiati e prendono applausi e devono stare al gioco. Sbagliato e’ dire a uno di destra, di sinistra o che sta inguaiato con la magistratura ‘tu in piazza non ci devi piu’ andare’. Questa e’ una cosa che un partito riformista che vuole andare al governo non puo’ dire. Io ricordo -prosegue- nel ’70 quando si diceva anche a Torino i sindacati non li vogliamo in piazza, questo non si puo’ accettare, non aiuta e non fa diventare maggioranza” (Libero-news).

Naturalmente Di Pietro ha ribadito la propria posizione, ovvero che Dell’Utri deve essere zittito ovunque vada: tu metti sullo stesso piano i sindacati e Dell’Utri, gli ha risposto. Ed è il boato della platea che seguita a prender di mira Marini quando egli espone il progetto del Nuovo Ulivo, aperto a destra (non a sinistra, verso Vendola), aperto all’UDC. Viene da domandarsi se alla festa del PD ci siano tutti – ma proprio tutti – quegli elettori che votarono Bersani alle primarie dello scorso anno: che forse non lo sapevano che il progetto d’alemiano-bersaniano era quello di un’alleanza con Casini? Strano modo di scegliere i propri leader, il non sapere minimamente chee progetto politico portano in dote.

Oggi è toccato a Schifani, ma la contestazione, in questo caso, ha preso una forma diversa. Guardate:

un gruppo di persone, ai margini del palco, ha gridato contro il Presidente del Senato, ma è intervenuta la Polizia e ci sono stati spintoni e prese per i capelli e braccia levate. Opera del Popolo Viola e Grillini, secondo SKYTG24. Ma anche secondo Libero:

Il Popolo Viola e il movimento dei grillini si erano dati appuntamento tramite Facebook alla Festa del Pd di Torino. Obiettivo del raduno: contestare il presidente del Senato, Renato Schifani, atteso in piazza Castello per un dibattito con Fassino, e criticarlo in particolare “sulle sue posizioni sulla mafia vicine a Berlusconi” […] Viola e grillini delusi protestano da dietro le transenne. Urli, fischi e insulti un po’ per tutti: “E’ scandaloso che alla festa di un partito che si definisce democratico – spiega Simonetta, una delle manifestanti – ci lascino fuori. Noi vogliamo semplicemente entrare ed ascoltare e fare delle domande a Schifani sull’attuale situazione politica italiana (Libero-News).

Insomma, la politica italiana si sta trasformando in un tutti contro tutti. E sempre e comunque, la critica diventa insulto, fischio, si trasforma in violenza e privazione, in divisione e denigrazione. Anziché essere il luogo della discussione, la politica diventa lo spazio del conflitto. Conflitto interno alla maggioranza (Berlusconi-Fini), conflitto fra maggioranza e opposizione (Bersani-Berlusconi), conflitto fra le opposizioni (Marini-Di Pietro), conflitto fra le opposizioni (PD-Grillini, Popolo Viola). E se ci pensate bene, il conflitto è sempre implicito alla critica se la politica è intesa come la lotta fra amico e nemico. Una sfera politica, la nostra, ancora affetta da ciò che resta dell’ideologismo in un’epoca in cui l’ideologismo è morto e sepolto, e per questo è arretrata e soffocata nella guerra di bande di privati che lottano per far prevalere il proprio interesse particolare. Al punto che  la volontà generale è sempre più spinta al di fuori di essa, camuffata abilmente mediante la propaganda con l’interesse di uno solo.

Ma l’ipocrisia del potere è tale che l’unica possibilità rimasta per manifestare la propria opinione è l’urlo. Cosa resta della politica in questo paesaggio di rottami post-ideologici? La politica è corruttela, è collusione. L’Italia permette che sullo scranno più alto del Senato sieda un possibile probabile colluso con la Mafia. Un presidente del Consiglio, che in altri paesi sarebbe già condannato per corruzione, fa di tutto per stravolgere l’ordinamento giudiziario e così salvarsi dal giudizio di condanna. L’opposizione organizza teatrini insieme a quel presidente del Senato, appunto sospettato di Mafia, e spiega al proprio elettorato che si deve avere rispetto per la figura istituzionale che esso rappresenta. Di fronte a tutto ciò, di fronte al disfacimento dell’ordine, non solo democratico ma anche valoriale, all’individuo non resta che gridare. Ciò hanno fatto oggi alcuni di essi. Ciò faranno domani, altrove. Finché non basteranno nemmeno più le grida, e allora si sarà già valicato il confine del conflitto civile.

