#Elezioni2013 | Gli eletti del PD e i nominati del PD

Qualcuno ha ricordato una analisi dati che avevo pubblicato ad inizio Gennaio (anni luce…)  nella quale dimostravo che sostanzialmente il segretario del PD, Pierluigi Bersani aveva rispettato i patti delle primarie per i parlamentari. Ovvero che i due principi cardine di quelle consultazioni fra gli elettori del PD, 40% di presenza femminile e rispetto dell’esito del voto al momento della formazione delle liste, erano stati in buona parte rispettati.

Giustamente ci si è chiesti come è andata a finire. Ebbene posso dire che l’esito nefasto delle elezioni ha condizionato il risultato delle primarie per i parlamentari soprattutto per quanto concerne le liste del Senato, che chiaramente vedono fra gli ‘eletti’ in molti casi solo i primi 5-10 nominativi. Risponderò, nel corso di questo breve post, a due domande: 1) quale è il rapporto fra nominati e eletti con le primarie delle nuove delegazioni alla Camera e al Senato?; 2) il limite del 40% di presenza femminile è stato rispettato?

Domanda n. 1: Nominati vs. eletti

CAMERA: 289 deputati

Rapporto nominati/eletti nelle liste: 25% vs. 75%

Rapporto nominati/eletti dopo le elezioni politiche: 29% vs. 71%

SENATO: 106 senatori

Rapporto nominati/eletti nelle liste: 25% vs. 75%

Rapporto nominati/eletti dopo le elezioni politiche: 31% vs. 69%

 

Domanda n. 2: presenza femminile

CAMERA: 289 deputati

Uomini: 185 (64%)

Donne: 104 (36%)

SENATO: 106 senatori

Uomini: 185 (62%)

Donne: 104 (38%)

Questa la base dati che ho impiegato e che metto a disposizione: primarie_eletti

 

#Elezioni2013 | Il confronto alla Camera

Grafico analogo a quello pubblicato oggi sulla ‘decolorazione’ dell’Italia del 2008, a quel tempo così vivida di rosso e di blu, colori oggi appena accennati. Qui si tratta della Camera e mi par di capire che il calo è assolutamente analogo a quello registrato al Senato.

camera_csx_cdxLe ‘regioni’ rosse si sono ridotte alle sole Toscana e Emilia-Romagna mentre Umbria e Marche conoscono un fenomeno di normalizzazione tanto da risultare allineate alla Liguria, per esempio. Colpisce, ancora per quanto riguarda il centrosinistra, il calo del Veneto. Mi pare invece di capire che il cdx abbia mantenuto un certo vigore in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Mi sembra che sono con una analisi dei flussi si possano comprendere da quali ambiti partititi i 5 Stelle abbiano drenato consenso.

[grafici interattivi su http://politiche23013.iobloggo.com]

[segue]

#Elezioni2013 | Il confronto al Senato

Aggiorno con fatica e malavoglia queste analisi dati, ma tant’è, l’esito è quello che abbiamo sotto gli occhi e non si può far finta di niente. Il grafico sottostante lo potete vedere nella sua versione interattiva su http://politiche2013.iobloggo.com ma è evidente che il colpo d’occhio già dice tutto. A sinistra la cartina dell’Italia con la colorazione bluastra identifica la percentuale di voti presa al Senato dalla coalizione di centrodestra; nella parte destra, il colore rosso identifica la concentrazione percentuale del centrosinistra, anch’essa al Senato. In entrambi i casi si nota un calo della concentrazione, ma è significativo che il centrosinistra subisca una dura ‘botta’ anche e soprattutto nelle regioni tradizionalmente rosse.

Ripeto, l’analisi è condotta sulle percentuali e non sui voti assoluti.

sen_csx_cdx

Blocco totale

Non ci si può nascondere, questa volta. Non si potrà dire che è stata colpa dei 5 Stelle. La sconfitta è evidente, soprattutto se si guarda alla ex regione in bilico, la Lombardia, dove il centrodestra mantiene un 38% di consensi, nonostante tutto, nonostante questi anni terribili, dove si è visto e sopportato di tutto. Non c’è stato il tanto ventilato sorpasso in discesa. Nulla.

Chi scrive è ovviamente deluso da questo risultato. Deluso per il fatto che in ampie parti del paese, gli esponenti del centrodestra, che dovrebbero essere espulsi dall’arco costituzionale, fanno man bassa dei voti vendendo inutili promesse ed esponendo tutto il paese al rischio di un commissariamento, oggi più probabile che mai.

Qualcuno scriverà e dirà che il Movimento 5 Stelle ha sottratto voti soprattutto a sinistra, che il paese è ostaggio di una legge elettorale che definirla porcata è oramai una gentilezza. Sarà pur vero, ma è altrettanto chiaro che il risultato che si profila è segno dell’eterna immaturità dell’elettorato di sinistra, incapace di credere ad una proposta di governo sino in fondo, incapace di produrre una effettiva partecipazione.

Non credo che Bersani abbia commesso degli errori, in questa campagna elettorale. Ha perso semplicemente perché esponente di quel gruppo dirigenziale che ha governato il partito di sinistra dalla svolta della Bolognina in poi. Un’epoca è finita, anche per il Partito Democratico. D’ora in poi, di quella generazione di politici di scuola PCI non ci sarà più traccia. Loro hanno sempre perso le elezioni determinanti per le sorti di questo paese. Nel 1994, nel 2001, nel 2008 e quelle odierne. Non sarà mai più lo stesso partito. E ciò potrebbe anche essere una fortuna (una fortuna che arriva sempre troppo tardi).

