Decreto Romani, è ora di fare opposizione.


Così Ignazio Marino si esprime dalla pagina del suo sito: il Decreto Romani è censura del web, perché il web è libero, è il nuovo spazio sociale in cui si forma una nuova coscienza critica. Il provvedimento del Governo è in realtà facilmente impugnabile in sede europea: contrasta con la medesima direttiva che vuole recepire (ciò prefigura inoltre un eccesso di delega); non è affine ai principi introdotti dall’Unione Europea con il Pacchetto Telecom.

Nei giorni scorsi, molte le voci che si sono levate contro il Decreto che è persino stato meritorio di un articolo sul Time. Con questo insieme di norme, si attribuiscono fra l’altro all’AGCOM poteri straordinari, pari a quelli che in Francia si attribuirono alla prima – e fallita – esperienza di HADOPI, l’Alta Autorità per la diffusione delle opere e per la protezione dei diritti su Internet, voluta dal governo Sarkozy, che aveva il potere di ordinare all’ISP di disconnettere un utente che per tre volte fosse stato pescato a scambiare materiale coperto da diritto d’autore: la legge che la istituiva fu dichiarata incostituzionale dall’Alta Corte e il Parlamento francese dovette ripiegare su una diversa formulazione, la quale prevede che la disconnessione possa avvenire solo dopo regolare procedimento giudiziario. Insomma, è stato riconosciuto il sacrosanto diritto alla difesa dell’utente, cosa che il Decreto Romani non prova neanche a contemplare. Di fatto, il provvedimento potrebbe avere profili di inconstituzionalità: può l’AGCOM ordinare l’oscuramento di siti per violazione delle norme del predetto decreto, in via autonoma, senza ricorrere all’autorità giudiziaria? L’AGCOM si verrebbe a prefigurare come un superpoliziotto del web con il compito di multare e oscurare ciò che è contrario a questo decreto. Il legislatore ha volutamente giocato con la definizione di “media audivisivo”, modificandone la portata. La direttiva UE 2007/65/CE, all’art. 16, così specifica il termine:

Ai fini della presente direttiva, la definizione di servizi di media audiovisivi dovrebbe comprendere solo i servizi di media audiovisivi, sia di radiodiffusione televisiva che a richiesta, che sono mezzi di comunicazione di massa, vale a dire destinati ad essere ricevuti da una porzione considerevole del grande pubblico sulla quale potrebbero esercitare un impatto evidente.

Soprattutto, la medesima direttiva, al medesimo articolo, spiega al legislatore nazionale che la dovrà recepire:

Il suo ambito di applicazione dovrebbe limitarsi ai servizi definiti dal trattato, inglobando quindi tutte le forme di attività economica, comprese quelle svolte dalle imprese di servizio pubblico, ma non dovrebbe comprendere le attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità di interesse (fonte Direttiva 2007/65/CE).

Invece, il Decreto Romani, all’articolo 4, laddove definisce il servizio media audiovisivo, esclude conformemente alla direttiva “i servizi prestati nell’esercizio di attività principalmente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva”, ma prosegue il legislatore, “rientrano nella predetta definizione i servizi, anche veicolati mediante siti Internet, che comportano la fornitura o la messa a disposizione di immagini animate, sonore o non, nei quali il contenuto audiovisivo non abbia carattere meramente incidentale” (fonte Decreto Romani, atto del governo n. 169). Esattamente il legislatore italiano non segue alla lettera la direttiva, anzi ne ribalta il significato. Qesto ci fornisce alcuni elementi su cui riflettere: Internet per il governo è in concorrenza con la televisione; Internet è un’attività economica. Un riflesso del solito conflitto di interessi.

