La rivoluzione piccola del #416ter

Facciamo piazza pulita di tutti i retroscenismi. Per una volta. E focalizziamoci, se possibile, sul testo della norma, pura, per come è stata votata oggi alla Camera.

Parlo del reato dello scambio politico-mafioso, previsto dall’articolo 416-ter del Codice Penale e oggetto di una riforma storicamente necessaria e storicamente inevasa dal sistema politico. Il testo è giunto alla quarta lettura, approvato oggi dalla Camera sotto gli strali dei 5s, che paventavano l’accordo Pd-Forza Italia e la collusione con la mafia; con il voto di oggi sono state cancellate quasi del tutto le modifiche operate dal Senato, che rischiavano di vanificare l’efficacia della riforma.

Quindi, dicevo, questo è il testo:

 1. L’articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi procaccia voti con le modalità indicate al primo comma».

A questo link, invece, il confronto fra il testo approvato in prima lettura alla Camera e le modifiche votate al Senato il 28 Gennaio 2014: http://www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0015990&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=204-B-e-sede=-e-tipo=

Il relatore della Commissione II Giustizia, Davide Mattiello, nel suo breve discorso di oggi, ha ricordato la portata storica della modifica apportata dalla riforma: nello scambio politico-mafioso, “abbiamo finalmente reso irrilevante il denaro”. Già, poiché nella formulazione attualmente in vigore, il reato è correlato ad una promessa (di difficile dimostrazione) nonché allo scambio di denaro:

Art. 416-ter.
Scambio elettorale politico-mafioso.

La pena stabilita dal primo comma dell’articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro.

Per tale ragione, oggi lo scambio ‘voti per appalti’ non è una fattispecie punibile secondo il 416-ter. La riforma ammette questa possibilità ed è, nel suo piccolo, una rivoluzione. Spiega Mattiello sul suo blog: “il presupposto dell’accordo tra le due parti per il procacciamento di voti [è] fondato sulla sua consapevolezza; si intende, in tal modo, sottolineare più chiaramente il carattere doloso (ovvero, ex art. 43 c.p., secondo l’intenzione)”. Non è più centrale la promessa dello scambio: il reato inizia con l’accordo. E sussiste anche non in presenza di denaro (concetto di altra utilità).

La norma, al Senato, era stata modificata e resa meno netta nella sua proposizione. Il testo riproponeva il termine della ‘promessa’, alzava nuovamente le pene edittali equiparandole a quanto previsto dal 416-bis (associazione mafiosa). Ma l’accettazione dello scambio da parte dell’uomo politico non necessariamente e non immediatamente significa appartenenza all’organizzazione criminale: è stato questo concetto ad ispirare una diversa trattazione per il reato dello scambio politico-mafioso che, pur essendo una gravissima condotta, da solo non basta a dimostrare l’affiliazione. Lo scambio è un accordo, consapevole, che produce utilità per i contraenti, utilità non necessariamente coincidente con il denaro. Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia, si è così espresso: “dopo le correzioni della Camera al testo del 416-ter sul voto di scambio, abbiamo una norma perfetta e veramente utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”.

I 5 Stelle, tramite il blog di Grillo, scrivono invece che la norma è stata ‘svuotata’: “un politico può essere a disposizione della mafia: non è reato. Renzi e Verdini hanno ammazzato il 416 ter”. Nel testo del commento non è chiaro perché questa norma sia stata svuotata, né come. Quale è la natura della contestazione? Il mancato riferimento alla promessa? Quanto successo è esattamente il contrario di ciò che è stato votato in aula. Continuano i parlamentari 5s:

Dopo una lunga e dura battaglia il governo delle larghe intese sulla mafia, previo incontro tra capi, ha deciso che lo scambio politico mafioso non deve essere punito (blog Grillo).