Ed ora? All’estero stanno chiaramente dicendo che ‘gli italiani hanno gettato il loro voto’. I mercati stanno guardando e domani mattina gli investitori venderanno tutto ciò che hanno in tasca che abbia a che fare con questo paese. Tutto. Prepariamoci al peggio. Una seconda tornata elettorale fra sei mesi significherà una sorta di ‘esercizio provvisorio’ da parte di un governo di unità nazionale. Le questioni economiche, quelle serie, quelle che riguardano il pareggio di bilancio e il rispetto delle norme del Fiscal Compact, rimarranno in secondo piano. Per la Commissione Europea sarà facile piegare un esecutivo debole e ad imporre la vigilanza della Troika. Guardiamo la Grecia, oggi, come fosse un paese lontano. Ma i greci, l’anno scorso, erano proprio nella nostra stessa situazione.

#Elezioni2013 | Affluenza ore 22

Giusto per aggiornarvi sulla situazione: il grafico sottostante è costruito sulla base dei dati dell’affluenza delle ore 22 di ieri sera. Avrete già letto altrove del calo consistente (-7.6%). Più tardi avremo una indicazione maggiormente precisa della tendenza, ma mi pare chiaro – e non sono il solo a dirlo – che, Veneto a parte, tutte le province da cui proveniva la fetta più consistente del consenso per il centrodestra fanno registrare i picchi negativi.

Il grafico interattivo lo potete trovare su politiche2013.iobloggo.com

#Elezioni2013 | Affluenza ore 19

Vedi l’analisi dati sulla pagina speciale http://politiche2013.iobloggo.com/

Affluenza in forte diminuzione nelle province lombarde di Bergamo (-6.13), Como (-6.46) e Brescia (-4.04); giù anche Milano (-4.19). Sopra il 2008 l’Emilia Romagna; buona la partecipazione in Veneto, pari al 2008.

affluenza19La mappa che segue rappresenta in maniera piuttosto sintetica ma efficace l’andamento del voto per affluenza. La Lombardia in rosso insieme a tutto il Sud.

affluenza19_regioni

Ecco la tabella riassuntiva con le indicazioni sulla variazione dell’affluenza rispetto al 2008 (spicca il -10 di Vibo Valentia):

TORINO 1,87
ALESSANDRIA -0,34
ASTI -0,34
CUNEO 0,35
NOVARA -3,97
VERCELLI -4,1
BIELLA -3,55
VERBANO-CUSIO-OSSOLA -5,36
MILANO -2,11
MONZA E DELLA BRIANZA -4,47
BERGAMO -6,13
BRESCIA -4,04
COMO -6,46
SONDRIO -6,24
VARESE -4,39
LECCO -6,15
CREMONA -3,84
MANTOVA -0,28
PAVIA -3,15
LODI -3,61
BOLZANO -1,31
TRENTO -1,52
PADOVA 1,99
ROVIGO 0,12
VERONA -0,97
VICENZA 0,71
BELLUNO -4,74
TREVISO 0,05
VENEZIA 1,19
GORIZIA -2,68
UDINE -1,35
TRIESTE -0,92
PORDENONE 1,06
GENOVA 1,35
IMPERIA -0,91
LA SPEZIA -3,18
SAVONA 0,69
BOLOGNA 0,85
FERRARA -0,11
FORLI’-CESENA 0,42
MODENA 0,73
PARMA -1,14
PIACENZA -3,47
RAVENNA 3,18
REGGIO NELL’EMILIA 1,22
RIMINI 2,23
AOSTA 1,8
AREZZO -0,61
FIRENZE -0,19
GROSSETO -1,58
LIVORNO -0,43
LUCCA -0,51
MASSA-CARRARA -2,07
PISA 0,55
PISTOIA -0,79
SIENA 0,12
PRATO -1,41
PERUGIA -2,11
TERNI -2,47
ANCONA 2,84
ASCOLI PICENO -1,06
MACERATA -2,21
PESARO E URBINO 0,89
FERMO -3,31
ROMA 1,15
FROSINONE -4,03
LATINA -3,82
RIETI -3,86
VITERBO -2,59
CHIETI 2,14
L’AQUILA -3,04
PESCARA -1,68
TERAMO -0,36
CAMPOBASSO -0,35
ISERNIA -0,14
NAPOLI -4,18
AVELLINO -3,54
BENEVENTO -5,79
CASERTA -4,1
SALERNO -3,97
BARI -4,17
BRINDISI -2,85
FOGGIA -2,53
LECCE -4,63
TARANTO -2,96
BARLETTA-ANDRIA-TRANI -0,93
MATERA -2,53
POTENZA -3,84
CATANZARO -7,65
COSENZA -3,56
REGGIO CALABRIA -5,17
CROTONE -3,18
VIBO VALENTIA -10,48
AGRIGENTO -3,92
CALTANISSETTA -2,28
PALERMO -3,67
TRAPANI -2,88
CATANIA -3,79
ENNA -0,26
MESSINA -5,61
RAGUSA 0,16
SIRACUSA -2,09
CAGLIARI -0,89
NUORO -2,29
SASSARI -1,68
ORISTANO -2,19
CARBONIA-IGLESIAS -0,18
MEDIO CAMPIDANO -1,02
OGLIASTRA -1,48
OLBIA-TEMPIO -4,28

#Elezioni 2013 | Affluenza ore 12

Fra pochi minuti l’aggiornamento dei dati sull’affluenza. Seguite su http://politiche2013.iobloggo.com/