E l’AGCOM? Il suo stesso presidente ritiene che “un filtro generalizzato su internet da una parte è restrittivo, come nessun paese occidentale ha mai accettato di fare, dall’altra è inefficace perché è un filtro burocratico a priori”. Restrittivo ma inefficace. Vuol dire, in altre parole, che chi ha scritto il decreto non conosce internet. La rete ha risorse inesauribili – idee, tecnologia e velocità di formulare risposte alle regole (il server proxy di The Pirate Bay ne è un esempio). Tutto quello che ha la rete, il governo non ce l’ha. Ma questo non risolve il problema del provvedimento in sé. Così prosegue Calabrò:

la soluzione indicata dallo schema di decreto che recepisce la nuova direttiva europea sull’audiovisivo “è fuori dal quadro della direttiva e questo – spiega Calabrò – la rende in contrasto con la normativa europea: come tale può far sorgere questioni con la Commissione europea che indubbiamente farebbe dei rilievi […] Il problema di internet esiste […]  un intervento ex post nel caso un sito delinqua è necessario e dovuto, ma un filtro ex ante è non solo una cosa puramente burocratica, poichè non sappiamo se il sito delinquerà o no, ma non tiene neanche conto del fatto che i siti internet sono come la testa dell’Idra, ne chiude uno e se ne apre un altro [… ] Il problema è di natura globale e infatti “sono in corso colloqui tra Stati Uniti, Giappone e Unione europea per cercare di trovare delle linee di azione concordate”, conclude il presidente dell’Autorità (negoziato ACTA, altra minaccia alla libertà della rete, ma questa è un’altra storia) – Calabrò: “Il filtro a internet? Legge restrittiva e inefficace” – Repubblica.it

  • PI: Si scrive AGCOM, si pronuncia sceriffo della Rete?
    • L’art. 3, in materia di trasmissioni transfrontaliere, innanzitutto, riconosce all’AGCOM il potere di sospendere a titolo provvisorio o definitivo la ricezione o ritrasmissione di “servizi media audiovisivi” e, quindi – complice l’ambiguità ed ampiezza di tale definizione declinata all’art. 4 – di un’ampia gamma di contenuti che vanno da quelli irradiati via IPTV sino al videoblog o al canale su YouTube o ad un’intera piattaforma di aggregazione di contenuti audiovisivi realizzati e pubblicati da terzi (UGC)
    • L’AGCOM, in forza di quanto disposto dal comma 8 dell’art. 3, per ottenere il rispetto di tali provvedimenti potrà persino ordinare “al fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato o all’operatore di rete o di servizi sulla cui piattaforma o infrastruttura sono veicolati programmi, di adottare ogni misura necessaria ad inibire la diffusione di tali programmi o cataloghi al pubblico italiano” dietro “minaccia” in caso di mancato adempimento di tale ordine, di sanzioni, a carico dei provider, che potranno spingersi sino a 150 mila euro
    • un approccio difficilmente compatibile con i principi, di recente, sanciti dal Parlamento Europeo, in sede di varo del c.d. Pacchetto Telecom: in quella sede, infatti, è stato previsto che qualunque provvedimento che restringa l’accesso a Internet può essere imposto solo se ritenuto “appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica” e a condizione che, “nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza e del diritto alla privacy”, sia garantita “una procedura preliminare equa ed imparziale, compresi il diritto della persona o delle persone interessate di essere ascoltate” ed “il diritto ad un controllo giurisdizionale efficace e tempestivo”
    • il Governo di fatto si avvia ad attribuire all’AGCOM una sorta di delega in bianco in materia di enforcement dei diritti d’autore in relazione all’enorme e sconfinato campo rappresentato da tutti i nuovi servizi audiovisivi

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Il suo ambito di applica-
zione dovrebbe limitarsi ai servizi definiti dal trattato,
inglobando quindi tutte le forme di attività economica,
comprese quelle svolte dalle imprese di servizio pubblico,
ma non dovrebbe comprendere le attività precipuamente
non economiche e che non sono in concorrenza con la
radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i
servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di con-
tenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di con-
divisione o di scambio nell’ambito di comunità di
interesse.

Dopo l’approvazione del Pacchetto Telecom, che futuro per il file sharing e il copyleft.

