M5S e la deriva di Crimi e Lombardi

Segnatevi queste parole. I due capigruppo del M5S sono oramai ‘partiti per la tangente’ (nel senso geometrico). Dal blocco totale, a cui hanno pur generosamente prestato la propria opera, sotto dettatura sia chiaro, i due signori oggi parlano di elezioni a Giugno come di una sciagura e di legge elettorale come ‘non prioritaria’.

Tutto ciò quando per giorni il loro Capo Comico andava dicendo che il nuovo governo non sarebbe durato più di sei mesi. Aiutateli.

09/04/2013 – "CORRIERE DELLA SERA", Pag. 12/13

Il suicidio del Samurai (ma #giorgiopensacitu)

Avrei titolato questo post in maniera diversa fino a due ore fa. Poi ho sentito parlare Angelino Alfano, ricordarci che il suo padrone è il “detentore del titolo”, e ho compreso tutto il dramma di questo strano segretario, di questo manichino che non sa più da che parte voltarsi, che un giorno su due è smentito da chi lo ha messo in quel posto. Berlusconi detentore del titolo! La frase più ridicola della terra.

Le pantomime di questi mesi sono nulla dinanzi alla ipotesi di una nuova candidatura di Berlusconi. Lui, il premier per eccellenza (nella vulgata giornalistica tutti gli altri sono semplici Presidenti del Consiglio, un po’ a indicare che lui è il Primo, il più importante), fu deposto dalla crisi dello spread per manifesta incapacità. Ha avuto un anno per uscire definitivamente dalla politica. Ma invece no. Ha tenuto il coltello puntato al collo di Mario Monti. Ha assistito all’autodistruzione del suo partito minacciandone la dismissione. Ridotto ai minimi termini in fatto di consenso popolare, il Cavaliere, Mr B, il signor Bunga Bunga, pretende, alla fine di questa delirante legislatura, di annunciare il suo ritorno come fosse per questo paese l’annuncio della soluzione di tutti i guai. E’ chiaro che non è così. E’ chiaro che la riproposizione del passato sia tradotto all’estero come segno di instabilità, di inaffidabilità: in poche parole, come un raggiro in piena regola. Il ritorno di B., il solito Italian Job. Lo spread Btp-Bund è la miglior misura di questo sentimento. E da oggi sino al giorno delle elezioni questo indicatore non potrà che disegnare una ripida salita.

B. poteva dunque destinarsi al buen retiro keniano ma invece ha deciso di ributtarsi nella mischia, con quel corpo politico malandato che si ritrova. Non è solo il partito ad essere marcescente. La sua titubanza, la sua indecisione, il suo perenne scostamento dal paese reale, il suo codice fatto di populistica riproposizione del fantasma del comunismo, dello straniero delinquente, della insicurezza dei cittadini, del giogo insopportabile delle tasse, della magistratura che vuole distruggerlo e che è il primo problema del paese, lo fanno apparire ora come un vecchio rimbambito, schiavo delle sue ossessioni, che va dicendo cose non vere come per esempio “sono in molti a chiedermi di tornare” quando fuori da palazzo Grazioli non vi erano che un paio di figuranti con bandiere inedite di una Nuova Forza Italia e recanti scritte puerili, della serie “Silvio for president”:

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Ecco, la sua ricandidatura è un suicidio. Avrebbe potuto dimenticarsi di noi e andare a stare altrove, con tutti quei suoi dannati soldi. Invece vuol perire sul campo. Dategli questa soddisfazione, non votatelo. Soltanto noi elettori possiamo liberarci di lui e di tutti i suoi Colonnelli. E’ una occasione storica. Il nostro paese è vaccinato al berlusconismo, abbiamo avuto una febbre lunga venti anni. Permettergli di perdere con disonore, è l’ultima richiesta accettabile.

La nuova legge elettorale è una fregatura

Sono passati otto mesi dal pronunciamento della Consulta sul referendum anti Porcellum. All’inizio dell’anno vi raccontavo come fosse pronta una nuova legge porcata, una via di mezzo fra un proporzionale tedesco innestato di collegi uninominali e listini bloccati di due/tre candidati per lista, alla maniera spagnola. La nuova Porcata prese il nome di Provincellum poiché i collegi uninominali sarebbero stati ritagliati sulla misura delle province. Da qui non ci si è più mossi poiché la prospettiva di nuove elezioni era ben lontana negli orizzonti brevi – brevissimi – del mondo politico italiano, messo per così dire in naftalina dall’avvento dei tecnici.