Il grafico sottostante mostra l’affluenza delle elezioni del 2008 confrontata con quella odierna. La barra rossa evidenzia il deficit di partecipazione che sta caratterizzando questa domenica elettorale.

affluenza12

Dopo aver atteso i dati del Viminale per oltre un’ora, ecco la tabella con le differenze in termini di affluenza alle urne rispetto al 2008. Fra le province del Nord attualmente sotto la nevicata, si registrano anche dei meno 3% (es. Asti, Pavia). In controtendenza Milano, solo -0.14 rispetto al 2008. Invece Bergamo e Brescia, enclave della Lega Nord, segnano un -2.4/-2.6. Questo fatto è molto importante in chiave risultato finale e assegnazione dei 49 seggi della Lombardia. La cartina mostra invece la ‘tradizionale’ distribuzione del voto: inferiore al 10% al Sud; intorno al 20% in Emilia-Romagna.

affluenza_province

TORINO -0,62
ALESSANDRIA -1,97
ASTI -3,07
CUNEO -2,89
NOVARA -1,84
VERCELLI -2,64
BIELLA -2,95
VERBANO-CUSIO-OSSOLA -1,47
MILANO -0,14
MONZA -1,43
BERGAMO -2,39
BRESCIA -2,6
COMO -1,79
SONDRIO -4,04
VARESE -0,93
LECCO -2,54
CREMONA -2,85
MANTOVA -0,9
PAVIA -3,25
LODI -1,96
BOLZANO -2,72
TRENTO -1,12
PADOVA -0,04
ROVIGO -0,88
VERONA -0,41
VICENZA 0,09
BELLUNO -3,97
TREVISO 0,04
VENEZIA 0,71
GORIZIA -0,12
UDINE -0,79
TRIESTE 1,11
PORDENONE 0,68
GENOVA 0,8
IMPERIA -0,57
LA SPEZIA -2,42
SAVONA -0,52
BOLOGNA -1,78
FERRARA -1,6
FORLI’ -3,74
MODENA -2,33
PARMA -2,08
PIACENZA -2,91
RAVENNA -1,88
REGGIO EMILIA -1,51
RIMINI -0,82
AOSTA -0,57
AREZZO -0,45
FIRENZE 0,12
GROSSETO -0,68
LIVORNO -1,85
LUCCA -1,58
MASSA-CARRARA -2,86
PISA -1,05
PISTOIA -1,51
SIENA 0,03
PRATO -0,97
PERUGIA -1,36
TERNI -1,38
ANCONA 0,13
ASCOLI PICENO -1,6
MACERATA -1,42
PESARO E URBINO -1,03
FERMO -1,69
ROMA -0,43
FROSINONE -2,25
LATINA -1,88
RIETI -1,81
VITERBO -1,39
CHIETI 1,11
L’AQUILA -2,02
PESCARA -1
TERAMO -1,2
CAMPOBASSO -1,2
ISERNIA -1,55
NAPOLI -3,96
AVELLINO -2,39
BENEVENTO -3,11
CASERTA -2,38
SALERNO -3,03
PUGLIA -1,59
BARI -1,97
BRINDISI -1,24
FOGGIA -1,03
LECCE -3,93
TARANTO -0,91
BARLETTA -1,33
MATERA -1,34
POTENZA -2,07
CATANZARO -2,46
COSENZA -1,61
REGGIO CALABRIA -2,46
CROTONE -1,57
VIBO VALENTIA -3,97
AGRIGENTO -1,09
CALTANISSETTA -1,28
PALERMO -2,26
TRAPANI -0,95
CATANIA -1,16
ENNA -0,66
MESSINA -1,9
RAGUSA -0,73
SIRACUSA -0,6
CAGLIARI -1,36
NUORO -2,16
SASSARI -1,44
ORISTANO -1,62
CARBONIA-IGLESIAS -0,91
MEDIO CAMPIDANO -1,2
OGLIASTRA -0,96
OLBIA-TEMPIO -2,42

L’illusione

Il ribaltone no. Non ci credo. Non credo che questa miserrima campagna elettorale e le elezioni di domenica possano costituire un ribaltamento dello status quo, “quello che non sono riusciti fare i nostri padri nel 1945”. Chi ha detto una cosa simile infama i morti per la Resistenza. Non sarebbero riusciti a che? Nel 1945? Ecco, di queste fesserie penso non ci sia bisogno. Quelle persone, “i nostri padri”, nel 1945, hanno combattuto e sconfitto il fascismo e l’occupazione nazista. Molti di loro non l’hanno nemmeno visto, il ’45, perché sono morti prima, sulle montagne, in una dolorosa guerra civile di cui portiamo ancora i segni.

Il paragone con l’odierno è senza senso. Votare M5S potrebbe in qualche maniera equivalere alla Resistenza? Potrebbe in qualche maniera essere anche solo accostato? Signori, qui si tratta di mercato politico, di voto in cambio di (una vaga promessa di) politiche. Puntiamo su un simbolo come con le fiche alla roulette. Né più né meno. Qualcuno di noi si è candidato, verrà eletto, o nominato – se non è passato per le primarie. Ha fatto la sua battaglia, ma a parole, come è giusto che sia in un paese in tempo di pace. Ed è ovvio che si siano essi stessi prestati, che abbiano prestato il proprio volto, il proprio corpo, per una organizzazione molto spesso destrutturata – come lo sono i partiti liquidi – di cui non controlla assolutamente nulla, e da cui domani potrebbe essere cacciato se la sua opinione dovesse minimamente divergere dal parere del Comico principale.