Aggiornamento ore 20.15:

Ame pare un poco modificata, la realtà proposta da Il Fatto Quotidiano. Se Marini è fischiato dal pubblico del PD, Schifani è stato contestato in maniera organizzata da gruppi ben definiti e particolari, soprattutto esterni al PD. E invece loro scrivono ‘rivolta del pubblico ‘. A me pare sbagliato. La base del PD certo non si sarà spellata le mani, e magari avrebbe potuto liberamente fischiare Schifani, senza organizzatori di sorta. Invece, no. Forse che Il Fatto è l’organo di stampa di Grillo? Di fatto, con lo stratagemma di fischiare Schifani mentre siede accanto a Fassino, lo si è spinto nelle braccia del PD, poi, al momento giusto, ecco pronto il titolo che immortala l’abbraccio della vergogna. Il PD sceglie Schifani è un titolo sbagliato (e maligno e furbetto e falloso). Soprattutto perché il PD non finisce con Fassino. E nemmeno comincia.

Generazione Italia accusa la ministra Brambilla: è il putiferio nel PdL

Il simbolo del PdL sfregiato da una Stella Rossa con tanto di Falce e Martello (o viceversa?); l’accusa di organizzare gite di berluscones in quel di Mirabello in occasione dell’attesissimo comizio di Gianfranco Fini; Michela Brambilla è finita nel mirino della critica di Generazione Italia per presunto boicottaggio:

Stamane riceviamo una telefonata: un nostro amico napoletano ci informa che è stato contattato da un consigliere provinciale del Pdl che gli ha fatto una richiesta particolare. “Stiamo organizzando con la Brambilla una contestazione a Fini quando parlerà a Mirabello. Riesci a riempirmi un pullman? E’ tutto a spese del partito”. Gli daranno anche il panino, in puro stile CGIL. E magari anche un libretto rosso con tutte le istruzioni per contestare il nemico del popolo (Gli squadristi della “libertà” preparano la contestazione a Fini | Generazione Italia).

Li chiamano squadristi della libertà e gli affibbiano una stella rossa. Gli scissionisti finiani hanno il dente avvelenato e attaccano a muso duro. E certamente, dopo quello che è accaduto ieri l’altro a Como a Marcello Dell’Utri, non sia mai che i fedelissimi di Silvio invochino il diritto di critica, proprio loro che intendono la critica come tradimento. I finiani, ricevuta la soffiata da “un amico napoletano”, pubblicano tutto sul web, scatenando l’ira della Brambilla, la quale ha minacciato querele contro l’anonimo scrittore e anche contro chi diffonde le accuse:

“Simili meschini attacchi testimoniano solo la pochezza e la scarsita’ di contenuti politici di chi li compie” […] Brambilla fa sapere che querelera’ “chi ha formulato tali contenuti diffamatori e di
chi eventualmente ne dara’ diffusione” (AGI News On – FLI: BRAMBILLA QUERELA GENERAZIONE ITALIA; ATTACCHI MESCHINI).

Trattasi di evidenti tentativi diffamatori, tuona la rossa del PdL, volti a screditare il suo operato istituzionale. Poi avverte, quasi tradendosi:

Quanto accaduto oggi mi pare, semmai, un palese tentativo di mettere le mani avanti, creando un alibi con il quale giustificare le contestazioni che, evidentemente, gli esponenti finiani si aspettano di ricevere a Mirabello da parte dei tanti militanti dell’ex An che ben si sono guardati dal seguire le loro posizioni (AGI News On, cit.).

Gli esponenti finiani si aspettano contestazioni? Che provengano da ex militanti di An piuttosto che dagli ex alleati del PdL, imbarcati con tanto di biglietto gratuito sui pullman per Mirabello, nel ferrarese, in ogni caso trattasi di manifestazione organizzata. E gli ex An sono forse quel gruppuscolo agli ordini di Storace? Gli stessi che querelano Fini per la casa a Montecarlo? Bè, in quanto a organizzazione della macchina della propaganda, la Brambilla ne dovrebbe sapere qualcosa – ricordate la Tv del Popolo della Libertà? E i circoli? Ogni qualvolta c’è da mobilitare la base, c’è di mezzo lei. Ricordate la claque all’assemblea di Confindustria nel 2006?