Che futuro per il file sharing e le reti di P2P dopo l’approvazione del pacchetto Telecom da parte del Parlamento Europeo? Lo scambio di file diventerà defintivamente illegale e sarà perseguito, seppur giudiziariamente? La rete smetterà di essere neutrale e il principio del “mere conduit” sarà cancellato in favore di una regolamentazione dei contenuti usufribili? Le reti di P2P diventerannmo delle chiuse e ristrette darknet?

Il Pacchetto Telecom, se da un lato introduce un nuovo catalogo di diritti, quali il diritto alla libera informazione per mezzo della rete, dall’altro non risolve il problema della coesistenza fra diritto d’autore e libertà di scambio. Si limita solo a anteporre alla pretesa di rivalsa delle Major produttrici di contenuti le garanzie del giusto processo. La domanda se è illegale o meno scambiare contenuti coperti da copyright in rete, quindi se è illegale l’atto del mero scambio di opere intellettuali, del tutto lecito nel mondo normale, non trova risposte nel complesso di norme che sono state introdotte. Il file sharing in che modo viola il copyright se è puro scambio privo di rendiconto economico? Il cpoyright non consente la riproduzione dell’opera, ma il suo scambio? Cosa cambia se guardo un film che mi ha prestato un amico dallo scaricarlo da una rete di P2P? Il P2P facilita la diffusione delle opere, e quindi la loro fruibilità. Il copyright antepone la fruizione al pagamento di una somma, limita la diffusione e tende a mantenere l’individuo nella non-conoscenza. La rete rende il cittadino attivo e informato anche attraverso la fruizione di contenuti non acquistati ma semplicemente scambiati; allo stesso modo, l’esclusività dell’informazione veicolata solo sulla base dello scambio economico rende difficoltosa la sua diffusione. E senza informazione, qualsiasi scelta è condizionata e non libera.

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    • Quando la compagnia di telecomunicazioni irlandese Eircom bloccò l’accesso a Pirate Bay, in settembre, l’azione parve alquanto inutile agli internauti di mezzo mondo

       

    • «Tempo perso – taglia corto un commentatore sulla community di studenti irlandesi Studentsmart.ie – vai su x.com e clicca su ‘bypass eircom block’ (ignora il controllo eircom, NdT): sei subito dentro. Stanno solo cercando di scoraggiare la gente: in realtà ci sono così tanti modi per condividere i file che per bloccarli tutti dovrebbero chiudere Internet”.

       

    • La profonda valenza anarchica del file sharing in Internet va ben oltre il semplice gusto di sfidare le grosse corporation. La cultura dello scambio di file gratuito e continuo non solo mette in dubbio l’egemonia della proprietà privata, ma ha diffuso una comunità internazionale di risorse personali in cui il denaro semplicemente non esiste più.

       

    • Le società discografiche e le case cinematografiche non riescono più ad essere convincenti sul perché il file sharing dovrebbe essere sbagliato (anche le belle parole sul tema “ok, adesso smettiamo di fregarvi i soldi” lasciano il tempo che trovano). La gente comincia a non pensare più ai propri materiali digitali come a qualcosa che “possiede”, ma piuttosto come a qualcosa che può condividere.

       

    • Un numero sempre maggiore di pubblicazioni digitali adotta la licenza “Copyleft”, che tutela la libertà di copiare e riprodurre il lavoro invece che ostacolarla. A Berlino, Helsinki e Copenhagen, gruppi come Pirate Cinema hanno fuso la pirateria cinematografica con il movimento squatter.

