Cosa dice Mario Vargas Llosa di Julian Assange

Hacker, un ignobile lavoro, secondo Mario Vargas Llosa. Un hacker ruba informazioni. Un hacker è un ladro. Non c’è niente di dignitoso in ciò che fa. Mario Vargas Llosa non usa mezzi termini. Julian Assange è soltanto un signore che sta cercando di sfuggire a un giudizio per stupro. “C’è un tale groviglio di confusione sulla sua persona, creato da sé stesso e dal suo entourage”, scrive.

Ci sono milioni di persone in tutto il mondo convinte che lo spilungone australiano dai capelli bianchi e gialli che appariva pochi giorni fa sul balcone dell’ambasciata ecuadoregna di Knightsbridge, Londra, la preferita dagli sceicchi arabi, a tenere una lezione sulla libertà di parola al presidente Obama, sia un perseguitato politico degli Stati Uniti, che è stato salvato in extremis niente di meno che dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa , cioè il paese, dopo Cuba e Venezuela, che ha commesso i peggiori abusi contro la stampa in America Latina, con chiusura di emittenti, giornali, trascinando in tribunali servili giornalisti e giornali che hanno osato denunciare il traffico e la corruzione del suo regime, presentando una legge bavaglio che ha praticamente decretato la fine del giornalismo indipendente nel paese. In questo caso vale il vecchio detto: “Dimmi chi sono i tuoi amici e ti dirò chi sei”. Poiché il Presidente Correa e Julian Assange sono tali e quali (Mario Vargas Llosa, El Pais).

Lo scrittore sudamericano non spende una parola per discutere nel merito le accuse che sono valse a Assange l’esilio in ambasciata ecuadoregna. Llosa afferma che se Assange ha trovato asilo nel “regno” di Correa, allora è come lui. Correa ha dichiarato oggi di non approvare i metodi di Assange ma è indubbio che egli è perseguitato dagli Stati Uniti per i segreti che ha rivelato. Il regime di Correa è fieramente avverso agli USA. Llosa ricorda che gli USA non hanno fatto ancora alcuna richiesta di estradizione, né Assange figura come indagato in alcuna inchiesta americana, ma è chiaro che se il fondatore di Wikileaks fosse estradato in Svezia, allora il segretario di Stato Hillary Clinton potrebbe pretendere che Assange sia consegnato alle autorità USA. Secondo Llosa Assange non è vittima della libertà di parola, ma è un fuggitivo che con questa scusa evita di render conto dell’accusa di violenza sessuale. Le rivelazioni delle varie operazioni, Afghan War Logs, Iraq War Logs e il definitivo Cable Logs, hanno secondo Llosa, hanno violato la sfera di segretezza dello Stato americano, una sfera di segretezza che ha diritto di esistere affinché uno Stato possa mantenere relazioni corrette con i propri alleati, con i paesi neutrali, e in particolare con gli avversari manifesti o potenziali.

I sostenitori di WikiLeaks dovrebbe ricordare che il rovescio della medaglia della libertà è la legge, e che, senza di essa, la libertà scompare nel breve o nel lungo periodo. La libertà non è e non può essere anarchia e il diritto all’informazione non può significare che in un paese scompaiono riservatezza e confidenzialità e che tutte le attività amministrative dovrebbero immediatamente essere pubbliche e trasparenti. Ciò significherebbe paralisi a titolo definitivo o anarchia e nessun governo può, in un tale contesto, esercitare le proprie funzioni e sopravvivere. La libertà di espressione è completata, in una società libera, dai tribunali, dai parlamenti, dai partiti politici di opposizione i quali sono i canali giusti a cui si può e si deve ricorrere se si ha indizio che un governo nasconda o dissimuli delittuosamente iniziative e attività. Ma attribuirsi questo diritto a procedere manu militari e far saltare la legge in nome della libertà è degradare questo concetto in maniera irresponsabile, convertendolo in libertinaggio. Questo è ciò che WikiLeaks ha fatto, e la cosa peggiore, credo, non a causa di alcuni principi o convinzioni ideologiche, ma spinto dalla frivolezza e dallo snobismo, vettori dominanti della civiltà dell’intrattenimento in cui viviamo (M. V. Llosa, cit.).