In serata, Italo Bocchino, intervistato dal tg di Mentana su La7, ha avvertito che ci sono testimoni pronti a ribadire quanto riportato dalla redazione di Generazione Italia. Che la Brambilla è libera di querelare: soltanto alla prova dei fatti si saprà chi ha ragione. Che dire? Il discorso di domenica di Fini aprirà l’autunno caldo. Che la crisi cominci.

PS: Mini-Sondaggio: è la stella rossa a sfregiare il simbolo del PdL o viceversa? Dì la tua…

Sitografia

Dell’Utri contestato, ricorda Craxi

Dell’Utri zittito a Parolario, alla presentazione dei Diari del Duce: ricorda una più famosa contestazione, quella avvenuta nel 1993 ai danni di Bettino Craxi, all’apice dell’inchiesta Tangentopoli, davanti all’Hotel Raphael a Roma. Giudicate voi stessi il parallelismo:

D’altronde ogni Repubblica che finisce vuole il suo martire di paizza:

Prima un ladro, ora un mafioso. In un gioco di specchi e di rimandi beffardi: viene da credere che siamo alla fine di un ciclo, o all’inizio della fine di un ciclo. Allora si disse che la manifestazione fu organizzata dai centri sociali; oggi per mezzo del social network per eccellenza, ovvero Facebook. Cambiano i tempi, non le piazze.

Ghedini scappa dinanzi al pericolo Popolo Viola. E domani Festaprotesta davanti a Montecitorio

Facebook | FESTAPROTESTA.

Questo il video che racconta la fuga di Ghedini dalla furente contestazione di Popolo Viola e Terremotati de L’Aquila in protesta contro l’affaire Protezione civile-Bertolaso:

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A L’Aquila le macerie sono lì dove sono state lasciate dal terremoto. Nessuno, finora, ha provveduto a rendere agibili le strade del centro della città. Ridevano, al telefono, prefigurando il businness delle nuove costruzioni. La Protezione non sarà una Spa, sebbene lo sia stata per mesi, illegalmente. Inseguire Ghedini in libreria è finanche una gentilezza: ora avrà da leggere qualcosa di interessante. Aiutiamo Ghedini a farsi una cultura.

“Dimissioni, dimissioni”. Anche il popolo viola si ritrova davanti a Montecitorio per protestare contro il decreto Bertolaso, ma soprattutto per ricordare l’appuntamento del 27 febbraio in Piazza del Popolo contro il legittimo impedimento.
All’improvviso, proprio davanti al camper dove Antonio Di Pietro e Massimo Donadi hanno appena ricevuto la loro patente a punti viola (ogni volta che non si partecipa al voto sul tema viene decurtato il bonus iniziale), passa serafico l’onorevole Ghedini con il suo sorriso d’ordinanza.
Gli attivisti colgono al volo l’opportunità di chiarire il messaggio sfoderando il classico striscione: ‘Legittimo un cazzo’, riferito all’impedimento. L’avvocato mantiene l’aplomb e procede spedito, poi però rallenta per guardare in faccia i manifestanti, e quelli cantano più forte. L’onorevole decide quindi di riparare all’interno della libreria Arion insieme alla scorta.
Gira tra i volumi, sceglie e paga due Grisham: trentasei euro con lo sconto parlamentari. Fuori i contestatori non mollano. Ci sono anche i comitati campani anti-inceneritore: “Siete la monnezza della politica! Andatevene a casa”.
Arriva la Polizia. Giulia Bongiorno, a fianco del collega, suggerisce una soluzione strategica: non c’è un’altra uscita? Il direttore del negozio scatta e guida il gruppetto giù per la scala di servizio, mentre fuori le gente continua col megafono a suon di “Ladri, a casa”. Ma qualcuno s’accorge della fuga sotterranea: “Se n’è andato, dal retro. Non tengono vergogna questi”.