I due capi sono Napolitano e Berlusconi, naturalmente. Peccato che la norma sia rivolta invece a colpire lo scambio anche in assenza di denaro, quindi è estensiva rispetto a quella attualmente in vigore. Perché il reato di scambio politico-mafioso è già reato, è già punibile. Ma la formulazione non copre tutte le fattispecie di scambio, per così dire. Non so se è chiaro. E non so se è chiara la disinformazione che i 5s stanno facendo in materia.

Semmai si dovrebbe operare al fine di approvare la norma immediatamente, già domani o dopo, al Senato. Non c’è più nulla da correggere, se la norma è perfetta. Citando nuovamente i 5s: “Non ci sono giri di parole da fare. Bisogna essere duri e determinati nella lotta contro la corruzione politica e mafiosa”. Sono d’accordo. Si adoperino per far votare subito la norma nello stesso testo approvato oggi. Grazie.

Bomba a Riyadh, la notizia fantasma

Segnalata da @ItalianPolitics e da @crislomb

In Arabia Saudita un’esplosione avrebbe devastato la sede dell’intelligence del paese e ucciso il vice capo dell’intelligence saudita.

Al-Fajr, un sito di notizie arabo segnala dall’Arabia Saudita che il vice capo dei servizi segreti dell’Arabia Saudita è stato ucciso nell’esplosione. Nessun rapporto ufficiale è stato ancora rilasciato sull’incidente. Giovedì sera il principe Bandar bin Sultan è stato nominato capo dei servizi di sicurezza dell’Arabia Saudita. Il principe Bandar, 63 anni, scomparso dalla vista del pubblico quando è stato richiamato da Washington dal re Abdullah nel 2005, dopo esser stato per 22 anni ambasciatore del regno, è stato immediatamente spinto in una crisi del Medio Oriente.

Viene indicato come uno “stretto alleato arabo degli Stati Uniti”, come “un sostenitore dei ribelli siriani”  e il suo ruolo dovrebbe essere quello di riparare le relazioni con Washington dopo il disaccordo sulle rivolte arabe.

Vedi http://english.farsnews.com/newstext.php?nn=9104250954

Grillo, Forza Nuova e il trollismo del Corriere

Le pagine di pessimo giornalismo online si arricchiscono oggi di una nuova pagina, grazie al Corriere della Sera e alla penna – anzi, tastiera – di Benedetta Argentieri. Tutti sanno il potere del blog di Grillo di aggregare intorno a sé un variegata platea di lettori e di sostenitori. Come ci ricorda la giornalista, è tra i “cento blog più influenti del mondo”. Da un anno circa, la Casaleggio ha creato un aggregatore di notizie che si chiama ‘tze tze’. Una colonna degli articoli maggiormente in evidenza su tze tze compare sulla destra della home page del blog di Beppe Grillo. Di fatto, potremmo scrivere un articolo che sostiene il ritorno del comunismo, ottenere un certo numero di visualizzazioni su tze tze e, come per magia, finire in home page su uno dei blog “più influenti del mondo”.

Non è un miracolo e non dovrebbe essere uno scandalo. E’ la perversione di un sistema che non valuta in nessun modo la qualità del contenuto, ma fa solo riferimento alla link popularity, o alla web audience che quel contenuto è in grado di convogliare. Il problema è se questo fatto sia o meno degno di diventare una notizia del Corriere.it: una notizia da home page del Corriere.it, che è pur sempre il portale web del “prestigiosissimo” quotidiano di Via Solferino.

L’autrice dell’articolo impiega tutte le armi della disinformazione maliziosa, quella che produce visualizzazioni “a manetta” sull’onda dell’indignazione: fa cioè finta di confondere un badge o widget di un aggregatore di notizie con un banner (che di solito è a pagamento); parla di spot, comparando quel trafiletto a uno strumento pubblicitario televisivo; e sulla base di queste assunzioni, costruisce una affinità fra Grillo e Forza Nuova, riesumando una dichiarazione di Roberto Fiore («Abbiamo idee simili anche sull’immigrazione»), che è vecchia di qualche mese. Gli è bastato fare un copia-incolla.