Julian Assange non è un crociato per la libertà bensì un opportunista in fuga. Così Llosa. In un articolo che mi ha spiazzato, poiché proprio in questi giorni ho scritto un pezzo in cui dicevo esattamente il contrario. Assange come nuovo parresiastes, che pratica la parola franca, libera: un uomo che opera al servizio della verità, qualcosa che ha permeato tutta la propria esistenza, sin da quando era un giovane hacker e insieme agli International Subversives attaccava la rete intranet della NASA. Era il 1989 è stava per essere lanciata  la sonda Galileo. La NASA operò sull’opinione pubblica per nascondre o minimizzare il fatto che la sonda montasse un propulsore atomico. Il gruppo di Assange, anarchico e ambientalista, inserì nella rete DECNET della NASA il worm WANK. Fu il secondo attacco worm della storia dell’informatica. Il primo a carico di una rete di computer. Il primo a carattere politico. Se Wikileaks anni dopo non avesse pubblicato il video Collateral Murder, il video degli Apache USA che uccidono i civili iracheni, mai avremmo saputo dei crimini di guerra USA commessi durante il conflitto in Iraq. Allo stesso modo se il Washington Post non avesse pubblicato le rivelazioni alla base del Watergate, il presidente Nixon non avrebbe mai dovuto render conto all’opinione pubblica del suo sistema di spionaggio degli avversari politici. Medesima cosa dovremmo dire di quando il New York Times pubblicò i Pentagon Papers, i documenti top-secret di 7000 pagine del Dipartimento della difesa americano che contenevano uno studio approfondito del governo su come aggiustare la storia della guerra in Vietnam e dei massacri di massa che vennero perpetrati dalle forze armate USA. Wikileaks esiste perché i governi studiano macchine burocratiche per controllare la verità, perché i governi impiegano la mimesis, la tecnica della rappresentazione e della persuasione, per “difendere” l’opinione pubblica dalla realtà e in questo modo prolungare il proprio potere e quello dei gruppi di interesse a cui fanno riferimento. Vargas Llosa farebbe bene a rendersene conto.

Monti ha minacciato le dimissioni per forzare il sì di Merkel

Secondo El Pais, Mario Monti avrebbe tenuto in scacco il Consiglio Europeo per un’ora – quell’ora di mistero in cui Angela Merkel ha rimandato la propria conferenza stampa – minacciando le dimissioni se non fossero state prese in considerazione le sue proposte. “E’ stato un momento di grande tensione”, ha rivelato un dirigente comunitario di massimo livello. La situazione si è sbloccata soltanto alle tre della mattina di Venerdì, durante l’incontro bilaterale Monti-Merkel. Gli accordi siglati in precedenza, al G-20 a Los Cabos (Messico), e durante i due incontri a Roma e Parigi, che avevano praticamente delineato le misure per fronteggiare la crisi del debito e la mancata crescita, una volta che i leader europei erano arrivati a Bruxelles, erano diventati “lettera morta”, riportano le fonti de El Pais. Questa circostanza avrebbe fatto infuriare il primo ministro italiano, sino alla minaccia di dimissioni.

Continua a leggere: http://internacional.elpais.com/internacional/2012/06/29/actualidad/1340996603_211857.html

La Germania ha un piano per salvare le proprie banche dal default greco

Così oggi El Pais:

La Germania si è già messo al lavoro per evitare l’incidente: il governo del Cancelliere Angela Merkel ha praticamente un piano di emergenza pronto a difendere le banche tedesche in caso di default in Grecia. Con il passare dei giorni, il fallimento è sempre più vicino. Berlino vuole avere tutto pronto per le proprie banche e proprie le assicurazioni in modo che esse sopportino perdite fino al 50% dei loro investimenti in debito greco se Atene viola i termini del piano di salvataggio e non potrà più effettuare i pagamenti […].

La formula scelta può essere la ricapitalizzazione delle società attraverso il fondo di salvataggio per le banche istituito nel 2008 per ripulire il sistema finanziario, scrive la Reuters. Significherebbe iniettare più denaro pubblico nelle banche germaniche, tra quelle che hanno ricevuto più aiuti dall’inizio della crisi. Le grandi banche tedesche hanno scontato una pena pesante in Borsa: Commerzbank ha lasciato sul campo il 74% del proprio valore negli ultimi 12 mesi, Deutsche Bank ha perso oltre metà del suo valore in un anno.