Più che la mafia, Berlusconi combatte l’immigrato. A Reggio Calabria nuova contestazione.

Gli immigrati non servono se non a serrare le fila della criminalità. Questa la pronta equazione che sovviene alla mente sentondo Berlusconi parlare dei nuovi provvedimenti anticriminalità, annunciata oggi con il CDM in trasferta a Reggio Calabria.
Il nucleo del discorso risiede in quella frase, che di botto ci offre la fotografia esatta della considerazione governativa dei fatti di Rosarno. Colpa dell’immigrazione clandestina, colpa dell’immigrato irregolare, dell’extracomunitario, che affronta viaggi della disperazione per raccogliere arance per un euro l’ora, se a Rosarno si sfrutta la manodopera irregolare. Se non ci fossero clandestini, disposti a lavorare nei campi per paghe da fame, non ci sarebbero sfruttatori. E’ una logica presa in prestito dal Ministro dell’Interno? Loro pontificano, parlano di lotta alla criminalità, quando i provvedimenti annunciati a Reggio Calabria sono gli stessi descritti mesi orsono: Agenzia nazionale per i beni sequestrati, ri-sequestro dei beni se il mafioso li ricompra, divieto di fiction sulla mafia (meglio che non se ne parli, secondo una logica ancora e sempre omertosa – la mafia? la mafia non esiste, nemmeno a Milano). Una vera e propria “stretta” contro la criminalità organizzata. Così certamente finirà il conflitto Stato-ndrangheta, poiché l’ndrangheta diverrà Stato. E con un tempismo perfetto, al Senato decidono per lo stralcio della norma, contenuta in una legge delega, che serviva a favorire l’emersione dell’immigrato clandestino dal limbo dello sfruttamento attraverso l’assegnazione di permessi di soggiorno temporanei. Ancora schiavitù della maggioranza, che svolge il compito attribuitogli dal governo senza fare una piega. Quanto durerà ancora questo penoso parlamento?
Intanto però a Reggio Calabria si fa nuovamente sentire la contestazione:

così hanno accolto i Ministri in pullman:

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(fonte Il Popolo Viola, gruppo su Fb)

    • Reggio Calabria, 28 gen. – Una piccola contestazione ha accolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, questo pomeriggio, davanti alla sede del nuovo sistema di gestione delle risorse idriche della citta’ di Reggio Calabria, da lui inaugurata. I contestatori erano una decina di giovani di diverse associazioni cittadine che hanno accolto il Premier con uno striscione sul quale si leggeva: “tessera P2 numero 1816″. La contestazione si e’ ripetuta quando il Presidente ha lasciato la struttura. I giovani hanno scandito slogan antigovernativi.
    • Stop alle norme contro chi fa lavorare immigrati clandestini. L’aula del Senato decide lo stralcio dell’articolo 48 del disegno di legge comunitaria che prevedeva una delega al governo per l’attuazione di una direttiva europea sull’emersione del lavoro nero, comprese sanzioni per i datori di lavoro che impiegano cittadini extracomunitari irregolari.
    • permesso di soggiorno temporaneo per i lavoratori extracomunitari che avessero denunciato alle autorità competenti la loro posizione irregolare e la non applicazione delle sanzioni per i datori di lavoro che, autodenunciandosi, avessero regolarizzato i dipendenti stranieri irregolari
    • Abbiamo fatto un grande lavoro per riassettare tutti gli impianti legislativi. Abbiamo dato il via libera al piano, c’è un codice delle leggi antimafia per favorire una maggiore attività di contrasto
    • la riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali
    • stop alle fiction sulla mafia e lanciando una frecciata ai media: “Questa è l’Italia vera, diversa da quella descritta dai mezzi di informazione”
    • “Per battere la mafia bisogna aggredire il patrimonio mafioso. Metteremo questo obiettivo al centro dell’attività di contrasto. E se i mafiosi ricomprano i beni, noi li risequestriamo un’altra volta”
    • istituisce l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati che si insedierà “entro 15 giorni”
    • “I risultati sui nostri contrasti all’immigrazione clandestina sono molto positivi”
    • “riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali”
    • il governo metterà in atto “un’azione molto forte” sulla Ue che deve farsi carico” dei costi della vigilanza che i paesi costieri sopportano”

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