GRILLO E L’ESTREMA DESTRA– Il «banner» con il programma del partito è proprio sotto la promozione del libro di Grillo, una sorta di manifesto del movimento che sta sparigliando le carte della politica italiana. Roberto Fiore, da diverso tempo, strizza l’occhio a Grillo. «Abbiamo idee simili anche sull’immigrazione», cioè si vuole negare la cittadinanza italiana ai figli di immigrati. Oppure: «Grillo non si è mischiato con il potere». Il comico genovese, insomma, piace all’estrema destra. Anche ai «fascisti del terzo millennio», alias Casa Pound. Il Movimento 5 Stelle più volte aveva preso le distanze. «Forza nuova? Una realtà aliena all’impronta democratica del movimento». SUL WEB– Sarà quindi stata una svista? È vero che la pagina a cui rimanda la locandina di Forza Nuova, è gestita da «tze tze», una sorta di aggregatore di notizie che le sceglie in automatico, gestito da Casaleggio e Associati. La redazione del blog dovrebbe controllare anche i contenuti da fonti esterne. Intanto il programma della manifestazione di Forza Nuova a Bari si può leggere sul blog più visitato d’Italia, cioè quello di Grillo (Benedetta Argentieri, corriere.it).

Questo modo di fare giornalismo sul web è molto prossimo al trollismo. Si vuol solo generare traffico su una determinata pagina, con lo scopo non secondario di schizzare di fango la già non limpidissima immagine dell’ex comico, fondatore del M5S, accreditato oggi del 22% dei voti nei sondaggi, quindi a un soffio dalla maggioranza relativa (e virtuale). Non importa che le affermazioni divulgate siano vere o verosimili, l’importante è bruciare il carburante poco nobile dell’indignazione via web. Qualcosa di simile era già successo due giorni fa, quando un blog ha rilanciato la notizia falsa de L’Espresso sugli sprechi di  Favia, consigliere regionale dell’Emilia-Romagna del M5S. Quel post è rimasto a lungo fra i più letti dell’intera piattaforma WordPress in Italia. Ma non si è preoccupato di verificare alcunché di quello che ha riportato. Non è questo il netizen che abbiamo in mente.

Tg1, ore 7:00, i video “pirata” su Berlusconi

Video pirata, con enfasi sulla “p”: questo sono diventati i video pubblicati ieri dal sito di Repubblica.it che ritraggono Berlusconi fuori da Palazzo Grazioli accusare la magistratura e il pm del processo Mills, De Pasquale, di associazione a delinquere, nonché raccontare barzellette sugli ebrei e su Rosy Bindi.

Già ieri il Tg di Minzolini dava menzione della pubblicazione delle immagini “rubate”, sebbene i video riguardassero colloqui pubblici avvenuti solo il giorno prima fra il (finto) premier e alcuni sostenitori avvicinatisi a lui all’uscita della sua residenza romana; oggi la definizione scandalosa di video “pirata”.

Perché pirata? Perché Berlusconi non sapeva di essere ripreso? Perché realizzati non già da una televisione ufficiale bensì da un cittadino qualunque? Si vuole forse proibire di riprendere con il proprio telefonino un fatto di cui siamo testimoni? Si vuole forse ridurre lo spazio sacro in una democrazia liberale della libertà di espressione?

Sarei molto curioso di sapere l’opinione del direttorissimo Minzolini. Non già perché importante in sé medesima, ma per analizzare in seguito la costruzione barocca su cui reggerà il suo ragionamento. Minzolini ha invece oscurato del tutto la bestemmia; poi ha praticamente dato del ladro agli autori dei filmati.

Vodpod videos no longer available.

Il Direttore dimezzato: arringa televisiva in difesa di sé stesso. Io come Giovanni Amendola.