In questi giorni si ritorna a parlare di scioglimento anticipato, di un piano di Napolitano di chiudere con la XVI Legislatura a metà novembre, un anno dopo Monti e la fine del berlusconismo, o di un piano bis che preveda lo scioglimento anticipato a Gennaio, castrando gli ultimi due mesi di governo dei tecnici.

Però manca la legge elettorale. Le riforme istituzionali che sono state raffazzonate per intasare l’iter di approvazione del Porcellum bis, saranno presto infilate sul più classico dei binari morti, magari in commissione riforme costituzionali alla Camera. Pare che già dal 29 Agosto, alla ripresa delle attività parlamentari, i deputati prenderanno la bozza Violante e piegheranno gli ultimi spigoli con l’obiettivo di varare la nuova fiammante legge entro la fine di Ottobre, appena in tempo per mettere in atto il piano A di Napolitano. Naturalmente i politici italiani non sono in grado di prevedere scenari politici che non siano quelli nazionali. A Settembre la Corte Federale tedesca deciderà sul Trattato MES e, se lo dichiarerà contrario alla legge costituzionale tedesca, in Europa si aprirà una nuova profondissima crisi dell’Euro, con una potenza deflagrante mai vista sinora. Cosa farà la politica italiana? Spingerà sull’acceleratore di una legge elettorale che va contro la volontà popolare espressa dal milione di firme che accompagnò in Cassazione i quesiti referendari poi cassati dalla Corte? Oppure manterrà in vita Monti affinché faccia da parafulmine contro la fine dell’Euro?

La probabile mancata approvazione del MES da parte della Germania potrebbe deviare significativamente le trattative sul Porcellum bis. Se ne sono accorti? E’ per questa ragione che Enrico Letta, che è ancora il vice di Bersani, oggi ha annunciato l’imminenza di un accordo con la controparte (PdL e UDC) ? Soprattutto ci si chiede da che parte stia il PD, quale sia la sua proposta in tema di legge elettorale se l’ultima dichiarazione di Bersani in merito faceva riferimento ancora alla formula del doppio turno sconfessata invece dalle colombe Violante e Letta?

In ogni caso, due punti rimarranno fermi: la maggior parte dei deputati e dei senatori sarà scelto dai partiti, inserito in liste bloccate, messo ai voti senza che questi vengano fatti coincidere con nomi di persona. Cioè si vuole evitare che gli eletti siano espressione di un elettorato, che è poi il fondamento democratico di una legge elettorale. I voti di ogni collegio verrebbero quindi gettati in un unico calderone, una mega circoscrizione che racchiuda molteplici collegi, al punto da comportare l’effetto perverso che un collegio non abbia candidati eletti e altri collegi ne abbiano due o più di due, secondo una logica che è tutto tranne che proporzionalistica. Anzi, il Porcellum bis contiene in sé elementi fortemente distorsivi del voto degli elettori.

Si prevede infatti un premio di maggioranza di circa il 15% dei seggi, da attribuire non alla colazione ma al partito che prende più voti. Il sistema è costruito in modo tale da non premiare coalizioni elettorali. Il premio in termini di seggi assegnato al partito di maggioranza relativa diventa di fatto un deterrente a costituire coalizioni prima del voto. Le coalizioni non verrebbero dichiarate in trasparenza ma sarebbero frutto di trattative post voto. Di fatto, il premio di maggioranza diventa il fattore che seleziona il partito leader della coalizione, ma non la coalizione stessa. Stando ai sondaggi, il PD è oggi partito di maggioranza relativa. Guadagnerebbe così il premio del 15% ma non avrebbe comunque abbastanza seggi per poter governare da solo. A questo punto, però, ci sarebbe la fila dei partiti fuori dal Nazareno pronti a vendersi al PD per avere qualche dicastero. E il PD potrà avere campo libero per fare le alleanze che più aggradano non agli elettori ma al suo gruppo dirigente, che come è noto vive su Marte. Non è diabolico?

Crisi di governo, perché a soccombere non può essere la Camera

FLI è fuori dal governo. La crisi si fa vicino. Tanto che a Palazzo Grazioli regna il dubbio: che fare? Lasciare che le cose precipitino, andare alle urne rispolverando la strategia comunicativa del 2008 – Berlusconi annuncia un ritorno in grande stile in televisione per la prossima settimana, segno che la sfiducia verrà votata entro le stesse date – oppure fare affondare soltanto la Camera?

