Il governo Letta sul caso Alma Shalabayeva, in colpevole ritardo

E’ passato oramai un mese da quando un plotone di agenti della Digos, nottetempo (era quasi mezzanotte, strana ora per una operazione di polizia), ha prelevato da una villetta alle porte di Roma la signora Alma Shalabayeva e la sua figlia di soli sei anni. La donna era stata accusata di essere in possesso di documenti falsi, le era stato negato un avvocato, un interprete. E’ stata imbarcata in tutta fretta su un volo di sola andata, per Astana, capitale del Kazakistan.

Recenti cronache del Financial Times, fra i media stranieri più attivi sulla vicenda, hanno riportato in auge il caso di quella che ormai è, a tutti gli effetti, una deportazione: i poliziotti tutti vestiti di nero, gli insulti (“puttana russa”), le minacce (“io sono la mafia”), fecero pensare alla donna che quegli uomini erano venuti ad ucciderla. Lei è moglie del dissidente e banchiere kazako, il discusso Mukhtar Ablyazov, principale oppositore del regime retto dal dittatore Nursultan Nazarbayev, superstite inossidabile del Soviet Supremo kazako. Ha pensato, la donna: ci ammazzeranno tutti, e nessuno verrà mai a saperlo. Ma Alma Shalabayeva, insieme alla figlia Aula, nativa inglese, è stata dapprima rinchiusa in un Cie, poi imbarcata su un volo di stato per Astana, prontamente allestito dall’ambasciata kazaka in Austria. Alma ha chiesto ripetutamente alle autorità italiane asilo politico, sebbene i suoi documenti fossero in ordine; sebbene non ci fosse motivo alcuno per arrestarla e privarla dei suoi diritti civili.

Il Tribunale di Roma si è pronunciato sul caso ed ha stabilito che i passaporti erano regolari e che l’arresto della donna è illegale. Il Financial Times ha chiarito che, un giorno prima del ‘raid’ della Digos, l’ambasciata kazaka in Roma aveva chiesto formalmente al Ministero degli Interni di provvedere alla cattura di Ablyazov, fotografato il giorno 26 Maggio da agenti del governo di Astana presso la villa dove risiedeva la moglie. Il Fatto Quotidiano ha confermato quanto riportato dal FT. Ha inoltre rivelato che la richiesta è stata inoltrata “il 28 maggio […] direttamente alla Questura di Roma (che fa capo al ministero degli Interni), e non al dicastero degli Esteri o, a livello procedurale, a quello della Giustizia” (Il Fatto Q). Quindi, sia il Ministero della Giustizia che quello degli Esteri sono stati completamente bypassati. Il giorno 5 Luglio, mentre queste nuove rivelazioni venivano diffuse, il governo emetteva un comunicato di ben tre righe:

Rispetto a quanto apparso sulla stampa circa la vicenda della cittadina kazaka Alma Shalabayeva, il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha immediatamente chiesto di avviare una verifica interna agli organi di Governo che ricostruisca i fatti ed evidenzi eventuali profili di criticità (governo.it).

Notate l’avverbio, immediatamente. Il governo arriva un mese in ritardo sulle prime indiscrezioni stampa, quando ormai la donna è stata deportata in Astana e là incriminata con accuse molto gravi, quali concorso nella presunta corruzione di funzionari dell’immigrazione nel rilascio di passaporti ai parenti del signor Ablyazov. Il FT specifica che non vi sono documenti che testimoniano il coinvolgimento del ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale ancora non ha dato una risposta alle richieste di spiegazioni della collega Bonino. Il portavoce di Alfano si guarda bene di rispondere alle domande della stampa (sia chiaro, estera). Il caso è tornato in auge solo per la pervicacia dei giornalisti del FT in Italia, Guy Dinmore, Giulia Segreti e Isabel Gorst. I giornalisti italiani sono troppo distratti dalle dichiarazioni dei vari Brunetta sulla cancellazione dell’aumento dell’Iva, evidentemente. Una faccenda simile, in un paese che si rispetti, causerebbe l’assalto dei media e, allo stesso tempo, un ministro che si rispetti, coinvolto fino al collo in una operazione pienamente illegale, darebbe prontamente le dimissioni. Già, però: non permettiamo che i compagni kazaki diventino una mina per il governo Letta.

Regionali 2010, in bilico insieme alle regioni in bilico. La diretta dello spoglio.

Su Yes, political! si sceglie di seguire in diretta lo spoglio delle due regioni più interessanti, quelle che si concluderanno al fotofinish: Piemonte e Lazio.

Per il Piemonte: http://www.radiogold.it/site/index.php

Per il Lazio: http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/index.html?refresh_cens

Alla fine la spuntano sia Cota che Polverini. Il PdL dà il via ai festeggiamenti, ma la sua è una vittoria di Pirro, la Lega sfonda poi sfonda solo nel Lombardo-Veneto, ed è partito di maggioranza relativa in Veneto. Bresso chiederà il riconteggio dei voti, ma per il PD c’è poco da contestare: finisce 7 a 6 (con la Lombardia sub judice per la questione del divieto di terzo mandato).

In Lombardia, eletto consigliere regionale Giuseppe Civati; medesia sorte per Giulio Cavalli per IDV; ce la fa anche Thomas Casadei in Emilia-Romagna (PD, area Marino); per il Mov 5 Stelle, eletto Favia in Emilia-Romagna in virtù del voto nelle liste circoscrizionali di Bologna e Modena; Luisa Capelli raccoglie solo 196 voti nella circoscrizione Roma; Abonante in Piemonte non va oltre le 2300 preferenze (pur un buon risultato, ma forse non basta). In Piemonte e Lazio, l’incertezza del risultato finale ha rallentato di molto la computa del voto di lista. Più tardi i risultati finali e le considerazioni di merito. Ma il risultato nazionale non è certo un premio per il PdL, il partito del (finto) premier: chiude con un risultato inferiore alle Europee di quasi l’8%.

23.05, in pratica Cota ha quasi vinto in Piemonte; si annuncia l’enplain della Lega: Piemonte, Lombardia e Veneto al Carroccio; qualcosa è cambiato;

23.05, Lazio, Polverini chiama a raccolta i suoi, per festeggiare?