       

    • Organizzazioni online come la Free Software Foundation (FSF) vogliono liberare tutto il software dal concetto stesso di proprietà

       

    • Le aziende che stanno dietro al software proprietario spesso spiano le vostre attività e vi impediscono di condividere il software con altri – si legge sul sito della FSF – e poiché i computer controllano la maggior parte delle nostre informazioni personali e delle nostre attività quotidiane, il software proprietario rappresenta un pericolo inaccettabile per una società libera

       

    • «Non accetto la tesi che Internet dovrebbe essere il regno dell’anarchia, dove chiunque ha la possibilità di avere quello che vuole senza pagare», spiegava il segretario alla cultura inglese il 20 ottobre di fronte al governo britannico

       

    • Successivi provvedimenti anti-pirateria si sono ripetutamente dimostrati inefficaci

       

    • la maggioranza dei candidati svedesi al Parlamento europeo per quest’anno è dell’opinione che l’Europa sia già andata troppo oltre nella questione. «Le leggi dell’Unione europea sono spinte da una campagna di lobbying di Hollywood, basata su una cieca fiducia nel controllo totale di Internet – spiega il verde Carl Schlyter al giornale in lingua inglese The Local – il che non è né possibile né auspicabile»

       

    • Un commento sul sito web di The Local sintetizza forse meglio di altri l’atteggiamento della comunità del file-sharing, che contrappone all’autorità tradizionale un’innovazione inarrestabile: «Questa legge è sbagliata, ma la tecnologia non ha limiti e ci sono molti modi per aggirarla».

       

    • nel 1984 William Gibson, lo scrittore di fantascienza canadese che coniò il termine cyberspazio: «Internet è strana. Non fa guadagnare soldi, è transnazionale e fuori da ogni controllo: un grande evento anarchico»

       

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    • Alcune norme già approvate nel pacchetto Telecom compromettono seriamente la Neutralità della Rete [2] e il Mere Conduit. [3]

       

    • Queste norme permettono di filtrare e/o degradare contenuti e applicazioni, per dare accesso preferenziale ad alcuni servizi bloccandone altri, e negando l’accesso a certi siti ad esclusivo giudizio dei Provider.

       

    • Questo consente, alle lobby che controllano l’informazione ed ai Governi, di decidere cosa e come deve essere la Rete del futuro con il rischio di trasformarsi in un mero mezzo per far denaro e mantenere il monopolio dell’informazione. C’è l’intenzione di svilire o annullare l’emendamento 138 [4] allo scopo di consentire politiche locali come quella Francese dei “3 schiaffi”, a cui purtroppo molti altri Paesi si stanno accodando, che ha come sanzione finale la disconnessione dalla Rete per i sospetti di praticare il file sharing [5] di opere coperte da copyright

       

    • La repressione, richiesta a gran voce dalle corporation che prosperano sullo sfruttamento del diritto d’autore, attraverso sproporzionate azioni giudiziarie, ha provocato l’indignazione generale innescando la nascita di organizzazioni e partiti politici che hanno come obbiettivo primario la riforma internazionale del diritto d’autore e la legalizzazione del P2P senza scopo commerciale

       

    • Sono uscite allo scoperto anche coalizioni di Artisti che contestano la criminalizzazione dei loro fan ed i Rappresentanti dei provider sono contrari a dover fare gli sceriffi della Rete in spregio al Mere Conduit.

       

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    • Il principale elemento di novità contenuto nella versione finale e approvata del Pacchetto Telecom riguarda i diritti del cittadino ad informare e ad informarsi con la mediazione della rete, nel quadro sempre più globale del contrasto alla pirateria online

       

    • Su questo nodo si era arenato il dibattito su nell’estate scorsa, su questo nodo le autorità europee sono giunte ad un accordo nelle scorse settimane, dopo che la Francia ha approvato la cosiddetta dottrina Sarkozy, e dopo che altri paesi europei si stanno muovendo concretamente per brandire le disconnessioni punitive nei confronti di coloro che abusino della rete per scambiare senza autorizzazione contenuti protetti dal diritto d’autore

       

    • spiega di non aver ceduto sui diritti fondamentali del cittadino. Le autorità si sono espresse riguardo alla neutralità della Rete: lo hanno fatto con una raccomandazione che non ha però alcun effetto vincolante. I fornitori di connettività, secondo alcuni osservatori, potranno probabilmente continuare a battere la strada della misure tecniche volte alla discriminazione del traffico

       

    • Monitoraggio delle reti di sharing e disconnessioni non sono inoltre esclusi, non è esclusa la compressione del diritto ad informarsi e informare a mezzo Internet, ma il tutto deve avvenire in maniera proporzionata, nel rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.