Domani Fini e Schifani sono convocati da Napolitano. E’ probabile si parli proprio di ciò, di quale Camera dovrà discutere per prima le mozioni di sfiducia e se sia praticabile o meno l’opzione dello scioglimento parziale del Parlamento. Ma perché a soccombere deve per forza essere la Camera dei Deputati?

La Costituzione prevede lo scioglimento anche di una sola delle Camere. Tale potere è attribuito al Presidente della Repubblica (art. 88). Lui e solo lui può decidere, naturalmente sentiti i Presidenti di Camera e Senato. Appare singolare che Napolitano provveda ad ascoltare i due Presidenti prima ancora che il governo sia stato sfiduciato. Le moral suasions di Napolitano tendono a essere quasi una vera e propria strategia o piuttosto un tentativo di pilotare la crisi prima che le cose sfuggano di mano. In questo caso, Napolitano dovrebbe esaminare se esista o meno il presupposto per lo scioglimento parziale: il mancato funzionamento dell’attività legislativa. Non basta che “la maggioranza in quella Camera sia cambiata dal momento delle elezioni”, afferma il costituzionalista, nonché presidente emerito della Corte Costituzionale Piero Alberto Capotosti, intervistato da Il Messaggero, ma “occorre che tale ingovernabilità ne paralizzi il funzionamento”.

Paralisi dell’attività legislativa legata all’ostruzionismo o all’ingovernabilità: l’esatto opposto di quel che accade alla Camera, laddove invece si è materializzata, e per ben due volte, la scorsa settimana, una maggioranza alternativa (seppur aleatoria nei confini), quella formata dalle attuali opposizioni (PD+IDV, UDC) e i fuoriusciti di FLI. La Camera quindi non è l’aula che rischia di non funzionare: è il governo a non funzionare e con esso la sua maggioranza. Di fatto il governo al Senato potrebbe reggersi solo grazie al voto dei senatori a vita. Non è mai accaduto, e non può accadere, che un governo in crisi, che perde la maggioranza, chieda al Presidente della Repubblica lo scioglimento della Camera che lo ha sfiduciato. Questa, fino a prova contraria, è una Repubblica Parlamentare. Il bilancio dei poteri che l’architettura costituzionale prevede, mette al centro il Parlamento, il quale è rappresentazione della sovranità popolare. Può esso, o una parte di esso, soccombere al potere esecutivo, che invece è dipendente dal Parlamento per tramite del rapporto di fiducia? La risposta è no. Se ciò dovesse avvenire, sarebbe la morte della Costituzione. Sarebbe il definitivo scalzamento dell’ordine democratico sostituito da un regime personalistico che straccia le norme per perpetuare se stesso.

Attenti, poiché siamo ad un passo.

Bossi, Bersani e la compravendita di voti: ma quella cena con Brancher?

Il leader leghista ha aperto ieri la polemica con Bersani affermando che Bersani medesimo si sia offerto a Berlusconi pur di non andare a elezioni. Come dire: sono gli altri che hanno venduto l’anima al diavolo, non noi leghisti che sediamo accanto al diavolo tutti i giorni.

Questa la polemica.

Bossi:

Confermo: Bersani non solo è andato da Berlusconi a piagnucolare perché fossero evitate le elezioni anticipate, ma ha pure detto a Silvio che, in caso di rottura parlamentare, i voti per garantire al governo di andare avanti li avrebbe messi lui (La Repubblica, p. 9, 30/08/2010).

Bersani:

Bossi ne ha sparate grosse ma questa è proprio grossa. Se riesce a fare l’elenco di tutti i portieri delle case di Berlusconi, vada a chiedere a loro. La realtà è che Bossi sta attaccato al vecchio zio per prenderne l’eredità ma è lui che ha tradito le ragioni sociali di un partito come la Lega. Dice Roma ladrona ma io a lui dico: ‘Sei tu che stai con i quattro ladroni di Roma. Se invece viene via dal miliardario, sono pronto a discutere e a ragionare con i leghisti (L’Unità).

La strategia di Bossi è sempre la medesima: tacere sugli affari romani della Lega e seguitare nel racconto epico del leghista che combatte Roma Ladrona. Peccato che non ci credano neppure più loro: ricordate la cena di Bossi, Tremonti, Calderoli insieme al neo ministro nonché neo legittimamente impedito Brancher?

