Mario Monti vs. Germania / Le frasi della discordia

La frase della discordia Mario Monti la pronuncia in un contesto di critica più ampia. Sebbene i giornali tedeschi si siano soffermati sulla sua strana idea di democrazia – i parlamenti nazionali “da educare”, che rischiano di costituire un freno all’integrazione europea – nelle frasi di Monti c’è dell’altro. La sua intervista a Der Spiegel si presta a letture su più livelli.

Innanzitutto Monti parla a Berlino e alla Corte Federale Tedesca, la quale deve pronunciarsi a Settembre sulla liceità costituzionale del Trattato MES. Ebbene, il giudizio di legittimità è tutt’altro che scontato. Il ricorso è stato presentato, fra gli altri, dal partito di sinistra Linke, timoroso che, dovendo finanziare il MES, i tedeschi siano costretti a fare a meno di parte dei loro diritti sociali. La sinistra tedesca è molto premurosa con i lavoratori e i cittadini tedeschi; si cura meno, molto meno, della sorte dei diritti sociali nei paesi del sud Europa, Italia compresa, distrutti non già dalla crisi bensì dai Memorandum of Understanding e dalle richieste della Trojka che il governo tedesco impone in sede europea come strumenti di controllo e di coercizione sui provvedimenti finanziari dei paesi sottoposti a tutela.

Monti avvisa che “nel corso dei negoziati tra governi Ue può rivelarsi necessaria una certa flessibilità” fra i medesimi governi e i parlamenti nazionali. Questa flessibilità è da intendersi nel senso di una generale acquiescenza dell’operato dei governi in sede di Consiglio. Significa che trattati come quello del MES(1), aventi una caratura di provvedimento emergenziale, non dovrebbero essere ostacolati dagli “interessi particolari” dei lavoratori tedeschi o di qualsivoglia altro paese. Il bene supremo che si vuol tutelare è la sopravvivenza della casa comune europea, quindi anche la sopravvivenza degli stessi lavoratori tedeschi. Il problema è insito in questa frase, si nasconde in essa: i falchi del bastone della Trojka non riescono a considerare l’Europa e gli Europei nel loro insieme, ma sono ottenebrati dalla visione nazionalistica, particolaristica del continente. In quest’ottica non ci sono cittadini europei, bensì cittadini tedeschi e italiani ciascuno divisi e relegati nei loro ambiti locali, non in relazione fra di loro ma isolati in una categoria che li rende responsabili solo verso sé stessi e non del destino altrui. Si chiama “incapacità di una visione sistemica” della crisi (cfr. M. Seminerio). La crisi del debito ha mostrato nuovamente che i destini dei popoli europei sono intrecciati come tele di ragno e se un solo filo della tela si spezza, precipitiamo tutti in un vortice di distruzione. Ciò che manca, e che Monti non ha detto ma che risulta implicito nelle sue parole, è una vera e propria cultura della solidarietà fra i popoli europei. Monti parla di ostilità antitedesca, ma è proprio questo che vuol dire.

In secondo luogo, nell’intervista allo Spiegel ci sono parole ancor più vere che i giornali tedeschi hanno (volutamente?) ignorato. Quando Monti dice che la Germania sta guadagnando dalla crisi del debito, dice una sacrosanta verità. I tassi del bund tedesco a breve termine sono negativi. Ciò può essere inteso come una forma di sussidio nascosta. La crisi del debito in Germania è intesa come un premio per la bontà delle riforme tedesche di dieci anni fa. Loro hanno fatto i sacrifici a tempo debito, ora tocca agli altri, a chi non ha fatto “i compiti a casa”. I “cattivi alunni”, i somari del sud, devono essere sculacciati. Questa visione moralistica fraintende il premio che la Germania “riceve” grazie alla crisi. Essi sono semplicemente beneficiari della speculazione sul destino dell’euro. I mercati, quando comprano Bund, scommettono su un ritorno del Marco tedesco. Si cautelano da una eventuale dissoluzione dell’unione monetaria. Non significa che i tedeschi sono i più bravi. Forse sanno di non esserlo e a loro volta speculano su questo fraintendimento, cercando di ampliare il più possibile questo periodo di tassi sottozero. Così facendo però, mettono fuori dal mercato del debito tutti quei paesi strutturalmente (e politicamente) più deboli, come l’Italia. Hanno trasformato il “libero” mercato del debito (se mai è esistito) in un terribile oligopolio. In altri settori, l’Unione Europea sarebbe intervenuta con provvedimenti legislativi o giudiziari per smontare questa posizione di predominio.