La situazione è marcia e in Germania vogliono che tutto sia protetto e ben legato. Ma il semplice fatto che il piano di emergenza sia divenuto noto indica che l’incidente in Grecia si sta avvicinando. Berlino è in attesa dei risultati del rapporto sulla Grecia prima di decidere di attivare il piano. Per ora, il fitto calendario di incontri è un altro indizio della gravità del problema. Ieri Schäuble si è recato a Marsiglia per assistere al G-7. Merkel ci sarà Lunedi, quando vedrà presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso, in un incontro cruciale per trasformare quello che potrebbe essere la pallottola d’argento della UE per placare le turbolenze: il fondo di salvataggio (FSF Europe), riforma che permetterà di comprare il debito per combattere gli attacchi da parte degli speculatori, a condizione che il Parlamento europeo dia il via libera a questi cambiamenti. Gli analisti stimano che l’accordo per l’istituzione del fondo potrebbe subire una battuta d’arresto nei Paesi Bassi, Finlandia, Austria e nella Germania stessa, dove al Cancelliere Merkel non è nemmeno assicurato il sostegno del proprio governo di coalizione.

(fonte El Pais, 10/09/11)

Futuro prossimo o futuro remoto: il PD e l’ineluttabile Vendola

credits Vauro

L’analisi di Miguel Mora su El Pais, che qui pubblico integralmente, è impietosa ma vera: quale il futuro della politica in Italia? Il futuro passa per le mani di Fini-Casini? Per quelle di Bersani? O di D’Alema? Resterà in quelle di Berlusconi, magari un pochino più ammanettate alla Lega Nord? Il giornalista di El Pais impiega spesso nell’articolo l’aggettivo ‘desolante’: è desolante questa Italia che vede compromessa la sua speranza di stabilità politica; è desolante il governo di B. che è attanagliato da una corruzione ‘senza freno’; è desolante che l’unico partito che mostri un certo grado di affidabilità – la Lega – mostri i tratti della destra europea xenofoba; è desolante che la prossima battaglia si consumi fra destra legalista e destra xenofoba; ed è oltremodo desolante che il PD non abbia il coraggio di andare oltre e affrancarsi da un gruppo dirigente ormai consegnato alla Storia. Ma forse c’è uno spiraglio: il flebile vento del cambiamento sembra spirare da sud.

Un paese senza futuro politico.

La situazione è grave ma non seria. L’adagio dello scrittore Ennio Flaiano continua a definire la deprimente scena politica italiana. Il paese va di nuovo verso il caos gettando via, dopo due anni e quattro mesi di mandato, il desiderio di stabilità degli elettori che nel 2008 scelsero la più larga maggioranza della storia repubblicana. Berlusconi, afflitto da una corruzione senza freno, senza altre idee che quella di salvare la propria ‘pelle giudiziaria’ e abbandonato dal suo delfino-squalo, è solo, a capo di un partito di plastica, un feudo in cui prosperano segretari fedeli, sudditi, dipendenti, ex veline e capi-clan più o meno legali.
Il Popolo della Libertà, o Partito dell’Amore, appare per come è sempre stato: un anti-partito, un comitato di affari e una mera fabbrica di leggi ad personam pensate e create per la maggior gloria del padrone. Quando giunge l’ora di fare una politica di verità o di responsabilizzarsi realmente per il paese, è lo stallo. La ricetta che conosce il populismo italiano è “ottimismo e elezioni”. Quando qualcosa va storto, si fa appello al popolo. La speranza è sempre il Grande Fratello: tre mesi di televisione, burle e propaganda unificata radono al suolo quelli che non hanno televisioni né sono showman. E si vince di nuovo. Se il cammino porta il paese ad affondare in una deriva greca, colpa degli altri…
L’avventura solitaria di Gianfranco Fini corre il serio rischio di finire in una partita al buio o peggio. Per disattivarlo, Berlusconi cercherà le elezioni anticipate il più presto possibile, e la Lega Nord lo abbraccia senza esitazione: alla fine è l’unico partito serio, e il crescente discredito di Berlusconi le consegnerà una valanga di voti.
Fini, meno coraggioso che opportunista, e la ex-sinistra, capace di qualsiasi aberrazione per non essere costretta a vincere le elezioni e, peggio, a governare, completano il quadro desolante di un paese senza futuro politico. Berlusconi ha 73 anni e diversi procedimenti pendenti, che gli impediscono di lasciare il potere pena la perdita dell’immunità. Fini è stato 16 anni all’ombra del magnate, e se è diventato il punto di riferimento per la legalità e il rispetto per le istituzioni è a causa della desolante inazione del Partito Democratico, incapace di diventare un’alternativa al berlusconismo data la complicità dei loro vecchi gerarchi con la casta politica, i suoi vizi irrecuperabili e i complessi propri degli ex-comunisti e cattolici.
Affiché la nuova battaglia non sia solo tra un centro-destra europeo, onesto e rispettoso della separazione dei poteri, e una destra corrotta, xenofoba e alleata di Dio e il Diavolo, la sinistra dovrebbe correggere la rotta quanto prima. Ma sarebbe un’impossibilità quasi metafisica, che i loro leader facciano harakiri politico e lascino il campo aperto ad una nuova generazione. Se lo fanno, il candidato in grado di sconfiggere il Cavaliere esiste.Si chiama Nichi Vendola, governatore della Puglia.