Ecco festanti Calderoli e Brancher il giorno della nomina. Ricordate, leghisti. Ricordate.

Berlusconi in un doppio vicolo cieco: il paradosso finiano della fiducia con riserva

Ieri, dopo il vertice PdL, Fabio Chiusi su Il Nichilista si domandava come avrebbero reagito i finiani dinanzi alla prospettiva di una doppia vittoria del Cavaliere  – win win situation, come viene definita da Chiusi – sia in caso di voto di sfiducia che in caso contrario (alle elezioni vincerebbe a man bassa con una alleanza PdL-Lega che gli consentirebbe di atttuare il suo progetto di smantellamento della giustizia). Ebbene, sui giornali di questa mattina ci giunge la risposta attraverso le parole attribuite a Italo Bocchino: ‘condividiamo il programma di B. al 95%’. Sì, i finiani si dicono disposti a votare la fiducia, ma con riserva. La riserva di dissentire e di votare contro singoli provvedimenti o di mettere in pratica la strategia del “sabotaggio da dentro”, già vista all’opera in parte a Luglio nel dibattito in Commissione Giustizia alla Camera sul ddl Intercettazioni.

«Intenzioni lodevoli – definisce Fini le parole di Berlusconi – che meritano attenzione. Ora tutto dipende da come verranno tradotte nei singoli disegni di legge» […] E’ vero, come dice in maniera sarcastica Briguglio, che «anche a volersi sforzare è impossibile non votare questo programma (E Fini beffardo: “Tutto qui? Non ha armi per farci tacere” – LASTAMPA.it).
Marcello Sorgi, in un editoriale sempre su La Stampa.it, sconsolato, ci avverte che l’eventualità più prossima sarà quella di una guerriglia:
i deputati e i senatori di Futuro e Libertà consegneranno a Berlusconi, quando si presenterà in Parlamento, una fiducia formale, mantenendo in realtà tutte le loro riserve, per impedirgli di aprire la crisi e correre alle elezioni […] Ma il giorno dopo, ovunque, nelle commissioni, nelle aule, in tv e nelle piazze, riprenderanno la loro guerriglia (Fatto personale – LASTAMPA.it).
Se Berlusconi ha la possibilità di giocarsi il tutto per tutto con le dimissioni e spingendo per nuove elezioni, in un momento come questo in cui ancora una volta l’opposizione e il PD sembrano scompaginati, o di restare in sella anestetizzando le diatribe con i finiani semplicemente ricorrendo al killeraggio politico del Presidente della Camera e a una sontuosa campagna acquisti fra i neo-FLI, Fini e soci possono inchiodare B. alla croce del suo attuale governo, condannandolo alla più becera instabilità, alla maniera dell’Unione di Prodi. Tutto passa per i finiani: loro voteranno la fiducia e B. sarà costretto o a restare al suo posto o a fare harakiri da solo. Dimettersi, esponendosi alla pubblica opinione come uno sconfitto che non ha saputo aver ragione della propria maggioranza, liquidando così tutto il credito elettorale che invece guadagnerebbe da un voto di sfiducia di FLI. Berlusconi crede ancora di poter metter mano alla riforma della Giustizia? Per farlo, dovranno essere approvate leggi costituzionali: i finiani renderanno gli iter parlamentari una palude. E B. scoprirà solo allora di esser dentro a un gioco a somma negativa in cui ad ogni sua mossa non avrà di che perdere:
il problema di Silvio è Umberto. Probabilmente il premier ha in mano dei sondaggi che, in caso di elezioni, vedono Bossi schizzare al Nord nei consensi e il Pdl arrancare al Sud […] una campagna elettorale di Fini tutta giocata contro la Lega affamatrice dei meridionali, potrebbe avere successo […] basterebbe uno spostamento del 2-3% dei voti nel Mezzogiorno per far perdere al Pdl il controllo del Senato […] A quel punto, ragiona Fini, Bossi chiederebbe a Silvio di passare la mano a Tremonti. Ecco la paura di Berlusconi (E Fini beffardo: “Tutto qui? Non ha armi per farci tacere” – LASTAMPA.it).