(1) Lungi da me dal sostenere che il Trattato MES sia democratico. Esso è fortemente antidemocratico. Ma il MES è una struttura finanziaria, risponde a impellenti esigenze dei mercati di saper se l’Europa è in grado di fornire risposte in termini di capacità di tamponare la crisi del debito, non è una struttura di governo. Dovrebbe anzi avere la forma di uno strumento che i governi riuniti nell’Eurogruppo usano per bilanciare il mercato del debito e quindi difendersi da crisi di solvibilità.

FAZ.net: la strana idea di democrazia di Mario Monti

Sulla stampa tedesca le parole di Mario Monti, intervistato dallo Spiegel, rimbalzano come palline di gomma e forse hanno creato il fastidio che dovevano creare. Nell’intervista, Monti ha osservato che la crisi del debito è certamente un fattore di blocco per i paesi del sud Europa, che devono rifinanziarsi sui mercati ad un più alto prezzo e al contempo operare tagli e aumentare le tasse alimentando la spirale depressiva, mentre i paesi del nocciolo del Nord, Germania, Olanda, Finlandia, stanno beneficiando di tassi di interesse negativi: di fatto ricevono una sorta di sovvenzione. In merito, posso segnalarvi una interessante riflessione di Mario Seminerio su Phastidio.net: “esiste un errore di lettura di quanto sta accadendo in Eurozona in questi mesi e settimane, è quello che vuole che i rendimenti dei debiti sovrani siano rappresentativi di “premi” e “sanzioni” per comportamenti “viziosi” e “virtuosi” dei singoli paesi”. Detto in sintesi, la posizione del bund tedesco è una posizione di predominio, un vero e proprio trust; ha sbilanciato il mercato del debito e sta mettendo fuori gioco tutti i paesi ‘avversari’. Se ci pensate bene, il teatro dove ciò avviene è il mercato unico, il luogo dove ognuno dovrebbe avere pari opportunità. Invece c’è un paese che “guadagna” dalla crisi altrui. Il mercato unico non può che uscirne a pezzi, da questa crisi. L’interdipendenza fra i paesi è evidente e imprescindibile: pensare che la Germania possa continuare a godere dei tassi negativi è follia. La Germania non è “sola”. Attribuire allo Spread un valore etico è sciocco. E’ interesse della Germania che l’Italia, la Spagna, e persino la Grecia, possano tornare a finanziarsi sui mercati senza problemi. Non comprendere questo, significa negare l’esistenza di un qualsivoglia sistema economico europeo.

Ecco appunto che è necessario per i giornali tedeschi, e in particolar modo per la FAZ, bibbia della city di Francoforte e soprattutto voce dei falchi della Bundesbank, prendere posizione contro il “tracotante” Mario Monti. Così Werner Mussler inizialmente concorda con le parole del “sobrio e preciso” Monti, secondo il quale l’Euro rischia di essere un fattore di “disgregazione psicologica” dell’Unione Europea, però poi si dice “sorpreso” per le ricette del Professore contro la crisi. Sorpreso del fatto che Monti suggerisce all’Europa di migliorare la comunicazione delle decisioni sull’euro, “proprio Monti che ha rovinato l’accordo secondo cui il solo Van Rompuy possa parlare in pubblico delle decisioni dell’Eurogruppo” quando quella volta, quella dell’accordo di Bruxelles e della celebratissima (dai giornali italiani) vittoria di Mario, comparì nottetempo annunciando il risultato favorevole all’Italia del vertice. Grazie a quelle dichiarazioni estemporanee, Monti mise il cappello sull’accordo di Bruxelles, lasciando intendere di aver piegato le resistenze di Berlino sullo scudo anti-spread, resistenze che invece sono ancora tutte lì ed operano contro Draghi e il nuovo futuro – futuribile – Quantitative Easing della BCE.