23.00, Cota è davanti del 3% quando manca il 27% delle sezioni;

22.55, Lazio, ora la vittoria di Polverini è un oscuro fantasma, rimonta a meno 2000 voti, 80% l’avanzamento dello scrutinio

22.45, a Brescia il più votato è Renzo Bossi – viva la meritocrazia.

22.35, Piemonte, sostanziale parità fra PD e PdL, divise da circa un punto percentuale; piccola crescita della Lega, 1.36%; l’astensionismo punisce tutti;

22.30, Lazio, si riduce lo scarto fra Bonino e Polverini, ora pari a circa 4.500 voti

22.30, La Russa, le regioni vinte da PdL e Lega sono più popolose, ergo le eventuali elezioni mid-term confermano la maggioranza al governo (???? chi glielo spiega che non è così?)

22.25, Lombardia, Civati ce la fa in Brianza!

22.25, Proiezioni Rai danno Cota vincente;

22.15, Formigoni, “siamo al quarto successo consecutivo, mai visto da altre parti”; certo, da altre parti è illegale, e anche in Lombardia;

22.15, Piemonte, Bresso in difficoltà, circa 2 punti di svantaggio su Cota

22.15, Lazio, scrutinio al 67%, Bonino 49,9%

21.20, Lazio, 58% di sezioni scrutinate, Bonino avanti ancora, 50.38%, quasi 20.000 voti.

21.20, Piemonte, circoscrizione Torino, Bresso sotto la soglia del 55%, indispensabile per vincere. Bresso vince solo a Torino; le altre provincie del Piemonte votano tutte per Cota, con vantaggio massimo anche del 14% (Cuneo). Torino però vale metà vittoria (più popolosa).

21.10, Piemonte, dati Viminale, sono ora 7.700 i voti di vantaggio per Cota. Bresso in silenzio, si gioca tutto sul finale (il dato è relativo a poco meno del 50% delle sezioni).

21.04, per Bossi, la sinistra è sparita (e il PdL?).

21.04: altro off-topic sul Veneto: Lega al 35%, stacca di 11 punti il PdL e si pone come il partito del Veneto, il partito non del Nord, ma del Nord-Est; in Lombardia, parti invertite; PD appena sopra la soglia del 20% in entrambe le Regioni

20.54: Cota avanti di 3.500 voti, il sorpasso? Secondo Bossi, sì, Cota è vincente. E se vince Cota, festeggia anche Grassano, l’ex presidente del Consiglio Comunale di Alessandria sotto processo per truffa aggravata, truffa tentata e falso nei confronti del proprio Comune.

20.50: Piemonte, 0.1% il divario fra Bresso e Cota. Tensione alle stelle.

20.50: Lazio, Emma Bonino al 50.26%, lasciate perdere le percentuali delle proiezioni, saranno carta straccia con risultati così indecisi.

20.40: Piemonte, debole la crescita della Lega Nord, +0.62%

20.27: piccolo off-topic, Emilia-Romagna, Giovanni Favia vicino al 7%, incredibile exploit del Movimento 5 Stelle!

20.15: Piemonte, prosegue il testa a testa fra Bresso e Cota, su 37% delle sezioni, Bersso 47.69, Cota 47.11

20.15: Lazio, davanti c’è Emma! 43% delle sezioni, 50.7 vs 48.8

20.10: nel Lazio, il PdL è al 4.5%, ma il Tg1 trucca il risultato suddividendo il numero ei voti per i votanti escuso Roma (certo Roma e provincia non hanno potuto votarlo, ma quei voti sono confluiti nel listino della Polverini);

20.00: il Tg1 titola “finirà 7 a 5”, ma argomenta sulle proiezioni comparandole con il risultato delle regionali 2005 (PD paragonato all’Ulivo).

19.00, Lazio: Bonino davanti, ma la lista della Polverini incamera il voto disperso del PdL romano (PdL solo 4%).

18.55, Piemonte: un dato su tutti, lampante, sebbene iniziale, PDL circa 25%, dato regionale, -7% dalle europee; ma la Lega non sfonda (sez. scrutinate meno del 10%). PD in lieve flessione; Movimento 5 Stelle sfonda il 3%.

Manifestazione 13 Marzo 2010, Piazza del Popolo, Roma, contro il decreto salva liste. Dalle ore 14 la diretta streaming su Yes, political!

L’intervento di Nichi Vendola:

L’intervento di Emma Bonino:

La diretta è terminata.

Vodpod videos no longer available.

Dalle ore 14 la diretta streaming su Yes, political! della manifestazione congiunta PD, IDV, Popolo Viola, Radicali, Sinistre contro il decreto salva liste e la deriva anti democratica che il governo Berlusconi ha impresso alla politica italiana dopo il fattaccio della esclusione della lista PdL nella provincia di Roma.

A questo link, http://vids.myspace.com/index.cfm?fuseaction=vids.channel&vanity=vittoriocaratozzolo il video di una canzone che mette in musica l’art. 3 della Costituzione – articolo tanto bistrattato, e invece guarda che musicalità intrinseca, opera di Vittorio Caratozzolo, arrangiato e cantato da Maurizio Salvato, artista di Ravenna.

il popolo viola

Di seguito l’appello di Antonio di Pietro alla cittadinanza:

Carissimi,

è tempo di reagire. L’Italia, dal 5 marzo 2010, non è più una democrazia parlamentare. Il Governo Berlusconi ha cambiato la legge elettorale con un decreto legge per favorire il Pdl, il proprio partito, alle prossime elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010. Il Pdl è stato escluso per gravi irregolarità nel collegio elettorale di Roma, dove non aveva depositato le firme nei tempi fissati dalla legge. Il 5 marzo 2010 il Consiglio dei Ministri, presieduto dal Premier Silvio Berlusconi, ha emanato un decreto con cui ha cambiato la legge elettorale e violato la Costituzione, sostituendosi agli organi competenti giudiziari, proprio per ammettere il Pdl alle elezioni. Il presidente della Repubblica ha firmato il decreto e, secondo alcune fonti, questo sarebbe avvenuto sotto forti pressioni di Berlusconi il quale avrebbe minacciato di ricorrere alla piazza. Ma il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha confermato l’esclusione della lista Pdl per le gravi irregolarità nella presentazione della documentazione e perché la Regione Lazio ha proprie disposizioni in tema elettorale, pertanto la legge nazionale non ha competenze in materia.