Ecco, quando vedo famosi attori e premi Nobel di Sinistra, famosi cantanti di (forse) Sinistra, rinvigoriti dall’idea di tornare a quel 1945 e di poter ribaltare su noi tutti questa idea vecchissima della redenzione da una condizione di minorità attraverso un atto rivoluzionario e di popolo, allora mi rendo perfettamente conto di quanto ancora siamo schiavi del passato, di quanto ancora il passato ci leghi mani e piedi, di come ancora una volta siamo del tutto incapaci di prefigurare una nostra idea di comunità nel futuro. “La ricostruzione dell’Italia su basi sociali, eque, di comunità, di solidarietà” che dovrebbe avvenire tramite un “ribaltone” semplicemente non avverrà. La ragione è una sola: scalzare il meccanismo della rappresentanza è troppo costoso. La rappresentanza semplifica. Quando le sue istituzioni funzionano, permette di prendere decisioni che abbiano valore erga omnes. Il modello proposto della iper democrazia tecnologica sostituisce la norma con l’algoritmo, che è una lingua tecnica parlata da pochi. Se la norma è pubblica, è opentanto spesso l’algoritmo è di proprietà privata di chi lo ha studiato ed elaborato. Possiamo quindi sostituire le regole della discussione pubblica – la campagna elettorale, il voto nelle urne, le dinamiche parlamentari, la procedura di legislazione, il governo – contenute nella Costituzione con formule e sintassi codificate da qualcuno e celate dentro un pacchetto software?

I sorpassati

piazza_castello_ansa

Così, riporta Sallusti, secondo B. il sorpasso sarebbe avvenuto. E lui ‘non si sente di smentire’. La realtà la conosceremo fra dieci giorni circa, quando il risultato del voto suggerirà a queste persone di fare qualcosa d’altro nella vita. Certamente i sondaggisti sono all’opera, stanno fabbricando numeri più o meno rappresentativi della realtà che però non possono essere divulgati. Anche chi scrive è a conoscenza di alcuni di questi ‘numeri’ e non ve ne può parlare per quella legge che ci tratta tutti quanti come dei ‘bambinoni’ (cfr. Panebianco).

Posso solo dirvi che ieri a Torino, in piazza Castello, vi erano 50000 persone. Non è chiaro se erano là per vedere il Comico o il Politico. Non è chiaro se questa affluenza si sarebbe registrata anche in caso di spettacolo a pagamento. D’altronde anche il nuovo gioca pericolosamente sul discrimine fra sfera pubblica e sfera privata, un mantra per tutta la Seconda Repubblica. Questo aspetto sarebbe già sufficiente a far ricredere molti sulla genuinità di una operazione politica nata dalla mente di due sole persone e che sfrutta genialmente l’indignazione come carburante per la produzione di consenso. Eppure lo Tsunami Tour, un format vincente mutuato dalla esperienza siciliana che ha pur fatto guadagnare al M5S il titolo di primo partito dell’isola, sta movimentando moltissimi elettori che invece sino a qualche settimana fa non lo erano (erano cioè auto-reclusi nel ghetto dell’astensione). Qualche sondaggista ha subodorato lo spostamento di opinione in atto in queste ore; una tensione che sta facendo vacillare il progetto del sorpasso.

Lo ha descritto molto efficacemente Rudy Francesco Calvo su Europa. Lo Tsunami tour ha riaperto la partita – considerata chiusa – in Veneto. La Lega Nord ha perso la sua carica antisistemica. L’elettorato di centrodestra sta migrando verso i pentastellati e verso Giannino (che Civati definisce l’Ingroia di destra). Questa transustanziazione – letteralmente una conversione – costituisce l’atto definitivo del tramonto dell’epoca berlusconiana. Va da sé che le regioni non sono isolate e che nella vicina Lombardia potrebbe avvenire qualcosa di simile. Il Partito Democratico, sostiene Francesco Calvo, potrebbe effettuare un sorpasso ‘in discesa’. Sì, poiché il calo nei sondaggi sarebbe matrice comune per tutti i partiti della Seconda Repubblica. A ciò si aggiungano i flop della lista Monti e della rivoluzione Civile di Ingroia e la conclusione è presto detta: il pareggio non ci sarà e forse avremo anche una maggioranza chiara al Senato.

Solo ipotesi, sia chiaro.

Sondaggi Politiche 2013: il PD e quel che resta dell’effetto primarie

Il grafico sottostante descrive l’andamento della media settimanale dei sondaggi (linea rossa) per il Partito Democratico nel periodo 31/10/12 – 31/01/13. Ho evidenziato nel grafico quattro distinte fasi: la prima è compresa fra il 31 Ottobre e il 22 Novembre, la seconda fra il 22 Novembre e il 13 Dicembre, la terza fra il 13 Dicembre e il 9 Gennaio, quindi la quarta, fino a fine Gennaio. Il PD è cresciuto nel periodo ‘Primarie di Coalizione’, come ampiamente riconosciuto; si è stabilizzato intorno al 33% fra le festività natalizie, le ‘Primarie per i Parlamentari’ e l’inizio del nuovo anno; è calato dopo il 9 Gennaio.