       

    • In sostanza, ai cittadini della rete che venissero colti dai detentori dei diritti a violare il copyright spetterà un giusto processo e non dovranno confrontarsi con autorità indipendenti che nulla abbiano a che vedere con l’autorità giudiziaria, come inizialmente previsto dalla dottrina Sarkozy

       

    • si darebbe carta bianca agli ISP che decidessero di agire di concerto con l’industria dei contenuti operando in un clima di giustizia privata

       

    • si tratta di interpretazioni che lo stesso commissario Reding ha provveduto a smentire: i soggetti privati che intendano muovere in questa direzione non avranno alcuna libertà di azione procedendo sulla strada dell’autoregolamentazione nelle disconnessioni

       

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Emendamento 138, la soluzione finale. Netizen nelle mire dei Governi.

L’accordo raggiunto questa notte in Unione Europea fra Consiglio e Parlamento ha sancito quel che già era nell’aria da giorni, vale a dire l’affossamento dell’emendamento 138, approvato mesi fa dal Parlamento stesso, con il quale di fatto si escludeva la possibilità delle disconnessioni ad opera delle autority governative attribuendone la facoltà soltanto a un’autorità giudiziaria, previo svolgimento di regolare e giusto processo. Il Parlamento ha ceduto nei confronti delle pressioni esercitate dal Consiglio, vale a dire dei nostri governi, i quali di fatto si sono messi contro la Rete a tutela dell’unica forma di diritto d’autore contemplata, ovvero la proprietà esclusiva dell’opera.
L’accordo lascia molto spazio ai governi: essi dovranno recepire la direttiva che conterrà il predetto emendamento con legge nazionale entro 18 giorni ed avranno ampio margine per decidere quali saranno le misure "appropriate e proporzionate" da applicare in caso di un netizen colto a violare il diritto d’autore per mezzo della rete. Quindi queste misure potranno anche essere le disconnessioni. Non esiste alcun riferimento esplicito alla attribuzione di questa facoltà all’autorità giudiziaria ma esclusivamente considerazioni generiche nelle quali si assicura al netizen la presunzione d’innocenza e il rispetto della privacy. Insomma, è stato lasciato aperto uno spazio per la reintroduzione della dotrina Sarkozy.

  • L’emendamento 138 è morto per la mancanza di coraggio del Parlamento.
    Strasburgo, ottobre 21, 2009 – Ieri, i rappresentanti del Parlamento europeo – un’istituzione che si solitamente si pregia di difendere i diritti umani in patria e all’estero – hanno deposto le armi sotto la pressione esercitata dagli Stati membri. Il Parlamento ha abbandonato l’emendamento 138, una norma che era stata adottata in due occasioni con una maggioranza del 88% in seduta plenaria, che mirava a tutelare le libertà civili online. Al posto dell’assicurazione che nessuna restrizione di accesso a Internet possa essere imposta senza una preventiva decisione della Corte, l’emendamento 138 sarà sostituita da una disposizione neutrale, che non prevede alcuna tutela significativamente nuova per i cittadini.

    Leggi il comunicato stampa sul sito web di La Quadrature du Net:
    http://www.laquadrature.net/fr/lamendement-138-mort-par-manque-de-courage-du-parlement

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    • Rispetto dei diritti fondamentali della persona, tutela della privacy, garanzia ad essere giudicati in maniera ponderata e imparziale, sanzioni proporzionate per punire coloro che vengano colti a violare il diritto d’autore con la mediazione della Rete

    • il testo di compromesso definitivo di quel che è comunemente noto come emendamento 138 è scaturito da un tira e molla europeo che si trascina de mesi

    • Non si tratta dell’emendamento 138 originario, quello che avrebbe dovuto sancire con decisione l’inapplicabilità del regime delle disconnessioni in quanto inefficace e non proporzionato, né si tratta dell’ultima versione del testo che sembrava non offrire al cittadino alcuna garanzia dalle rivendicazioni dell’industria dei contenuti.

