Così Ignazio Marino si esprime dalla pagina del suo sito: il Decreto Romani è censura del web, perché il web è libero, è il nuovo spazio sociale in cui si forma una nuova coscienza critica. Il provvedimento del Governo è in realtà facilmente impugnabile in sede europea: contrasta con la medesima direttiva che vuole recepire (ciò prefigura inoltre un eccesso di delega); non è affine ai principi introdotti dall’Unione Europea con il Pacchetto Telecom.
Nei giorni scorsi, molte le voci che si sono levate contro il Decreto che è persino stato meritorio di un articolo sul Time. Con questo insieme di norme, si attribuiscono fra l’altro all’AGCOM poteri straordinari, pari a quelli che in Francia si attribuirono alla prima – e fallita – esperienza di HADOPI, l’Alta Autorità per la diffusione delle opere e per la protezione dei diritti su Internet, voluta dal governo Sarkozy, che aveva il potere di ordinare all’ISP di disconnettere un utente che per tre volte fosse stato pescato a scambiare materiale coperto da diritto d’autore: la legge che la istituiva fu dichiarata incostituzionale dall’Alta Corte e il Parlamento francese dovette ripiegare su una diversa formulazione, la quale prevede che la disconnessione possa avvenire solo dopo regolare procedimento giudiziario. Insomma, è stato riconosciuto il sacrosanto diritto alla difesa dell’utente, cosa che il Decreto Romani non prova neanche a contemplare. Di fatto, il provvedimento potrebbe avere profili di inconstituzionalità: può l’AGCOM ordinare l’oscuramento di siti per violazione delle norme del predetto decreto, in via autonoma, senza ricorrere all’autorità giudiziaria? L’AGCOM si verrebbe a prefigurare come un superpoliziotto del web con il compito di multare e oscurare ciò che è contrario a questo decreto. Il legislatore ha volutamente giocato con la definizione di “media audivisivo”, modificandone la portata. La direttiva UE 2007/65/CE, all’art. 16, così specifica il termine:
Ai fini della presente direttiva, la definizione di servizi di media audiovisivi dovrebbe comprendere solo i servizi di media audiovisivi, sia di radiodiffusione televisiva che a richiesta, che sono mezzi di comunicazione di massa, vale a dire destinati ad essere ricevuti da una porzione considerevole del grande pubblico sulla quale potrebbero esercitare un impatto evidente.
Soprattutto, la medesima direttiva, al medesimo articolo, spiega al legislatore nazionale che la dovrà recepire:
Il suo ambito di applicazione dovrebbe limitarsi ai servizi definiti dal trattato, inglobando quindi tutte le forme di attività economica, comprese quelle svolte dalle imprese di servizio pubblico, ma non dovrebbe comprendere le attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità di interesse (fonte Direttiva 2007/65/CE).
Invece, il Decreto Romani, all’articolo 4, laddove definisce il servizio media audiovisivo, esclude conformemente alla direttiva “i servizi prestati nell’esercizio di attività principalmente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva”, ma prosegue il legislatore, “rientrano nella predetta definizione i servizi, anche veicolati mediante siti Internet, che comportano la fornitura o la messa a disposizione di immagini animate, sonore o non, nei quali il contenuto audiovisivo non abbia carattere meramente incidentale” (fonte Decreto Romani, atto del governo n. 169). Esattamente il legislatore italiano non segue alla lettera la direttiva, anzi ne ribalta il significato. Qesto ci fornisce alcuni elementi su cui riflettere: Internet per il governo è in concorrenza con la televisione; Internet è un’attività economica. Un riflesso del solito conflitto di interessi.
E l’AGCOM? Il suo stesso presidente ritiene che “un filtro generalizzato su internet da una parte è restrittivo, come nessun paese occidentale ha mai accettato di fare, dall’altra è inefficace perché è un filtro burocratico a priori”. Restrittivo ma inefficace. Vuol dire, in altre parole, che chi ha scritto il decreto non conosce internet. La rete ha risorse inesauribili – idee, tecnologia e velocità di formulare risposte alle regole (il server proxy di The Pirate Bay ne è un esempio). Tutto quello che ha la rete, il governo non ce l’ha. Ma questo non risolve il problema del provvedimento in sé. Così prosegue Calabrò:
la soluzione indicata dallo schema di decreto che recepisce la nuova direttiva europea sull’audiovisivo “è fuori dal quadro della direttiva e questo – spiega Calabrò – la rende in contrasto con la normativa europea: come tale può far sorgere questioni con la Commissione europea che indubbiamente farebbe dei rilievi […] Il problema di internet esiste […] un intervento ex post nel caso un sito delinqua è necessario e dovuto, ma un filtro ex ante è non solo una cosa puramente burocratica, poichè non sappiamo se il sito delinquerà o no, ma non tiene neanche conto del fatto che i siti internet sono come la testa dell’Idra, ne chiude uno e se ne apre un altro [… ] Il problema è di natura globale e infatti “sono in corso colloqui tra Stati Uniti, Giappone e Unione europea per cercare di trovare delle linee di azione concordate”, conclude il presidente dell’Autorità (negoziato ACTA, altra minaccia alla libertà della rete, ma questa è un’altra storia) – Calabrò: “Il filtro a internet? Legge restrittiva e inefficace” – Repubblica.it
- PI: Si scrive AGCOM, si pronuncia sceriffo della Rete?
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L’art. 3, in materia di trasmissioni transfrontaliere, innanzitutto, riconosce all’AGCOM il potere di sospendere a titolo provvisorio o definitivo la ricezione o ritrasmissione di “servizi media audiovisivi” e, quindi – complice l’ambiguità ed ampiezza di tale definizione declinata all’art. 4 – di un’ampia gamma di contenuti che vanno da quelli irradiati via IPTV sino al videoblog o al canale su YouTube o ad un’intera piattaforma di aggregazione di contenuti audiovisivi realizzati e pubblicati da terzi (UGC)
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L’AGCOM, in forza di quanto disposto dal comma 8 dell’art. 3, per ottenere il rispetto di tali provvedimenti potrà persino ordinare “al fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato o all’operatore di rete o di servizi sulla cui piattaforma o infrastruttura sono veicolati programmi, di adottare ogni misura necessaria ad inibire la diffusione di tali programmi o cataloghi al pubblico italiano” dietro “minaccia” in caso di mancato adempimento di tale ordine, di sanzioni, a carico dei provider, che potranno spingersi sino a 150 mila euro
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un approccio difficilmente compatibile con i principi, di recente, sanciti dal Parlamento Europeo, in sede di varo del c.d. Pacchetto Telecom: in quella sede, infatti, è stato previsto che qualunque provvedimento che restringa l’accesso a Internet può essere imposto solo se ritenuto “appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica” e a condizione che, “nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza e del diritto alla privacy”, sia garantita “una procedura preliminare equa ed imparziale, compresi il diritto della persona o delle persone interessate di essere ascoltate” ed “il diritto ad un controllo giurisdizionale efficace e tempestivo”
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il Governo di fatto si avvia ad attribuire all’AGCOM una sorta di delega in bianco in materia di enforcement dei diritti d’autore in relazione all’enorme e sconfinato campo rappresentato da tutti i nuovi servizi audiovisivi
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Il suo ambito di applica-
zione dovrebbe limitarsi ai servizi definiti dal trattato,
inglobando quindi tutte le forme di attività economica,
comprese quelle svolte dalle imprese di servizio pubblico,
ma non dovrebbe comprendere le attività precipuamente
non economiche e che non sono in concorrenza con la
radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i
servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di con-
tenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di con-
divisione o di scambio nell’ambito di comunità di
interesse.