Contro il bavaglio ai blog: scrivete a Cicchitto

No al bavaglio della Rete, no al bavaglio dei blog. Segui anche su http://ilnichilista.wordpress.com

[traduzioni degli appelli in spagnolo a cura di Simone Ramacci che pubblicamente ringrazio]

Le campagne di mobilitazione sul web continuano:

Scrivi sulla pagina Facebook di El Pais

oppure all’indirizzo email della redazione internet di El Pais: redacciondigital@elpais.es

Contra la ley mordaza:

Amigos españoles,
hay una ley en Italia, en discusión en la Camera de los Diputados, que obligará la prensa, y también los sitios web y los blog, a rectificar sus contenidos en un máximo de 48 horas después de una solicitud formal o pagar una multa de 12500 euros.
Esta ley perjudicará la libertad de expresión digital en Italia y reducirá las libertades fundamentales de los individuos.
Los bloggers italianos se movilizan. Ayuden a nosotros para que nuestra voz sea entendida en Europa: ¡el gobierno de Berlusconi censurará los blog!

L’appello di Valigia Blu in spagnolo:

Petition contra la Censura de los Blog en Italia

Firmate anche l’appello del PD:

NESSUNO TOCCHI I BLOG

Art.1, comma 29 del ddl intercettazioni: i blogger devono pubblicare le richieste di rettifica in 48 ore o pagare fino a 12.500 euro. Aboliamo questa norma

Il mese scorso avevamo denunciato come al Senato la maggioranza, approvando il ddl intercettazioni, rendeva più difficile la vita ai blogger e ai siti internet prevedendo un obbligo di rettifica. Parte della maggioranza aveva promesso di tornare su quella norma ma ora alla Camera si sono rimangiati tutti gli impegni, lasciando l’art.1, comma 29, che prevede l’obbligo di rettifica per blog e siti internet.
Ma si può rischiare una maxi-multa perché magari si è in vacanza o non si controlla la posta? Ciò significa rendere la vita impossibile a migliaia di siti e di blog, ben diversi dalle testate giornalistiche. Lo fanno dimenticando che la rete è proprio un’altra cosa. Non c’è stato
ascolto rispetto a un’indicazione molto chiara che viene dall’universo della rete: stralciare un comma che equipara impropriamente i siti alla carta stampata. Ma c’è ancora la possibilità, se si vuole, di abolire questo bavaglio digitale alla ripresa del dibattito nell’aula della Camera.
Il Pd si è già impegnato e chiede a tutti di sostenere la battaglia per la libertà sulla rete, senza censure, mandando un’e-mail ai capigruppo di tutti i partiti alla Camera per chiedere l’abolizione di questa norma”.

Stefano Di Traglia,
Matteo Orfini,
Paolo Gentiloni,
Vincenzo Vita,
Giuseppe Civati,
Pina Picierno.