La linea blu in grassetto rappresenta la media per i rispettivi periodi descritti sopra. In ogni caso, si può affermare che i Democrats conservano almeno due/tre punti percentuali rispetto al periodo precedente alle primarie. Il trend di Gennaio non è stato affatto positivo, per Bersani. Dire quindi che il PD abbia perso punti a causa dello scandalo di Monte dei Paschi di Siena non è corretto. L’inversione di tendenza si è innescata sin da inizio Gennaio, appena finito il clamore sui risultati delle consultazioni per definire leadership e composizione delle liste. Il che si può tradurre: le primarie è meglio farle quanto più prossimi al voto, poiché esse portano consenso e visibilità.

Perché #lapropostasciocc è una menzogna

Berlusconi ha lanciato oggi la sua “proposta choc”. Riprendo la trascrizione delle dichiarazioni dell’ex presidente del Consiglio da Repubblica.it:

 “l’abolizione [e restituzione] dell’Imu sulla prima casa, eliminazione in 5 anni dell’Irap (l’imposta rapina che grava sulle imprese), nessuna patrimoniale, nessuna aumento dell’Iva”. Per il Cavaliere “quella dell’imposizione dell’Imu è l’atto più odioso del governo Monti. La casa non si deve mai toccare. E’ sacra. E ha dato il via alla crisi”.

La restituzione dell’Imu comporta una revisione del bilancio pubblico per 4 miliardi di euro che Berlusconi dice di poter aggiustare concludendo “l’accordo con la Svizzera per la tassazione delle attività finanziarie detenute in quel paese da cittadini italiani: il gettito è una tantum di 25-30 miliardi e poi all’anno un flusso di 5 miliardi”. Qualcuno ricorderà l’esperienza dello Scudo Fiscale: proprio il governo Berlusconi consentì il rientro dei capitali scudati tassandoli appena del 5%. Il gettito del 2010 fu di soli 3.7 miliardi. Perché con la prossima legislatura dovrebbe andare diversamente? Capite tutta l’aleatorietà della proposta, soprattutto perché non c’è certezza sulle nuove entrate, mentre c’è piena sicurezza che senza IMU sulla prima casa si devono trovare esattamente 4 miliardi di euro.

In ogni caso, l’abolizione dell’imposta sulla prima casa e sui caseggiati ad uso agricolo creerebbe per i comuni uno stato di nuova incertezza sui bilanci, proprio nel 2013, quando l’intero gettito della tassazione delle categorie catastali di immobili A, B e C rimarrà ai comuni medesimi. Nel 2012 il buio sulle entrate ha spinto in alto le aliquote, e un fenomeno analogo potrebbe ripetersi nel 2013. L’effetto perverso di questa proposta di eliminazione farà impennare la tassazione sulle seconde case, senza alcun elemento di differenziazione su base reddituale.

La seconda parte della proposta è ancora più ridicola. Berlusconi promette l’abolizione dell’IRAP in cinque anni. Ammetto di non comprendere affatto il termine di tempo di cinque anni. Una imposta o può essere abolita subito, oppure non verrà mai abolita. In ogni caso dovete sapere che l’IRAP costituisce un problema soprattutto per quelle aziende che hanno molto personale dipendente. Essa si applica anche in presenza di bilanci in rosso. Berlusconi parla di cancellazione totale, ma il gettito annuale dell’IRAP corrisponde a 30-35 miliardi di euro. Quasi dieci volte l’IMU sulla prima casa. L’IRAP copre circa un terzo della spesa sanitaria.

Nel Nord il tasso di copertura della spesa per la sanità (51,1 Miliardi di euro), è garantito dal gettito dell’IRAPper il 40%; al Centro (23 Miliardi di euro) per il 37,2%; mentre è molto basso nel Mezzogiorno dove il gettitodell’IRAP copre appena il 22,2% della spesa sanitaria (35,2 Miliardi di euro) – dati UIL 2009.

Berlusconi ha pronunciato il discorso della proposta choc a Milano. Dovrebbe anche dire ai lombardi che senza IRAP la sanità regionale dovrebbe rinunciare al 48% del suo fabbisogno annuo.

Sondaggi Politiche 2013: al Senato il rischio pareggio si allontana

Affermo questo in controtendenza rispetto ai giornalisti, che parlano di rimonta di Berlusconi. La realtà descritta dai sondaggi è leggermente diversa e sembra palesarsi una tendenza che potrebbe favorire il costituirsi di una maggioranza di centrosinistra al Senato, anche con ‘Italia Bene Comune’ sconfitta in Lombardia e Veneto. Tutti – giornali, tv, sondaggisti – hanno notato la flessione di Scelta Civica di Monti. Il Professore è stato sorpassato da Grillo, è stato scritto. E’ vero, e ciò ha un effetto particolare , soprattutto in Veneto.

Il Veneto distribuisce 24 seggi al Senato. Il cdx è nettamente in vantaggio, quindi vincerebbe il 55% dei seggi (13). Stando al sondaggio di Euromedia Research, condotto fra il 25 e il 28 Gennaio scorsi e divulgato durante Porta a Porta del 30 Gennaio, la suddivisione dei seggi sarebbe la seguente:

Euromedia
La Destra 1
PdL 19
Altri cdx 1,5
Lega Nord 22,4
Lista Monti 11,9
CD 0,6
PD 29,2
Sel 3,1
Riv. Civile 1,7
FARE 1,2
Radicali
M5S 7,2
Altri 1,2
Seggi
PdL 6
Lega Nord 7
PD 7
M5S 2
Lista Monti 2

Considerato che difficilmente la coalizione fra PdL e Lega avrà una vita oltre le elezioni, e che lo stallo per la Lista Monti in Veneto potrebbe continuare sino a 24-25 Febbraio, si avrebbe il risultato paradossale di un pacchetto seggi suddiviso quasi equamente fra PD, Lega e PdL.