Mussler ricorda anche che Monti si pregia all’estero di aver “educato” il riottoso Parlamento italiano. Esclama Mussler: che strana idea di democrazia ha il Professore! Davvero la rottura dell’Europa sarebbe più vicina se le decisioni sull’euro fossero lasciate ai soli Parlamenti? C’è quindi qualcuno che vuol salvare la moneta unica a qualsiasi costo, qualsiasi siano i danni collaterali, anche la privazione dei diritti dei parlamenti nazionali. Monti ha appena dato alla Corte Federale tedesca una ragione in più per credere alla incostituzionalità del Trattato ESM. Mussler ricorda che solo la via indicata da Jurgen Habermas, quella della unione politica, è adeguata a superare la crisi. Ma in questo aspetto i tedeschi somigliano molto ai politici italiani quando trattano sulla riforma della legge elettorale: prima pensano a cosa non vogliono, poi fissano nell’agenda politica l’obiettivo di una riforma radicale che anziché interessare la sola legge elettorale punta a modificare persino la forma di stato del paese. Un progetto irrealizzabile, sicuramente a breve termine, quindi ininfluente per risolvere i guai di oggi. Così l’idea tedesca di una unione federale europea. Serve solo ad evitare di coinvolgere il proprio paese nei salvataggi, a mantenere lo status quo dei bund a tassi negativi e dell’inflazione quasi a zero (il 2,5% è importato dai prodotti petroliferi). Serve a creare una narrazione artificiosa di sé, del proprio governo, come autenticamente europeista, quando invece si è portatori dell’interesse particolare della propria nazione.

Crisi del Debito: Der Spiegel senza mezze misure sull’Italia

Con questo titolo,

Euro-Krise Italiens Wirtschaft bricht massiv ein (l’Economia crolla in maniera massiccia in Italia)

accoppiato a un’immagine di un negozio che promette grandi saldi ma con la saracinesca chiusa, con un sottotitolo beffardo “Affari a Roma, i consumatori si stanno trattenendo”:

(AP Photo/Gregorio Borgia)

Der Spiegel annuncia che il nostro paese sarà messo nuovamente sotto il fuoco della speculazione perché il governo Monti non sembra più in grado di cambiare le cose, in Italia. “L’economia è guasta e la volontà di riformare la politica italiana è già evidentemente paralizzata”, ha detto Ralph Solveen economista di Commerzbank, una banca che a novembre ha rischiato la bancarotta e che è stata graziata dal LTRO di Mario Draghi. Il signor Solveen ha affermato che è solo una questione di tempo, quindi l’Italia dovrà chiedere aiuti all’Esm.

Lo Spiegel non è nuovo in fatto di esagerate analisi sul nostro paese. Solo dieci giorni fa, dopo i ripetuti sismi in Emilia-romagna, prevedeva,

Terremoti, Der Spiegel: “Italia presto spaccata e frantumata”.

Dobbiamo credergli? Dobbiamo credere a Commerzbank? E’ più PIGS il nostro paese o il signor Solveen e la sua banca, Commerzbank?

Moody’s taglia Commerzbank Rating al ribasso per 7 banche – La Repubblica – 5 giorni fa

Servono 5 miliardi di euro entro giugno. – ECONOMIA – Lettera43 – ‎Nov 23, 2011‎

Commerzbank, necessità capitale per Eba stimata in 5 mld -… – Reuters Italia – ‎Nov 22, 2011‎

Commerzbank cerca soldi – ECONOMIA – Lettera43 – ‎Nov 23, 2011‎

Siamo tutti sulla stessa barca, la barca chiamata ‘debito’

Qualcuno può pensare che è il momento di fare le valigie. Lo pensa Beppe Grillo, per l’intera classe politica. Il dramma che ci colpirà, secondo il blogger economista, è costituito dal fatto che:

dal 29 aprile 2010 al 31 dicembre 2012″ dovremo “rimborsare 611,9 miliardi di euro di titoli in scadenza (fonte Der Spiegel). 251,5 miliardi entro l’anno, 192,2 nel 2011, 168,2 nel 2012. Una cifra colossale. Una tempesta perfetta costruita nel tempo dai governi Craxi e Berlusconi (Italia in scadenza – Blog di Beppe Grillo).

Il grafico pubblicato da Der Spiegel sul debito italiano

Perciò, secondo Grillo, il paese sarà venduto ai suoi creditori, i quali pretenderanno un cambio di governo. Sarà un governo tecnico: “chi comprerà i titoli in scadenza diventerà il nostro padrone e chiederà contropartite e rassicurazioni. La cessione di una parte della nostra sovranità nazionale e un uomo di garanzia e con una forte reputazione internazionale a capo del prossimo governo tecnico”.

