SOS Aiuta Di Battista a firmare ICE New Deal for Europe – #dibbaciao

Perché uno che è parlamentare da un anno e dovrebbe essere l’archetipo della Nuova Politica, pulita, senza scheletri negli armadi, senza ombre, che parla una lingua diretta e schietta, afferma in diretta tv di aver visto la “mafia” in Giuseppe Civati? Questa incapacità di raccontare una realtà diversa dall’abisso della corruzione che dovrebbe investire ogni dove, ogni singolo anfratto del sistema politico italiano, è il limite palese su cui ci infrangeremo quando persone come Alessandro Di Battista avranno raccolto un numero di voti sufficiente a governare.

E’ un problema di visione, di pensiero. Mentre Civati racconta di un mondo che oggi non è e che potrebbe essere se solo prendessimo armi contro il mare di guai nostrano, Di Battista deve giocoforza caricare ogni sua singola frase per alimentare quella diversità ontologica che presume di avere. Tutto è marcio, e ogni speranza va lasciata a sé stessa: la politica è compromesso e il compromesso è mafia. Ma dal momento che la politica è la sfera delle decisioni collettive comuni ed ha a che fare con la vita associata di noi cittadini nella polis, questa totale identità della criminalità con la politica implica che non vi sia alcun modo di correggere l’albero storto. L’abisso è sempre evocato, è sempre dietro l’angolo: lo sfascio sociale è sia uno spettro da agitare, sia la finalità dell’azione politica. Poiché lo sfascio è la fine dello Stato, e con la fine arriverà la Rivoluzione (della Rete) che – per antonomasia – tutto cambia (qualcosa che ha un sapore marxiano, poiché proprio in Marx la finalità dell’azione politica è la fine dello Stato borghese).

Immaginare la speranza è più difficile. “La politica è oggi sequestrata da un continuo stato di eccezione”, scriveva Pippo nel documento congressuale. Pretendere un paese diverso passa anche da questa consapevolezza: urlare, solo per un attimo, quindi mettere da parte la disperazione e fare lo sforzo di pensare concretamente alle cose da cambiare e modificare e rivedere. Il conflitto – immaginifico – fra Casta e Popolo è fuorviante dal momento che spinge a concentrare lo sforzo non già sul paese ideale che si intende raggiungere – bensì sulla querelle del giorno, in un dibattito chiuso in sé stesso e completamente fuori dal proprio tempo.

Per questo Di Battista andrebbe aiutato. Aiutato a uscire dal circuito vizioso della conflittualità politica, della bagarre, della frase ad effetto in televisione. Potrebbe essere ancora in tempo. Potrebbe addirittura salvarsi.

Domenica si voterà per le Europee. Vorremmo si parlasse di ICE per un New Deal d’Europa. ICE, che sta per Iniziativa dei Cittadini Europei. Una petizione, sì, uno strumento di democrazia diretta che Di Battista dovrebbe conoscere e promuovere, essendo il Movimento 5 Stelle campione della democrazia diretta. In Italia gli ICE sono ignoti, eppure ci sono altre sette iniziative aperte con la finalità di influenzare dal basso (!) la politica dell’Unione Europea.

Se siete d’accordo, allora, invitate l’amico Dibba a firmare e sostenere e propagandare le ICE come forma di democrazia diretta. Nonché a sostenere queste iniziative:

 Grazie @ale_dibattista!

Chi è il più Scanzi del Reame

Cosa vuoi fare da grande, è la miglior domanda che potresti fare a Pippo Civati, poiché poi lui prende sù e ti racconta di quella cosa che si vuol fare insieme, non lui da solo, quella cosa che si chiama Segreteria del PD, dove il PD è quel partito che doveva vincere le elezioni e smacchiare chissà cosa, ed ora di macchie ne ha almeno 101.

Andrea Scanzi scrive a Civati via Facebook, esprimendo una sorta di delusione per quella storia della mozione anti F35, firmata da Sel, M5S e da 14 deputati dei Democratici. La mozione dell’opposizione puntava ad obbligare il governo a rinunciare all’acquisto degli Joint Strike Fighter per destinare altrove almeno 14 miliardi di euro. Intento nobilissimo, sia chiaro. I 14 del PD puntavano ad obbligare il proprio partito a rispettare le promesse espresse in campagna elettorale da Bersani. La loro posizione era una posizione di forza all’interno del gruppo parlamentare. Nessuno dei deputati del PD avrebbe votato una mozione che dicesse palesemente sì all’acquisto (a parte Boccia, che poi ha tentato una perigliosa retromarcia), mentre era largo il consenso per almeno rimandare la decisione in merito ad un più attento riesame nelle rispettive Commissioni parlamentari. Un compromesso discreto, che poteva essere migliore se i soci del governissimo non avessero stemperato alcune spigolature.

Quindi giunge il discorso in aula, “a titolo personale”, di Di Battista. Il quale ha definito collusi i parlamentari democratici che non votano i provvedimenti dei 5 Stelle. Quel discorso ha dissuaso nei dem quelli che avevano intenzione di votare la mozione 5S: erano, a detta di Civati, almeno 30/40. Se questo tipo di dissenso si fosse manifestato, nel PD si sarebbe posto all’ordine del giorno un problema enorme di coesione e il governo avrebbe dovuto rivedere il suo annichilimento a favore dei teoremi alla Brunetta. Invece Di Battista ha vanificato tutto questo, ha vanificato il lavorio di tre settimane da parte di Civati e dei cosiddetti ‘pontieri’. I duri e puri del Movimento hanno una scarsa comprensione degli equilibri parlamentari. Si pregiano delle sparate pubbliche di cui sono capaci, e si rimirano allo specchio, forti dei ‘like’ guadagnati su Facebook.