Nessun governo in nessuna democrazia può cambiare le regole elettorali durante il periodo elettorale. Nessun governo in nessuna democrazia può “interpretare” le leggi al posto della magistratura. Invece, questo è ciò che è avvenuto in Italia.

Un Paese nel quale i media televisivi pubblici e privati sono sotto il totale controllo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E’ tempo di chiamata alle armi. Pertanto, invito tutti i cittadini a partecipare alla manifestazione di sabato 13 marzo a Roma, alle ore 14,00, in piazza del Popolo.

Su tutto il territorio abbiamo predisposto dei pullman e altri mezzi di trasporto per raggiungere Roma. In caso di necessità o per ulteriori informazioni logistiche, prego rivolgervi alla sede Nazionale dell’Italia dei Valori: 06/95948119 – 06/95948120.

Antonio Di Pietro

Presidente dell’Italia dei Valori

MANIFESTAZIONE 13 MARZO 2010 ORE 14:00 PIAZZA DEL POPOLO – ROMA « «Italia dei Valori» Marino.

PdL, il pasticcio della lista romana. Polverini infuriata si appella a Napolitano.

La Provincia di Roma, per il momento, non potrà votare la candidata PdL alla presidenza di Regione, Renata Polverini. Questo a causa di un clamoroso autogol della stessa dirigenza capitolina del partito:

La possibile eliminazione sarebbe legata ad una presunta irregolarità nella consegna della documentazione delle liste elettorali […] In sostanza il rappresentante della lista della Pdl, Ignazio Abrignani, non avrebbe consegnato in tempo le firme a sostegno della lista […] il presentatore di lista per la Pdl Alfredo Milioni avrebbe tentato di consegnare parte della documentazione necessaria fuori tempo massimo […] «Il responsabile Pdl per la presentazione delle liste ha tentato di entrare nell’ufficio elettorale del Tribunale di Roma alle 12:45, a tempo abbondantemente scaduto», accusa Atlantide Di Tommaso, segretario romano del Psi […] (Secondo il PdL romano) Milioni, al momento di rientrare, è stato bloccato dai rappresentanti di altre liste» (fonte: Regionali, firme presentate in ritardo Ora a Roma il Pdl rischia l’esclusione – LASTAMPA.it).
Il “presentatore” di lista, Milioni, avrebbe commeso un incredibile errore, poi, una volta accortosene, avrebbe cercato di presentare la documentazione mancante a tempo scaduto. Ne è nato un parapiglia fra Milioni, altri rappresentanti di lista, poliziotti e messi del Tribunale. Il PdL ha presentato immediatamente ricorso al Tribunale medesimo, ma è stato respinto. E’ stata accertata la mancnaza della documentazione. Inevitabilte il ricorso alla Corte d’Appello. Se fosse confermato il giudizio del Tribunale, la Polverini non potrebbe contare sui voti dell’intera provincia romana e difficilmente potrebbe vincere la Regione.
«Non sono preoccupato anche perchè non posso farci niente…». Ha risposto così il presidente della Camera, Gianfranco Fini ai giornalisti che gli chiedevano un parere sul caso. L’irritazione nel partito è estesa. Anche al governo non l’hanno presa bene. Il ministro Rotondi non risparmia le critiche:
«Non è colpa dei dirigenti locali, ma è la dimostrazione dell’incapacità complessiva del Pdl»: lo afferma il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi […] l’incapacità a cui mi riferisco è un dato complessivo della gestione delle liste del Pdl (fonte: Regionali, respinto ricorso Pdl a Roma – LASTAMPA.it).
La Polverini lancia un appello al presidente della Repubblica: “Garantisca che gli elettori possano trovare la lista del Pdl sulle schede elettorali per le regionali nella Provincia di Roma”. Come se dipendesse da lui. E come potrebbe? Forse suggerendo un decreto ad partitum al governo?
“Riteniamo che vada in ballo la democrazia se si ostacola la presentazione di una lista che falserebbe tutti i risultati delle elezioni regionali”: queste invece sono le parole del capogruppo alla Camera, Cicchitto. Roba senza senso: la democrazia è – innazitutto –  rispetto delle regole. Emma Bonino  questa mattina ha auspicato che non ci siano provvedimenti ad listam e la Polverini ne è rimasta delusa. “Ho sempre sostenuto le battaglie dei radicali”, ha detto, “mi ricredo sulla loro democrazia”. Stamane, il Messaggero.it titolava così:
Non c’è altro titolo più azzeccato.

IDV, gli applausi a De Luca e la nuova linea politica di Di Pietro. Ma nel PD si apre la “Terza Via”.

Così Di Pietro cambia marcia e mette IDV sulla scia del PD di Bersani. Mentre il segretario PD gioca su due sponde (a Orvieto, dove si è riunita l’Area Marino per un workshop che ne rinnova l’attività portata avanti durante le primarie, si spreca in sorrisoni al fianco di Emma Bonino e Ignazio Marino, quando al congresso IDV si pregia di aver fatto “digerire” alla platea la candidatura di De Luca in Campania), Di Pietro smorza i toni della sua politica e consegna IDV, senza apertamente manifestarlo, al progetto di ulivismo partitico che aveva vinto al congresso PD.
IDV era alla svolta: doveva mettersi alle spalle quella gestione familistica, personalistica, patrimonialistica del partito mostrata in questi anni e oggetto di pesanti critiche dalla Base IDV. Lo stesso Travaglio, pur rinnovando la sua predilizione per l’ex pm di Mani Pulite, ultimo baluardo alla prepotenza berlusconiana, così si è espresso alla vigilia del congresso:

Su De Luca ha “vinto” la linea dei paletti. Di Pietro ha suggerito tre condizioni: non votarlo, votarlo, o porre dei paletti. Non ha nemmeno provato a aggiungere la quarta opzione, ovvero quella di chiedere al PD di proporre un altro nome. O così, o consegnare la Campania ai Casalesi. Con il terrore è riuscito a fare esplodere la platea nell’applauso. A completare l’opera ci ha pensato lo stesso De Luca, ben conscio di parlare a un pubblico sensibile sui temi cari alla sinistra, come il lavoro:

  • Ma De Luca evidentemente ha scelto le parole giuste. “Sono pronto a sottoscrivere un codice etico. Io sono un altro Sud, quello che combatte e non ha paura della legalità. La mia accusa per truffa e concussione è dovuta al fatto che ho chiesto la cassa integrazione per 200 operai licenziati, ma sono orgoglioso. C’è chi tra le frequentazioni ha gli operai; altri invece che le hanno con i casalesi, i camorristi e gli estorsori”
  • i delegati applaudono il loro presidente. “La magistratura indaghi a 360°”. “Che nessuno si difenda dai processi ma nei processi”. “Chi è condannato metta la firma sotto le dimissioni”. La vulgata è quella del Tonino nazionale: “Basta con i primari che non sanno distinguere un bisturi da un cavatappi”
  • L’Idv è con De Luca. Lui ha il volto provato: “Oddio, e che è! – dice uscendo dalla sala – Gli esami non finiscono mai, mi hanno catapultato qui come la Madonna pellegrina”
  • Luigi De Magistris invece è furibondo. In sala ad ascoltare l’imputato nemmeno c’è andato. “Che è, il processo breve? L’applausometro? No, non mi interessa. Di Pietro è il leader, ma io sono campano e conosco i problemi, che non sono le favolette che ha raccontato De Luca. E poi magari sarà condannato tra dieci anni, quando avrà già finito di governare” (fonte: L’Idv “assolve” De Luca con standing ovation – Politica&Palazzo | l’AnteFatto | Il Cannocchiale blog).

Con De Luca, Di Pietro comincia la fase della “costituzionalizzazione” dell’IDV. Non sarà più il partito della piazza, non sarà più il partito che scende nelle piazze, accanto a Grillo, a Flores D’Arcais, al Popolo Viola. Dall’opposizione, all’alternativa, questa la transizione che compierà IDV. Come qualcuno ha intelligentemente rilevato, le stesse parole d’ordine di Bersani alle primarie PD:

    • molti non capiranno e altri si metteranno di traverso. Come Luigi De Magistris – ala «sinistra» del movimento e gelosissimo custode di quel giustizialismo tanto caro all’Idv – che non fa mistero di non apprezzare la svolta proposta da «Tonino» e si dice apertamente indisponibile, per esempio, a sostenere il candidato Pd (De Luca) alla presidenza della Regione Campania; o come il discusso ma onnipresente Gioacchino Genchi, che ha voluto spiegare ai congressisti come e perché l’aggressione milanese a Silvio Berlusconi sia del tutto inventata (salvo dover poi dire, causa il putiferio scatenatosi, che il suo ragionamento era stato frainteso)
    • evidente delusione da parte delle diverse anime del network presenti nella platea del Marriot, da ex girotondini al «popolo viola», da giustizialisti tutti d’un pezzo a ex comunisti in cerca di nuove certezze

Nessuno spazio, nessuna parola, nessuna visibilità per il dissenso interno a IDV. Francesco Barbato, l’esponente della Mozione “Itinerante” Base IDV-Barbato-Parole Civili, è stato relegato in secondo piano. Nemmeno ha trovato menzione sul sito ufficiale del congresso. La mozione di opposizione praticamente non è mai esistita, per Di Pietro, cliccate per credere:

In definitiva, IDV rischia di trovarsi in opposta direzione alla linea di tendenza interna e limitrofa al PD: ieri, l’Area Marino si è ufficialmente concretizzata come laboratorio politico del PD e diventa la testa di ponte di quella che è stata chiamata “Terza Via” dell’ulivismo popolare, l’alter ego dell’ulivismo partitico, quello sconfitto alle primarie in Puglia e dalla real politik di Bersani nel Lazio. Se da un lato, si assiste al fallimento della politica delle alleanze partitiche, dei cosiddetti cartelli elettorali, privi di una reale coesione interna e all’affermarsi di una coscienza collettiva omogenea della sinistra, dall’altro lato avviene l’accodamento di IDV alla logica della convenienza elettorale. Una scelta sbagliata e fuori tempo che rischia di svuotare IDV di tutto il carico di buoni auspici che gli si erano affastellati addosso.

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    • è arrivata la Terza Via per il Pd. Anche se per la verità sarebbe la primissima, la via originaria, quella che coltivavano oltre dieci anni fa Prodi, Parisi, Veltroni
    • La fa intravedere (in maniera un po’ vaga in verità) Sergio Chiamparino. Ne scrivono in diversi su Europa, sul Foglio. Proverà a farne suo manifesto politico la mozione di Ignazio Marino, a convegno questo fine settimana
    • Tutto si deve all’avventura parallela di Nichi Vendola e di Emma Bonino. Che sono accomunati non dalla prospettiva di una rinascita della sinistra radicale/antagonista (evento fantapolitico che nulla ha a che vedere con quanto accade in Puglia e nel Lazio), bensì dal dato mascroscopico evidenziato ieri su Europa da Elisabetta Ambrosi: entrambi sono diventati immediatamente catalizzatori delle speranze, delle passioni e del consenso della stragrande maggioranza di iscritti, militanti ed elettori del Pd. Pur senza essere, né Vendola né Bonino, non solo iscritti al Pd, ma neanche tanto amici visti numerosi precedenti a dir poco conflittuali.
    • il successo della coppia Vendola-Bonino fa venire in mente è quella di un maxi-Pd (Nuovo Ulivo, lo chiama Chiamparino, Grande Pd lo chiamò Giuliano Ferrara tempo fa) che abbatta gli steccati dei partiti fondatori del 2007 e si espanda a rappresentare l’intera area del centrosinistra, travolgendo naturalmente anche la cristalleria degli attuali rapporti di forza interni fra correnti e nomenklature: cocci peraltro già tutti in terra, dopo le fuoriuscite più o meno eccellenti, la frammentazione di Area democratica, il ruolo di battitrice libera di Rosy Bindi, la dimostrata impossibilità per Bersani di tenere le propaggini territoriali sotto controllo, la sua prevedibile autonomizzazione rispetto a D’Alema
    • la suggestione di Bettini, Chiamparino, Marino eccetera non travolge solo la chincaglieria: travolge la linea politica sulla quale Bersani ha stravinto primarie e congresso.
    • Noi chiamiamo quest’ultima ipotesi Terza Via – in sfregio alla scaramanzia – perché un Pd così allargato non era né il Pd di Veltroni (che forse avrebbe voluto farlo in questo modo, ma venne chiamato alla segreteria in un contesto molto diverso, rigido, post-fusione Ds-Margherita) né tanto meno il Pd di Bersani.
    • vorrebbe essere l’esatto contrario: un partito più compatto nell’identità, di ambizioni proprie più ridotte, che lascia spazio a sinistra e al centro a forze autonome, diverse da sé e coalizionabili in un “nuovo centrosinistra”
    • questa idea di sovvertire dopo appena quattro mesi l’esito politico del congresso
    • la logica coalizionale di Bersani e D’Alema ha mostrato gravi limiti al primo impatto con la realtà, in questa fase di preparazione alle Regionali. Mettere insieme sigle e siglette, non c’è niente da fare, non funziona
    • sulla scena si sono affacciati personaggi con una dote personale di credibilità e consenso
    • il risiko delle geometrie variabili è saltato e tutti i partiti si sono dovuti regolare di conseguenza: non è ancora venuto il momento della loro ripristinata centralità, semmai verrà. D’Alema non ha smesso di dover soffrire per colpa di quelli che chiama cacicchi.
    • non sarebbe solo il Pd a dover dimostrare una insospettabile verve rifondativa: radicali, vendoliani, verdi, tanti altri dovrebbero abbandonare le logiche ristrette nelle quali si sono sempre mossi. E anzi sarebbe per loro particolarmente difficile farlo se le avventure personali di Vendola e Bonino dovessero andar bene
    • l’avvio della campagna elettorale regionale restituisce l’immagine arcinota di un popolo di centrosinistra con un fortissimo senso di appartenenza unitaria, del tutto indifferente alle tattiche di partito e pronto, appena gliene si dà l’occasione, a capovolgerle