COSA PUOI FARE:

– firma l’appello nella colonna a destra
– Scrivi a Fabrizio Cicchitto Capogruppo del PDL alla Camera
– Scrivi a Marco Reguzzoni Capogruppo della Lega Nord alla Camera
– Scrivi a Siegfried Brugger Capogruppo del gruppo Misto alla Camera
– Scrivi a Pier Ferdinando Casini Capogruppo dell’UDC alla Camera
– Scrivi a Massimo Donadi Capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera.
– metti il badge sul tuo sito, blog
– facci sapere se metti il badge inserendo il link nei commenti
-metti l’appello come status su facebook utilizzando il facebook connector
-usa il nostro post it come avatar su facebook e twitter

Scrivete a Jérémie Zimmermann, fondatore di La Quadrature du Net, il movimento francese per la neutralità della rete:

[traduzione da migliorare]

contact@laquadrature.net

jz@laquadrature.net

Amis français
une loi en Italie, actuellement en discussion à la Chambre des députés, de soumettre des sites Web, notamment les blogs, la loi sur la presse qui impose l’obligation de répondre dans les quarante-huit heures après réception de la demande, faute de quoi la peine de EUR 12.500. Une loi qui mettra un bâillon sur la liberté d’expression internaute italien et à porter gravement atteinte aux libertés fondamentales de l’individu.
Les gens du Web en Italie se mobilise. Aidez-nous à faire entendre notre voix en Europe: le gouvernement Berlusconi veut censurer les blogs!

Spatuzza Day, le reazioni della stampa estera.

Ancora poca eco sui giornali e siti esteri: il Times titola su Amanda Knox, ma non su Spatuzza, così il NYT, mentre il The Washington Post non pare interessato alle vicende nostrane, a parte qualche cenno sull’Afghanistan e l’invio di 1000 soldati italiani.

Invece il The Guardian titola a grandi lettere, “Berlusconi colluso alla mafia in una corte di giustizia”, e parla vagamente delle dichiarazioni di oggi del pentito Spatuzza, senza un grande approfondimento, a onor del vero. Invece El Pais esce con un articolato commento sulla vicenda e titola: “Spatuzza coinvolge Berlusconi e Dell’Utri negli attentati mafiosi del 1993” e cita il passaggio chiave delle dichiarazioni del pentito, l’incontro con il boss Giuseppe Graviano al bar Doney a Roma:

Spatuzza ricorda un incontro nel 1994 con il suo capo diretto a Roma: “Ho incontrato Giuseppe al bar Doney di Via Veneto, era felice come se avesse vinto la lotteria. Ci siamo seduti e disse che dovevamo uccidere un po’ di poliziotti per dare il colpo di grazia. Quello che abbiamo ottenuto era tutto quello che volevamo. E questo grazie alla serietà di quelle persone (Berlusconi e Dell’Utri, citati poco dopo) che avevano portato avanti questa storia, e non come quei quattro socialisti cornuti che avevano preso i nostri voti nel 1988 e 1989 e poi ci hanno fatto la guerra “, ha detto.[…]

I giudici vogliono confrontare ora la credibilità della testimonianza. Il processo d’appello di Dell’Utri continua a Palermo il giorno 11 di dicembre con le dichiarazioni del teste Giuseppe e Filippo Graviano tramite video conferenza.

La Rai, invece, nonostante il clamore per la vicenda, non ha apprestato né edizioni straordinarie, né dirette dall’aula bunker. Il vero servizio pubblico oggi lo ha fatto SkyNews24. L’UsigRai, in una nota del segretario Carlo Verna, si domanda perché il CdA si ostini a tenere RaiNews24 senza risorse. Perché oggi non hanno nemmeno dedicato un pezzo di trasmissione di approfondimento. addirittura il Tg1 delle 20 mette la vicenda Spatuzza come secondo titolo, dopo l’Afghanistan e l’invio di nuove truppe (notizia di ieri).

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    • «Un evento di cronaca giudiziaria cruciale anche per la politica. La deposizione di Spatuzza, l’intervista a Dell’Utri, che lo smentisce, i commenti sulla vicenda abbiamo potuti seguirli in diretta e/o in tempo reale sui siti dei più importanti quotidiani e sulla tv a pagamento. Dove era il servizio pubblico? Ad aspettare l’ora dei tg?»
    • segretario Usigrai Carlo Verna. «Essendo l’interrogatorio dibattimentale del pentito di mafia atteso da giorni, come mai non si è pensato ad allestire uno studio con ospiti in contraddittorio e diretta sulle tre reti generaliste – chiede ancora Verna -? Perchè a Rainews24, non vengono forniti mezzi e budget adeguati per poter svolgere la propria funzione di canale all news ed essere volano per le altre testate? Può essere la rete dedicata alle notizie 24 ore su 24 solo una foglia di fico per dire che la Rai è presente su eventi come il No B day previsto domani a Roma e snobbato dalle principali reti? Da una seria risposta a queste domande dipende, con la legittimazione o meno del servizio pubblico, anche il suo stesso futuro»

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Spatuzza implica a Berlusconi y a Dell’Utri en los atentados mafiosos de 1993

Guerre di giornali. Se D’Alema aspira a essere un Mr b.