Cosa c’entra Scanzi? Scanzi rimprovera a Civati i suoi tentennamenti: firmi la mozione e poi non la voti, ti dichiari offeso dalle parole di Di Battista perché lui ti dice la verità:

Non vorrei che tu stessi lavorando per costruirti una carriera come foglia di fico, come buono innocuo nel regno dei quasi-cattivi: come dissidente di professione, a uso e consumo di talkshow e adunanze radical chic, tanto apprezzato quanto disinnescato.

Sono le parole, tradotte in italiano, delle accuse di Beppe Grillo a Civati (sì, il post del cane da riporto). Scanzi è, insieme a Travaglio, la prima linea del Fatto Quotidiano in tema di 5 Stelle e del meccanismo generatore dell’indignazione di cui si nutre tutto il sistema ‘Grillo-Casaleggio’. Segue, molto fedelmente, una linea editoriale. Come tale, deve difendere il ‘prodotto di casa’ e attaccare tutti i potenziali ‘prodotti’ concorrenti. Lo fa scientemente distorcendo il reale (Civati non ha votato sì agli F35, e nemmeno il PD lo ha fatto) per poi affermare che Civati al congresso non ha chance, portando a suffragio l’argomentazione secondo cui è meglio evitare, “per amor di decenza, di asserire il contrario. C’è un limite anche alla speranza, soprattutto nel Pd”, che è sempre un cavallo di battaglia di Grillo (‘siete tutti morti’). Secondo i teorici dell’anticasta, non c’è alcuna speranza di cambiare, specie di cambiare il Partito Democratico: sono pienamente nichilisti poiché pensano, a differenza di Noi, che possiamo soltanto urlare (come Di Battista) mentre tutto affonda. Ebbene, Civati e in fin dei conti tutti noi, non la pensiamo allo stesso modo. Loro, i nichilisti a 5 Stelle, vogliono che Tutto si distrugga al solo fine di potervi dire “io ve l’avevo detto”; noi vogliamo cambiare questo paese. E cominceremo, ancora una volta, indomiti, dal Partito Democratico. E’ solo da qui che si può cominciare. Io non mi adeguo.

A titolo personale, Di Battista

E’ fin troppo facile la linea politica del Movimento 5 Stelle. Gridare dai banchi superiori, apostrofare come collusi i deputati del Partito Democratico, usare termini tecnici come ‘supercazzola’, in un replay infinito delle patetiche elucubrazioni via blog del Capo Comico.

Il dibattito sulla mozione congiunta M5S-Sel e dissidenti del PD era l’occasione per instaurare una buona pratica discorsiva con le altre forze d’opposizione, comprese quelle che non sono pienamente manifeste e che giocoforza risiedono dentro la maggioranza. Sugli F-35 vi era l’occasione concreta di compattare il PD a sinistra ma la furia cieca dei 5 Stelle prevale su qualunque iniziativa dei moderati del gruppo. In sostanza, vi era l’opportunità di far votare il PD insieme a Sel e M5S, ma prima l’inziativa isolata di Francesco Boccia, poi la sciabolata di Di Battista hanno respinto i democratici favorevoli al ritiro dell’Italia dal programma degli Joint Strike Fighter. I quattordici firmatari del PD hanno così votato unicamente la mozione del gruppo, che intanto di ora in ora si era fatta sempre più stinta e stemperata per opera dei colleghi di Pdl e Scelta Civica.

Di Battista ha preso la parola quando in aula già si conosceva il testo della mozione Speranza, la quale contenteva una soluzione di compromesso (la richiesta di astensione del governo da decisioni su eventuali acquisti degli F35). Non il massimo della vita, sia chiaro, in quanto i 14 miliardi già stanziati rimangono lì dove sono e non è in previsione che vengano stanziati per altre questioni (per esempio, evitare l’aumento dell’acconto Irpef di Novembre al 100%, un anticipo delle tasse che dovremmo pagare sui redditi 2014, di cui parlerò a breve poiché a mio avviso è un provvedimento da ‘ultima spiaggia’).  A presiedere l’aula vi era il collega Luigi di Maio, il quale, mentre Di Battista a titolo personale mandava in aria il tavolo delle trattative con i dissidenti del PD, era nel mezzo di una crisi di identità e non sapeva se il fatto di castigare l’intervento del suo sodale poteva esser ravvisato dal supremo Capo Comico come fattispecie di reato che ne determinasse ipso facto l’espulsione dal Movimento.

Di Battista, anche se parlava a titolo personale, ha ricevuto gli applausi infervorati dei colleghi di gruppo. Il suo discorso non era diverso dalle invettive leghiste di vari Borghezio, Calderoli e così via, specie per il tono impiegato. Quel che appare sempre più evidente è la solitudine dei moderati dei 5S. Viene lasciata loro libertà di interagire e poi, in aula, le delicate trame che hanno intessuto vengono brutalmente spezzate dai Generalissimi. Una prassi che a breve comporterà altre dure e inevitabili conseguenze per ciò che resta del M5S.