Posted from Diigo. The rest of my favorite links are here.

Radical Party, twittando alla pari con Emma Bonino

Trasparenza come modo di essere. Trasparenza, regole, legalità. Emma Bonino sceglie la chiarezza per aprire la sua campagna elettorale. E sostiene l’esigenza del risanamento del Lazio puntando su un criterio poco incline alla Pubblica Amministrazione, ovvero l’efficienza, e su un modello di sviluppo che deve per forza di cose essere alternativo. Criticata per i recenti viaggi all’estero, ha risposto portando l’esempio di Berlino nella gestione dei rifiuti, la cui “economia dei rifiuti” ha come fondamento il concetto della riduzione della quantità prodotta e l’incenerimento è soltanto la estrema ratio a cui si ricorre per lo smaltimento della porzione residua rimasta dopo la fase della prima selezione (cittadino con la raccolta differenziata) e la seconda selezione (differenziazione del rifiuto meccanizzata).

Scettica sull’uso delle Primarie come puro metodo di selezione di un candidato, ha ricordato la sua predilizione – e quella storica del Partito Radicale – per il modello di sistema politico bipartitico, nel quale le primarie sono metodo condiviso da entrambi gli schieramenti e colonna portante della democrazia in quanto momento della partecipazione diretta del cittadino alla vita politica.

L’uso del web è un nuovo passo avanti che Emma sta facendo fare alla Politica 2.0: l’apertura oggi del sito http://www.boninopannella.it/ si muove nel solco tracciato, durante le primarie PD per la segreteria di partito, da Ignazio Marino, forse il primo a impiegare la web-streaming per interlocuire con gli elettori. Una significativa differenza rispetto al sito di Renata Polverini, che non permette alcuna interazione diretta con la candidata PdL e, anzi, nemmeno serve a fare chiarezza sulle polemiche nate dallo scoop de Il Fatto Quotidiano sulla presunta evasione fiscale e il falso in atto pubblico commessi nel momento della compravendita di un immobile a prezzo stracciatissimo dallo Inpdap. Polverini, in questo aspetto, si connota come esponente della vecchia politica della Casta, separata dall’elettorato e protetta dalle domande. Emma ha invece voluto affrontare la distanza che separa popolo e potere. E si accinge a farlo per mezzo di dirette streaming e open party in livechat con una propria webtv, twittando alla pari come uno qualunque di noi.

Emma Bonino e il dono dell’ubiquità: candidata nel Lazio e in Lombardia. “Anche Silvio lo fece”. La Polverini invece veste di “nero”.

Tempi di saldi. Si svendono i posti in lista. E Bonino che fa? Dopo aver strappato la candidatura a Governatore del Lazio al PD, è anche capolista in Lombardia per la propria lista autonoma, "Bonino-Pannella". Anna Paola Concia e Ileana Argentin, PD, le hanno chiesto di restare a disposizione del solo Lazio e di concentrare su di esso il suo sforzo elettorale. Peccato che Bonino abbia giustificato in questi termini la sua scelta:

    • «La mia candidatura come capolista in Lombardia? Questi segnali politici lo stesso Berlusconi li ha usati candidandosi ovunque alle Regionali: se chi fa le leggi le fa così, poi non può chiedere a chi le ha combattute di non applicarle o non usarle», si è giustificata Bonino in una intervista a Mattino 5. «Le liste Bonino-Pannella – ha spiegato – vanno autonome in Lombardia: crediamo così di poter dare una possibilità ai tantissimi elettori di centrodestra che anche recentemente alle Europee ci hanno dato fiducia, e il candidato è Marco Cappato. Con questa candidatura ho voluto dare una forza e un appoggio importante a una campagna liberale, laica, federalista che possa contrastare in modo più efficace un blocco di potere che si è creato nell’ultimo decennio e in cui poco è rimasto di liberale, o di laico».

Intanto la Polverini è al centro di un mezzo scandalo sulle tessere UGL gonfiate – se ne era già parlato: in sostanza UGL, un sindacato di quattro gatti, entra nelle contrattazioni al fianco della triade confederale senza averne i numeri. Il caso è stato oggetto di interrogazione parlamentare a firma di Tiziano Treu e Lionello Cosentino; Ileana Argentin avvierà una iniziativa analoga alla Camera. Lei ha replicato, gelida: "non mi pare che gli altri abbiano sistemi di misurazione diversi". Nella realtà, il vero caso politico riguarda la sua futura squadra di governo, nella quale faranno comparsa nomi noti della destra radicale. La figliol prodiga di Gianfranco Fini sarà utile a serrare le fila all’ala estrema, dopo la defenestrazione della Santanché, nuovamente apparentata al carrozzone berlusconiano e in attesa di nomina quale sottosegretaria per meriti "sul campo" (Palazzo Grazioli). Che ci sia nell’aria un sentore di riappacificazione fra i finiani e Storace?