Mentre Mr b avanza le sue truppe in Spagna a caccia del rebelde El Pais, per costruirsi una nuova dominanza in Europa tramite i media spagnoli e esercitare una pressione a News Corp. di Murdoch con la penetrazione in sudamerica; mentre Mr b attua la sua strategia anti-Ottobre Rosso anestetizzando tutte le bocche critiche che ancor si affacciano nel mare nostrum dell’editoria e delle tv; mentre gli spalloni di Mr b fanno da contrabbasso ai titoli de Il Giornale, ispirati al veleno del feltri-cattivismo, la pratica di rovistare nella spazzatura e negli armadi degli oppositori per ostentarne gli scheletri e indi bastonare il moralista che c’è in loro; mentre Mr b sguinzaglia il talento giuridico di tal Ghedini, avvocato ma anche parlamentare ma anche dipendente di Mr b medesimo, contro le famose dieci domande messe al mondo dalla Repubblica di Ezio Mauro, e ivi rimaste vivendo esse di vita propria e legittimate dalla domanda di verità, cosa fanno a "sinistra"? Quella sinistra, sì, la stessa, che Bersani si gloria di poter ancora pronunciare?
Dallo stratega D’Alema e dal suo delfino Bersani non giunge alcun riscontro sulla questione nomine Raitre. Anzi, i due sembrano proni all’idea di una "normalizzazione" della rete, nella linea editoriale e nella pratica di spesa, troppo parca, troppo virtuosa. I dalemiani non si dispiacciono delle querele a La Repubblica, probabilmente. Avrebbero fatto lo stesso. A Red Tv, per esempio, hanno fatto un repulisti. Via questo, dentro quello. Obiettivo: una linea editoriale più consona. A L’Unità stanno facendo pressione a Concita De Gregorio. Il cdr sembra, si dice, essere in difficoltà relazionale con la direzione del giornale.
Il D’alema, mirandosi nello specchio, immagina forse d’essere un novello tycoon dell’editoria italiana, immagina per sé il medesimo potere di fuoco di Mr b. Forse aspira alla successione. Forse ne invidia l’armamento. E nel suo piccolo si comporta alla medesima maniera.