Sitografia

Vertice PdL, i 5 punti del nuovo programma uguale a prima

Sei ore di ritiro a Palazzo Grazioli, insieme ai coordinatori, ai capigruppo, ai più stretti consiglieri (Letta e Ghedini) e Berlusconi ha partorito il nuovo programma di governo, per i prossimi tre anni di legislatura: un copia-incolla di quanto detto sempre in mille comizi di piazza. E questa sarebbe la svolta di governo? E’ ragionevole credere che i finiani rispondano con un no o una astensione alla richiesta della fiducia. Si annuncia una campagna elettorale lunghissima.
Questi i cinque punti, che paiono più il cannovaccio della propaganda elettorale prossima ventura:

  1. federalismo fiscale – dicono dal sito di Libero, spiegato dettagliatamente;
  2. fisco, con lo stesso slogan di sempre, l’ormai ovvio e abusato “meno tasse per tutti”, aziende, famiglie, and so on;
  3. il mezzogiorno, con grandi interrogativi al seguito;
  4. riforma della giustizia – che nell’ottica di B. passerà ben presto al primo posto di questo elenco e bloccherà tutta la procedura legislativa: si cercherà di far approvare al parlamento una legge per tutelare le più alte cariche dello Stato, già al Senato, avverte B., e presto votata dalla Camera (si ricorda ai più distratti che si tratta di una legge costituzionale e pertanto dovrà essere approvata in doppia lettura e nello stesso testo da entrmabe le Camere… da quale maggioranza?); si aggiunga la riforma del Csm, con separazione per giudici e pm (idem, è un’altra riforma costituzionale, perciò in questa situazione non verrà mai fatta…) – ah, e le intercettazioni “vanno approvate subito”;
  5. dulcis in fundo, per far contenti i leghisti, sicurezza e lotta all’immigrazione clandestina – verranno scovati nel paese i Rom e saranno rispediti in Libia? – Sarkozy Way of Life…

Le elezioni? Entro dicembre, altrimenti sarà deleterio per il paese. Naturalmente, durante la conferenza stampa, grande biasimo per i governi tecnici e per i governi dei perdenti, che nel nostro sistema politico attuale sono intollerabili. Un disegno mentale farcito da una perla, direi la battuta che “vale il biglietto”, l’apice di tanta ignoranza costituzionale:

Nelle elezioni del 2008, anche grazie alla legge elettorale, si è realizzata la novità assoluta che gli elettori scelgono il primo ministro, l’alleanza e il programma di governo. Questa è una novita che non può essere cancellata, nel rispetto del popolo sovrano. Quindi – è l’affondo di Berlusconi – niente governi di sconfitti (La Stampa.it).

Operazione Memoria, al via la campagna mediatica di Berlusconi

Così sul sito del PdL. Un annuncio o un avviso alle opposizioni?

Al voto, al voto. Si grida nel PdL e nella Lega. Lui, lo vedete, già lamenta le calunnie e le campagne mediatiche. Ma le uniche campagne mediatiche possibili sono i dossieraggi contro Fini, poiché questo è il suo ordine. Lui e solo lui è in grado di mettere in atto campagne mediatiche, avendo la disponibilità totale della quasi totalità dei media di massa. Nella sua ottica di ribaltamento della verità, il fatto che sui giornali si parli di rischio democratico e del suo progetto di bavaglio per la giustizia e per la stampa, è una calunnia. Preparatevi, poiché il livello dello scontro con la giustizia si alzerà a livelli incompatibili con un sistema democratico.

L’atto finale o l’ultima scena dell’ennesimo atto di una tragedia che si ripete da sedici anni, come ha detto Barbara Spinelli, potrebbe evolversi secondo il consueto schema: sei mesi di ‘Grande Fratello’, di durissima campagna elettorale, fatta di trasmissioni televisive ad hoc (talk show ammaestrati) tramite i quali si innalzerà il livello emergenziale contro un nuovo nemico, alla stregua di quanto successo nel 2008, quando le notizie di criminalità legata all’immigrazione clandestina si sono moltiplicate sullo schermo e sui giornali, fornendo al tele-elettore la sensazione errata di una insicurezza crescente.

La campagna del 2008 deve far riflettere. Il pericolo di un nuovo nemico da combattere, verso il quale la sinistra e il PD non ha argomenti da controbattere, è reale. E’ così che vince. Detta l’agenda politica della discussione pubblica. Inserirsi in questo meccanismo, pianificato scientificamente, è difficilissimo. L’unico, a mio modo di vedere, che a sinistra ci è riuscito, e può ancora riuscirci, è Nichi Vendola. Poiché la sua identità precisa, i suoi punti di vista a volte discutibili, come si dice in gergo, ‘bucano lo schermo’. Vendola, che ha ben presente nella mente i guasti irreversibili causati dalla crisi economica sul paese, potrebbe scalfire l’armonia del cosiddetto Governo del Fare, il governo di B. che si contrappone nella ideologia preminente al governo di palazzo, alle trame del parlamento, agli inciuci e alle alleanze trasversali.