    • appare chiaro che, se la segretaria Ugl conquisterà il Lazio, la sua giunta avrà più d´una somiglianza con quella guidata da Storace. La prima presenza certa è proprio l´ex governatore

    • Storace ha strappato per sé la guida del Consiglio regionale, ma la cosa non va giù ai "colonnelli" di An che si chiedono: «Pensate voi che un ex presidente "retrocesso" sarà capace di stare al suo posto?»

    • il rebus Udc si dovrà aspettare domani, ma se l´accordo sarà confermato, Luciano Ciocchetti ha già opzionato la vicepresidenza e una delega pesante: forse l´urbanistica, più che la sanità che potrebbe davvero finire al discusso parlamentare di Fondi Claudio Fazzone. Sempre dall´Udc, Anna Teresa Formisano (per Storace si occupava di famiglia) potrebbe lasciare il Parlamento e riavere un assessorato. Tra i rientri scontati, oltre a quello di Robilotta, interessato alla Sanità, altri due ex assessori, Francesco Saponaro e Bruno Prestagiovanni.

    • a occuparsi della lista civica della Polverini c´è anche l´ex democristiano e ora europarlamentare Pdl Potito Salatto

    • le trattative più complesse riguardano i 14 nomi del listino, che assicura l´elezione in caso di vittoria del presidente collegato

    • la fetta più grossa toccherà agli ex Forza Italia, seguiti dagli ex An

    • tre sarebbero i posti per l´Udc, mentre la candidata governatrice si sarebbe accontentata di due

    • in quale di queste quote conteggiare Isabella Rauti, la moglie del sindaco Alemanno? Gli ex An stanno lavorando, senza troppa eleganza, per "accollarla" alla Polverini

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Regionali, PD ancora in stallo. Primarie, why not?

Un paio di dichiarazioni in antitesi che dovrebbero far riflettere sullo stato delle cose nel PD:

REGIONALI: NICOLA ZINGARETTI, CONVERGERE SU CANDIDATURA BONINO

“Dobbiamo metterci la faccia e preparaci a dire che non siamo disperati, a convergere tutti sulla Bonino: Ricordiamoci che ci siamo anche noi”. Lo ha detto Nicola Zingaretti nel suo intervento alla riunione della direzione regionale del Pd Lazio. “La Bonino è in campo, se ci entriamo anche noi, insieme agli 11 presidenti di Municipio di centrosinistra, la partita è apertissima – ha aggiunto – Sono sempre stato contrario ad una mia candidatura alla presidenza della Regione perché ciò avrebbe portato a sciogliere la Provincia di Roma, che sta diventando un punto di riferimento. non c’è nessuna fuga dalla responsabilità di partito, ma c’è una cosa che si chiama senso delle istituzioni”. Secondo Nicola Zingaretti, ci sono alcune questioni aperte intorno alla candidatura di Emma Bonino. “Dobbiamo prendere atto che la candidatura della Bonino non è stata decisa da noi – ha affermato – La Polverini e la Bonino oggi competono per la leadership. Se il Pd proponesse ora di lavorare su una terza candidatura consegneremmo la vittoria al centrodestra: questo limita la nostra libertà di manovra. La candidatura di Emma Bonino però è molto più competitiva di quanto immaginiamo ed esalta una certa pesantezza e un certo vecchiume del centrodestra – ha detto ancora Nicola Zingaretti – sia nella candidatura che nell’apparato messi in campo dalla Polverini. Anche la questione del nucleare nel Lazio ci dimostra che è tempo di combattere”.

Anche Zingaretti si espone per la Bonino. Una domanda allora s’impone: quale il criterio di scelta? Se il PD fa sfoggio di termini quali la democrazia, in cosa esso si distinguerebbe dal carrozzone del PdL? Perché questa paura di confrontarsi con il proprio elettorato? Basta quindi autocandidarsi e pregare che il Capo legittimi a posteriori la candidatura stessa?

C’è un metodo, un metodo che richiede tempo e denaro. Soprattutto richiede sforzo organizzativo. Questo sistema sono le primarie. Il PD le ha celebrate per definire il suo assetto interiore, avrebbe potuto organizzarle in maniera uniforme per tutte le coalizioni in cui partecipa in vista delle elezioni regionali. Perché no? Chi ha paura delle primarie ha paura delle idee. Forse in primis di scoprire che diee non ne ha.

La democrazia è fatta di vincitori e vinti, non dimentichiamolo. Senza l’opposizione e senza l’alternanza dei partiti al governo si scivola nella dittatura. È quindi sbagliato avere paura delle primarie, com’é sbagliato aver paura di perdere ed entrare ed uscire dalle coalizioni con l’unico scopo di mettere un piede nel campo dei vincitori. Le elezioni che il gruppo di Facebook che mi ha scelto vorrebbe si facessero nel Lazio sono votazioni democratiche, dove si può selezionare quello giusto tra una rosa di candidati che rispecchiano strategie e visioni politiche specifiche. Chi mi ha chiamata in causa condivide con me temi importanti quali la sanità, l’energia rinnovabile, il lavoro dei giovani, gli ammortizzatori sociali, il problema del dilagare della criminalità organizzata ed il processo d’integrazione degli emigrati nella nostra società. Altri candidati, pur avendo a cuore le stesse tematiche, possibilmente sostengono posizioni diverse dalla mia. Ed è bene che sia così dal momento che la politica altro non è che una battaglia d’idee, tutto il resto non c’entra nulla, è qualcos’altro ed è pericoloso.

Negare le primarie vuol dire impedire a queste voci, alcune come la mia fuori dal coro, di farsi sentire e quindi limitare la scelta dei candidati ai vertici dei partiti e tagliar fuori dalla decisione la base, per la quale questi lavorano. A mio avviso è un gravissimo errore perché aumenta la già ingestibile distanza che esiste tra governanti e governati.

La Puglia si aprresta a celebrare delle sanguinosissime primarie fra Vendola e Boccia: stamane D’Alema è riuscito a convincere Casini ad accettare, limitatamente a quella regione, la consultazione preliminare con l’elettorato di riferimento. C’è da giurarci che – comunque esse vadano – il risultato sarà oggetto di una durissima contestazione che aprirà alla rottura definitiva della coalizione di centro-centrosinistra:

La situazione si è sbloccata stamattina, quando il pressing di Massimo D’Alema su Pier Ferdinando Casini ha ottenuto un risultato decisivo: il via libera del leader Udc, che ha assicurato che il suo partito starà alla finestra, confidando in una vittoria di Boccia su cui poi confluire in campagna elettorale. In caso di vittoria di Vendola, invece, l’Udc prenderà altre strade: molto probabilmente un apparentamento con il candidato del Pdl o, in subordine, una corsa in solitaria (fonte: l’Unità).