    • Con la negoziazione notturna fra Consiglio e Parlamento Europeo è stato plasmato un testo che sembra voler garantire i diritti del cittadino nel quadro dell’enforcement della tutela del diritto d’autore

    • "le misure adottate dagli stati membri relative all’accesso e all’uso di servizi e di applicazioni attraverso le reti di comunicazioni elettronica da parte degli utenti finali dovranno rispettare i diritti e le libertà fondamentali dell’individuo

    • Misure, si spiega, che devono risultare "appropriate" e "proporzionate"

    • Nessun riferimento alle modalità con cui si soppeseranno questi equilibri e queste proporzioni

    • Al netizen, si chiarisce in maniera esplicita nel testo, sono assicurati il principio della presunzione di innocenza e la privacy

    • Ma la nettezza con cui queste garanzie venivano assicurate dall’emendamento 138 nella sua prima formulazione sembra essersi sfocata

    • il cittadino della Rete possa essere sanzionato solo in seguito ad una procedura equa e imparziale, mentre si perde il riferimento, contenuto nell’originario emendamento 138, alla "decisione dell’autorità giudiziaria"

    • Un elemento che avrebbe garantito al cittadino additato come pirata dai detentori dei diritti la possibilità di difendersi nel quadro di un ordinario processo, di fronte ad un magistrato imparziale e non ad un’autorità che potrebbe essere portatrice di interessi di parte.

    • La Quadrature du Net, che da tempo si adopera a favore dei diritti nella società civile connessa: "questo testo – ha chiosato il cofondatore del gruppo Jérémie Zimmemrmann – fornisce le armi legali per continuare a combattere le restrizioni dell’accesso a Internet"

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    • Il Parlamento Europeo e il Consiglio Ue, che rappresenta i governi, hanno trovato nella notte un’intesa definitiva sul pacchetto di riforma Ue delle telecomunicazioni, che potrà così entrare in vigore nel 2010

    • Gli stati membri avranno 18 mesi per recepirla nel diritto nazionale

    • nuova authority europea, la possibilità di una separazione funzionale tra gestori di reti e fornitori di servizi, più tutela per gli utenti di internet

    • Si era però creata un’impasse durata oltre sei mesi, dopo che il Parlamento Europeo aveva approvato un emendamento che imponeva come necessaria la decisione di un giudice prima di poter chiudere la connessione internet di persone che scarichino materiale illegale dalla Rete.

    • La riforma introduce anzitutto un regolatore europeo delle comunicazione elettroniche, il Berec (Body of European Regulators in Electronic Communication), che dovrà rafforzare l’applicazione del diritto Ue in materia, impedendo che un operatore possa sottrarsi alla concorrenza

    • La nuova authority Ue prenderà decisioni a maggioranza.

    • La normativa concordata a Bruxelles prevede inoltre la possibilità per le authority nazionali di obbligare le grandi società di tlc alla separazione funzionale tra gestori di reti e fornitori di servizi, sia pure solo in «casi estremi»

    • Secondo la Commissione «la separazione funzionale può migliorare rapidamente la concorrenza nei mercati mantenendo incentivi agli investimenti in nuove reti»

    • possibilità per i consumatori di cambiare operatore di telefonia fissa o mobile in un giorno lavorativo mantenendo il proprio numero

    • diritto a una migliore informazione al momento di sottoscrivere a un servizio

    • il rafforzamento dei diritti dei cittadini per quanto riguarda l’accesso a Internet

