Attacco al Consolato USA: in Libia è caccia all’uomo

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Secondo il Tripoli Post, le forze di sorveglianza degli Stati Uniti avrebbero individuato e accerchiato cinque uomini ritenuti responsabili dell’attacco al Consolato americano di Bengasi, lo scorso 11 Settembre, durante il quale morirono l’ambasciatore Usa in Libia, Christopher Stevens, due marines e un funzionario. L’uccisione di Stevens è stata oggetto di un lungo dibattimento negli USA tanto da suggerire certi ambiti della stampa a considerare responsabili di mancata sorveglianza e prevenzione sia il servizio segreto che le forze armate. Dopo pochi mesi dall’attacco, il capo della CIA, il Generale David Petraeus, finito sulle prime pagine dei giornali per uno scandalo sessuale, è costretto a dimettersi. Petraeus è stato deposto con l’onta della vergogna e del pubblico ludibrio. Ma è fin troppo chiaro che la sua vera colpa era la ‘disattenzione’ verso la polveriera libica. Colpa che alcuni osservatori – e forse anche il presidente Barack Obama – ritengono sia condivisa con l’ex Segretario di Stato, Hillary Clinton, la quale ha la responsabilità di aver subito la politica estera francese, specie dell’irriverente Sarkozy, l’ispiratore della guerra che ha rovesciato il regime di Muhammar Gheddafi.

Dalla fine del conflitto, la Libia è scivolata lentamente nel caos e nell’anarchia. Il governo in carica è troppo debole e non riesce a controllare le frontiere del paese, un vero colabrodo intorno al quale operano bande di tutte le etnie, specie dei berberi, impegnati a far uscire dal paese quantità imprecisate di armi provenienti dagli arsenali del regime deposto. Armi libiche sono finite in Mali, nel Sahel ed hanno contribuito a incendiare la rivolta Tuareg del 2012, poi tramutatasi in occupazioni e scorrerie dei nuclei terroristi ruotanti intorno alle sigle di Al Qaeda nel Maghreb islamico e di Ansar el Dine. Un altro flusso di armi passa attraverso l’Egitto e conclude il suo corso in Siria ad alimentare la guerra degli Islamisti contro il despota Assad.

Ieri il Consiglio Europeo, nell’ambito delle politiche comunitarie della PESD, ha deciso di inviare una missione civile che avrà il compito di aiutare la Libia a controllare meglio le frontiere terrestri, marittime ed aeree. La missione è stata denominata Eubam Libia (European Union Border Assistance Mission, letteralmente Missione dell’Unione Europea di Assistenza ai Confini). L’invio degli esperti UE avrà inizio a giugno. La missione Eubam ha un mandato iniziale di due anni, potrà contare su uno staff di 100 funzionari a pieno regime e su un budget annuo di 30 milioni di euro. Tutto ciò è avvenuto qualche giorno dopo lo spostamento di truppe americane da Stoccarda a Sigonella nell’ambito delle attività di Africom (US Africa Command). Il numero dei marines presenti su territorio libico non è chiaro: alcuni sarebbero disposti a protezione dell’Ambasciata, a Tripoli; altri contingenti sarebbero dislocati in prossimità degli impianti petroliferi delle multinazionali anglo-francesi nel distretto di Bengasi.

A Tripoli, il partito dei Fratelli Musulmani sta cercando di prendere il sopravvento sulle altre organizzazioni politiche, in particolar modo verso i leader della rivolta del 2012, alcuni dei quali hanno avuto ruoli nel regime di Gheddafi, come Mahmud Jibril, che ha ricoperto la carica pubblica di Presidente dell’Ufficio per lo Sviluppo economico nazionale fino all’inizio del 2011, ora leader di AFN, l’Alleanza delle Forze Nazionali, coalizione elettorale per raccogliere circa sessanta movimenti politici libici di ispirazione moderata e favorevoli ad un sistema politico democratico. I Fratelli Musulmani hanno invece cercato di far approvare una legge che impedirebbe ai funzionari che avevano operato con Gheddafi di lavorare nel governo.

Ma mentre la politica deve ancora fare i conti con il passato, il paese è scosso dalle prepotenze delle milizie, gruppi armati di ex combattenti del tutto fuori controllo.

“Il 10 aprile numerosi miliziani hanno assaltato una manifestazione anti-islamista nella capitale della nazione colpendo i manifestanti. Militanti di Misurata, Suq al-Juma e Tajura hanno circondato il ministero degli Esteri per impedire al personale di entrarvi […] Hanno anche bloccato le strade intorno agli edifici con veicoli armati di cannoni antiaerei (Andrej Akulov – Strategic Culture Foundation).

Poche ore prima dell’annuncio della missione Eubam, il ministro dell’Interno libico Achour Chouyil ha rassegnato le sue dimissioni nelle mani del primo ministro liberale Ali Zeidan. Le motivazioni della decisione sono ufficialmente personali, ma alla base ci sarebbe il fallimento dell’azione per neutralizzare le formazioni terroristiche che agiscono in Libia (ANSA). La situazione delle strade è di continua protesta. Dal 10 Maggio si susseguono gli scontri, specie a Tripoli. I Fratelli Musulmani, circa dieci giorni fa, sono riusciti a far approvare la legge dell’ostracismo verso gli ex del regime ma vengono a loro volta accusati di prendere ordini da altri paesi. E’ chiaro il riferimento all’Egitto di Mohamed Morsi.