Non ce l’ha fatta a resistere dall’andare in video. Lui, Minzolini, il direttore dimezzato – a sentire le indiscrezioni sulle ultime intercettazioni, il vero direttore del TG1, il direttore ombra, è Berlusconi – parla della gogna mediatica a cui è stato sottoposto, ingiustamente, poiché nell’inchiesta di Trani, lui, non è mai stato iscritto nel registro degli indagati. E’ normale, dice il metà-direttore, che egli parli al telefono con il Presidente del Consiglio. E’ normale, funziona così, per i giornalisti. Parlano al telefono con i politici. E che cosa diranno mai? Parlano del più e del meno. Delle previsioni meteo. Del Milan.

Minzolini non entra – volutamente – nel merito dell’inchiesta. Non dice, Minzolini, che al telefono, Berlusconi – come altri, del resto – richiede particolari trattamenti. Richiede, come altri, come la bisca della Protezione civile, di non parlare di alcune notizie, o di dare sfumature a certe altre. Non ve ne siete accorti, voi tele-ascoltatori del Tg1. Poiché sono molti bravi. Lo dice Minzolini stesso, quella del Tg1 è la redazione più prestigiosa. Il Tg1 delle 20 è il principale canale attraverso cui il pubblico si informa, attraverso cui si forma un’opinione. Un mezzo così importante che – da anni, oramai – è eterodiretto dal (finto) premier attraverso le nomine coordinate di direttori generali, direttori di rete e direttori di telegiornale. Lo dimostrano, ahimé, ancora una volta, le intercettazioni. Quelle del caso Saccà (2007-2008), quelle odierne. Lo dimostra lo stesso Tg1, ogni maledetta sera.

L’uso sistematico che viene fatto del servizio pubblico al fine di orientare l’opinione pubblica è lampante, sotto gli occhi di tutti: oltre a dedicare la maggior parte del tempo alla “nota politica”, confezionata ad arte in modo da inserire le dichiarazioni degli oppositori in mezzo a due blocchi consistenti dedicati ai vari portavoce del governo e della maggioranza (prima governo e ministri, dopo portavoce, capigruppo, l’immancabile Gasparri – insomma, il cosiddetto “panino”). Non solo: sempre più spesso vengono dedicati servizi giornalistici che paiono fatti apposta per costituire una risposta indiretta alle inchieste delle trasmissioni considerate scomode. Santoro mostra le macerie de L’Aquila tutte ancora al loro posto? Il TG1, a metà giornale, parla dell’incessante lavorio di Vigili del Fuoco e Esercito nella rimozione delle stesse macerie, che al giovedì erano là, ancora nelle vie, nelle piazze de L’Aquila, mentre ora sono caricate a bordo di camion e trasportate in discarica dove vengono accuratamente setacciate per recuperare il recuperabile, oggetti personali, libri, denaro, tesi di laurea, ma anche le storiche pietre dei palazzi aquilani. E quanta burocrazia che blocca questa delicata, lunga, operazione!

Non è giornalismo, è politica. Il TG1 è stato trasformato in un organo di partito, alla stregua de L’Unità o de La Padania. Tanta parte del giornale – una parte sempre maggiore – viene dedicato alle non-notizie di cronaca, al gossip, alle condizioni meteo. In secondo piano la crisi economica; nemmeno citate le proteste degli operai cassaintegrati di Termini Imerese.

Il culmine della falsificazione del reale è stato raggiunto con la divulgazione della notizia della assoluzione dell’avvocato David Mills, anziché della prescrizione del reato. Il Direttore dimezzato non ha mai provveduto a rettificare l’immensa menzogna creata dal suo giornale. Il caso non è neppure stato considerato meritorio di uno dei suoi famigerati editoriali. Il Direttore non ha voce per questa materia. Si è censurato da solo. In completa autonomia e libertà.