    • nel testo emendato si afferma ora che qualsiasi misura intrapresa dagli stati membri sull’accesso, essa dovrà «rispettare i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini», e dovrà essere «appropriata, proporzionata e necessaria» e «rispettare la presunzione d’innocenza e il diritto alla privacy»

    • in caso di blocco dell’accesso, i cittadini avranno diritto a una «procedura equa e imparziale, incluso il diritto di essere ascoltati», e «un revisione giudiziaria efficace e tempestiva»

    • maggior scelta sui fornitori di servizi a banda larga, mentre le authority nazionali dovranno imporre livelli minimi di qualità e promuovere la «neutralità della rete»

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3 Ottobre contro il bavaglio! La diretta streaming della manifestazione su RED.tv

Dalle ore 15.00 anche su Yes, political!

Vodpod videos no longer available.

Attacco a Annozero. La rete contro il DDL Pecorella-Costa. 3 Ottobre per la libertà d’espressione.

Annozero è di nuovo sotto attacco. Singolare un paese dove i ministri parlano dei programmi televisivi. Di certo non un ruolo che esercitano per competenza. O forse, se si intedessero meglio di televisione e di giornalismo, dovrebbero dimettersi e dedicarglisi a tempo pieno.
La strategia di tenere sotto ricatto i giornalisti prosegue parallela al tentativo di equiparare al libera attività di blogging al giornalismo in senso stretto, estendendo ai siti internet la responsabilità penale e il rischio di vedersi sottoposti a procedimenti risarcitori.
Il 3 Ottobre anche la rete si mobilita. Non si resta a guardare.
Di seguito alcune voci contro che chiedono sia rispettata la libertà di stampa.

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    • Clamoroso, forse inedito, intervento diretto del governo sulla Rai dopo la prima puntata di Annozero e le notizie sugli alti livelli di ascolto. In un comunicato ufficiale il ministro Scajola attacca: “E’ ora di finirla. Quella di ieri è l’ennesima puntata di una campagna mediatica basata sui pruriti, sulla spazzatura, sulla vergogna, sull’infamia, sulle porcherie”.
    • “Convocherò i vertici della Rai per verificare se trasmissioni come Annozero rispettino l’impegno, assunto dalla Rai nel contratto di servizio, a garantire un’informazione completa e imparziale”
    • l’ira del presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli, che non ha tardato a giudicare le parole di Scajola “un pericoloso precedente. Non corrispondendo ad alcuna regola o prassi istituzionale”
    • dall’opposizione si è alzata la protesta di Paolo Gentiloni, responsabile comunicazione del Pd: “Scajola fa una censura governativa. Il compito di vigilare sul pluralismo è affidato alle Camere, non al governo”
    • gli ascolti per la trasmissione di Santoro, che, dopo le polemiche della vigilia, ha sfiorato il 23% di share, seconda solo di poco ad una storica fiction
    • Soddisfatto Michele Santoro che riferisce anche dell’imminente soluzione della questione del contratto di Marco Travaglio, ieri intervenuto in qualità di “ospite”.
    • Santoro: “Siamo davvero contenti”. “Abbiamo lavorato in condizioni di assoluta emergenza e siamo andati in onda a regola d’arte da un altro studio con una squadra nuova. Oggi siamo davvero contenti” è il commento di Michele Santoro. “Questo risultato premia un prodotto interamente Rai e non è soltanto frutto delle polemiche”.
    • “E’ stata una trasmissione alla Santoro, nel suo stile classico”, ha detto Garimberti a margine del Prix Italia a Torino. “E comunque – ha aggiunto – non esprimo giudizi, non sono un critico televisivo”. Quanto all’intervento di Marco Travaglio, per il presidente della Rai è stato “un Travaglio doc, sempre il solito: è il suo stile, il suo modo di fare giornalismo. Si può amare o no, ma è opportuno che ci siano vari generi e che ognuno possa scegliere cosa guardare”
    • Alla domanda se il direttore generale della Rai, Mauro Masi, condivida tale valutazione, Garimberti ha risposto: “Non dipingetelo diverso da com’è, non è che non capisca che ci devono essere vari generi. Quello che ha sempre caratterizzato la Rai è la presenza di più voci: c’è il Tg1, il Tg2, il Tg3 e alla fine il pubblico può scegliere. C’è il telecomando – ha concluso – che è uno strumento di democrazia”