Regionali Lazio: L’UDC verso la Polverini. Il PD ora faccia le primarie.

Chi ha paura delle primarie? L’UDC approda a lidi migliori, scegliendo di appoggiare la Polverini – loro, banderuole guidate solo dal vento della probabile vittoria, non dalle idee. Ma chi ha paura delle primarie, ha paura delle persone. Ha paura delle idee. Di confrontarsi con le idee.

In mattinata accelerazione. Pressing informale Vaticano su Udc […] il via libera definitivo dell’Udc a Renata Polverini c’è stato stamattina, nel corso di un incontro riservato fra la candidata, Fini e Casini alla Camera […] Per Fini, inoltre, l’accordo può rappresentare il viatico per nuove intese. Polverini vantava dal canto suo un rapporto cordiale con Casini. Proprio su questo ha fatto leva per superare le resistenze di quella parte dell’Udc che non vedeva di buon occhio un patto con il Pdl nel Lazio […]

si è trattato di un accordo “più personale con Fini e Polverini che politico tra Udc e Pdl”

la partita Udc-Polverini ha subito nelle ultime ore un’accelerazione. Un po’ perché l’esplorazione di Nicola Zingaretti non ha portato frutti, un po’ perché Fini era già forte di un accordo di massima con Casini sulla candidata siglato ormai diverse settimane fa […] Un po’ anche perché dal Vaticano la preferenza per l’ex leader sindacale non è stata certamente nascosta alla dirigenza del partito di Casini
(APCom – Regionali/ Fini vede Casini, poi via libera finale a Polverini

Trattasi di un accordo “personale”, un anticipo del futuro progetto di Kadima Italiana, il partito centrista di Casini-Rutelli-Fini. Con queste persone il PD doveva allearsi per ottenere la presidenza di Regione, stando ai sondaggi. Che sinora non hanno ancora rilevato l’impatto di una possibile candidatura di Emma Bonino, o di Loretta Napoleoni (che purtroppo pochi conoscono): l’ultimo sondaggio disponibile di Ipr Marketing metteva a confronto Nicola Zingaretti, l'”esploratore” nonché presidente della Provincia di Roma, e Renata Polverini, nelle due condizioni possibili, UDC a centro-sinistra oppure UDC a centro-destra.

L’indecisione, non è la prima volta che lo sottolineo, danneggia il PD perché i cittadini non la capiscono e non la condividono. E’ già accaduto in passato e sarebbe utile non ripetere gli stessi errori. Coloro che si oppongono ad un virtuoso strumento di maturità democratica lo fanno per il timore di scelte che sfuggono al loro controllo. Esemplare è stato il caso della Puglia nel 2005: Nichi Vendola si è imposto alle primarie e poi ha vinto le elezioni e ha governato la regione per cinque anni. Bene? Male? Ancora una volta il giudizio non può spettare a pochi notabili pugliesi, o romani, spetta ai cittadini valutare l’operato della persone che hanno eletto. Se lo hanno apprezzato lo rivoteranno, altrimenti lo bocceranno […]

In questi giorni ho l’impressione che il PD si stia impantanando in meccanismi che non portano a nulla di utile per i cittadini. E’ invece il momento di liberarsi dalle paure, liberarsi dai vecchi modi di affrontare le sfide politiche, osare e agire come auspicano i nostri sostenitori, come un vero Partito Democratico.

Ignazio Marino

Loretta Napoleoni è e resta il candidato ideale. Loretta parla di “primarie”, queste sconosciute, di restituire la parola alle persone, di spegnere la tv e potenziare il web (cosa che ben fa Zingaretti con gli Hot Spot del Wi-fi gratuito a Roma); parla di programmi e di idee, di persone e di possibilità di scelta:

    • oggi Loretta Napoleoni, economista finanziaria e uno dei massimi esperti mondiali di terrorismo internazionale, risponde a una chiamata che non arriva da Bersani, Bindi o Ferrero, ma da un gruppo di utenti di Facebook, nuova patria della contestazione giovanile nell’era tecnologica
    • Lei è pronta ad attraversare l’Atlantico, lasciare il suo lavoro diviso tra Stati Uniti e Gran Bretagna – “ma solo per pochi anni, il tempo di una legislatura” – e sfidare col centrosinistra Renata Polverini per la poltrona di governatore del Lazio
    • non conosco la Polverini e comunque non mi schiero contro nessuno. Ho fatto un programma e su quello mi voglio confrontare. La gente voglio che scelga chi la governerà sulla base delle cose concrete proposte per la propria regione
    • Ho preso la decisione di candidarmi il giorno di Natale proprio perché a chiedermelo sono stati centinaia di internauti. La Rete è un mezzo di comunicazione importantissimo perché non ancora contaminato
    • Penso che la televisione stia gradualmente perdendo importanza. Io dico di ripartire dal web
    • E’ giusto che Zingaretti svolga un’indagine e individui la persona più adatta per la candidatura. Ma faccia le primarie, spero che le faccia così come scritto nel suo statuto, perché sia la gente a scegliere il candidato del centrosinistra tra esponenti del partito certo, ma anche tra persone che vengono dal di fuori, dalla società civile
    • Zingaretti non lo conosco ma se mi chiama ci parlo volentieri. E se il mio nome può servire a scuotere il Partito Democratico ben venga. Per me l’importante è che sia finalmente la gente a scegliere, perché c’è bisogno di uscire da questa apatia nella quale il Paese è caduto
    • Come si governa il Lazio?
      “Si governa come qualsiasi società, come si governerebbe un comune anche molto piccolo. Le logiche di amministrazione sono le medesime: bisogna ricordarsi che si sta gestendo la cosa pubblica e tutto quello che si fa lo si fa per esclusivo interesse della gente. Il politico è un servitore non un padrone. Credo che un’equipe di professionisti esperti ed onesti, che sappiano prestare le orecchie alla gente, possa fare grandi cose. Partendo da questo credo che oggi la prima regola sia quella del risparmio. Nelle amministrazioni ci sono sprechi indicibili e solo chi viene dal di fuori può fare questo. I politici di oggi vivono in un’altra dimensione. Ho visto il bilancio del Lazio e mi sono messa le mani nei capelli”
    • Dopo che Zingaretti ha concluso l’incarico esplorativo e in attesa di ulteriori possibili nomi, resta in campo Emma Bonino. Così Ignazio commenta la sua possibile candidatura: “Già due mesi fa dissi che nella difficilissima situazione della regione Lazio che si trova a dover fronteggiare un debito disastroso lasciato dalla giunta Storace serviva una persona come Emma Bonino. Ovviamente confermo il mio giudizio. Mi auguro che il PD regionale consideri con molta attenzione il fatto che quella di Emma Bonino sia una candidatura rilevante di una persona di grande prestigio, in grado di attrarre moltissimi voti del centro sisnitra. Non penso che si possa svolgere una valutazione sul Lazio prescindendo dalla candidatura di Emma Bonino.”