L’abisso che corre fra la sua figura e quella, da lui stesso evocata, di Giovanni Amendola è incommensurabile: “Amendola era fautore di una linea politica liberal-democratica e si schierò decisamente contro il fascismo, non accettando le posizioni di compromesso che, sin dal 1921, avanzarono altri esponenti della classe dirigente come Giolitti e Salandra[…] Le sue posizioni critiche verso il regime gli valsero frequenti intimidazioni e aggressioni, fino a giungere all’aggressione fisica, quando fu bastonato da quattro fascisti e ferito alla testa, il 26 dicembre 1923 a Roma. […] Diventa, insieme a Filippo Turati, il massimo esponente dell’opposizione aventiniana e promuove una linea non violenta di opposizione al fascismo, confidando che, dinanzi alle responsabilità del fascismo nella morte di Matteotti, il re si decida a nominare un nuovo governo. […]  Il deputato liberale fu aggredito dagli squadristi a Serravalle Pistoiese il 20 luglio 1925 e non si sarebbe più ripreso dalle percosse subite. È considerato l’ispiratore del Manifesto degli intellettuali antifascisti” (fonte Wikipedia).

L'”aggressione” mediatica che Minzolini lamenta di aver ricevuto è in realtà, nella realtà tanto scomoda e da mascherare, l’opera diegetica del parresiastes, della parola libera, che nella sua funzione disvelatrice, leva la maschera e sottopone alla luce della opinione pubblica l’uomo Minzolini con la sua “vera” storia. La verità è ribaltata in gogna, la libertà di parola – la stessa libertà di parola che Amendola osava esibire al cospetto del potere totalitario fascista – in aggressione. L’opera del ribaltamento di senso è così compiuta.

Il TG1 è organo di partito. La disinformazione, altra arma creatrice di consenso.


L’editoriale di Minzolini sulle intercettazioni e la condanna mediatica di Bertolaso segna il passaggio definitivo del TG1 dal terreno degli organi di informazione agli organi di partito. La filippica del Minzo è prodromo all’intervento di oggi di Angelino Alfano:
Andremo avanti con il testo approvato alla Camera che rappresenta un punto di equilibrio tra esigenze delle indagini, diritto alla riservatezza, di cronaca e tutela delle intercettazioni per i reati di mafia. Questo ddl è una della prime azioni in materia di giustizia e quando sarà approvato saranno passati due anni circa dal momento in cui è stato proposto (fonte: La Stampa.it <http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201002articoli/52456girata.asp> ).
Di fatto, il TG1 è diventato il portavoce della maggioranza al governo e come tale si adopera per alimentarne il consenso da parte dei cittadini attraverso due fondamentali strategie:
– l’occultamento delle informazioni, come nel caso della invasione del centro storico da parte degli aquilani;
– la diffusione di servizi giornalistici antitetici alla notizia: esempio lampante lo è stato il caso delle macerie de L’Aquila ancora nel mezzo del centro storico, messo in mostra dalle telecamere di Annozero, a cui il TG1 ha risposto con un servizio sulla attività di raccolta, che per Annozero era ferma, delle stesse macerie, mostrando addirittura come queste venissero accuratamente – e perciò “lentamente”, fornendo in modo implicito all’ignaro ascoltatore una spiegazione del ritardo nei lavori – separate dagli oggetti smarriti quali soldi, tesi di laurea, giocattoli, pietre storiche dei palazzi aquilani, corredando il tutto con immagini di vigili del fuoco al lavoro e camion colmi di detriti all’ingresso della discarica.
Lo stesso modello è stato applicato per la notizia della nota della Banca d’Italia sul fallace recupero di capitali dello Scudo Fiscale:
I denari, le azioni e le obbligazioni che i beneficiari dello scudo fiscale hanno riportato materialmente in Italia, smobilitando le attività estere e convertendole in contante, ammontano per la precisione a 34,9 miliardi, ovvero al 41 per cento degli 85 miliardi totalizzati complessivamente dalla prima fase dello scudo (si arriva a 95 solo tendendo conto di oro e gioielli, delle microperazioni e dei rientri differiti per particolari ostacoli procedurali; fonte La Repubblica.it http://www.repubblica.it/economia/2010/02/20/news/scudo_rientro_ridimensionato_in_italia_rientrati_solo_35_miliardi-2366262/).
Il TG1 ha fornito all’ascoltatore soltanto la risposta del Tesoro, per bocca del direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, secondo il quale “si tratta solo di «giochi statistici» e che lo scudo è stato «uno straordinario successo»”. Addirittura, secondo il TG1, le analisi della Banca d’Italia sono soltanto “illazioni”. Nemmeno nomina la Banca d’Italia. Per il TG1 c’è spazio solo per la voce del governo.