senato_venetoEuromedia assegna la vittoria al csx sia in Sicilia che in Campania, ma per una manciata di voti:

Regione Coalizione
Campania cdx 30,0
csx 32,6
Sicilia cdx 30,5
csx 30,7
Lombardia cdx 35,5
csx 35,0

Il grafico che segue invece simula la composizione del Senato nella prossima legislatura, stando appunto ai sondaggi di Euromedia:

senatoVa da sé che il conteggio non è dissimile da quanto sappiamo ed abbiamo potuto leggere sui giornali nelle ultime settimane. Il PD e Sel insieme non raggiungono l’autosufficienza, ma con i tre seggi del SVP (tradizionalmente di centrosinistra) avrebbero un totale di 151 seggi. Ne mancano sette per la maggioranza. Sei seggi vengono assegnati con il voto degli italiani all’estero. Nella precedente legislatura solo due erano del PD. Non ci sono al momento sondaggi né analisi serie su come possa andare il voto all’estero. Quindi, ai fattori di incertezza, aggiungerei anche la Circoscrizione Estero. A sorpresa potrebbe essere quella determinante. Soprattutto se la flessione di Monti dovesse continuare.

Riassumendo: in Lombardia cdx +0.5, un soffio di vento verso Ambrosoli e le cose cambiano radicalmente; in Veneto, l’effetto perverso del Porcellum farà prendere al PD tanti seggi quanti la Lega; in Campania il csx ha un vantaggio di circa due punti percentuali; in Sicilia è di nuovo testa a testa; il voto all’Estero è sinora un enigma. Abbastanza per far presagire un risultato a sorpresa.

Le Politiche 2013 e il sentimento su Twitter

Da oggi terrò traccia dei risultati della ‘sentiment analysis’ che si può fare online – un po’ rozzamente – con alcune applicazioni quali http://twitrratr.com/ e http://www.sentiment140.com/. Inutile dire che siamo ben lungi dalle sofisticate analisi che la Stanford University ha realizzato nel 2009 e che qualcuno ha applicato con successo in occasione delle elezioni americane dello scorso Novembre. Però potrebbe essere una misura, un indicatore, del feeling che i leader delle coalizioni hanno su Twitter. Potrebbe suggerire delle tendenze in atto che i sondaggi tradizionali fanno fatica a intercettare.

twittrratr

Data Ora Nome 🙂 = 😦 Tweet totali %pos %neg
28/01/13 20,29 Berlusconi 31 259 11 301 10,3% 3,7%
28/01/13 20,3 @berlusconi2013 1 58 1 60 1,7% 1,7%
28/01/13 20,31 Bersani 1 35 0 36 2,8% 0,0%
28/01/13 20,32 @pbersani 11 150 0 161 6,8% 0,0%
28/01/13 20,33 @senatoremonti 52 636 10 698 7,4% 1,4%
28/01/13 30,36 @pierferdinando 2 24 0 26 7,7% 0,0%
28/01/13 20,4 @beppe_grillo 3 161 0 164 1,8% 0,0%

Sentiment 140

Berlusconi

Bersani (@pbersani)

Mario Monti (@SenatoreMonti)

Beppe Grillo (@beppe_grillo)

La polemica su Mussolini e le leggi razziali innescata ieri dall’abile troll Silvio Berlusconi ha fatto aumentare la ‘torta’ dei tweet che contengono il suo nome. Male o bene, purché se ne parli. Anche Mario Monti ha un modesto afflusso di tweet, sia positivi che negativi. E’ probabile che in questa analisi, l’ora di esecuzione delle query ha il suo impatto. Domani le ripeterò, alla stessa ora.

31/01: penso che concluderò anticipatamente questa analisi. Le Query realizzate per tramite di queste applicazioni online sono inaffidabili e non distinguono i post sarcastici. Inoltre sono solo in lingua inglese, pertanto le analisi dei tweet tendono a privilegiare Mario Monti, che in questi giorni ha spesso avuto interazioni con twitteratori in lingua inglese, specie dopo la sua partecipazione alla conferenza di Davos. In secondo luogo, non ho trovato sinora un modo coerente di trattare i post negativi: devono essere sottratti a quelli positivi o esser trattati come i neutri? Insomma, troppi dubbi metodologici e strumentali per poter proseguire questa esperienza.

Politiche 2013: i candidati premier nei trend di ricerca

Spulciando Google Trends negli ultimi 90 giorni si scopre che dei quattro nominativi dei candidati leader delle coalizioni, i termini di ricerca più digitati sono quelli di Mario Monti e Silvio Berlusconi. Bersani è in coda, minimizzato, ma non è una novità: questo strumento lo penalizzava anche alle primarie di Italia Bene Comune laddove era in coda insieme a Tabacci in una classifica dominata da Matteo Renzi e Nichi Vendola. Sappiamo tutti come è andata a finire.

trend_monti_b_bersani

Ricerca su Google Trends, ultimi 90 giorni: in blu il volume di ricerca per Mario Monti, in rosso Bersani, in giallo Silvio Berlusconi. I due picchi di Monti corrispondono alla settimana della sua ascesa in campo; il picco rosso indicato con C corrisponde alla elezione di Bersani al ballottaggio delle primarie del 2 Dicembre.