Lo scarso impegno della politica nella diffusione della banda larga sul territorio e nell’alfabetizzazione informatica della popolazione e l’inarrestabile susseguirsi di iniziative legislative volte a scoraggiare l’utilizzo della Rete come veicolo di diffusione ed accesso all’informazione costituiscono indici sintomatici della ferma volontà di non consentire che la Rete giochi il ruolo che le è proprio: primo vero mezzo di comunicazione di massa ed esercizio della libertà di manifestazione del pensiero nella storia dell’umanità.

L’emendamento D’Alia sui filtraggi governativi dei contenuti, il DDL Carlucci contro ogni forma di anonimato, il DDL Lussana finalizzato ad accorciare la memoria della Rete, il DDL Alfano attraverso il quale si vorrebbero applicare all’intera blogosfera le disposizioni in tema di obbligo di rettifica nate per la sola carta stampata e, infine, il DDL Pecorella – Costa, con il quale ci si prefigge l’obiettivo di trasformare ex lege l’intera Rete in un immenso quotidiano e trattare tutti i suoi utenti da giornalisti, direttori o editori di giornali non possono lasciare indifferenti.

Esiste il rischio, ed è elevato, che ci si risvegli un giorno non troppo lontano e ci si accorga che la Rete è spenta e che la prima e l’ultima speranza di uno spazio per l’informazione libera è naufragata.

Muovendo da tali premesse riteniamo importante che la blogosfera e la Rete italiana partecipino alla manifestazione del 3 ottobre per la libertà di informazione, sottolineando che esiste una “questione informazione in Rete” che non può e non deve passare inosservata perché se la libertà della stampa concerne il presente quella della blogosfera riguarda, oltre il presente, il futuro prossimo di ciascuno di noi.

L’auspicio è pertanto che quanti hanno a cuore le sorti dell’informazione in Rete, il 3 ottobre aderiscano alla manifestazione chiedendo alla politica che, in futuro, ogni iniziativa governativa o legislativa si ispiri a questi elementari principi di libertà e democrazia che costituiscono la versione moderna dell’art. 11 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino:

  • La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi per l’uomo: quindi ogni cittadino può parlare, scrivere, pubblicare in Rete liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge.
    Nessun sito internet può formare oggetto di sequestro o di altro provvedimento che ne limiti o impedisca l’acceso se non in forza di un provvedimento emesso dall’Autorità giudiziaria nell’ambito di un giusto processo.

    L’attività di informazione on-line di tipo non professionistico e non gestita in forma imprenditoriale è libera ed il suo svolgimento non può essere soggetto ad alcun genere di registrazione o altro adempimento burocratico.
    La disciplina sulla stampa e quella sull’editoria non si applicano alle attività di informazione on-line svolte in forma non professionistica ed imprenditoriale.
    Nessuno deve venir molestato per le sue opinioni, fossero anche sediziose, purché la loro manifestazione non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge.

    PRIMI FIRMATARI
    Guido Scorza – Istituto per le politiche dell’innovazione (guidoscorza.it)
    Enzo Di Frennaenzodifrennablog.it (giornalista)
    Vittorio ZambardinoScene digitali (La Repubblica)
    Alessandro GilioliPiovono rane (L’Espresso)

    HANNO GIA’ ADERITO
    Arturo di CorintoFree hardware Foundation
    Marco ContiniSocietà Pannunzio per la libertà di informazione
    Ernesto BelisarioIstituto per le politiche dell’innovazione
    Claudio MessoraByoblu.con
    Vincenzo Vita – Senatore della Repubblica
    Giuseppe Giulietti – Portavoce Articolo 21

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