La Centrale nel giardino. Metti la scoria nell’indifferenziata.

L’articolo del giornale free-press Metro che rivela la lista dei siti scelti per ospitare le centrali nucleari è stato pubblicato venerdì scorso, 11 settembre, ma la notizia, con l’eccezione della rivista stampa su Sky, è li senza trovare spazio sui maggiori quotidiani nazionali. A questa divulgazione, il ministro dello sviluppo Economico Claudio Scajola ha risposto dalla Fiera del Levante di Bari con un secco e berlusconiano linguaggio: “Sciocchezze, solo sciocchezze messe in giro da chi non vuole il nucleare. Solo monnezza che nel

Paese sta prendendo troppo spazio”. Per poi aggiungere: “se un’area vicino casa mia fosse scelta per la realizzazione di una centrale, perché dovesse averne i requisiti, io farei comizi in piazza a favore della centrale, perché porterebbe progresso e noi non dobbiamo essere contro il progresso”.

Per Scajola i giornali raccontano solo bugie, solo lui è credibile, confonde le parole per vuotarle del loro senso e creare confusione: il problema del nucleare sono le scorie, la monnezza nucleare, e nessuno lo ignora – anche Scajola lo sa. Nella mente pavloviana degli aficionados berluscones, il rinvio rovesciato al “non nel mio giardino” è un’opera di distrazione: la centrale nucleare non sarà nel tuo giuardino no, e poi “io farei comizi in piazza”, il che equivale a dire: le manifestazioni contro l’insediamento delle centrali sono stupide e chi si oppone alle centrali è un un reazionario che si oppone al progresso.

Tutto questo utilizzo (rovesciato-svuotato-martellato-impoverito) del linguaggio e delle parole è una messa in pratica della disinformazione (un decimo di verità, nove decimi di bugie).

di Stefania Divertito, Metro, 14-09-2009

Di ufficiale c’è poco. Di ufficioso, praticamente tutto: chi è stato incaricato dal governo di realizzare lo studio di fattibilità per individuare le dieci città “prescelte” per ospitare le centrali nucleari, ha realizzato una lista di massima. Tra queste dieci ne dovranno essere scelte quattro: saranno loro ad ospitare gli impianti di terza generazione che il governo ha intenzione di costruire in Italia. La notizia viene confermata a Metro da uno dei tecnici che ha partecipato allo studio. Esiste una bozza, allo studio del governo. Tre le caratteristiche del territorio prescelto: assenza di sismicità, minore densità abitativa, vicinanza all’acqua, preferibilmente al mare, perché i fiumi rischiano di straripare. Mentre i tecnici cercano le aree, il governo ha già incassato il parere favorevole di Veneto e Sicilia.

ECCO LE DIECI AREE INDIVIDUATE PER LE 4 CENTRALI DA COSTRUIRE

1) Monfalcone (Gorizia). Uno degli elementi decisivi: la presenza del mare
2) Scanzano Jonico (Matera). Già individuato per il deposito delle scorie
3) Palma (Agrigento): la Regione Sicilia si sarebbe detta favorevole
4) Oristano: da sempre la Sardegna è nella top ten per i siti.
5) Chioggia. I cittadini stanno già organizzando le proteste.
6) Caorso. È uno dei siti che già ospita le centrali.
7) Trino Vercellese. Anche qui c’è un impianto in decommissioning.
8) Montalto di Castro: vicino al mare e un sito già individuato in passato
9) Termini Imerese. Pioggia di smentite ufficiali, ma i residenti temono.
10) Termoli: uno studio ne elenca le caratteristiche favorevoli al progetto

