Pronto l’assalto alla Corte Costituzionale: Alfonso Quaranta verso l’elezione

C’erano una volta le toghe rosse. La fine dell’interregno di De Siervo alla presidenza della Consulta ha innescato una guerra intestina fra giudici filoberlusconiani e antiberlusconiani. Ne resterà uno solo e questo sarà Alfonso Quaranta, giudice di Palazzo dal 2004 – fu nominato dal Consiglio di Stato.

Dopo la defezione di De Siervo, la cui presidenza è stata segnata dalla sentenza che ha neutralizzato il Legittimo Impedimento e dagli strali di B. secondo cui la Consulta è un covo di toghe rosse, i giudici restano quattordici. Inoltre il giudice Maria Rita Saulle non gode di buona salute e potrebbe disertare la votazione. Gli avversari di Quaranta sono tutti “nominativi deboli”: Maddalena verrà sostituito a metà luglio e non è conveniente eleggere un presidente per un solo mese; Finocchiaro ‘scade’ a Dicembre. Quaranta potrebbe dare continuità a una carica che ha troppo di frequente cambiato volto. Andrà in pensione soltanto nel 2013. Il problema è che Quaranta è in quota alla destra. Ne sono evidente testimonianza due fatti:

  1. Quaranta è la mano che ha scritto la sentenza della Corte su Abu Omar e la preminenza del segreto di Stato – il “segreto di Stato” è una prerogativa unica del presidente del Consiglio. “Il giudizio sui mezzi ritenuti necessari o soltanto utili a garantire la sicurezza dello Stato – si legge nella sentenza – spetta al Presidente del Consiglio dei ministri sotto il controllo del Parlamento”; vi ricordo come il caso della Extraordinary Rendition di Abu Omar è stato al centro di un caso internazionale e che ha messo contro governo – presieduto da B. – e procura di Milano nella persona di Armando Spataro, pm dell’inchiesta;
  2. Quaranta è molto vicino a Altiero Matteoli: negli scorsi anni fece parlare di sé poiché il figlio, tale Alessio Quaranta, divenne presidente niente meno che dell’ENAC. Un bel posticino. Potenza dei padri. Poco tempo dopo, la Consulta dovette pronunciarsi su un conflitto di attribuzione fra magistratura ordinaria e Tribunale dei Ministri circa un procedimento a carico dello stesso Altiero Matteoli, accusato di favoreggiamento (aveva rivelato ad un prefetto di essere sotto indagine). Se avete un po’ di fantasia, potete facilmente capire come è andata: la Consulta ha votato a favore del conflitto e la Camera ha salvato il buon Altiero. Si dice che Quaranta si fosse astenuto nella fattispecie, ma chissà quale è stato il suo contributo alla discussione.

Considerato che la Corte si divise 12 a 3 durante il voto sul Legittimo Impedimento, tolti De Siervo e la Saulle malata, i rossi scendono a dieci, due dei quali a scadenza prossima ventura. De Siervo deve essere sostituito dal voto parlamentare e la maggioranza terrà quello scranno a lungo vuoto, spettando esso all’opposizione.

A metà luglio la Corte dei conti elegge il successore di Maddalena. In lizza un giudice di destra come Salvatore Sfrecola, presidente della Corte in Piemonte, che festeggia la nomina con un festa da 300 invitati a casa del principe Ruspoli. Poi l’attuale pg Mario Ristuccia (già in pensione), il presidente della Corte in Puglia Eugenio Schlitzer, il più giovane Aldo Carosi. A novembre voto in Cassazione. In corsa il presidente aggiunto Paolo Vittoria, anche lui pensionando, e il civilista Mario Morelli (La Repubblica.it).

Facendo i conti, al momento in cui si dovrà discutere il conflitto di attribuzione sul caso Ruby, le toghe rosse saranno solo 8, con presidenza contraria. Di fatto si compierà la berlusconizzazione della Corte Costituzionale. Ecco perché la probabile presunta vittoria di Quaranta potrebbe avere un effetto dirompente sugli equilibri istituzionali. Tutto avverrà lunedì, al chiuso delle stanze del Palazzaccio. Non solo: martedì la Consulta deciderà sul nuovo conflitto sollevato dalla Presidenza del Consiglio circa la sentenza della Cassazione sul referendum del nucleare (la Presidenza chiede la nullità della consultazione). Il primo test a cui Quaranta e il suo cerchiobottismo daranno prova di fede e ossequio al Padrone?

Ora Berlusconi ritenta la scalata alla Consulta

Come se fosse la Mondadori, ora B. andrà all’assalto della Corte costituzionale, ultimo baluardo della legalità costituzionale in questo paese. Ci aveva già provato con quella cena a Palazzo Grazioli, invitando alcuni giudici della Consulta che poi votarono a favore del Lodo Alfano pur rimanendo in minoranza. Il progetto attuale dovrà insidiarsi nel profondo, rivoltare la Corte come un calzino, snidare tutti quei giudici di sinistra che votano contro di lui.

La notizia di De Siervo, l’attuale presidente della Corte, già sulla via del tramonto, passa quasi inosservata. Ci pensa Sergio Rizzo, sul Corsera di stamane a gettare un’ombra di dubbio su uno scenario che altresì sarebbe sembrato del tutto normale. Eppure c’è una coincidenza temporale da non sottovalutare. De Siervo è pure quel presidente di Corte che ha segato in due il Legittimo Impedimento. Un personaggio scomodo. Ma l’avvicendamento sarà indolore, soprattutto per lui. Certo, l’articolo di Rizzo si concentra sulla esosità del pre-pensionamento dei presidenti emeriti della Corte. auto blu, super-pensione, possibilità di trovare impiego in qualunque campo come manager.

L’ombra sulla corte si allunga da oggi pomeriggio, dopo il voto all’ultimo ministro e all’ultimo ‘responsabile’ disponibile: lasciando De Siervo, il prossimo presidente sarà il giudice più anziano eletto dopo di lui. Poi toccherà al successivo, e via discorrendo. Il posto vacante dovrà essere rimpiazzato dal voto parlamentare (art. 135 della Costituzione – i membri della corte sono eletti per un terzo dal parlamento, per la restante parte da Presidente della Repubblica e dalla suprema maistratura)? Se sarà così, si aprirà il caos: il parlamento non deciderà alcunché, lasciando i giudici in ‘inferiorità numerica’, per così dire. Un modo come un altro per riequilibrare gli anti-berlusconiani dentro la Corte. Via De Siervo, dentro nessuno. Se poi il prossimo presidente fa già parte dei membri in quota PdL, il gioco è fatto. B. farà sua anche la Corte Costituzionale. Un’OPA pubblica, ma neanche tanto.

L’articolo di Sergio Rizzo per il Corsera.