Il gruppo libico dei Fratelli Musulmani ha dovuto fortemente negare in pubblico di aver ricevuto istruzioni e supporto da fuori Libia, in particolare dai Fratelli Musulmani in Egitto. Il gruppo ha tenuto una conferenza stampa il Mercoledì sera finalizzata a “stabilire migliori rapporti con i media e spiegare la propria posizione in merito alle attuali sviluppi politici”. Il Presidente del Consiglio della Shura dei Fratelli Musulmani in Libia, Abdulatif Karmous, ha respinto recenti notizie di stampa secondo le quali il suo gruppo sta ricevendo finanziamenti dall’organizzazione gemella in Egitto. Da parte sua, il Vice Presidente dei Fratelli Musulmani, Belghasem Shewa, ha invitato la stampa a riferire sempre “la verità”, che naturalmente sarebbe solo la sua.

I Fratelli Musulmani libici si trovano ad affrontare le critiche di un numero sempre crescente di libici che temono che il gruppo, il più politicamente organizzato nel paese, stia cercando di acquisire un potere politico più grande di quello che è realmente, manipolando sistematicamente l’assegnazione degli uffici governativi e delle nomine delle autorità, tutte orientate ai loro membri. Ultimamente alcuni dei membri del gruppo sono accusati di essere poco trasparente e immorali come il gruppo cerca di immaginare i suoi seguaci (The Tripoli Post).

Gli Stati Uniti sono molto preoccupati per l’instabilità politica nel paese, il quale potrebbe addirittura conoscere una secessione fra la Tripolitania e la Cirenaica, dove è più sviluppata la tradizione liberale e soprattutto dove si concentrano i giacimenti petroliferi delle multinazionali anglo-francesi. Obama ha di recente cercato una sponda in Italia. L’interesse del Presidente americano era chiaramente volto alla decisione che il governo Letta, per tramite del proprio ministro della Difesa, avrebbe preso in ambito di Pesd. L’appoggio dell’Italia è vitale per Obama al fine di orientare l’Unione Europea, soggiogata dal dominus tedesco, ad alimentare le politiche di cooperazione con il debole governo libico. La decisione dell’avvio della missione Eubam Lybia è il primo segnale che Obama ha ottenuto ascolto.

Nuovo capo della CIA / La fronda anti Brennan

John Brennan è l’attuale consigliere per l’antiterrorismo di Barack Obama. Dovrebbe diventare il nuovo capo della CIA, dopo la defenestrazione di David Petraeus, dimessosi dopo uno scandalo sessuale che qualcuno oggi intende essere stato un evento non casuale. Insomma, un unico filo unirebbe l’assalto alla ambasciata di Bengasi dell’11 Settembre 2011 (che provocò la morte dell’ambasciatore Chris Stevens) con lo scandalo Petraeus e le odierne diatribe per la nomina di Brennan.

Massimo Gaggi narra oggi sul Corriere della Sera di un libro pubblicato su Sofrep.com, “Benghazi, the definive report”, nel quale si afferma che la relazione extraconiugale di Petraeus era ben nota all’amministrazione Obama e che pure Brennan ne era a conoscenza. Al punto tale da escludere Petraeus, capo della CIA, dal flusso informativo circa le operazioni condotte dal Pentagono in Libia nel corso del periodo post-conflitto. Il ‘Joint Special Operation Command’, una sorta di corpo speciale delle varie Forze Armate USA, era impegnato in Libia in missioni che esulavano dalle loro specifiche ‘mansioni’, il salvataggio di cittadini americani caduti ostaggio del nemico. Brennan sapeva che il JSOC era impiegato dal Pentagono in maniera anomala, ma teneva il capo della CIA all’oscuro di tutto. Gli spioni della CIA non potevano informare né proteggere un disarmato Stevens se nessuno li informava delle strategie del Pentagono. Un paradosso. E proprio l’attacco a Stevens viene descritto nel libro come una “rappresaglia” da parte di chi ha subito gli attacchi della JSOC.

I repubblicani, nella fattispecie il senatore Lindsey Graham, stanno facendo una dura opposizione sulla convalida della nomina di Brennan. Graham ha più volte ribadito che se Washington non chiarisce i fatti di Bengasi, la nomina di Brennan verrà bloccata. Su un giornale online, WND, testata della destra ultracattolica, vengono riportate le affermazioni di John Guandolo, un esperto di Islam della FBI, secondo le quali John Brennan sarebbe di religione musulmana. Secondo Guandolo, Brennan si sarebbe convertito all’Islam durante la sua permanenza a Riyadh, nel corso degli anni novanta, quando era capo di una base della CIA.

“That fact alone is not what is most disturbing,” Guandolo continued. “His conversion to Islam was the culmination of a counterintelligence operation against him to recruit him. The fact that foreign intelligence service operatives recruited Mr. Brennan when he was in a very sensitive and senior U.S. government position in a foreign country means that he either a traitor … [or] he has the inability to discern and understand how to walk in those kinds of environments, which makes him completely unfit to the be the director of Central Intelligence.” (The Counter Jihad Report).

Per Guandolo, Brennan o è un traditore o è inadatto a diventare capo della CIA. Di certo Brennan non è stato in grado di evitare i morti a Bengasi.  L’attacco al gruppo islamico Ansar al-Sharia pochi giorni prima dell’11 settembre è stata l’ultima goccia che ha fatto tracimare la sete di vendetta degli islamisti. Il consolato viene attaccato e dato alle fiamme. Stevens muore appunto proprio per aver inalato il fumo. Dopodiché il gruppo islamista ha attaccato la base CIA a colpi di mortaio, uccidento Ty Woods e Glen Doherty, due agenti  ex Navy Seals. Petraeus era isolato, quasi estraneo all’amministrazione Obama. Il Segretario di Stato di Obama, Hillary Clinton, non è riuscito a tener assieme il Pentagono e i vertici della CIA, percorsi da una specie di guerra contro Petraeus e ora contro lo stesso Brennan. E oggi le accuse di tradimento a Brennan. Altre trame oscure nei cupi corridoi di Wahington DC.