Fornero, forse abolita la cassa integrazione?

C’è un’indiscrezione che rischia di far deflagrare le parti sociali e di mandare mezzo paese in tilt, quella metà di paese – grosso modo – che è in cassa integrazione.

Elsa Fornero, ministro del Welfare del governo Monti, era oggi al Consiglio dei Ministri del Lavoro a Bruxelles ed ha fatto un importante discorso circa la riforma delle pensioni, la tanto temuta riforma. La Fornero ne ha anticipato alcuni aspetti, che sono:

  1. metodo contributivo pro-rata per tutti con il passaggio al calcolo della pensione sulla base dei contributi versati e non sulla base delle ultime retribuizioni;
  2. innalzamento già dal 2012 a 100 della quota di età e contributi versati necessaria per il ritiro (dalla attuale quota 96, con 61 anni di età e 35 di contributi) e il superamento del tetto dei 40 anni di contributi come limite massimo per lasciare il lavoro fino a 41-43 anni;
  3. innalzamento dell’età pensionabile con incentivi (per chi si ritira dai 65 anni in su) e disincentivi (per chi si ritira prima);
  4. un aumento delle aliquote contributive degli autonomi, attualmente tra il 20% e il 21%, per allinearle o almeno avvicinarle a quelle dei dipendenti pari al 33%;
  5. eventuale blocco per uno o due anni a partire dal 2012 dell’adeguamento degli assegni all’inflazione, fatte salve le pensioni minime.

Questi, è ovvio dirlo, sono dettagli “dolorosi”: ogni intervento sull’età pensionabile risulta ingiustificato poiché sempre al centro della furia riformatrice e smantellatrice dei governi di destra degli ultimi anni; eppure esistono sacche di privilegio che fin qui non sono mai state sfiorate, ben difese dal corporativismo leghista nonché dalle potentissime associazioni di categoria e dagli altrettanto potentissimi ordini professionali. Unificare tutti i trattamenti al metodo contributivo è buona cosa, meno buono il blocco degli adeguamenti all’inflazione.

Fornero ha poi volto lo sguardo verso il mondo del lavoro. E ciò ci fornisce la misura del nuovo metodo seguito dal governo Monti, che è per così dire ‘integrale’, ovvero cerca di orientare la propria azione verso il sistema welfare per intero e non limitandosi a interventi a spot o a tagli indiscriminati ‘alzo zero’ tipici della strategia di inazione di Tremonti.

Gli interventi annunciati sulla materia ‘lavoro’ sono stati anticipati da una dichiarazione che faceva ben sperare: “Abbiamo ben chiari i difetti del nostro mercato lavoro, il suo dualismo e i principi di flexicurity che dovrebbero ispirarne la riforma” […] ma pur essendo importante, essa non potrà entrare ora in agenda. Il riferimento alla flexicurity, o flexsecurity, è di buon auspicio poiché in questa etichetta sono compresi provvedimenti importanti per superare il precariato selvaggio e fornire una cornice di diritti – contratto unico, salario minimo e indennità di disoccupazione – a quei lavoratori esclusi dalle tutele. Viceversa, l’istituzione di questi due strumenti potrebbe significare la revisione profonda, se non l’abolizione, dell’istituto della cassa integrazione straordinaria, sostituita appunto dall’indennità di disoccupazione.

Fornero non fornisce sufficienti particolari per poter comprendere questo, ma la voce è stata veicolata stasera da un servizio del TgLa7. Quale sia la fonte, nessuno lo sa. Dice Fornero, “in questo particolare momento noi abbiamo l’agenda dettata dalla sopravvivenza dell’euro. Sono riforme che implicano dei sacrifici. I privilegi vanno eliminati, ma questo non risana i conti pubblici”. Sperando che la sopravvivenza dell’euro non passi attraverso il sacrificio di noi tutti.

Manovra-bis, l’articolo 8 è sovversivo

Non si tratta solo di deroga all’art.18. Non è solo deroga allo Statuto dei Lavoratori, ma anche a qualsiasi norma di legge che disciplina una delle materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro. Quali?

Sarà possibile derogare rispetto:

  1. agli impianti audiovisivi (???) e alla introduzione di nuove tecnologie;
  2. alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
  3. ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
  4. alla disciplina dell’orario di lavoro;
  5. alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio.
In particolare il punto 2 deroga all’art. 2103 del Codice Civile nonché a tutto l’armamentario giuridico fatto di sentenze della magistratura che cito rigorosamente in coda al testo:

Art. 2103. – Mansioni del lavoratore: Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

 Ogni patto contrario è nullo.

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Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 23 agosto 2007, n. 17940, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 settembre 2007, n. 18580, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 dicembre 2007, n. 25313, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 21 dicembre 2007, n. 27113, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 23 gennaio 2008, n. 1430, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 4 febbraio 2008, n. 2621, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12 febbraio 2008, n. 3304, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 febbraio 2008, n. 2729, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 18 febbraio 2008, n. 4000, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 19 febbraio 2008, n. 4060, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 febbraio 2008, n. 4673, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26 marzo 2008, n. 7871, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 4 aprile 2008, n. 8740, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2008, n. 9814, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 7 maggio 2008, n. 11142, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 8 maggio 2008, n. 11362, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 9 maggio 2008, n. 11601, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 10 giugno 2008, n. 15327, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 2 settembre 2008, n. 22055, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 6 ottobre 2008, n. 24658, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 22 ottobre 2008, n. 25574 e Cassazione Civile, sez. tributaria, sentenza 9 dicembre 2008, n. 28887, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 1° luglio 2009, n. 15405, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 30 settembre 2009, n. 20980 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 14 aprile 2010, n. 8893 in Altalex Massimario.

Possiamo pensare di derogare a questo articolo del codice civile? Possiamo veramente credere che tutto rimanga come prima? Possiamo tollerare che un dipendente sia spostato di mansione con diminuzione della retribuzione? O che sia promosso senza che abbia alcun adeguamento? Possiamo veramente permettere accordi del genere? Accordi in cui un lavoratore sia spostato come una pedina da uno stabilimento all’altro, anche all’estero, senza che vi siano le necessarie – comprovate – ragioni tecniche?

Possiamo, certo. Ma dal giorno successivo in cui verrà approvata una norma simile, una norma che mette un accordo fra privati, con norme al di fuori della legge, al di sopra della legge, si è come dichiarata guerra alla società medesima. L’articolo 8 è sovversivo. Non è soltanto contro la costituzione e contro lo stato di diritto, ma è anche e soprattutto contro il cittadino, la persona, l’individuo. E’ un attacco a tutti noi, alla nostra vita in comune, alla vita condivisa e pacifica di questo paese.

Combattere contro l’articolo 8 è un atto di resistenza contro un atto di guerra.

Scusate l’enfasi, ma è vergognoso che l’unica opposizione giunta contro questa norma – a parte lo sciopero della CGIL, che però non ha messo sufficientemente in luce la portata sovversiva dell’emendamento – provenga solo da Confindustria, la quale fa sapere che la base di partenza resta l’accordo confederale del 28 giugno 2011, il quale prevede sì un rafforzamento della contrattazione di secondo livello – territoriale, aziendale – ma sempre all’interno della cornice superiore e condivisa della Costituzione, della Legge, dello Statuto dei Lavoratori e del CCNL. L’irresponsabilità del governo e di Sacconi è palese e deve essere duramente condannata.