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    • Comprare. Se i giornalisti stranieri sono ostili, se le minacce le intimidazioni i ricatti a cui gli editori italiani sono abituati non sono sufficienti allora la soluzione è comprare. Berlusconi punta sulla Spagna: El Paìs e il gruppo di cui fa parte.
    • Certo c’è in gioco anche l’enorme mercato pubblicitario liberato dall’iniziativa di Zapatero di eliminare gli spot dalla tv pubblica.
    • l’ingresso di Telecinco, la tv spagnola controllata da Mediaset, nell’azionariato di Prisa avrebbe come conseguenza il controllo di fatto del primo quotidiano di Spagna, El Paìs, la cui penetrazione in Sudamerica è potentissima e il cui prestigio indiscusso.
    • Negli ambienti della politica e dell’editoria spagnola l’assalto di Berlusconi è dato per imminente: ottobre, forse già settembre. In un seminario del settore che si è svolto nei giorni scorsi sui Pirenei si è parlato apertamente di «italianizzazione» del sistema mediatico.
    • Gli spagnoli usano il termine italianizzazione come noi usiamo «balcanizzazione»: intendono indebolimento dei controlli e delle regole, guerre sanguinose, potere del più forte sul più debole e, sullo sfondo, corruzione.
    • È noto che El Paìs ha svolto negli ultimi mesi un lavoro capillare di informazione sulle inchieste che coinvolgono il presidente del Consiglio italiano. Il 1 giugno scorso è stato, insieme a l’Unità che portava la foto in copertina, il solo altro quotidiano europeo a mostrare l’immagine del musicista Apicella sull’aereo di Stato.
    • ha potuto pubblicare le immagini di Villa La Certosa
    • L’audience del sito internet del Paìs ha raggiunto in quei giorni tre milioni di contatti. L’informazione che il giornale spagnolo ha continuato a dare, a dispetto delle pressioni diplomatiche, è stata amplissima nei mesi successivi.
    • Il gruppo Prisa, a due anni dalla morte del suo potentissimo fondatore Jesus de Polanco (detto “Gesù dal Gran Potere”), si trova indebitato per circa 5mila milioni di euro.
    • errata operazione di fusione tra il comparto della carta stampata (il Pais in testa, primo quotidiano di Spagna per vendite, in buona salute economica) e tutto il settore televisivo di cui fanno parte la tv privata Cuatro, diverse radio e tv locali, un potente settore multimediale: il debito accumulato dalle tv ricade sulla carta stampata.
    • Il principale concorrente nel settore privato di Prisa è il gruppo Mediapro che fa capo a Jaume Roures, proprietario della Sexta (un’altra importante tv privata) del quotidiano in ascesa Publico e di molti altri media minori
    • La battaglia per i diritti del calcio ha visto il gruppo Mediapro prevalere su Prisa
    • Dal punto di vista politico Mediapro è oggi più vicino a Zapatero di quanto non lo sia El Paìs, le cui relazioni col governo socialista si sono andate raffreddando. Tra la Cuatro e la Sexta c’è Telecinco, di proprietà di Berlusconi
    • Del resto Berlusconi ha sempre sostenuto che il suo ideale sia una tv pubblica senza pubblicità. Di fatto, l’esempio americano insegna, la tv pubblica senza pubblicità tende a marginalizzarsi in favore dei colossi privati. La stessa Bbc, che sempre si chiama ad esempio per sostenere il contrario, sta rivedendo la sua strategia storica.
    • La situazione generale è dunque favorevolissima al rafforzamento di Berlusconi nel mercato spagnolo. Appoggiato naturalmente dal Partito popolare e non ostacolato da Zapatero, che – scrivono gli editorialisti – ha immaginato un sistema che limitasse lo strapotere di Prisa (non più docile col suo governo quanto era stata filosocialista in passato), sistema che potrebbe infine ritorcerglisi contro.
    • Berlusconi editore della Cuatro e del Paìs cambierebbe molto il quadro politico anche interno, con il Psoe in calo di gradimento.
    • Dal punto di vista del Cavaliere, in grandi ostilità con Murdoch, si tratterebbe invece di un notevole rafforzamento negli equilibri del panorama delle telecomunicazioni non solo europee. Gli interessi di Prisa nelle due Americhe sono, si è detto, notevoli. Avrebbe inoltre il controllo su una delle più autorevoli voci libere nel panorama della stampa europea.
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    • I dirigenti di Rai3 trovano doveroso esprimere tutto il loro stupore ed il loro sconcerto per il persistere di notizie relative alla sostituzione del direttore della rete, Paolo Ruffini. 
    • Questa ipotesi non solo non è legata ad una scadenza del mandato ma è priva di qualsiasi motivazione editoriale o professionale e avrebbe effetti fortemente negativi sull’immagine e la credibilità del servizio pubblico mettendo di fatto in discussione la continuità di una linea editoriale vincente
    • è doveroso sottolineare che questi risultati sono stati resi possibili da una direzione che ne ha costantemente fatto il primo obiettivo da raggiungere, fondandolo sul rispetto del telespettatore e sulla difesa della libertà di manifestazione del pensiero, salvaguardando l’autonomia di ogni dirigente e l’identità delle visioni culturali di ciascuno, e garantendo un’offerta ineguagliata nel campo delle inchieste, della cultura, della satira, della televisione intelligente.
    • i sottoscritti ribadiscono il loro profondo sconcerto di fronte ad ipotesi che, apparendo  prive di logiche aziendali, si prestano ad essere interpretate come un indebolimento di quel pluralismo che è stato giustamente definito dal presidente Garimberti come “il tratto distintivo dell’identità di servizio pubblico”
    • *Luigi Bizzarri, Mussi Bollini, Annamaria Catricalà, Francesco Di Pace, Maria Vittoria Fenu, Enrico Ghezzi, Stefano Marroni,, Fernando Masullo, Loris Mazzetti, Rosanna Pastore, Lucia Restivo, Lucia Riva, Anna Scalfati, Sara Scalia, Andrea Valentini
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    • La crisi del Partito Democratico si riflette sui media di riferimento del centrosinistra ingarbugliando una matassa capace di legittimare i piani di lottizzazione della Rai “orditi” a palazzo Grazioli.
    • Difficoltà, quelle della sinistra, capaci dimettere in difficoltà pure l’Unità in mano a Conchita De Gregorio e gettare dubbi tra i giornalisti di Red Tv, dopo il cambio ai vertici deciso alla fine di giugno.
    • il Cavaliere avrebbe un appoggio da parte dell’ala dalemiana del Pd
    • L’attivismo di D’Alema, però, non si avverte solo in viale Mazzini.
    • a Red Tv, ex Nessuno Tv, dove il direttore responsabile Claudio Caprara è stato sostituito da Francesco Cundari, 31enne ex firma del Riformista e del Foglio.
    • si discute sulle possibilità di Enrico Mentana di diventare direttore del Tg3 ( si parla anche di La7) al posto di Antonio Di Bella o quelle di Gianni Minoli a Rai Tre in sostituzione di Ruffini
    • Masi deve sbrigare altre richieste di palazzo Grazioli. Tra i corridoi della tv pubblica circolano voci inquietanti. «La Buttiglione non sta usando il lanciafiamme come dovrebbe», oppure «Tanto Sandro Curzi è morto, a Rainews 24 si potrebbe ricavare un altro posto da spartire».
    • Al posto della Buttiglione dovrebbero arrivare Alberto Maccari, in quota An, con un condirettore di casa leghista, Alessandro Casarin.
    • Poi toccherà alle redazioni dei tg regionali
    • Sul posto di Corradino Mineo, arrivato con Curzi, ci si sta ragionando sopra. Su Rai International, invece, diminuiscono di giorno in giorno le quotazioni di Piero Badaloni. An, che tiene molto ai rapporti con gli italiani all’Estero, avrebbe chiesto la sua testa. Possibile anche la sostituzione di Maurizio Braccialarghe, amministratore delegato della Sipra, la cassaforte della Rai. Il nome che circola è quello di Antonio Martusciello, che ha avuto già un passato in Sipra ed ha lavorato pure in Publitalia
    • Infine Del Noce, non più gradito come una volta a Rai Fiction, che potrebbe cedere lo sgabello a Carlo Rossella o a Clemente Mimum.
    • Red Tv