Il quadro è fin troppo chiaro: Fini verrà messo alla gogna. Lui è un traditore. Ha rivelato la sua vera identità di vecchio politicante dedito ai ribaltoni. Lui, che usa la legalità come argomento di differenziazione rispetto al PdL, ha il suo scheletro nell’armadio nella ex casa a Montecarlo. Nelle ultime settimane, Il Giornale e Libero sono interamente dedicati allo scopo di demolire la figura integerrima del Presidente della Camera. Non è solo character assasination, non è solo diffamazione: è uso politico dell’informazione, alla stregua di un regime stalinista. Qualcosa di profondamente diverso da quanto fatto da La Repubblica lo scorso anno, con il tormentone delle dieci domande nel pieno dello scandalo sessuale di Papi e Noemi. Allora, La Repubblica, non pubblicava il falso; semplicemente pretendeva la risposta ad alcune – legittime – domande. Domande che qualsiasi altro media, in qualsiasi altro paese, avrebbe potuto porre liberamente al presidente del Consiglio, il quale, dinanzi all’evidenza dei fatti e alla propria vergogna, non avrebbe potuto far altro che dimettersi. Invece, qui da noi, no: a un anno di distanza siamo ancora alle prese con un signore di 74 anni che ha disteso i suoi lunghissimi e potenti tentacoli su tutto, dalle tv alle ragazzine. E pretende di piegare l’assetto istituzionale ai propri fini. E’ ora di dire di no. Che non si andrà alle elezioni, con il rischio che il PD passi per maggioranza di governo e che gli vengano attribuiti dai commentatori ammaestrati tutti i mali della crisi. Una crisi invisibile sinora, e che presto diverrà una nuova emergenza contro la quale il solo B. apparirà ai più come estremo rimedio.

Mr b: dimissioni per un nuovo plebiscito popolare? No, grazie. Un chirurgo per recidere il tumore Mr b.

Precisiamo subito che in Italia non esiste nessun premier. Nessun "primus super pares". Il Presidente del Consiglio non è eletto dal popolo, bensì è nominato dal Presidente della Repubblica, su indicazione delle Camere. Certi parlano di Costituzione formale e Costituzione materiale, distinguendo fra ciò che è scritto e ciò che è fatto. De Gaulle in Francia trasformò il paese in una Repubblica Presidenziale, a furia di violare le regole. Mr b pretende di fare lo stesso qui da noi. Peccato che per tradizione politica, l’Italia sia profondamente una Repubblica parlamentare: i governi – e i loro Presidenti – si susseguono, ciò che resta è l’Istituzione.
Allora, il nostro primus infra pares dovrebbe fare nient’altro che presentarsi alle Camere per valutare se la maggioranza che lo sostiene sia ancora tutta intera. Le dimissioni tout court non farebbero altro che alimentare il perverso gioco distruttivo delle elezioni anticipate: il finto premier userebbe tutto il suo potere mediatico per stroncare le velleità di una opposizione ancora da ricostruire (parlo soprattutto del PD, che deve affrontare il nodo cruciale della leadership e di una linea politica tutt’altro che chiara). Sarebbe una sconfitta seria per il paese una nuova affermazione di Berlusconi alle elezioni. Sarebbe il colpo finale che distruggerebbe definitivamente la sfera politica e la democrazia.
Solo la maggioranza può eliminare Berlusconi. Solo la sua maggioranza può dimissionarlo e decidere di farne a meno. Il cancro enorme che blocca il paese può solo essere estirpato dal corpo politico dalle mani di chi lo ha finora coltivato.
Oppure da quelle di un ottimo chirurgo – non so se mi spiego.