Occorre dire che le cifre colossali sbandierate da Der Spiegel, riprese da Wall Street Italia e quindi adottate da Grillo senza far di conto, sono note da anni. Non a caso abbiamo uno dei debiti più alti del mondo – ma inferiore per esempio a quello del Giappone. In secondo luogo, le cifre da rimborsare non verranno effettivamente sborsate dallo Stato, ma il governo effettuerà una operazione che si chiama ‘rifinanziamento’ del credito, ovvero emetterà bonds o cct per onorare i prestiti pregressi. Niente di diverso da ciò che si è fatto in passato, passato recente che però non viene rappresentato nel grafico di Der Spiegel.

Certo, il debito in scadenza ammonta a circa il 3% del pil. Eppure questa coincidenza della scadenza del debito non è la vera ragione della manovra. Ne parla giustamente Der Spiegel: il rapporto deficit/pil italiano è uno dei migliori dell’area euro, non dissimile da quello tedesco (IT: 5.3%; GER: 5%); la disoccupazione – il dato ufficiale, che non tiene conto della cassa integrazione – è circa del 9%, contro il 20% della Spagna, dove il lavoro lo hanno perso soprattutto i precari, i lavoratori senza tutela, in special modo del settore edilizio; lo spread fra bond italiani e tedeschi rimane stabile – intorno all’1% – nonostante la ‘scossa’ della crisi greca. No, la manovra si è imposta come necessaria il giorno successivo alla revisione da parte del governo del rapporto debito/pil per l’anno 2010, che secondo le stime del governo passerebbe dal 116.9 al 118.4 – una previsione che ha fatto per l’appunto crollare la borsa di Milano il 6 Maggio scorso, evento che i media italiani hanno correlato soltanto all’andamento dei mercati internazionali, mentendo alla pubblica opinione.

La manovra si deve confrontare anche con una previsione di crescita assolutamente incerta: lo 0.8% preventivato dal governo potrebbe essere un dato ‘sovrastimato’. La crisi vera, non quella finanziaria, bensì quella che colpisce le aziende e i lavoratori, sta arrivando al suo apice proprio in questi mesi.

Berlusconi, dinanzi alla platea di Confindustria, disse non senza un certo tetro divertimento, “siamo tutti sulla stessa barca”: spiace dirlo, ma stavolta ha ragione. Tutti, intendendo proprio tutti, a cominciare dai partner europei dell’euro, siamo sulla stessa barca, la barca del debito pubblico. Sempre su Der Spiegel potete trovare questo interessante grafico che spiega l’andamento del debito tedesco comprensivo della previsione per il 2011. Ebbene, il rapporto deb/pil della Germania galoppa verso il 79%, con tassi di crescita molto più alti di quello italiano. Per i tedeschi questa è una emergenza nazionale.


Il governo, per bocca di Tremonti, afferma che la stretta alle finanze pubbliche è ‘necessaria per salvare l’euro’. La crisi dell’euro è stata descritta sinora con toni grotteschi. Solo un paio di anni prima si auspicava un riallineamento del cambio euro-dollaro. Le esportazioni franco-tedesche erano in difficoltà, il made in Italy anche. Il cambio attuale, di 1.227 sul dollaro, non è il livello più basso sinora raggiunto. Ad Ottobre 2000, qualche mese dopo il suo debutto sui mercati monetari, scese otto lo 0.85; a Dicembre 2005,scese sotto quota 1.20 dopo un anno di discesa continua; e che dire della crisi dell’euro del 2008? Fra Luglio e Ottobre passò da 1.60 e 1.25, un crollo ben più veloce di quello attuale:

Conclusione: basta drammi. Da anni “viviamo” a debito, abbiamo costruito il boom degli anni ’80 a debito. Lo abbiamo in parte pagato con le lacrime e il sangue del governo Prodi, con quindici anni di stagnazione e di precariato. Risolvere il problema del debito dovrebbe essere la principale occupazione del Parlamento e del governo, i quali invece discettano di privacy e intercettazioni. La criminalità è quel gorgo muto in cui sono precipitati tutti o parte di quei soldi. Là, e soltanto là, dovrebbe esser cercata la chiave di volta. Perché preoccuparsi di eventuali limitazioni della sovranità? Sono contemplate dalla Costituzione nel sempiterno articolo 11, secondo comma, purché siano alla luce del sole, frutto di accordi internazionali. L’Europa lo è. Più che di sovranità nazionale, ci si dovrebbe preoccupare di dotare l’Europa di istituzioni democratiche, rappresentative dei popoli europei. Grillo non lo fa, e in questo rivela tutta la sua miopia politica.