Tra gli addetti ai lavori la lista è un foglio che scotta. Che non deve diventare ufficiale, perché scatenerebbe le proteste dei cittadini. Eppure c’è. E contiene i nomi delle dieci città dove dovrebbero sorgere 4 delle centrali nucleari promesse dal governo. Per la maggior parte si tratta dei vecchi siti dove già ci sono gli impianti, ormai in dismissione. Ma ci sono anche delle novità: come Palma nell’Agrigentino o Termini Imerese, scelte figlie della disponibilità annunciata dalla Regione Sicilia. A sbarcare in Italia sarà l’European pressurized reactor di tecnologia francese, figlio della joint venture tra Enel ed Edf che hanno affidato la realizzazione degli studi di fattibilità alla neonata Sviluppo Nucleare Italia srl. Numerosi sono i laboratori coinvolti in questa fase per realizzare la mappa delle città papabili. «È la conferma che la scelta verrà presa con una dittatura nucleare. I siti saranno presidiati militarmente e non sarà possibile avere informazioni», denuncia il senatore Pd Roberto della Seta che sta preparando un’interrogazione parlamentare.

di Stefania Divertito, Metro, 14-09-2009

Non bastano le parole tranquillizzanti del ministro dello Sviluppo Scajola: i molisani riempiono i blog di proteste anti nucleari, da Monfalcone arriva la notizia della formazione di un comitato cittadino contro le centrali. A Termini Imerese il sindaco smentisce che ci sia un interessamento del governo, ma secondo fonti interne all’Enel è proprio la Sicilia una delle regioni deputate a ospitare i primi impianti. A Chioggia, Scanzano Jonico e Montalto di Castro sono stati annunciati consigli comunali sul tema. Da quando Metro venerdì ha pubblicato la lista delle città per l’individuazione dei siti nucleari, si sono scatenate le proteste. Ma Scajola risponde che la lista non è pronta: «Il governo sta ancora individuando i criteri dei siti dove collocare le centrali». Alcuni tecnici, interpellati da Metro, confermano che tra le bozze del decreto ci sono le indicazioni delle aree più adatte secondo le caratteristiche geomorfologiche. Poi saranno le imprese a scegliere i luoghi precisi. Anche contro il parere delle Regioni.La definisce “dittatura nucleare” il senatore Roberto Dalla Seta, Pd. Si riferisce alla possibilità data al governo di decidere dove costruire le centrali anche contro la volontà delle istituzioni locali. Al ministero dello Sviluppo stanno lavorando ai decreti che conterranno le indicazioni dei siti. «Poi – ha detto il ministro Scajola – le imprese proporranno la localizzazione ». Un doppio passaggio che prevede la consultazione delle Regioni. E se dovessero dire di no? Il governo potrà agire anche contro la loro volontà. «Le parole del ministro confermano che l’auspicato dialogo sarà di facciata – dice a Metro Della Seta – ma dubito che potrà scattare il braccio di ferro, a meno di innescare una guerra sociale». In questi giorni comunque tra i tecnici del dicastero e quelli dei laboratori delle imprese energetiche coinvolte circola la lista di massima che contiene le dieci ipotesi elencate da Metro. Entro febbraio, assicura Scajola, i nomi definitivi. «Certo non prima delle regionali, c’è da scommetterci », ribatte Della Seta che annuncia interrogazioni parlamentari.