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    • Ignazio si è espresso questo pomeriggio sulla sentenza sul Lodo Alfano, affermando la necesssità che “Berlusconi resti al suo posto e si faccia giudicare in tribunale come tutti i cittadini italiani. La sentenza della Consulta è così chiara che non lascia dubbi. Possiamo dire che la Corte sbarra la strada a ulteriori riedizioni del lodo con legge ordinaria. Per salvare il capo del governo dalle sue pendenze personali con la giustizia la destra deve chiedere di cambiare la Costituzione. La maggioranza in questi mesi non ha fatto altro che alimentare un clima di tensione, evocando continuamente complotti eversivi. Ci conforta che, in questa fase politica così violenta, i giudici investiti del compito di proteggere la Costituzione abbiano lavorato senza farsi condizionare in alcun modo. Ciò che è scritto in ogni aula di tribunale la legge è uguale per tutti finalmente viene confermato anche per Silvio Berlusconi. Speriamo che adesso si possa ricominciare a parlare dei problemi del paese”.

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    • Il commento allucinato del premier («queste cose qua a me mi caricano e caricano anche gli italiani. Viva l’Italia, viva Berlusconi!») fa seriamente allarmare sul patologico delirio di onnipotenza di quest’uomo che la moglie Veronica ha definito «malato»

    • Ma ancora più inquietante è l’appecoronamento di certa informazione. La sera della sentenza, in diretta telefonica a Matrix, ha dichiarato che prima di essere sceso in campo nel ’94 non ebbe mai un’accusa, e che da tutti i procedimenti a suo carico è stato finora assolto

    • Il conduttore-barboncino, Alessio Vinci, non ha fatto una piega di fronte alla doppia bugia: nel 1990 è stato dichiarato testimone spergiuro (testimoniò che stava nella P2 solo da tre giorni mentre era iscritto da tre anni), ma fu salvato da un’amnistia

    • quanto alle assoluzioni, è stato assolto nel merito solo per la tangente di Telepiù, ma per tutti gli altri episodi di corruzione, salvo appunti quelli ancora in itinere (benchè su Mills sia stato già dichiarato “corresponsabile in atti corruttivi»), l’ha sfangata solo grazie alla lunghezza dei processi. Dovuta anche e soprattutto alle leggi con cui lui ha inzeppato il codice di cavilli ritardanti. Per salvare se stesso. Non l’Italia

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    • Il piano B, quello che non gli farà evitare i suoi tre processi, ma almeno lo metterà al riparo dal rischio di una condanna per corruzione giudiziaria, è scattato

    • gli uomini di Silvio Berlusconi hanno deciso di tirare fuori dalle secche della commissione giustizia, dove era impantanata da mesi, una norma finora nascosta tra le pieghe della riforma del codice di procedura civile

    • Una legge ad personam, l’ennesima, che toglie il valore di prova alle sentenze già passate in giudicato

    • Quando sarà approvata, e c’è da giurarci che lo sarà, i tempi di centinaia di dibattimenti si allungheranno a dismisura

    • tra questi c’è anche quello per la presunta mazzetta da 600.000 dollari versata dal Cavaliere per comprare la testimonianza dell’avvocato inglese David Mills

    • L’idea della legge nasce infatti all’indomani della decisione del tribunale di Milano di stralciare la posizione di Berlusconi da quella del suo coimputato. Eravamo nell’autunno del 2008

    • Quel giorno gli avvocati-parlamentari Niccolo Ghedini e Piero Longo si accorgono che il Lodo ha una falla

    • il processo contro il premier sarebbe prima o poi ricominciato. E il rischio che ripartisse (o si concludesse) quando ormai l’eventuale condana in cassazione del legale inglese era già diventata definitiva, sembrava altissimo

    • l’appello contro il solo Mills comincerà già domani ed è prevedibile che duri pochissimo

    • con le norme in vigore il giudice del processo all’imputato Berlusconi, dovrebbe solo limitarsi a stabilire se il premier ha dato o meno l’ordine di pagare Mills

    • il fatto storico – cioè la mazzetta versata dalla Fininvest all’avvocato inglese – sarebbe già provato dall’eventuale sentenza, o di condanna o di prescrizione, in terzo grado

    • Il dibattimento sarebbe insomma rapidissimo

    • Insomma puntare alla prescrizione. In fondo il Cavaliere non deve non resistere molto. Un’apposita legge, la ex Cirielli, approvata dal centro-destra nel 2005, proprio quando Berlusconi scoprì di essere indagato per il caso Mills, ne ha dimezzato la lunghezza: se il processo contro di lui cominciasse settimana prossima (ma non sarà così) il premier nel giro di circa due anni la farebbe franca

    • Ventiquattro mesi sono un niente se la norma che toglie alle sentenze il valore di prova sarà approvata

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