Se sostituiamo Bersani con Partito Democratico (“il PD non è un partito personale”) la curva rossa cambia sensibilmente e mette maggiormente in evidenza i flussi di ricerca in prossimità delle primarie per la leadership:

Mario Monti e Silvio Berlusconi vs. Partito Democratico su Google Trends

Mario Monti e Silvio Berlusconi vs. Partito Democratico su Google Trends

L’ultimo grafico che vi propongo è relativo al confronto del volume di ricerca fra Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle: ebbene, le due curve (in blu Grillo, in rosso M5S, nel grafico sottostante) sono strettamente correlate e ogni volta che il nome di Grillo subisce una impennata nel motore di ricerca, il M5S riceve un traino esattamente proporzionale. Forse così si spiegano le periodiche ‘sparate’ del comico. La lettera A, per esempio, corrisponde ad una intervista a Grillo trasmessa dal Tg1 il 10 Gennaio scorso. Le lettere C e D corrispondono alle espulsioni di Favia e Salsi.

Grillo vs. M5S su Google Trends

Grillo vs. M5S su Google Trends

La fabbrica dei gruppi parlamentari

Immagine

La prossima legislatura si annuncia come la più fertile in fatto di numerosità dei gruppi parlamentari. I cartelli elettorali che si presentano all’opinione pubblica come elementi unitari, addirittura in alcuni casi come nuovi alla politica, più che altro espressione della società civile e non della cosiddetta casta, sono dei meri riassemblaggi di micro-partiti personali e partiti reduci delle esperienze di centrodestra o di centrosinistra opportunamente ‘diluiti’. Rientrano in questa categoria sia Rivoluzione Civile di Ingroia, sia Scelta Civica di Mario Monti. Lo stesso PdL, per poter vincere nelle regioni chiave e imporre la legge del pareggio al Senato, sta imbarcando nelle proprie liste soggetti appartenenti a partiti di espressione locale nonché prettamente personalistici, come MPA di Lombardo o Grande Sud di Miccichè. Un altro fattore di instabilità nella formazione dei gruppi parlamentari lo potrebbe portare il Movimrnto 5 Stelle e la sua assenza di struttura e di organizzazione; gli editti del leader carismatico, qualora egli perseguiti a dettare una linea politica oramai pienamente destrorsa (e come collocare altrimenti le recenti dichiarazioni sul destino dei sindacati?), potrebbero aver l’effetto di ingrossare le file del Gruppo Misto o magari di facilitare la riorganizzazione dei fuoriusciti intorno alla persona di Giovanni Favia, forse eleggibile alla Camera. Ma procediamo con ordine.

1. L’impalpabilità dell’Agenda Monti

Basta osservare come il Professore è stato costretto a strutturare le liste elettorali di Scelta Civica per comprendere come i partiti dell’UDC e di FLI riusciranno egregiamente a sopravvivere all’ultima Legislatura e a regalarsi una nuova veste, addirittura – ed è il caso dell’UDC – a divenire terza gamba della maggioranza sghemba di Bersani e a strappare qualche sottosegretariato se non qualche ministero (dall’alto del suo 4%). Il CISE, il centro studi elettorali della LUISS, ha esaminato le liste di Scelta Civica nelle posizioni eleggibili e ha scoperto che i candidati scelti direttamente da Mario Monti non sono più di undici alla Camera e soltanto tre al Senato. Potremmo individuare in 22 deputati la pattuglia di fedelissimi del senatore (gli undici di cui sopra più il movimento ‘Terza Repubblica’ di Riccardi). Italia Futura, che non è un partito ma una fondazione, otterrebbe ben 21 deputati, mentre UDC e FLI, alla Camera, correranno con proprie liste, seppur in coalizione con il Professore. Per cui, ci si aspetterebbe di avere un gruppo parlamentare ‘Scelta Civica’, a sua volta suddiviso in montiani e riccardiani, un altro afferente a Montezemolo, Italia Futura, a cui vanno sommati gli eventuali gruppi parlamentari di UDC e FLI (il partito di Fini però rischia di non superare la soglia di sbarramento). Al Senato, il gruppo montiano è in inferiorità numerica, dovendo fare spazio ai candidati di UDC, FLI e Italia Futura. Montiani e riccardiani conterebbero di soli otto senatori, contro i sicuri 7 di UDC, eventualmente opzionabili a 9-10 grazie alle doppie candidature di Pierferdinando Casini, ai 3 di FLI, ai 5 di Italia Futura. Insomma, il famoso centrino diventerebbe ben presto una costellazione di partitini, chiaramente tutti degni di rimborso elettorale, anche in virtù dell’assenza di qualsiasi accordo politico post-elettorale. L’adesione al contenuto dell’Agenda Monti non è garanzia di nulla: all’indomani del voto. UDC, FLI e Italia Futura potrebbero volgere le spalle a Monti, avendo ottenuto ciò che cercavano, l’elezione. D’altro canto, Monti medesimo potrebbe consegnare i propri fedelissimi, in una sorta di scambio politico-numerico, della serie ‘ti consento di governare al Senato a patto che tu assumi l’Agenda o parte di essa come tuo programma di governo’, messaggio che il PD e Bersani sembrano aver recepito come dimostrerebbe la retromarcia sulla patrimoniale.