di eptor10, Agoravox, 12-09-2009

Sono dieci i siti prescelti dal governo per la realizzazione delle quattro centrali nucleari, senza contare i depositi delle scorie. Il tutto avviene nel silenzio più assoluto.
Il tutto e il niente si ripropongono continuamente in Italia. Come dire: sappiamo tutto e non sappiamo niente. O meglio, non vogliamo rivelarvelo, non ancora. L’argomento in questione è il programma nucleare italiano, gestito da una joint venture tra Enel e Edf francese, che consegneranno alla società Sviluppo Nucleare Italia srl gli studi di fattibilità; il governo avrebbe scelto dieci località per la costruzione delle quattro centrali nucleari previste (il cui costo di costruzione è di 5 miliardi l’euro l’una). I siti sarebbero:

1) Monfalcone (Gorizia)
2) Scanzano Jonico (Matera)
3) Palma (Agrigento)
4) Oristano
5) Chioggia
6) Caorso
7) Trino Vercellese
8) Montalto di Castro
9) Termini Imerese
10) Termoli

I requisiti per l’insediamento delle centrali sono diversi, tra cui la vicinanza al mare, l’assenza di sismicità (anche se individuare un sito nucleare in un territorio ad alto rischio sismico come la Sicilia è decisamente un azzardo) e la bassa densità abitativa. In alcuni di questi siti, inoltre, sono già presenti vecchie centrali dismesse, ad esempio a Caorso; oppure Scanzano Jonico, teatro in passato di veementi proteste contro la decisione nel 2003 di impiantarvi un deposito di scorie nucleari. Ora, per somma gioia degli abitanti, la località potrebbe ottenere direttamente una bella centrale atomica.
Veneto e Sicilia hanno già dato l’ok per la costruzione di centrali di terza generazione, si attende ora la decisione delle altre regioni prescelte, ovvero il Lazio, la Sardegna e la Puglia. Ma le comunità locali stanno già mobilitandosi per opporsi ai progetti governativi, nel tentativo di creare un fronte antinucleare in grado di vincere solo se rimarrà compatto e unito pur nella distanza e nella diversità dei contesti in cui verranno insediate le centrali.
Con tutta probabilità il governo applicherà le stesse disposizioni attuate in Campania per il decreto rifiuti: esercito nei cantieri delle centrali e leggi speciali, massiccia presenza di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Per nascondere alle comunità locali la presenza dei depositi di scorie, il governo si servirà del Segreto di Stato all’energia, approvato con tutta fretta durante gli ultimi giorni della moribonda legislatura di Romano Prodi, segno questo che i grandi gruppi economici non hanno colore politico e si servono della classe politica per attuare i propri piani.
Ora c’è da chiedersi, quale garanzia o opportunità si sta offrendo all’Italia col nucleare? Gli enormi costi di costruzione, la manutenzione, le scorie, la limitata produzione energetica, l’esaurimento dell’uranio e il progressivo aumento dei costi di estrazione. Nonchè il grave rischio di infiltrazioni delle organizzazioni criminali nel business del nucleare. Nella civilissima Francia, infatti, sono stati censiti tantissimi siti in cui sono stati sversati illecitamente rifiuti radioattivi. In Italia, tenendo conto che le mafie fondano buona parte della propria ricchezza sul traffico illecito di rifiuti, cosa potrebbe accadere? Non è un prezzo troppo grande da pagare sia in termini economico-sociali sia ambientali, considerato che con un mix di energie pulite e con un serio piano di risparmio energetico si potrebbero ridurre considerevolmente il fabbisogno e la dipendenza da altri Paesi?
Sono molti, troppi i dubbi e i sospetti che gravano sul programma nucleare del governo, che in poco tempo ha triturato il referendum abrogativo del 1987 che stabiliva la denuclearizzazione della penisola, contravvenendo ad un’espressa volontà popolare e senza che fosse mai stato fatto un sondaggio serio delle opinioni favorevoli o contrarie sul ritorno del nucleare. Ma non dobbiamo preoccuparci! A garantire la nostra sicurezza ci pensa lui, il miglior premier che l’Italia abbia mai avuto in 150 anni di storia! Fate largo a Silvio Berlusconi.