      Il 22 giugno è stata data notizia dell’arrivo di Cundari al posto di Caprara. L’ordine diventerà operativo dal primo settembre.

    • L’arrivo di Cundari, deciso nel Cda, grazie al peso di Matteo Orfini, spin doctor di Massimo D’Alema, rischia infatti secondo alcuni redattori di far diventare «questa Radio Radicale televisiva» un nuovo «ufficio stampa dei dalemiani».
    • In redazione si scherza sulla nuova “D’Alema Tv”, che ha 4,1 milioni di euro di contributo pubblico.
    • Mario Adinolfi, vicedirettore ci ragiona sopra, ma non troppo: «La trasparenza di solito è un’arma vincente» scrive sul suo blog smentendo la notizia che la decisione dell’avvicendamento sia stata presa di notte. La sensazione che circola a palazzo Grazioli è che «D’Alema abbia giocato come al solito in sordina per tutti questi mesi».
    • Poi si sia deciso a dare la zampata, forse anche in chiave del congresso del 25 ottobre.
    • L’Unità

      L’arrivo delle risorse della Cgil nel quotidiano fondato da Gramsci, stanno iniziando a creare non pochi problemi nella redazione di via Benaglia. Si parla diffusamente di «scazzi» e «sfuriate».

    • Il vicedirettore Giovanni Maria Bellu, scelto dalla De Gregorio come condirettore, è stato bocciato dai redattori. La direttrice voleva sostituire all’Economia Rinaldo Gianola, ma la Cgil l’ha dissuasa. «La sensazione è che la nave corra senza timoniere»
    • la De Gregorio non è stata neppure invitata alla Festa democratica di Genova

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