2. Rivoluzione Civile che delusione

Antonio Ingroia aveva condizionato la sua ‘ascesa’ al campo solo in conseguenza di un dietrofront dei partiti. voleva, l’ex pm di Palermo, organizzare la ‘riscossa’ della società civile. Ma l’operazione Ingroia è sembrata a molti come la mossa estrema di Di Pietro per far proseguire la vita a Italia dei Valori. Di Pietro ha lavorato dietro le quinte, chiamando a sé chi nel 2008 aveva contribuito ad escludere dal Parlamento (ricordate Veltroni che scelse Tonino e tagliò fuori dall’alleanza i residui della Sinistra Arcobaleno di Bertinotti?), ovvero i Verdi e la Federazione della Sinistra, a sua volta un aggregato dei micro partiti di Rifondazione comunista e Comunisti Italiani, risultati di vecchie scissioni della sinistra ‘antagonista’ ai tempi del primo governo Prodi.

Il progetto di Ingroia è stato duramente ridimensionato. Le liste sono rinfoltite dall’IDV romano, dalla sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, che è ricollegabile al senatore Pedica, dai movimentisti viola, in primis Gianfranco Mascia, dal giornalista dell’Espresso e blogger Giglioli, anima della contestazione a Berlusconi nel 2009-2010. Ma ha dovuto pescare anche nell’IDV malato, quello dei Mariuccio, dei capibastone locali, e la cosa a quanto pare non è piaciuta. Se non lo avesse fatto, Ingroia avrebbe detto addio alla possibilità di ottenere qualche senatore. Senza gli impresentabilit dell’IDV in Campania o Molise niente superamento della soglia di sbarramento dell’8%. Che fare? La battaglia per le candidature è stata qualcosa di osceno: Di Pietro avrebbe fatto saltare Agnoletto in Lombardia. Salvatore Borsellino ha parlato chiaramente di lottizzazione partitica delle liste di Ingroia. Lo ha fatto anche in diretta televisiva durante il programma di Lucia Annunziata, giovedì scorso, lasciando Ingroia esterrefatto:

“Voterei Ingroia ad occhi chiusi, ma sto vedendo vecchi politici riciclarsi nelle sue liste e le mie agende rosse vengono penalizzate […] Dopo aver voluto il mio appoggio e la designazione dei ragazzi delle agende rosse per la candidatura con Rivolzione Civile ho visto i loro nomi finire in fondo alle liste senza possibilità di continuare la nostra lotta in Parlamento […] Non mi sono chiari i criteri con cui vengono stilate le liste. Temo che alcuni vecchi politici le stiano usando come paravento per ripresentarsi alle elezioni dopo che i loro partiti hanno perso di credibilità (Salvatore Borsellino, fanpage).

Prima di lui, hanno tolto l’appoggio a Ingroia sia il politologo Marco Revelli che l’ex magistrato Livio Pepino di ‘Cambiare si può’:

Ingroia ha due problemi di fronte, il primo è il rapporto con l’altra branca del movimento arancione, il gruppo di “Cambiare si può” dell’ex magistrato Livio Pepino, del sociologo Marco Revelli e del profesor Paul Ginsborg. Il movimento si è spaccato sulla scelta dell’alleanza con Idv, Rifondazione, Verdi e Pdci. I partiti non presentano simboli, l’unico è quello di Rivoluzione civile, ma candidano i segretari e dirigenti. “Cambiare si può” ha sottoposto a referendum la scelta lo scorso 31 dicembre. Risultato: su 13200 aventi diritto hanno votato per via telematica in 6908, e il 64,7% (4468) ha detto sì all’alleanza con la lista Ingroia. La conseguenza finale sono state le dimissioni di Chiara SassoLivio Pepino e Marco Revelli, dal vertice del movimento. “Il nostro mandato si è concluso e per quanto ci riguarda non è più rinnovabile” (Il Fatto Q, 5 Gennaio 2013).

In sostanza è chiaro anche ai muri che Rivoluzione Civile è un ‘cavallo di troia’ per IDV, Fds e Verdi, altrimenti privi di possibilità di entrare in parlamento. Non faranno altro che utilizzare il volto di Ingroia per evitare il giudizio degli elettori, in primis Di Pietro e IDV, distrutti dallo scandalo dei rimborsi elettorali. Per poi ovviamente separarsi il giorno dopo le elezioni e costituire alla Camera e al Senato ognuno il proprio personalissimo gruppo parlamentare.

3. Il partito liquido

Le parlamentarie del M5S hanno selezionato liste di giovani e di donne, scelti fra le fila del movimento, soprattutto di quella parte che ha fatto la storia del movimento. Ovvero personalità che difficilmente stanno tollerando la deriva accentratrice e destrorsa di Grillo. Potrebbe essere che Grillo stia seguendo una strategia suicida: che voglia cioè far precipitare il consenso verso i 5 Stelle al fine di ridimensionare le aspettative verso di loro. Più volte il comico ha detto che l’obiettivo era quello di inserire nelle istituzioni dei ‘cani da guardia’ del potere. Di spezzare la coltre di segretezza delle istituzioni. Ha rischiato di divenire il secondo partito italiano e di ottenere una rappresentanza parlamentare di più di cento fra deputati e senatori. Troppo per un movimento che non ha ancora chiare le regole della selezione dei candidati e per la deliberazione interna e che di fatto è rappresentato da un marchio che non possiede.

Ma se la vulgata grillesca continuerà sulla falsa riga della linea politica spiegata in questi giorni nel tour nelle città italiane, molto probabilmente i suoi futuri parlamentari diventeranno nervosi e inclini a smarcarsi dal comico. I distinguo e le dissociazioni non tarderanno ad arrivare. Con il risultato che il gruppo parlamentare del M5S si spezzetterà in più parti, determinando flussi di parlamentari imprevedibili da e verso la lista Ingroia o il centrodestra o Di Pietro.