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Nicolini, Napoleoni, Bonino: per il Lazio boom di auto candidature. Ma il PD ancora in esplorazione.

Certamente qualche imbarazzo a Via del Nazareno deve esserci: mai vista così tanta partecipazione politica, loro, abituati a decidere al chiuso delle stanze dei palazzi di partito.

Il PD brancola nel buio, anche nel Lazio, soprattutto nel Lazio, quando la parte avversa ha già da settimane un candidato forte, la Polverini, e invece i democrats nemmeno si sognano UNA linea politica condivisa.

Eppure, l’aria che tira, seppure al di fuori delle suddette stanze, che permangono chiuse a qualsiasi interferenza, è di grande rinnovamento: nell’arco delle ultime ventiquattro ore, tre i coraggiosi volontari che si auto-candidano alla carica di governatore del Lazio, tre nomi eccellenti, la cui storia potrebbe pesare in maniera significativa sull’andamento del voto:  Renato Nicolini, architetto, politico (già Assessore alla Cultura dal ’76 all’85 nelle giunte di sinistra Argan, Petroselli e Vetere del comune di Roma, a partire dal 1983, fu Deputato al Parlamento italiano per tre legislature, fino al 1994) e drammaturgo, personalità eccentrica ma con un certo bagaglio valoriale  e una tradizione alle spalle:

Nicolini intende porsi come un’alternativa, che è anche un ritorno al passato. Tant’è vero che ha dichiarato di “poter rappresentare un progetto che vada oltre il modello Roma di Rutelli e Veltroni. Perché, anche la memoria è importante per progettare novità e voglio ricollegarmi ad Argan e Petroselli”. Nicolini ha già illustrato le sue priorità: il potenziamento della cultura a Roma e nel Lazio, in un ventaglio di settori che contempla tanto i beni archeologici quanto la ricerca, passando per cinema, teatro e televisione (fonte: Viterbo News);

Nicolini pensa che non si possa far finta di nulla:  “non si può neppure ricorrere a spostamenti di casella della nomenclatura poco graditi dagli elettori. Le primarie hanno un senso se scendono in campo idee e si vota su queste”.

Già abbiamo parlato di Loretta Napoleoni, nome di altissimo profilo, candidatasi con un programma ambizione che prospetta il pareggio di bilancio per la sanità regionale con un rilancio del servizio pubblico.

Oggi è la volta di Emma Bonino. Tutti sanno chi è Emma Bonino. Ha già uno stuolo di sostenitori su Facebook.

Così la pensa Ignazio Marino:

“Le diverse candidature annunciate nelle ultime ventiquattro ore per la guida della regione Lazio sono un fatto rilevante e coprono il vuoto dell’iniziativa politica del Pd a livello regionale. Renato Nicolini, Loretta Napoleoni, Emma Bonino sono candidati che, per lo loro storia personale e la loro esperienza meritano grande attenzione e rispetto e che potranno proporre valide proposte ai cittadini del Lazio. Il Pd non può ignorare queste novità e deve uscire al più presto dallo stallo che dura da due mesi. Mi auguro che il Pd del Lazio avvii rapidamente un confronto aperto per indicare possibilmente un suo candidato e che si chiarisca una volta per tutte se ci sono le condizioni per alleanze il più ampie possibile ma soprattutto solide perché  basate sulla condivisione sincera dei programmi e di progetti per il futuro della regione.
Il mio auspicio è che il Pd non si sottragga al passaggio delle primarie e coinvolga i suoi elettori, attraverso un metodo democratico, nella scelta del candidato migliore e più gradito in una regione in difficoltà, che sconta ancora oggi una grave crisi di bilancio causata dalla giunta di destra guidata da Francesco Storace. Non possiamo permettere che la regione ritorni nella mani di una destra che ha lasciato disastri tali che i cittadini pagano ancora oggi in sanità, nello sviluppo delle attività produttive, nella gestione dei rifiuti. Serve rapidità e chiarezza nella scelta del candidato presidente perché i cittadini non capiscono le nostre indecisioni e non conoscono su quali programma dovranno basare la loro scelta.”

La realtà è ben diversa: forse le primarie non verranno mai fatte, l’UDC le osteggia:

«Basta inutili esplorazioni – ha aggiunto Lorenzo Cesa -. Basta evocazioni di primarie. Basta con altri diversivi. Boccia è un moderato che per noi può immediatamente presentare una coalizione che non rimanga imprigionata nei veti dell’ultrasinistra radicale. Le 48 ore servono certo. Ma a dare questa risposta chiara e definitiva da parte del Pd» (fonte La Stampa.it);

l’UDC viene rappresentato da tutti i sondaggi come l’ago della bilancia: il PD, che ha smesso i panni del partito a “vocazione maggioritaria” che l’imprintig veltroniano gli aveva conferito, deve affidare la propria “anima” alle mani di Pierferdi Casini:

Proprio oggi sui giornali è apparso un sondaggio commissionato dall’Udc secondo il quale il partito di Pier Ferdinando Casini sarebbe determinante per la vittoria nel Lazio sia se si alleasse con il Pdl e Renata Polverini sia se si alleasse con il Pd, e il candidato scelto per la rilevazione è proprio Zingaretti, per il quale l’Udc tifava fin dall’inizio (fonte La Stampa.it).